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| << | < | > | >> |Indice9 Introduzione Parte prima - Politica Capitolo primo 21 Nella crisi della forma politica moderna. Tracce federali Capitolo secondo 47 Prendere l'Europa. Gestione della crisi, trasformazioni costituzionali, movimenti costituenti Capitolo terzo 73 Il primato della lotta. Temi marxiani nell'opera di Michel FoucauIt Parte seconda - Migrazioni Capitolo primo 99 Autonomia delle migrazioni. Lineamenti di un approccio teorico Capitolo secondo 129 Che cosa è in gioco nella mobilità del lavoro? Migrazioni, confini, capitalismo contemporaneo Capitolo terzo 151 Moltiplicazione dei confini e pratiche di mobilità Capitolo quarto 175 Prospettive abolizioniste sull'umano. Lotte di confine, migrazioni e libertà di movimento Parte terza - Mondi Capitolo primo 205 Quante sono le storie del lavoro? Per una teoria del capitalismo postcoloniale Capitolo secondo 237 Questione di sguardi. Du Bois e Fanon Capitolo terzo 257 Nei territori dell'estrazione. Continuità coloniali, assemblaggi postcoloniali di potere, lotte anticoloniali 289 Epilogo Per la critica del capitalismo globale: un progetto "marxiano"? 307 Riferimenti bibliografici |
| << | < | > | >> |Pagina 9IntroduzioneRaccolgo in questo libro un insieme di saggi che ho scritto negli ultimi anni. Per quanto debbano la loro origine a diverse occasioni, sono parte di una riflessione comune e il mio auspicio è che la raccolta non risulti meramente occasionale. Organizzati attorno a tre assi tematici - "politica", "migrazioni", "mondi" -, i testi qui presentati sono per me altrettanti capitoli di un'approssimazione alla comprensione critica del presente, che costituisce il modo specifico in cui pratico la teoria politica. Un insieme di temi trasversali alle tre parti in cui il volume è suddiviso può essere immediatamente indicato: la crisi della moderna forma stato a fronte dei processi globali contemporanei, le tensioni a cui vengono sottoposti concetti politici fondamentali (per esempio quello di cittadinanza), il rilievo costitutivo dei movimenti migratori e più in generale delle pratiche di mobilità per il mondo in cui viviamo, l'esigenza di ripensare la categoria marxiana di forza lavoro (e il problema della sua produzione), lo spiazzamento dello sguardo rispetto alla centralità indiscussa dell'Europa e dell'Occidente, alimentato dal confronto con la critica postcoloniale. Questi e altri temi sono indagati con un metodo che punta a far emergere le formidabili tensioni che segnano l'attuale congiuntura a livello mondiale, la violenza che ne deriva e al tempo stesso l'insieme delle pratiche e delle lotte con cui i soggetti dominati e sfruttati si contrappongono a quella violenza, indicando - in modo del tutto concreto - la possibilità di un suo superamento. Il mondo viene così pensato dal punto di vista dei processi materiali che ne intessono la trama e da quello della sua possibile trasformazione. Un mondo da guadagnare, per riprendere una suggestione classica. Il riferimento al mondo non è per me metaforico. Consapevole della difficoltà del compito, cerco piuttosto di assumere la dimensione mondiale come sfondo della mia riflessione su ciascuno dei temi affrontati in questo libro - dal ripensamento critico del federalismo alle migrazioni, dal dialogo a distanza tra Marx e Foucault a quello tra Du Bois e Fanon , per limitarmi a qualche esempio. La questione dello spazio, e dunque delle coordinate spaziali dei concetti con cui si tenta di pensare il presente, ha acquisito per me un rilievo fondamentale nel corso del tempo, in particolare sulla base del lavoro sui confini e sui processi globali che ho sviluppato con Brett Neilson (di cui danno conto in particolare il capitolo 3 della seconda parte e il capitolo 3 della terza). La "globalizzazione" non è, secondo la nostra prospettiva, un processo di livellamento delle differenze e di progressiva costituzione di uno spazio planetario "liscio": al contrario (e per questa ragione occorre guardare con cautela a ogni frettolosa dichiarazione della sua crisi o della sua fine), è un insieme di processi complessi e contraddittori, in cui la riorganizzazione del mercato mondiale come ambito di riferimento delle operazioni fondamentali del capitale (caratterizzate da una specifica omogeneità) è costretta a misurarsi con molteplici resistenze e attriti, che danno luogo a una profonda eterogeneità di formazioni spaziali, economiche, politiche, sociali e culturali. È una situazione che nel libro viene studiata dal punto di vista sia delle migrazioni (in particolare nel capitolo 2 della seconda parte) sia di un'analisi critica del capitalismo contemporaneo (in particolare nel capitolo 3 della terza parte) e delle sue implicazioni politiche. In queste condizioni, assumere il mondo come scala geografica fondamentale di ogni riflessione sul presente non ha nulla di astratto: fa piuttosto riferimento alla necessità di incorporare all'interno degli stessi concetti che utilizziamo l'insieme delle rotture geografiche e della turbolenza geopolitica determinate dai processi globali contemporanei. Sullo sfondo di questi processi, lo stesso senso del luogo si modifica profondamente - e per esempio l'Europa (al centro dell'analisi proposta nel capitolo 2 della prima parte) assume una posizione ben diversa da quella (egemonica) che per secoli si è costruita entro una storia di espansione, dominazione e conquista. La decolonizzazione si carica in questo quadro di nuovi significati e guadagna una nuova rilevanza (come si mostra nel capitolo 3 della terza parte), mentre la condizione postcoloniale, al centro del capitolo 1 della terza parte, rende possibile far risuonare contesti come quelli latinoamericani o asiatici nell'analisi degli sviluppi e dei conflitti europei contemporanei. Così inteso, il mondo diviene un criterio di metodo, determina un insieme di dislocazioni che investono lo stesso piano della riflessione teorica e apre quest'ultima alla ricerca di concetti che siano in grado di cogliere le dimensioni comuni di un'esperienza che assume tratti planetari e al tempo stesso di articolare la profonda variabilità di quella esperienza in diversi contesti materiali. Sotto il profilo politico, il compito che ne deriva (su cui si conclude il capitolo 3 della terza parte) è in primo luogo la reinvenzione dell'internazionalismo - o l'invenzione di un nuovo linguaggio in grado di affrontare il problema che storicamente l'internazionalismo aveva affrontato: quello di dare espressione a una comune realtà di oppressione e a un comune desiderio di liberazione. | << | < | > | >> |Pagina 99Capitolo primoAutonomia delle migrazioni.
Lineamenti di un approccio teorico
Ricollegandomi idealmente alla politicizzazione delle pratiche di mobilità da parte di Foucault, su cui mi sono soffermato nel precedente capitolo, introduco nelle pagine seguenti l'approccio teorico dell'"autonomia delle migrazioni", che ho contribuito a definire negli scorsi anni all'interno di una fitta trama di scambi e relazioni transnazionali. Lo "sguardo dell'autonomia", come si intitolava una precedente versione di questo capitolo, investe e rinnova una serie di concetti relativi allo studio delle migrazioni ma anche di carattere più generale, come, per esempio, quello di cittadinanza (già al centro del capitolo 2 della prima parte). L'affermazione della priorità del movimento e della necessità di assumere come punto di vista dirimente la soggettività dei migranti qualifica in generale la teoria dell'autonomia delle migrazioni. In questo capitolo, insisto su quel che a me pare un aspetto decisivo, ossia la necessità di collegare l'autonomia delle migrazioni con un'analisi della mobilità del lavoro e delle trasformazioni del capitalismo. Lavorare sulle migrazioni nel nostro tempo costituisce così un modo particolare per lavorare sul capitalismo contemporaneo. Un'attenzione particolare, da questo punto di vista, è riservata ai mutamenti delle politiche migratorie, nel quadro dell'egemonia neoliberale: assumendo come riferimento fondamentale gli sviluppi (in Europa e non solo) nel primo decennio del secolo, il capitolo sottolinea la produttività del concetto di "inclusione differenziale", che negli ultimi anni - come mostra il capitolo 4 di questa parte del libro - ha subito significative torsioni a fronte di tendenze sempre più restrittive e di vera e propria chiusura nella gestione dei confini e delle migrazioni. | << | < | > | >> |Pagina 129Capitolo secondoChe cosa è in gioco nella mobilità del lavoro?
Migrazioni, confini, capitalismo contemporaneo
Questo capitolo riprende molti temi affrontati in quello precedente e si concentra in particolare sul rapporto tra la mobilità del lavoro e il suo contenimento come chiave per analizzare il rapporto tra capitalismo e migrazioni. Muovendo da una rapida considerazione del modo in cui questo rapporto si è venuto svolgendo nella storia, il capitolo affronta poi la specificità del capitalismo contemporaneo, ricondotta al ruolo essenziale giocato nella sua dinamica da una serie di "operazioni estrattive", tra cui rientrano quelle finanziarie. A fronte di una logica per molti versi nuova di funzionamento del capitalismo, il management delle migrazioni (già analizzato nel precedente capitolo) si riorganizza attorno al concetto di "capitale umano" e a quella che viene qui definita una "razionalità logistica". Le migrazioni, contraddistinte da crescenti elementi di eterogeneità e "turbolenza", si presentano da questo punto di vista come un terreno di sperimentazione per la mobilitazione generale delle capacità umane e per l'estrazione di skills più o meno codificate come funzionali alla valorizzazione del capitale. Muovendosi tra l'America Latina e l'Europa, tra i paesi del Golfo e l'Asia orientale, il capitolo punta a fare emergere la migrazione contemporanea come sintomatica di un più generale processo di "moltiplicazione del lavoro". E a mostrare il suo carattere imprescindibile per ogni analisi dei processi di formazione di classe. | << | < | > | >> |Pagina 257Capitolo terzoNei territori dell'estrazione.
Continuità coloniali, assemblaggi postcolonialí di potere, lotte anticoloniali
Questo capitolo assume come cornice generale le trasformazioni che stanno terremotando l'ordine mondiale e, in particolare, la tesi secondo cui stiamo vivendo l'esaurimento dell'egemonia statunitense su scala globale. All'interno di questa cornice discute il tema della decolonizzazione, facendo riferimento a una serie di approcci teorici che hanno affrontato la questione negli ultimi anni (attraverso concetti come "neocolonialismo", "postcolonialismo" e "decoloniale"). Se questa discussione consente di riprendere e ampliare il tema della soggettività e delle lotte anticoloniali affrontato nel capitolo precedente, è anche l'occasione per porre il problema del rapporto fra trasformazioni dell'ordine globale, decolonizzazione (in senso lato) e capitalismo. Muovendo da un'analisi dell'approfondimento dei processi estrattivi in molte parti del mondo (e in particolare in America Latina), propongo qui - sulla base del mio più recente lavoro con Brett Neilson (già introdotto supra, parte II, capitolo 2) - un concetto allargato di estrazione per interpretare alcuni degli aspetti più significativi del capitalismo contemporaneo (per esempio, in riferimento agli sviluppi della logistica e della finanza). L'analisi qui proposta si muove tra critica dell'economia politica e critica postcoloniale (non senza segnalare i limiti degli sviluppi di quest'ultima negli anni più recenti), e si conclude con una riflessione sulla necessità di ripensare l'internazionalismo. | << | < | > | >> |Pagina 289EpilogoPer la critica del capitalismo globale:
un progetto "marxiano"?
Marx è stato una presenza costante in questo libro, punto di riferimento per
la critica della politica, per l'analisi delle migrazioni
e per il confronto con le teorie postcoloniali. Questo epilogo segue
la traccia del suo pensiero per delineare un programma di critica del
capitalismo globale contemporaneo al cui interno si collocano tutti i
capitoli del libro. Lungi dall'invocare una lineare attualità delle categorie
(del "sistema") di Marx, si indicano qui alcuni aspetti dell'atteggiamento
critico necessario per riattivare nel nostro presente la
portata sovversiva del suo pensiero. La definizione marxiana del capitalismo e
la sua peculiare politica della liberazione ruotano attorno
all'individuazione di un soggetto capace di porsi come rivoluzionario - il
"lavoro vivo", la classe operaia. Nell'ultima parte di questo
epilogo, proprio la categoria di classe viene saggiata a fronte dello
sviluppo dei movimenti degli ultimi anni (in particolare di quelli
femministi). L'individuazione in Marx - al di là delle sue intenzioni - di tre
diversi modelli di soggettivazione degli sfruttati (proletario,
operaio e "subalterno") conduce a ripensare la classe a partire dalla
differenza. Il libro si conclude su questo tema della soggettività e
della lotta, attorno a cui si tratterà di continuare a lavorare in futuro.
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