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| << | < | > | >> |IndicePrefazione all'edizione italiana 5 Capitolo primo Il pesce che produce interessi 9 Il sogno di Robinson 11 La natura degli interessi 14 Compare il protagonista 15 Il denaro come capitale 17 Il ruolo della psicologia 18 Il funzionamento del capitale 20 I punti di vista del pesce come capitale 20 Le varie forme di vita 22 PARTE PRIMA - IL GUINZAGLIO E I CANI Capitolo secondo Il meccanismo della vita 27 Il minimo logico dell'autoriproduzione 28 Il minimo chimico dell'autoriproduzione 30 Il principio di base della vita: i chemoton 32 La vita è viva grazie agli errori 35 I dilemmi di un essere superiore 38 Il concetto di replicatore 40 Il replicatore genera vita 42 Capitolo terzo L'evoluzione darwiniana 45 La forma originale del darwinismo 46 Le questioni che mettono in dubbio il darwinismo 48 Evoluzione artificiale 50 Il processo evolutivo 54 Il punto di attacco dell'evoluzione 56 Quanto può essere generalizzata la teoria di Darwin? 59 Lo zoo dei replicatori 61 Capitolo quarto I memi 63 Che cos'è un meme? 64 Non tutti i pensieri sono memi 67 La scienza della memetica 68 La dissonanza cognitiva 71 Il denaro come meme 74 Quando il denaro non è meme 76 Il darwinismo universale: cani senza padrone 78 Capitolo quinto Homo informaticus 81 Due visioni darwiniane del mondo 82 La società informatica 84 Il pensiero umano in trasformazione 86 L'evoluzione dell'homo informaticus 87 L'habitat dell'homo informaticus 89 PARTE SECONDA - ECONOMIA E PSICOLOGIA Capitolo sesto La nascita del valore economico 93 Il baratto produce valore 94 La teoria dei vantaggi comparativi 97 Il problema delle proporzioni del baratto 101 Il concetto di domanda 103 L'equilibrio del mercato 105 Il surplus di consumo e di produzione 108 L'autocatalisi nell'economia 109 Capitolo settimo La natura delle decisioni dell'investitore 113 Un nuovo sogno di Robinson 114 La nascita di un'impresa 116 Il valore dell'idea di Robinson 120 Robinson lavoratore e Robinson proprietario 123 Robinson diventa azionista di maggioranza 125 L'impresa inizia l'attività 127 Non è l'impresa a produrre l'utile 128 Decisioni dei consumatori e degli investitori 130 Rischio e utile, nient'altro 132 Il cane di Richson 133 Capitolo ottavo Perché uno psicologo ha ricevuto il premio Nobel per l'economia? 135 Diversificazione 136 Il valore beta 139 Il modello CAPM 142 Cercare il rischio, evitare il rischio 145 Prospect theory 148 Relazione tra il modello CAPM e la Prospect theory 150 Capitolo nono L'effetto motivante del denaro 153 Motivazioni interne ed esterne 154 Quando è sufficiente il denaro? 156 Meccanismi di difesa 158 Il flow 163 Il denaro e la felicità 166 Il denaro è un motivante per accumulare altro denaro 168 PARTE TERZA - LA LOGICA DELLA VITA Capitolo decimo Dalla Sfinge a Gödel 173 Motivazioni umane 174 L'enigma della Sfinge 176 Il paradosso di Epimenide 177 Il teorema di Gödel 179 Gödel nel diritto 182 Gödel in Babilonia 183 Capitolo undicesimo La struttura di Gödel 185 L'ipotesi del continuo 186 Il mondo della matematica 187 L'ambiente strutturale dell'autoreferenzialità 189 La numerazione di Gödel 190 Il meccanismo dell'autoreferenzialità 191 La struttura di Gödel come modello 192 Capitolo dodicesimo Le strutture gödeliane della vita biologica 195 La Mappa del Dogma Centrale di Hofstadter 196 La struttura gödeliana della vita biologica 197 Il DNA è solo una formula 198 Il teorema di Gödel applicato alla biologia molecolare 199 Il ruolo dei meccanismi esterni 200 Perché proprio la struttura gödeliana? 201 L'evoluzione e la struttura gödeliana 203 Capitolo tredicesimo Le strutture gödeliane del pensiero umano 205 La struttura gödeliana del pensiero quotidiano 206 Memi e schemi cognitivi 207 Il teorema di Gödel del pensiero umano 209 Non è il cantante a comporre la canzone... 209 La struttura gödeliana della scienza 211 La forza della struttura gödeliana 212 PARTE QUARTA - IL DENARO EGOISTA Capitolo quattordicesimo Il denaro come replicatore: i moni 217 Il concetto di mone 218 Esempi di mone 220 Il mone come informazione 222 Il mone come replicatore 224 Il mone come replicatore di nuovo tipo 226 L'ereditarietà dei moni 228 Quanto è grande un mone? 231 Dove abitano i moni? 233 Il ruolo degli uomini d'affari 234 La struttura gödeliana dell'economia 236 Capitolo quindicesimo Vita, scienza, pensiero, economia 239 Vis vitalis generale 240 Il funzionamento della coevoluzione 242 Sintesi 243 Capitolo sedicesimo Le macchine da sopravvivenza del denaro 247 Sempre per la via gialla? 248 Gli imprenditori 252 L'impresa di Robinson decolla 255 Grandi imprese 258 Banche e altre entità finanziarie 260 Bolle azionarie 262 L'ereditarietà del patrimonio 262 Investimento nel capitale umano 264 Capitolo diciassettesimo Il denaro globale 267 Globalizzazione nella biologia e nell'economia 268 Glocalizzazione 269 Il teorema di Gbdel nell'economia 271 L'evoluzione delle società 274 La direzione dell'evoluzione sociale 276 Le questioni finanziarie dell'homo informaticus 278 Teatro senza regista 280 Appendice 283 La struttura gödeliana della logica formale 283 La struttura gödeliana della vita biologica 288 La struttura gödeliana del pensiero quotidiano 290 La struttura gödeliana dell'economia 292 Bibliografia 295 Indice analitico 301 |
| << | < | > | >> |Pagina 22Le varie forme di vitaIn passato ho lavorato per una decina d'anni in un istituto di ricerca. Ho imparato che una creazione tecnologica ben strutturata può assolvere molte più funzioni di quelle per le quali è stata progettata. Per fare un esempio, il computer era stato ideato per risolvere calcoli matematici complessi, oggi però le decine di milioni di computer vengono impiegati solo in minima parte per questo scopo, mentre li usiamo per redigere testi, tabelle, per la corrispondenza, per ottenere informazioni e anche per giocare. Č successa una cosa simile alla struttura che sta alla base del funzionamento della vita biologica. La sua grandiosa logica fa funzionare anche forme ben diverse di vita e noi, in questo libro, cercheremo di delineare questa logica e il suo funzionamento nel caso del denaro. Vale la pena rilevare fin da ora però i parallelismi tra le varie forme di vita. Nella tabella riportata in basso figurano alcuni vocaboli che non sarebbe corretto riportare senza previa spiegazione, come i memi, lo schema cognitivo e il replicatore. Più avanti li tratteremo in dettaglio, ora però dobbiamo accontentarci di vederli insieme. Il paragone riassunto in questa tabella diverrà davvero convincente nel capitolo quindicesimo del nostro libro. La tabella mostra un quadro piuttosto strano. La terza colonna suggerisce, per esempio, che il capitale ha generato una forma di vita autonoma. Affermiamo, infatti, che le imprese economiche più varie non sono altro che degli esseri generati dal capitale nella sua veste di replicatore (ovvero uno strumento con la logica funzionale di un gene) – con la differenza che non sono esseri viventi biologici, bensì economici. Anzi, da molti punti di vista anche noi, uomini moderni, rientriamo in questa categoria. Il capitale influenza notevolmente la nostra esistenza: ci permette per esempio di dedicare periodi molto lunghi allo studio, ovvero all'investimento sul futuro.
I replicatori non formano solo il corpo dell'uomo moderno,
ma i memi e quelle forme del capitale che in seguito chiameremo
moni,
e determinano anche i comportamenti umani nella vita economica. Nel capitolo
decimo vedremo che i memi e i moni esistono solo nell'uomo.
Tabella riassuntiva dei parallelismi _______________________________________________________________________ Biologia Psicologia Economia _______________________________________________________________________ Il replicatore Gene Meme Capitale* Gli esseri Esseri viventi Esseri con Esseri viventi biologici intelletto: economici: schema cognitivo imprese I prodotti degli esseri Fenomeni vitali Pensieri Prodotti _______________________________________________________________________ * Per l'esattezza: una forma particolare del capitale che nel capitolo quattordicesimo sarà chiamata mone. Questo quadro d'insieme può spaventare a prima vista, perché suggerisce che noi non siamo altro che macchine azionate da replicatori egoisti e la nostra unica funzione nel mondo è servire gli interessi egoisti, e spesso contraddittori, dei replicatori insiti in noi (che ci hanno generato). Fortunatamente, il quadro d'insieme finale non sarà così cupo. I vari replicatori (tra cui il denaro), servendo i propri interessi egoistici, hanno prodotto un essere molto particolare. L'uomo è l'essere in grado di sentirsi felice anche solo per poter partecipare a questo spettacolo grandioso, ed è ugualmente lieto se può guardare, come al cinema, per tutta la sua vita, la lotta incessante di questi replicatori. | << | < | > | >> |Pagina 40Il concetto di replicatoreAbbandoniamo il ruolo dell'essere superiore e torniamo a quello dell'uomo che desidera conoscere il funzionamento del mondo reale. Proviamo a riassumere i risultati finora ottenuti. Chiamiamo replicatori quelle entità che soddisfano i seguenti tre requisiti: 1) hanno una vita lunga, cioè riescono a sopravvivere per un periodo relativamente lungo in forma invariata; 2) sono prolifici, ovvero producono rapidamente e in maniera efficace sempre nuovi esemplari;
3) sono
copie precise, ma non perfette,
ossia i nuovi esemplari sono molto simili all'originale, ma non identici al
100%.
Queste condizioni non sono affatto esatte, per un buon motivo. Per esempio il concetto di precisione varia da replicatore a replicatore. Nel caso dei chemoton, è utile una precisione più approssimativa, perché in questo modo possono nascere presto quelle molecole template che meglio si adattano alle condizioni ambientali del momento. Quando però queste molecole sono già perfette per il proprio ambiente, la precisione di copiatura diventa più importante, perché ogni errore può solo compromettere il sistema. La macromolecola template di nome DNA, che assicura una maggiore precisione di copiatura, acquista importanza e nasce la cellula come unità biologica. I tre criteri elencati in precedenza possono essere espressi anche come formule matematiche esatte, ma ora non complichiamoci la vita. In seguito parleremo di autoriproduzione e di replicazione. Dei due concetti il primo sarà usato nell'accezione di tutti i giorni. Parliamo di autoriproduzione quando un essere vivente genera un nuovo esemplare della propria specie che porta in sé gran parte dei suoi geni. L'autoriproduzione non è dunque la generazione di una nostra copia esatta, ma di un esemplare della nostra specie che ci somiglia. Useremo invece la parola replicazione come termine tecnico, riferendoci a quel caso specifico in cui dei replicatori generano nuovi esemplari di se stessi che, salvo errori di copiatura, sono perfettamente uguali. Lo fanno di solito nell'ambiente protetto, sicuro di un essere vivente, o almeno all'interno di un chemoton. Un esempio di replicatore è il polimero template del chemoton. L'intero DNA dell'essere vivente non può essere considerato un replicatore, perché non viene copiato esattamente: durante la copiatura di una simile macromolecola avviene molto probabilmente qualche errore. I geni, invece, possono essere ritenuti dei replicatori. Sull'esatto significato della parola gene non sono concordi nemmeno i biologi. Sono d'accordo sul fatto che i geni sono brevi tratti del DNA. Bisogna ancora decidere la lunghezza concreta di questi tratti. Una possibilità è considerare gene ogni tratto del DNA che codifica la sintesi di una determinata proteina. Questa definizione è del tutto chiara, ma il DNA ha dei tratti che determinano in modo più complesso, e non solo tramite la codifica delle proteine, la struttura dell'essere vivente. Un'altra possibilità è ritenere geni quei tratti del DNA che sono responsabili di una caratteristica concreta dell'essere vivente (come per esempio il colore degli occhi o il numero delle dita). Questa è una definizione meno esatta di quella precedente, ma più pratica. Ci sono altre possibilità logiche, ma non esiste ancora una definizione univoca e generalmente accettata. Noi non prendiamo posizione in questa discussione meramente professionale, che riguarda i biologi. Dal nostro punto di vista è sufficiente constatare che in ciascuna di queste definizioni il gene è un replicatore. Nel caso del DNA il nostro problema è solo che durante la copiatura dell'intero DNA, con molta probabilità, capita almeno un errore. Il gene invece, secondo tutte le definizioni, è solo un breve tratto dell'intero DNA. Succede di rado che l'errore avvenga proprio nella copiatura di un dato gene.
Nel prossimo capitolo forniremo gli esempi di altri replicatori. Sarà anche
chiaro perché valeva la pena definire il concetto astratto di replicatore. Con
una frase però anticipiamo già l'essenziale: molti segnali indicano che
l'evoluzione esercita il suo effetto non sui singoli esseri, ma sui replicatori
– e quest'affermazione non è valida solo per i replicatori puramente
biologici, ma anche per quelli astratti come il denaro sotto forma di capitale.
Il replicatore genera vita Le caratteristiche fisiche del chemoton e il suo funzionamento in concreto sono determinati dai polimeri template in esso contenuti. Una piccola modifica a una macromolecola del chemoton può comportare un cambiamento radicale nell'insieme del chemoton. Č probabile che questo diventi fotosensibile e che, con il tempo, si formi un organo per la vista. Può anche darsi che la modifica della macromolecola solleciti il chemoton a entrare in contatto con altri chemoton per creare, per esempio, un organo motorio. L'interesse comune dei replicatori prevede l'associazione, poiché in questo modo tutti possono migliorare la possibilità di sopravvivenza di ogni singolo. Prendiamo in esame il DNA. Gli stessi geni che formano il DNA sono delle macromolecole, come lo sono le macromolecole template del chemoton. I geni compongono un'unica mega-macromolecola, il DNA, per costruire insieme un meccanismo in grado di aumentare le possibilità di sopravvivenza di tutti. Da un lato i replicatori generano quindi forme sempre più complesse di vita, dall'altro aumentano le proprie probabilità di sopravvivenza. Dal punto di vista dei replicatori, conta però solo quest'ultimo aspetto. L'unico compito del replicatore nel mondo è sopravvivere («moltiplicatevi e riproducetevi»), perché non sa fare altro. Se riesce ad aumentarne le possibilità con l'aiuto della costruzione di complicati meccanismi lo farà, perché altrimenti lo faranno i replicatori concorrenti che in questo modo arriveranno più facilmente alle scarse fonti di energia dell'ambiente, come per esempio alle sostanze nutritive, e saranno dunque loro a sopravvivere. Gli esseri viventi non sono altro che l'insieme dei replicatori che li compongono. Il gruppo di replicatori è leggermente diverso in ogni essere concreto, perciò ogni essere vivente è diverso dall'altro: persino due esemplari della stessa specie, e addirittura due gemelli monozigoti lo sono. Due replicatori della stessa specie sono invece identici, perfettamente uguali. Non come due uova, ma piuttosto come due monete dello stesso valore. I meccanismi di sopravvivenza dei replicatori vivono e muoiono: il replicatore in sé sopravvive invece alla loro morte, perché per lui è indifferente quale suo esemplare potrà sopravvivere. Citiamo le frasi finali del secondo capitolo del libro di Dawkins, diventato ormai un classico, Il gene egoista; siamo arrivati alle stesse conclusioni pur avendo percorso una via diversa. Quale sarebbe stato il destino di questi antichi replicatori, quattro miliardi di anni dopo? Essi non si sono estinti in quanto sono gli antichi maestri dell'arte della sopravvivenza, ma non cercateli nel mare, perchè hanno rinunciato a quella libertà molto tempo fa. Adesso si trovano in enormi colonie, al sicuro all'interno di robot giganti, fuori dal contatto con il mondo esterno, con il quale comunicano in modo indiretto e tortuoso, o che manipolano a distanza. Essi si trovano dentro di voi e dentro di me, ci hanno creato, corpo e mente e la loro conservazione è lo scopo ultimo della nostra esistenza. Hanno percorso un lungo cammino, questi replicatori, e adesso sono conosciuti sotto il nome di geni e noi siamo le loro macchine di sopravvivenza. Tutto questo non è valido solo per i successori dei replicatori, ma anche per i replicatori formati con il tempo, di tipo diverso, forse non basati su princìpi biochimici. La loro analisi ci porterà all'argomento centrale del nostro libro, all'evoluzione del denaro, o meglio, a quella delle macchine speciali per la sopravvivenza generate dal capitale: le imprese economiche. | << | < | > | >> |Pagina 217Capitolo quattordicesimo
Il denaro come replicatore: i moni
Anche l'economia è il prodotto dell'evoluzione, non una creazione dell'uomo che possiamo sostituire con qualcos'altro che riteniamo migliore. Non possiamo dedurre l'esistenza del replicatore economico indipendente su una base teoretica. Allo stesso modo, l'esistenza dell'ornitorinco non è una necessità teoretica. Conosciamo l'ornitorinco non perché abbiamo dedotto la sua esistenza, ma perché lo abbiamo scoperto. La situazione è simile nel caso del replicatore economico.
Quando scopriamo qualcosa possiamo stabilire le sue caratteristiche (per
esempio che è un mammifero, ma ha il becco).
Tra il modo in cui è stato scoperto il replicatore economico e
l'ornitorinco c'è però una notevole differenza: nonostante i tanti
segnali della sua esistenza, nessuno stava cercando l'ornitorinco; è stato
trovato per puro caso. Il replicatore economico
invece lo stiamo cercando, come un tempo gli uomini cercavano l'unicorno. Ci
sono molti segnali promettenti della loro esistenza. Quelli dell'unicorno li
conosciamo dalle leggende, mentre un'indicazione dell'esistenza del replicatore
economico indipendente la troviamo per esempio alla fine del capitolo
quarto, quando emerge che il concetto del denaro non può essere solo il pensiero
generato dai memi. Nel caso dell'unicorno,
la ricerca non ha dato risultati. Presto scopriremo invece cosa
è successo con il replicatore economico.
Il concetto di mone Prima di tutto diamo un nome a quello che stiamo cercando. Utilizziamo la parola coniata dal poeta e canzoniere Péter Fábri e chiamiamo il replicatore economico mone. La parola fa riferimento al legame tra replicatore e denaro (money) e ricorda anche la parola francese mon (mio) – tutti noi associamo al denaro l'aggettivo possessivo «mio». Quando mi è stato segnalato che mon in giapponese significa grande porta, ho capito di non dover dare altre spiegazioni, a questo punto il legame tra questa parola e il denaro è inconfutabile. Come passo successivo, definiamo il mone sulla base delle nostre attuali nozioni. Stiamo ancora percorrendo la strada dell'unicorno: ne sono nate tante descrizioni senza che qualcuno lo abbia visto realmente. Se si fosse trattato di un animale esistente, queste descrizioni avrebbero contribuito alla sua scoperta anche se, a posteriori, queste sono risultate in parte erronee. Cerchiamo un replicatore che si comporta come il denaro divenuto capitale. Il capitale stesso, nel suo significato di tutti i giorni, non corrisponde purtroppo al primo punto della definizione del replicatore (resiste a lungo in forma invariata). Acquisto oggi un'azione, domani la vendo e compro invece un'obbligazione, dopodomani la vendo e il denaro ricavato lo investo in una nuova impresa di Robinson o nell'istruzione dei miei figli. Il capitale nel suo significato comune, quotidiano non è un replicatore, quindi il mone deve essere qualcos'altro. Sappiamo ormai che il mone che stiamo cercando è qualcosa in grado di generare esseri viventi, se in associazione con altri moni. Questi moni non sono esseri biologici, bensì economici, dei replicatori economici – ammesso che esistano. Supponiamo che le imprese produttive siano degli «esseri viventi economici». In seguito questa definizione sarà ritoccata e resa molto più precisa, ma va bene come primo approccio. Questi «esseri viventi economici» sono tanto tangibili quanto gli esseri biologici; tutti noi abbiamo già visto delle imprese produttive. Se i moni esistono, devono essere qualcosa in grado di generare questi esseri. Proviamo quindi a trovare dietro questi esseri quegli elementi che li possono far nascere. Non era un compito facile nel caso degli esseri viventi biologici, ma ora, conoscendo i geni, possiamo procedere in maniera più mirata. Il gene non è altro che un'informazione molto elementare: è la catena di quattro diversi nucleotidi in un filamento del DNA. L'insieme dei geni determina ogni essere vivente biologico. Il fatto che il gene abbia anche una forma corporea, visibile al microscopio, è secondario rispetto alla circostanza che il gene è quell'informazione che codifica le caratteristiche degli esseri viventi. L'essenza di tutti i replicatori è l'informazione, la cui forma fisica è un dettaglio poco importante. Definiamo quindi il concetto di mone, dopo vedremo se soddisfa le nostre aspettative e se descrive una cosa davvero esistente. Il mone è quell'informazione che descrive una caratteristica di un'impresa, è in grado di attirare l'investimento di capitale e di conseguenza (insieme ad altri moni appropriati) è capace di generare un'impresa, dunque un essere vivente economico. In questa definizione suona strano che un mone da solo possa essere in grado di attirare il capitale, perché nessuno investe in una sola caratteristica di un'impresa. Si investe sempre in intere imprese, acquistando magari anche una sola azione, quindi forse una quota su dieci milioni. Emergerà però che proprio questo rende i moni eccezionalmente efficaci: singolarmente non sono vitali, ma assemblati in gruppi variopinti possono generare degli esseri viventi – esattamente come i geni. Sappiamo già che il denaro diventa capitale quando lo accumuliamo per rendere più efficiente la produzione futura. Il capitale diventa mone quando viene resa nota concretamente la forma che aiuterà la produzione futura. Se poi sarà davvero di aiuto, oppure l'impresa fallirà e il capitale investito diventerà capitale perso, dipende da molti fattori. Č così anche nella vita biologica: dipende da tanti motivi se un essere vivente generato dai geni risulta vitale o meno. Usando la metafora dell'unicorno, siamo giunti al punto in cui l'animale (nel nostro caso, il replicatore) che stiamo cercando è definito. Il passo successivo sarà trovare degli esempi. Solo così potremo essere sicuri di non parlare di qualcosa che esiste solo nella nostra immaginazione. | << | < | > | >> |Pagina 240Vis vitalis generaleIn un certo senso il replicatore è proprio quello che i chimici di un tempo, gli alchimisti, cercavano quando volevano scoprire la «forza vitale», la vis vitalis. Il replicatore biologico (diciamo il gene, ma ormai anche il chemoton) contiene una sorta di «forza vitale», ma in un modo completamente diverso rispetto all'idea che avevano i chimici di un tempo. Il gene è un replicatore non perché contiene una sorta di «forza vitale» fisica o chimica; al contrario, contiene una sorta di «forza vitale» proprio perché è un replicatore. Il gene dispone delle tre caratteristiche che definiscono il replicatore (vita lunga, prolificità, copiatura precisa, ma non perfetta), genera degli esseri, per i quali sono valide le tre condizioni dell'evoluzione darwiniana (varietà, selezione naturale, ereditarietà). Di conseguenza, l'evoluzione darwiniana esercita il suo effetto sul gene, perché per la genesi di esseri vitali queste condizioni sono sufficienti e non sono coinvolti altri meccanismi. Quindi i geni, uniti fra loro, sono capaci di costruire delle macchine da sopravvivenza che si adattano sempre di più alle sfide ambientali: insomma, vivono. Nell'ambiente naturale, contenente ormai anche la vita, sono comparsi anche replicatori di nuovo tipo. I replicatori nuovi non usano solo i processi fisici e chimici della natura, ma anche i processi presenti nelle macchine da sopravvivenza dei replicatori nati prima. I memi, le affermazioni scientifiche e i moni sono questi replicatori nuovi. Quello che abbiamo detto della «forza vitale», non vale solo per il replicatore biologico, ma per tutto ciò che è replicatore. Il processo naturale dell'evoluzione darwiniana è entrato in funzione anche in relazione ai nuovi replicatori. In caso di necessità, anche i replicatori nuovi sono in grado di allearsi per costruire delle complesse macchine da sopravvivenza, che si adattano sempre di più all'ambiente: quindi, vivono. Il nuovo replicatore non bada al fatto che la sua nascita è dovuta all'esistenza di altri replicatori. Dal suo punto di vista, tutto ciò che influenza la sua proliferazione è parte dell'ambiente naturale esterno, al quale si deve adattare, altrimenti viene sconfitto nella competizione con i replicatori di tipo simile (biologico, intellettuale o economico). Per il replicatore non importa sapere da quali leggi della natura conseguono i processi naturali esterni, se sono puramente fisici e chimici, o se fra loro ce ne sono anche di tipo diverso, come i processi biologici o persino psicologici. Come potrebbero esserne a conoscenza i replicatori? Il replicatore cerca di assicurare soltanto la futura presenza dei propri esemplari – non potrebbe fare altro, poiché è un replicatore.
Abbiamo visto, però, che tutto ciò non esclude la comparsa
e la diffusione efficace dei memi della protezione dell'ambiente.
Ciò è dovuto al fatto che i replicatori egoisti sono in relazione
coevolutiva fra loro e quindi anche i replicatori di tipo diverso
possono a volte avere degli interessi in comune.
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