|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 9
[ inizio libro ]
Nicolina cuciva sul balcone, affrettandosi a dar gli
ultimi punti nella smorta luce del crepuscolo. La vista che
offriva l'alto balcone era chiusa, quasi soffocata, fra il
vicoletto, che a quell'ora pareva fondo e cupo come un pozzo
vuoto, e la gran distesa di tetti rossicci e borraccini su
cui gravava un cielo basso e scolorato. Nicolina cuciva in
fretta, senza alzare gli occhi: sentiva, come se la
respirasse con l'aria, la monotonia del limitato paesaggio.
Senza volerlo, indugiava a pensare alla casa di Sant'Agata;
rivedeva il balconcino di ferro arrugginito, spalancato sui
campi, davanti al cielo libero che pareva mescolare le sue
nubi col mare, lontano lontano.
Era quella, per Nicolina, l'ora più riposata, benché la
più malinconica, della giornata. Tutte le faccende erano
sbrigate. Nella casa, come nell'aria, come dentro l'anima,
si faceva una sosta, un accorato silenzio. Allora pareva
che i pensieri, i rimpianti, le speranze, si facessero
innanzi circonfusi della stessa luce incerta che rischiarava
il cielo. E nessuno interrompeva i vaghi, incompiuti
soliloqui.
|
<< |
< |
|