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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione di Giorgio Celli 7 Premessa 10 Perché questo libro 12 Chi è più equilibrato tra uomo e cane? 23 Possedere un cane avvicina alla natura e fa bene alla salute 25 Per capire il cane non bisogna antropomorfizzare tutto 28 Se sono possibili le incomprensioni nell'ambito della stessa specie a maggior ragione lo possono essere tra specie diverse 29 Una famiglia in cui si può essere diversi e usare linguaggi diversi 30 L'importanza dell'imprinting 38 Sensi 45 L'età del cane 51 10 regole per comunicare meglio tra due specie diverse 53 Il cane deriva dal lupo 70 Necessità di un branco e di un posto preciso nella scala sociale 71 La voce 81 Corteggiamento e riproduzione 90 Uomini e cani nella stessa barca 95 Le fasi della giovinezza canina 95 Quando in casa arriva un cucciolo 100 Consigli 101 Comandi base da insegnare al cane: bravo, no, seduto, terra, resta, vieni 109 Nell'insegnare al cane vi sono alcune regole generali che è bene ricordare 109 Comandi generali 113 Comandi specifici 115 Comportamenti tipici di alcune "razze" di umani 126 "Io non posso entrare" 127 Quelli che danno la colpa alla razza 129 Quelli che credono alle storie e dicerie più strambe 131 La mostruosa abitudine di tenerli alla catena 133 L'orribile e tollerata abitudine di tenere i cani da caccia isolati in baracche-lagher 135 I cani come arma 138 Diritti anche per chi non è umano ma canino 144 Trovare soluzioni a possibili problemi canini 150 Schede 151 Comportamenti civili che spettano agli umani 185 Se gli viene consentito di sporcare sul marciapiede 185 Se non viene fatto entrare al ristorante o al bar 187 Perché non può salire sui mezzi pubblici se non bardato come un pericoloso criminale? 189 L'anagrafe canina 191 I consigli del Gruppo cinofilo di Verona 192 Bibliografia 195 |
| << | < | > | >> |Pagina 7IntroduzioneÈ un bel mattino di primavera. Sonnecchio, sulla piazza storica della mia città, al tavolino di un caffè. Poco lontano, a un altro tavolino, siede un atletico signore in tuta da ginnastica, sicuramente firmata, che sta bevendo l'aperitivo del mezzogiorno. Ai suoi piedi, stravaccato sull'asfalto, un grosso pitbull sbadiglia. Il padrone lo tiene al guinzaglio. Ma ecco che il cane alza la testa, proprio nel momento in cui una bella signora, tacchi a spillo e vestitino succinto, passa sul marciapiede opposto della strada, insieme a un barboncino di un bel colore nero. Il pitbull sembra posseduto, d'improvviso, da una intensa bramosia di sangue: si rizza sulle zampe, con le orecchie all'indietro, e con i suoi denti formidabili che brillano nella bocca aperta. Se il padrone non lo tenesse con polso fermo al guinzaglio, il pitbull correrebbe dritto verso il barboncino, con l'intenzione di farlo a pezzi. Ma l'apparizione è fugace, la signora va di buon passo seguita dal suo compagno spaventatissimo e scompare celermente oltre l'angolo della strada. Osservo il padrone del pitbull: mormora qualche parola che, suppongo, di blando ammonimento al cane e lo accafezza più volte sulla testa, fissandolo con palese simpatia. In parole povere, quell'uomo è orgoglioso di avere un cane feroce, pronto a combattere e che costituisce così una specie di prolungamento di se stesso, un suo specchio davanti al quale compiacersi. Quel cane costituisce una sorta di bomba innescata, e se un giorno sfuggirà al provvidenziale guinzaglio, sarà proclive ad aggredire chicchessia, perché intuisce che è proprio questo che il suo padrone desidera da lui. Gli etologi hanno da tempo accertato che il cane, in una certa misura, legge i desideri del padrone, anche quelli di cui lui ha una scarsa consapevolezza. Basta un battito di ciglia, una piccola smorfia all'angolo della bocca, addirittura una variazione nel ritmo del respiro del suo padrone, perché il cane interpreti quello che si vuole da lui. Se ne può concludere che quando un cane delinque lui è solo l'esecutore, il sicario, mentre, statene pur certi, il mandante è il suo padrone che gli ha impartito magari inconsapevolmente degli ordini. Negli ultimi anni i rapporti tra l'uomo e il suo tradizionale amico a quattro zampe sembrano notevolmente peggiorati.
Morsicature selvagge e addirittura veri e propri omicidi, e sovente di
bambini, sembrano aver messo in discussione un antichissimo patto di
alleanza. Si è capito, però, che questi incidenti sono quasi sempre dovuti
al fatto che chi entra in possesso di un cane non si premura di conoscere la sua
etologia, ma lo fa oggetto spesso di vistose proiezioni antropomorfe. Aveva
ragione Sigrnund Freud quando ha scritto che gli
animali sono i nostri bambini, ma, se è così, non dobbiamo trascurare
di aprire qualche spiraglio nella scatola nera della loro mente, non
considerandoli dei vicari d'uomini, ma degli animali che con gli uomini
sono stati costretti, fin dalla più remota preistoria, a vivere. Si può
maltrattare un cane per eccesso d'amore, impedendogli, per paura dei pericoli
del mondo esterno, di scorazzare gioiosamente nei prati inseguendo
il fantasma di una preda presente ormai solo nel suo cervello. Come si
sa, è venuto un momento in cui sembra ci si sia decisi a esigere che chi
prende un cane con sé debba procurarsi un patentino se non da etologo da
connoisseur
degli elementi fondamentali del pensiero animale. Perché
se è vero che l'automobile è un'arma impropria, che usata male può provocare
molti danni, per il cane è lo stesso. Un cane lasciato libero di fare
quel che vuole o, addirittura, premiato, quando si comporta come aggressivo
diventa un pericolo sociale, soprattutto se è di grossa stazza
come il pitbull che abbiamo chiamato in causa all'inizio.
Questo libro di Francesco Mezzatesta ci insegna a capire il cane e a instaurare un dialogo con lui che tenga conto del suo modo di pensare. Valga un solo esempio: un cane, ancora giovane e un po' disobbediente, non risponde al richiamo del padrone, che lo sollecita più volte a venire da lui. Quando, alfine, il cane lo fa, il padrone lo sgrida. Che cosa pensa, secondo voi, il cane soggetto a quelle contumelie? Certamente penserà che è stato castigato perché è venuto dal suo padrone e quindi diventerà per forza sempre più disobbediente. Perché gli animali, anche se sono dotati di una buona memoria, non sono abilitati a fare delle escursioni nel tempo, a collegare eventi passati con il presente e a inventarsi il futuro. Il rapporto interpersonale tra l'uomo e il cane si fonda su un grosso repertorio di gesti, insieme a dei vocalizzi emotivi, però, in una certa misura la lunga convivenza con noi ha fatto accedere il cane da un universo emotivo a un universo parzialmente cognitivo, nel senso che l'animale capisce il significato e il valore pragmatico di un certo numero di parole. Riconosce perfettamente il suo nome, anche se non possiamo dire che questo riconoscimento debba necessariamente coincidere con la consapevolezza dell'io. Un libro come questo costituisce un vero e proprio vocabolario bilingue, per la ricostituzione di un nuovo avatar. Bologna, 2010 Giorgio Celli | << | < | > | >> |Pagina 10PremessaScrivendo Capire il cane per farsi capire ho voluto realizzare un manuale pratico in grado di fornire alcune informazioni elementari ma essenziali per aiutare chi è possessore di un cane o si accinge a diventarlo, a comunicare meglio con il compagno dell'altra specie. Il libro non vuole sconfinare in campi che vanno oltre le intenzioni del manuale pratico. Così non tratta di aspetti veterinari né ha pretese etologiche. È rivolto a tutti coloro che vogliono conoscere alcune regole di base per avere un migliore rapporto con i nostri amici a quattro zampe. Più semplicemente, notando che vi sono molte persone che non conoscono bene le regole di base del linguaggio canino, ho pensato che sarebbe stato utile realizzare un manuale divulgativo da diffondere come un mezzo di preparazione per ottenere una sorta di "patentino per il possesso di un cane". Ho voluto ripetere certi concetti base fino quasi ad esagerare (ad esempio di non sgridare mai un cane dopo che ha compiuto un misfatto ma solo se lo si coglie sul fatto) proprio per rimarcare, in modo inequivocabile, certi principi fondamentali che sono alla base della comunicazione uomo-cane. Il paragone tra chi non vuole informarsi e chi non vuole curarsi mi viene facile pensando a quelle persone che soffrono di dolori lombari da postura e che, ritenendo la ginnastica una cosa complicata con molti e difficili esercizi da addetti ai lavori, rinunciano a farsi 1-2 minuti al giorno di venti semplici flessioni addominali che possono prevenire l'insorgenza delle lombalgie. Allo stesso modo molti possessori di cani pensano che lo studio del comportamento canino sia un qualcosa da demandare agli studiosi o agli esperti e che, in mancanza di questa cosa complicata, ci si debba affidare alla tradizione e alla pratica acquisita. Eppure c'è una via di mezzo: conoscere le regole base del comportamento canino rifiutando le dicerie (anche se tramandate) e la praticoneria. Spesso i cani soffrono perché i loro padroni non utilizzano i messaggi più semplici e banali del loro linguaggio. Ecco, questo manuale vuole ovviare a questa carenza di base nell'intento di aiutare i possessori di cani a non far soffrire involontariamente i loro amati animali. Dieci regole, facili facili, per riuscire a muoversi meglio nei confronti del nostro cane non sono molte, ma diventano fondamentali per comunicare tra specie diverse. Francesco Mezzatesta | << | < | > | >> |Pagina 12Perché questo libroNel libro ho voluto parlare dei più comuni e involontari errori compiuti nei confronti dei nostri cani. Errare è umano, è perseverare nell'errore che diviene dannosissimo come dicevano i latini. In fondo siamo sempre in tempo per migliorare e i nostri cani ne saranno felici. Un tempo si diceva "al lupo al lupo" adesso si traduce in "scaricabarile sugli animali". Secondo una circolare dell'ex Ministro della sanità De Lorenzo i cani e gatti sarebbero troppi e potrebbero rappresentare un pericolo per la salute pubblica. C'è chi ha commentato che quando le cose vanno male si tirano in ballo gli animali. Così può sembrare che la salute umana sia minacciata più dagli escrementi dei piccioni che non dai gas di scarico delle auto che asfissiano i centri urbani. Se le USL sono state giustamente invitate ad attrezzarsi per l'anagrafe canina prevista dalla legge, le Regioni protestano affermando che con tutti i problemi della sanità malata non sono in grado di occuparsi pure della popolazione canina. Ma allora dei migliori amici dell'uomo chi se ne occupa? Delle loro reali esigenze di esseri viventi intendo. C'è da dire che anche chi li ama, spesso non ne conosce bene il "linguaggio". Sì, perché spesso i cani sono degli incompresi e molti di loro divengono dei quadrupedi frustrati dall'incomunicabilità con l'uomo. Sul soggetto cane ognuno dice la sua: "È intelligentissimo", "è mordace", "non ubbidisce", "torna quando vuole lui" e così via. Sono in molti a credere che gli atteggiamenti comportamentali dei cani derivino da fattori innati o siano legati soprattutto alla razza. Del resto quanti genitori si sentono scaricati di responsabilità affermando che i figli sono fatti in un certo modo perché "sono nati così"? In realtà, pur mantenendo in cuor suo le regole comportamentali e sociali del lupo suo antico progenitore, il cane viene "plasmato" dalle esperienze che vive e dall'educazione che riceve nei primi anni di vita. Ma per "insegnare l'educazione" ai nostri cani occorre conoscere almeno qualche regolina facile facile del linguaggio canino-lupino. Per esempio per noi umani è facile comunicare attraverso l'uso delle parole. I cani invece non possono comprendere frasi troppo complesse perché il loro livello di comunicazione è più semplice del nostro. Capiscono però il tono della voce. Ricordo il comportamento di un mio amico possessore di un bellissimo esemplare di Samoyedo il quale però aveva la pessima abitudine di "montare" in groppa agli altri cani. Anzichè sgridare l'animale al momento del fatto sgradito il padrone aspettava che la lite tra cani finisse per avvicinarsi al suo animale e accarezzandolo sussurrargli con un filo di voce: "Non devi caro, non devi". Nel linguaggio canino queste frasi per noi chiare, ma espresse con tono suadente, assumevano per l'animale un significato opposto alle intenzioni del padrone. Nella mente del cane era il tono e non l'articolato delle parole a contare; tradotto per la mente canina il messaggio era diventato: "bravo, continua così". Per il padrone è spesso un fatto naturale rivolgersi al proprio animale come si farebbe con un bambino ma se si vuole veramente bene al cane bisogna sforzarsi di capirlo e fare in modo da esserne capiti. Non vivendo più allo stato selvatico come i lupi i cani si sono dovuti adattare alle regole sociali degli umani mantenendo però la struttura di base del primordiale linguaggio dei lupi. Un vantaggio a favore della comunicazione tra le due specie consiste nel fatto che sia gli uomini che i cani sono accumunati dalla forte tendenza alla socialità. Per il cane l'uomo di solito è un "capobranco" (che è una figura indispensabile nelle regole sociali dei lupi) da amare e rispettare. Il cane non soffre di complessi di inferiorità come capita agli umani, per lui è normale essere inserito in una scala gerarchica e il ruolo di subordinato viene accettato tranquillamente senza troppi problemi. Il ruolo di capobranco però va meritato e non sono rari i casi di padroni non all'altezza di questo compito. Un vero capobranco deve essere giusto e severo quando serve ma anche tollerante e affettuoso in altri casi e, soprattutto, deve saper comunicare con il branco. A sua volta il cane che riesce a comunicare col proprio capobranco lo guarda direttamente negli occhi fiducioso senza volgere gli occhi altrove. La comunicazione giusta che va di pari passo con l'educazione, va impostata quando il cane è ancora giovane, diciamo entro i due anni. In questo periodo l'animale comincia ad apprendere quali sono per il suo capobranco le cose giuste o sbagliate e ad impostare il proprio comportamento che sarà più difficile da modificare negli anni successivi. Uno degli errori più comuni compiuti da padroni che cercano di educare il loro cane consiste nello sgridarlo dopo che è già passato un lasso di tempo da una marachella compiuta in precedenza. Per esempio il padrone torna a casa e trova i tappeti rosicchiati e il pavimento sporcato. Allora l'uomo punisce il cane credendo di fargli capire l'errore commesso. Ma non è così, il cane non riuscirà mai ad associare la punizione con situazioni avvenute in precedenza e proverà frustrazione non riuscendo a capire il perché della punizione. Punendolo dopo e non sul fatto il cane non riuscirà ad associare la punizione col danno commesso e il padrone commetterà involontariamente un'inutile crudeltà verso il suo cane che, non essendo in grado di capire il perché della punizione, tenderà successivamente a ripetere lo stesso tipo di danno. Nasce così l'idea sbagliata che quel cane sia un "testone". Per correggere la cattiva abitudine del cane, invece, bisognerebbe nascondersi e attendere di cogliere l'animale sul fatto, punendolo cioè nel momento in cui compie la marachella. Allora un "no!" secco pronunciato ad alta voce associato a un colpetto punitivo di tipo fisico (assolutamente necessario perché il "no" da solo è insufficiente) raggiungono lo scopo desiderato di far "capire" al cane il motivo della punizione. Il cane cioè associerà il guaio combinato con la sgradevolezza della punizione che ripetuta qualche volta (ma a volte basta anche una sola volta) raggiungerà lo scopo di educare il cucciolone senza continuare a punirlo inutilmente. Ma non si può procedere solo con punizioni. I cani hanno bisogno anche e soprattutto di giuste ricompense come sono le affettuosità del padrone e i bocconcini prelibati quali i biscottini di crusca per cani. Però queste vanno elargite quando l'animale compie azioni apprezzate dal padrone e non a sproposito, perché il cane apprezza molto i complimenti e li collega all'azione che sta compiendo. I cuccioli poi hanno bisogno di giocare proprio come i bambini e attraverso il gioco possono apprendere molto. Fido al richiamo torna subito dal padrone? Bene si fa in questo caso a lodarlo vezzeggiarlo e facendo magari seguire alle carezze e alle lodi una ricompensa alimentare. Il cane associerà l'atto del ritornare con la piacevolezza del premio. La pessima abitudine che hanno certi cani di non tornare prontamente al richiamo sono spesso da riferirsi a errori compiuti dai padroni che volontariamente o involontariamente li hanno puniti al loro ritorno per non essere tornati prima al richiamo (il cane chiaramente non riesce a capire una punizione postdatata). | << | < | > | >> |Pagina 31La mente canina è più semplice della nostraI cani associano gli eventi e ne vengono condizionati. Non collegano i concetti né traggono conclusioni. – Non serve dire a un cane un sacco di parole per esprimere un concetto. Il cane non può capire i discorsi anche se è in grado di fissare singoli termini associati a un determinato significato (ad esempio, "Fuori", "Vieni", "Cerca" ecc.). Quello che serve è usare un tono della voce diverso: dolce se una cosa ci va bene, dura se va male, normale se non pretendiamo particolare attenzione.
- I cani non possono capire regole morali astratte ma collegano situazioni
a eventi piacevoli o spiacevoli e imparano a considerarle cose da
farsi o da non farsi sulla base dell'esperienza. Capiscono e si comportano
attraverso associazioni di eventi e attraverso condizionamenti.
Quindi è impensabile pretendere che un cane sappia a priori alcune
regole base di comportamento che pretendiamo da lui senza avergliele spiegate
nel suo linguaggio.
Intelligenza, collegamenti e memoria Il cane non pensa a ciò che ha fatto prima; lui associa avvenimenti e in base a queste associazioni sente di dovere agire in un modo o in un altro. Succede purtroppo molto di frequente che padroni, ignari del comportamento canino, insistano nello sgridare un cane per qualcosa che ha fatto in precedenza mentre il cane non può collegare le sgridate alle ragioni umane proprio perché non fa ragionamenti complessi e retroattivi: è un cane non un uomo. Ogni volta che viene sgridato per qualcosa fatto in precedenza (ad esempio perché ha rosicchiato un mobile o fatto pipì fuori posto) il cane soffre inutilmente perché non comprende il motivo per cui viene sgridato. Al ripetersi delle incomprensibili sgridate il cane diviene triste perché avverte immediatamente e in anticipo che il padrone si accinge a sgridarlo da impercettibili movimenti e atteggiamenti del corpo. Sa che verrà punito ma non ne capisce il perché. Anche se ne capisse il perché non avrebbe la forza di assumere un nuovo atteggiamento perché lui "collega" gli eventi e da questi collegamenti trae la forza per cambiare atteggiamento. Per questo, essendo sgridato "fuori tempo" collega la sgridata al ritorno del padrone, non alla marachella compiuta prima e diviene triste. Come interpretano invece molti proprietari questo comportamento? Secondo queste persone il cane "sa di avere sbagliato" (e con questa affermazione sbagliano doppiamente nel non comprendere il cane). Può darsi che l'animale in qualche modo avverta una situazione di disagio e percepisca che il padrone è arrabbiato con lui per qualcosa che ha commesso; ma il fatto è che non ne capisce il perché per il semplice motivo che la mente del cane non può fare ragionamenti complessi come facciamo noi con collegamenti temporali indietro nel tempo. Il cane agisce nel presente e collega ciò che accade ricordando del passato i collegamenti già fatti allora. Se per ipotesi venisse punito nel momento esatto in cui mordicchia i mobili collegherebbe punizione a mordicchiamento di mobili e, semplificando scatterebbe nella sua mente un'immagine pressappoco come questa: "mordicchiare mobili cosa spiacevole, capobranco non vuole." Quindi se i padroni entrano in casa e si accorgono dei danni vedendo il cane che si nasconde con espressione "pentita", pensano che l'animale si renda conto del danno fatto, sbagliano di grosso. Il cane è triste non perché capisce il danno che ha causato ma esattamente per il contrario: non sa capire perché viene sgridato quando il padrone entra in casa ed è triste perché sa che verrà punito senza saperne il motivo. | << | < | > | >> |Pagina 60Regola 6Non "è nato così" — conoscere il periodo di più facile educazione — se poi si comporta in un certo modo è perché così è stato abituato anche involontariamente, permettendogli le prime volte un comportamento che poi magari non si gradisce più ma che il cane ha assunto in modo stabile Se si comporta in un certo modo è perché non gli si è fatto capire bene quello che il "genitore-padrone" vuole. Mai credere che un cane si comporti in una determinata maniera e compia determinate azioni perché "è nato così" o perché "così è la razza" ma cercare di esaminare serenamente, senza crearsi inutili sensi di colpa, il comportamento del "genitore-padrone" umano. Sapere che il periodo più utile per educare un cane si estende fino ai due anni. Successivamente le cattive abitudini prese possono essere cambiate impiegando molto più tempo e fatica. I cani fino ai 2 anni, analogamente ai bambini fino a prima dell'adolescenza, sono come la creta: si possono modellare nel comportamento a seconda del modo di comportarsi degli adulti. Gli adulti non devono sentirsi in colpa per gli errori compiuti in buona fede sui giovani cani come sui bambini, ma commetterebbero un grave errore se si rifiutassero di accettare questa semplice regola di vita: non è la provvidenza, il fato o la genetica di razza a determinare un anomalo comportamento ma è soprattutto l'esperienza in periodo giovanile. Il colore degli occhi o dei capelli sono trasmessi geneticamente mentre il modo di rapportarsi con gli altri dipende soprattutto dalle esperienze precoci. Un bambino che proviene da un altro paese impara in tre mesi a parlare la lingua del paese adottivo perdendo le inflessioni di origine. Un adulto viceversa manterrà sempre l'inflessione linguistica iniziale perché la sua flessibilità è cambiata lasciando la fanciullezza, proprio come un cane che sotto i due anni impara certi esercizi o modi di comportarsi anche in due o tre volte mentre un adulto sembra inamovibile nel mantenere il comportamento appreso in precedenza. | << | < | > | >> |Pagina 921) Stare con la madre canina almeno 2 mesi-2 mesi e mezzo. 2) Avere giocato e socializzato con i propri simili e con l'uomo nei mesi della socializzazione (soprattutto da 1 mese e mezzo ai 2 mesi e mezzo). Questa gioiosità serve ai cani da piccoli per assumere un carattere allegro ed equilibrato (non triste e frustrato) da grandi. L'importanza del gioco praticato da piccoli per essere gioiosi da grandi vale anche per gli umani. 3) Ricevere sgridate al momento esatto del guaio combinato e mai dopo un anche breve lasso di tempo. 4) Ricevere lodi e gratificazioni al momento esatto in cui compie un'azione positiva e non dopo un lasso di tempo o essere vezzeggiato a vuoto senza motivo. 5) Non rimanere troppo da solo ma avere la possibilità di socializzare con altri animali e con umani. 6) Avere dei padroni accettabilmente equilibrati e che conoscano un minimo di comportamento del cane come discendente del lupo. | << | < | > | >> |Pagina 185Comportamenti civili che spettano agli umaniSe gli viene consentito di sporcare sul marciapiede
La pessima abitudine di lasciare escrementi sui marciapiedi cittadini
deriva dall'educazione data dal padrone. Al cane i bisogni vanno fatti lasciare
fuori dalla portata del passeggio degli umani. Ad esempio appena
giù dal marciapiedi ai bordi della strada è meglio che dove camminano
i passanti.
La "paletta igienica" In una città organizzata dovrebbe essere pratica normale che i proprietari di animali che conducono fuori il proprio "membro della famiglia a quattro zampe" raccolgano gli escrementi lasciati dai propri animali con delle speciali palette igieniche gettandoli poi in raccogli rifiuti. Al limite al cane andrebbero fatti fare i bisogni fuori dai marciapiedi subito giù dal cordolo del marciapiedi al bordo della strada dove passano i macchinari pulisci-carreggiata. Certo si tratta di un'altra "scocciatura" per i padroni rispetto al permettere al cane di evacuare ovunque capiti ma è questione di abitudine. Comunque meglio di tutto è usare la paletta igienica. Si tratta di una paletta in plastica poco costosa, dotata di sacchetto raccoglitore di plastica con cui i padroni dei cani possono raccogliere la deiezione del proprio cane in modo del tutto asettico, potendola così riporre in un cestino o cassonetto di rifiuti impacchettata nel suo sacchetto igienico.
L'educazione del cane è lo specchio dell'educazione del padrone
che spesso, anche involontariamente, può causare fastidio o danno agli altri
umani semplicemente perché il cane non è ben educato.
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