Autore Elisa Modugno
CoautoreDaniele Nicastro, Eleonora Antonioni
Titolo Ogni giorno solo tu
EdizioneMondadori, Milano, 2020 , pag. 363, cop.rig.sov., dim. 14,5x22,5x2,5 cm , Isbn 978-88-04-72587-9
LettoreSara Allodi, 2020
Classe ragazzi












 

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Pagina 7

MEG - 6:45


Spalanco gli occhi all'improvviso.

Che ore sono? Dove sono? Chi sono?

Okay, all'ultima domanda sono abbastanza sicura di poter rispondere. Margherita detta Meg, quindici anni, aspirante fumettista. Il resto, però, è buio totale. Mi fa male il collo. Ho la faccia premuta su qualcosa di duro. E sotto la guancia sento del bagnato. Cosa...?

Di colpo, ricordo. Oh, no!

Mi tiro su di scatto, ma il danno ormai è fatto. Il disegno è completamente sbavato. Mi sono addormentata (di nuovo!) alla scrivania intanto che finivo uno schizzo. Uffa!

Guardo rassegnata la coppia di innamorati tracciata a matita sul foglio, le linee di grafite ormai sfocate dalla saliva, mentre cerco di capire che cosa mi ha svegliato. Stavo forse facendo un incubo? No, me lo ricorderei. Magari è stato un rumore dall'appartamento di sopra? Tendo l'orecchio, ma la signora Popescu, nota per le maratone di mobili spostati a qualsiasi ora del giorno e della notte, non dà segni di vita.

Spengo la lampada da tavolo. Dalla tapparella filtrano alcune righe di luce. Infilo gli occhiali abbandonati sulla scrivania e mi volto verso la sveglia sul comodino. Sul quadrante, Mickey Mouse mi informa che sono le 6:45.

Mi stiracchio, mentre la schiena scricchiola per protesta. Poi mi alzo, mi avvicino al calendario appeso alla parete e strappo il foglietto con la data di ieri. Adesso dice: LUNED̀ 27 APRILE. E sotto, la frase del giorno: Voler essere qualcun altro è uno spreco della persona che sei (Marilyn Monroe).

Wow! Ci vai giù pesante, Norma Jeane.

Sul calendario, il numero 27 è circondato dalla sagoma di un cuore, tracciata a pennarello rosso. Prendo il cellulare dalla scrivania, apro la chat con Lucas e digito:

Buon mesiversario, cucciolo!

Aggiungo la gif di un orsetto che dice "I love you", poi invio. Alla fine metto via il telefono, perché so che dorme ancora. Ma il mio messaggio sarà la prima cosa che vedrà al risveglio!

Anche la casa dorme ancora: tanto vale approfittarne. Mi tolgo i vestiti di ieri (la maglietta di Stranger Things e i jeans skinny con gli strappi) e mi infilo sotto la doccia. Quando finisco, sento la sveglia della mamma che trilla. Nemmeno il tempo di uscire dalla cabina e infilare l'accappatoio, che la porta si spalanca di botto, mia madre entra e urla dalla sorpresa.

«Margherita! Che spavento! Cosa ci fai già in piedi?»

«Mi sono svegliata presto. Comunque bisognerebbe bussare, mamma, sai com'è...!»

Lei sbuffa. «Guarda che ti conosco! A quest'ora dormi, di solito. Dai, spostati, che faccio tardi allo studio!»

Mi spinge fuori senza tante cerimonie e chiude la porta. Subito dopo la riapre. «Ah, già che ci sei: vai a tirare giù dal letto tuo fratello. Risparmiami lo strazio, almeno per oggi.» E sbam! La porta si richiude.

Fine della pace. Un'altra mattina inizia come di consueto in casa Battaglia-Cavalli: porte che sbattono, grida e gente che corre in giro con la stessa grazia della carica di gnu nel Re Leone.

Ma, ehi, l'occasione di torturare un fratellino non si rifiuta mai!

Entro nella sua stanza a passo di carica (appunto...), tiro su la tapparella con un gran fracasso e gli strappo via la coperta. «Svegliaaaaa!»

Nel letto, un bambino di otto anni con un cespuglio di ricci indomabili e le orecchie a sventola, avvolto in un pigiama a rombi blu troppo corto sulle caviglie, rantola e si contorce come un vampiro sorpreso dalla luce del sole. «Maggie! E che cavolo!» strilla, ficcando la testa sotto il cuscino.

Io però sono implacabile. Afferro il guanciale, lo lancio in un angolo e inizio a fargli il solletico sui fianchi. «Sveglia, sveglia, rospetto!»

Muovo le dita sempre più veloce, finché Matteo non si accartoccia su se stesso come un riccio e implora pietà. «Basta! Basta! Sei la peggiore sorella del mondo!»

Penso che potrei fare qualcosa di ancora più perfido, come prendere il pennarello sul comodino e pitturargli la faccia, ma proprio in quel momento la mamma esce dal bagno e passa davanti alla porta spalancata.

«Ragazzi, allora! Margherita, ti avevo detto di svegliarlo, non di mettervi a giocare! Datevi una mossa o farete tardi!»

Uff! Mollo la presa e mi tiro su. Il rospetto è seduto sul letto e mi guarda torvo, con gli occhi ancora cisposi di sonno. «Ti odio, lo sai, vero?»

Sogghigno. Se dice così, significa che faccio bene il mio lavoro di sorella maggiore.

Torno in camera mia, tolgo l'accappatoio e mi vesto. Infilo la mia maglietta preferita, quella nera di Lisa Simpson con il basco da pittrice, i leggings e la minigonna di denim. E ai piedi le Converse rosse, naturalmente.

Appena il rospetto libera il bagno, ci torno per gli ultimi ritocchi. Passo le dita tra i capelli e li spettino ad arte fin sotto le orecchie, poi metto le lenti a contatto. Una riga di kajal marrone, et voilà! Sono pronta.

Quando apro la porta, vengo investita dal profumo di caffè. Peccato non potermi fermare. Afferro dall'attaccapanni la giacca di denim, infilo su una spalla sola l'Eastpack coperto di pin collezionate alle fiere del fumetto, e mi affaccio sulla soglia della cucina. «Ciao, io esco!»

«Ehi! E la colazione?» chiede mia madre, smarrita.

Scuoto la testa, con un piede già sul pianerottolo. «Devo vedere la Vale! Ciaooo!»

E senza aspettare risposta, chiudo la porta alle mie spalle. Prendo l'ascensore, scendo tre piani e in un attimo sono fuori, tra i primi raggi del sole di aprile. Sento che sarà una magnifica giornata.

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ERIC - 8:10


Davanti a me, in shorts di jeans e top color rubino, c'è la ragazza più sexy della scuola. Ha i capelli neri e una ciocca verde che accentua il colore degli occhi. Si chiama Bianca. Il suo sorriso è disarmante. Potrebbe far cessare le guerre e guarire il cancro.

Dovrei dire qualcosa, ma parlare non è per niente facile quando l'unico pensiero che ti viene in mente è: "Baciami, baciami, baciami".

Un pensiero così sovrasta tutto il resto, e non si tratta di essere imbranati: è un problema elettrico, vale a dire che le sinapsi del cervello ti vanno in corto circuito. Le parole non vengono fuori lisce e regolari come alle persone normali: escono a grumi, impastate tipo i corn flakes nel latte a colazione. Perciò stai zitto.

«Vieni qui, Eric» mi chiama Bianca.

Abbasso lo sguardo sulle labbra piene e socchiuse che si stanno avvicinando alle mie. Le orecchie vanno a fuoco, il sudore cola lungo il collo. Mi sento scombussolato come Peter Parker - alias Spider-Man - mentre Mary Jane gli sposta un po' la maschera e lo bacia sotto la pioggia. Forse sto sognando. Oppure sono morto e sono finito in paradiso?

Bianca mi bacia mentre io ancora non riesco a parlare, riesco solo a ricambiare - bene, spero - e stento a trattenere le lacrime di gioia che spingono dietro gli occhi per uscire. Lo so, sono patetico. Il fatto è che mi piace un casino. Mi piace da quando eravamo alle medie. Mi sarei fatto avanti prima se avessi saputo come fare, già, perché io...

Eric, concentrati. Non è il momento di divagare.

Il bacio. Pensa al bacio, okay? Okay.

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