Copertina
Autore Cesare Molinari
CoautoreBruno Marzi [fotografie]
Titolo On the stage. I grandi palchi del rock
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2009 , pag. 168, ill., cop.fle., dim. 23,8x21x1 cm , Isbn 978-88-6222-077-4
LettoreLuca Vita, 2009
Classe musica , fotografia
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Indice

PREFAZIONE DELL'AUTORE 7


PRIMA PARTE - ROCK E ARCHITETTURA

UN CONNUBIO SOCIALE 11
LA CREAZIONE DELLO SPAZIO SCENICO 23
VERSO UNA NUOVA CULTURA PROFESSIONALE 34


SECONDA PARTE - PROGETTI E ALLESTIMENTI ROCK

JOVANOTTI, LORENZO TOUR 41
PRIMO MAGGIO 1998 44
LAURA PAUSINI, WORLD WIDE TOUR 46
ROLLING STONES, STEEL WHEELS WORLD TOUR 48
ROLLING STONES, VOODOO LOUNGE TOUR 51
ROLLING STONES, BRIDGES TO BABYLON TOUR 56
PINK FLOYD, THE WALL WORLD TOUR 62
PINK FLOYD, THE DIVISION BELL TOUR 65
ROGER WATERS, THE WALL IN BERLIN 70
U2, POPMART TOUR 74


ALBUM FOTOGRAFICO 85



APPENDICE - LE ATTREZZATURE TECNICHE

LE STRUTTURE MODULARI 147
ILLUMINOTECNICA 152
IMPIANTO DI AMPLIFICAZIONE AUDIO 158
IMPIANTO VIDEO 161

BIBLIOGRAFIA 164

 

 

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Pagina 11

UN C0NNUBI0 SOCIALE


Rock, società, spettacolo e utopie dello spazio


A partire dagli anni Cinquanta la popular music, nella sua accezione di musica di massa è stata una delle manifestazioni più rappresentative della frattura generazionale venutasi a creare dopo il secondo conflitto mondiale.

Dopo gli anni oscuri della guerra, si affermava una nuova categoria, dapprima quasi esclusivamente ad uso degli uomini dell'industria e del marketing: il teenager. Forti dell'accresciuto potere d'acquisto, in termini strettamente economici, e quindi del loro ruolo di consumatori, i giovani al di sotto dei vent'anni acquisivano un'identità sociale e riconosciuta nel mondo.

Gruppi di giovani stabilivano propri codici comportamentali, d'abbigliamento, propri "rituali", forse spinti dalla mancanza di punti di riferimento per la loro nuova condizione. La ricerca di un'identità alternativa alla "cultura degli adulti" portò alla formazione di spazi di difesa e di offesa, protetti da regole interne e dal sostegno reciproco.

A voler semplificare si potrebbe dire che gradualmente i giovani abbiano imparato a gestire con coerenza una posizione "sottoculturale", a partire dal rifiuto, anche violento e sprezzante, dei canoni sociali dominanti. Il rifiuto veniva e ancora oggi viene ostentato essenzialmente con l'abbigliamento e la musica.

Il rock diventa strumento privilegiato di espressione e di socialità, ricco di creatività, ma anche di "cattivi modelli", ed ha bisogno di nuovi spazi. Se il jazz eleggeva a luogo deputato del suo consumo le boîtes delle periferie, nei ghetti neri, il rock, pur iniziando in piccoli club, arriva presto ad esigere platee gigantesche. Così come era stato il blues per il "popolo" afroamericano, il rock diventa capace di fondere aspetti intimisti legati alla soggettività dei giovani con il recupero di una dimensione collettiva, proponendosi come strumento di dialogo interno a una comunità.

Per i giovani degli anni Cinquanta il rock and roll è una proposta di vita, di ambiente, di socialità e anche, per la sua diffusione di massa rafforzata da radio e televisione in forte evoluzione, una forza di confronto e di integrazione. Questo carattere collettivo apre il rock and roll al tema della rappresentazione, e la musica si associa sempre di più alla teatralità. Il rock diventa uno spettacolo di massa che richiama l'attenzione di vasti interessi commerciali.

La nuova musica dei giovani deve conciliare le sue origini radicali ed eversive e i seducenti tentativi di essere ricondotta alla rispettabilità e soprattutto alla commerciabilità. Esempio eccellente di questo conflitto è Elvis Presley. Il fenomeno Presley attesta e rivendica il nuovo peso economico del mondo giovanile. Indiscutibile il suo atteggiamento eversivo agli inizi della carriera. Altrettanto indiscutibile la sua fama, che lo porta ad essere protagonista e in parte schiavo della l'industria musicale. Per lui sono stati organizzati i primi spettacoli nei grandi stadi, allestiti con carrelli mobili attrezzati con una primitiva amplificazione.


Si apre in questi anni un dissidio, una contraddizione, che accompagnerà tutto lo sviluppo della popular music. La musica, uscita dalle "cantine" o dai luoghi protetti delle comunità, diviene fenomeno di massa. Intorno al rock si sviluppano forti interessi commerciali, sebbene si tratti di una forma d'espressione la cui vocazione è di essere "decodificata" come messaggio eversivo rispetto al mondo borghese.

Anche l'eversione diviene spettacolo, dimostrazione di una volontà e di una capacità diretta di vivere comportamenti alternativi.

Seguire le band nelle loro esibizioni, vivere i loro "pellegrinaggi" nel mondo diviene un modello possibile e alternativo di esistenza. Centinaia di groupies e roadies sono pronti a lasciarsi tutto alle spalle per abbracciare la vita on the road.

"Maturando", il rock, come le arti figurative pop, si propone di incidere sui comportamenti del pubblico provocando, con le sue immagini violente e ironiche, una riflessione critica sui condizionamenti del consumismo e sui tabù del conservatorismo sociale. Il momento del concerto diviene punto d'incontro tra performance musicale e prese di posizione politiche.

Musica e scena diventano un binomio che amplifica il messaggio, ma che rafforza anche il proprio marchio di identità o, più naturalmente, di sperimentare nuove direzioni estetiche.

Alla fine degli anni Sessanta, mentre i Beatles scelgono di non esibirsi più dal vivo per concentrarsi sul lavoro d'incisione in studio, i Rolling Stones propongono i theatrical acts più provocanti e spettacolari e, sulla scia delle esplorazioni psichedeliche tanto negli USA (con i Grateful Dead) quanto in Gran Bretagna (con i Pink Floyd) nascono i primi light-shows.


Aderire a una dimensione spettacolare implica il prendere contatto con tutti gli strumenti per rendere evidente l'immagine, ed entrare direttamente nel mondo della tecnica teatrale di formalizzazione dello spazio, tecnica che trova riscontro nelle ricerche dell'architettura. Soprattutto se l'architettura non è intesa come una disciplina rigorosamente determinata da ragione e funzione, ma si assume il compito di partecipare, con i suoi messaggi, all'interazione comunicativa della società.

Il linguaggio architettonico utilizzato per l'allestimento dei concerti rock raccoglie a piene mani dalla ricerca sui rapporti tra la società e lo spazio in cui vive, un'istanza molto forte nell'architettura di ricerca degli anni Sessanta. Si tratta spesso di uno studio che puntava alla sperimentazione di ipotesi futuribili piuttosto che alla loro effettiva realizzazione. I progetti della messinscena rock richiedono esecuzioni rapide, ma hanno vita effimera, per questo gli architetti coinvolti negli allestimenti si sono ispirati a utopie architettoniche che trovavano nell'esistenza "a tempo" del concerto una loro realizzabilità pratica, come la "Instant City" del gruppo Archigram e le strutture geodetiche di R. Buckminster Fuller.

L'appropriazione dello spazio, seppure per un periodo di tempo limitato, non è però automatica e deve spesso adattarsi a strutture preesistenti, con cui condividere il proprio ruolo sociale di entertainment. Il rock si ritrova così a occupare spazi pensati per altre attività: stadi, palazzetti dello sport, aree urbane o extraurbane "prestate" per il tempo dell'evento alla singola manifestazione.

A partire dalla prima esecuzione dei Beatles allo Shea Stadium di New York nel 1965, l'uso delle strutture sportive non ha avuto interruzioni, sia perché costituiscono le uniche strutture per gli spettacoli di massa, comparabili ai circhi dell'antichità (fino a 100mila spettatori) o ai circhi greci (30mila) o romani (10mila); sia perché corrispondono perfettamente alle esigenze di uno spettacolo rock, legato quasi a un rituale collettivo dove la parte musicale è solo una componente dell'intero spettacolo.


È possibile tracciare un parallelo tra le trasformazioni della popular music e gli atteggiamenti che i movimenti radicali hanno avuto verso i temi dell'abitare. L'atteggiamento "rivoltoso" dei teenager degli anni Cinquanta non mirava a cambiare la società proponendo modelli alternativi. Si trattava dello sfogo di una carica negativa e distruttiva, incapace di inventare dei sostituti ai prodotti e ai modelli offerti dal boom economico del dopoguerra come, ad esempio, l'auto decapottabile, i drive-in, gli appena nati drugstore, le motociclette di Marlon Brando, i film di Hollywood, le scarpe lucide a punta. Gli anni Sessanta segnano la presa di coscienza del condizionamento prodotto dalla "cultura degli adulti", che vuol trasformare ogni attività in consumo. Nasce il rifiuto di qualsiasi offerta di benessere imposto. La voglia di trasformazione sociale, il tentativo di ridefinizione dei canoni e dei valori culturali portano a ripensare il mondo. Nel corso di un decennio nascono nuove utopie, le suggestioni dei racconti della beat generation trovano la loro attuazioni nel movimento hippie. E se dapprima le interazioni tra le persone si svolgono in un'atmosfera psicologica che sembra ignorare lo spazio abitato, o almeno sembrano ridurlo a uno sfondo senza valore e senza promesse (come lo erano gli ambienti disperati, marginali, privi di identità dei racconti di Jack Kerouac per esempio), quando il "movimento" avrà acquisito una propria identità e coscienza sarà evidente il carattere propositivo del rifiuto prefigurando un ambiente capace di accogliere e favorire lo sforzo di opposizione.

Si tratta di costruire, di pensare architettonicamente i luoghi del nuovo mondo underground: irregolare, sospinto da un vago senso di cospirazione, ma che ha bisogno di spazi allestiti per un'esistenza alternativa.

Negli anni Sessanta, in particolare in America, il movimento deve fare i conti con due grandi tematiche sociali, la tecnologia e l'informazione, con atteggiamenti complessi e contraddittori.

Una parte del movimento radicale vede il progresso tecnologico come un male assoluto e propone un ritorno quasi ruskiniano a un artigianato gestito dal controllo diretto degli utenti. Il manifesto di quell'ideologia è The Last Whole Earth Catalog, pubblicato alla fine degli anni Sessanta, in cui si prefigura una società capace di sopravvivere in libertà usando materiali e strumenti elementari insieme agli scarti riprogettati del consumismo borghese.

Un'altra parte, pur guardandola con preoccupazione quale arma del potere, considera invece l'informazione un campo di lotta per la riappropriazione democratica della comunicazione, una riappropriazione che può permettere forme sociali alternative rese libere dall'utilizzo di relazioni impalpabili.

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LA CREAZIONE DELLO SPAZIO SCENICO


Il progetto della struttura modulare


LE STRUTTURE DI SOSTEGNO

La costruzione di un palco coinvolge principalmente due gruppi di lavoro cui sono affidati due distinti sottoinsiemi di attrezzature, denominati "il ferro" e "la produzione". Al primo vanno ricondotte tutte le strutture di sostegno per il palco, che hanno caratteristiche ferrose; il secondo si occupa di tutti gli altri materiali che caratterizzano e personalizzano maggiormente l'allestimento e comprendono gli impianti e i componenti scenografici.

Le strutture di sostegno costituiscono lo scheletro di tutto l'allestimento di un palco. Queste possono entrare a far parte direttamente della scenografia, cioè essere lasciate a vista per dare un aspetto "tecnologico" all'insieme, oppure essere rivestite. Le strutture ideali per un palcoscenico devono avere la possibilità di essere montate e smontate rapidamente un certo numero di volte e quella di essere trasportate mediante appositi mezzi in vari luoghi.

Nel caso di spettacoli unici la caratteristica di ripetibilità viene a cadere, dato che il ciclo operativo dal montaggio allo smontaggio unito al trasporto si svolge una volta sola, senza modificare sostanzialmente il tipo di tecnologie impiegate. Da non sottovalutare, anche se non strettamente richiesta, la caratteristica di leggerezza dei componenti, per consentire un più agevole e rapido allestimento. Per questo motivo si prediligono materiali con peso specifico contenuto e buona resistenza, come l'alluminio, materiale principe in questo settore.

Nei tour più importanti e di maggior durata, l'organizzatore può decidere di predisporre più di un set di strutture, in genere fino a tre, ma non mancano i casi in cui ne siano stati ordinati quattro. Per palchi di dimensioni notevoli, infatti, i tempi di allestimento, montaggio e smontaggio possono essere piuttosto lunghi, considerando anche il fatto che la struttura è la prima cosa che deve arrivare sul luogo dello spettacolo e l'ultima a partire per quello successivo.

Avere più set di "ferro", perfettamente identici tra loro, permette di coprire i tempi morti, che altrimenti si prolungherebbero per molti giorni aumentando tutta una serie di altri costi molto più onerosi. In caso di utilizzo di più set i gruppi di strutture non fanno altro che scavalcarsi di continuo nel corso della tournée.

Un esempio: nel caso di tre gruppi di "ferro" può accadere che, nello stesso momento, il gruppo numero uno sia utilizzato per un concerto in corso, il numero due sia in fase di montaggio nel luogo della data successiva e il tre in fase di smontaggio e trasporto in una terza città.

Tutte le altre attrezzature (scenografia, luci, audio, ecc.) che fanno parte del gruppo della "produzione" non hanno bisogno di essere moltiplicate: il tempo di montaggio è più contenuto e, al contrario delle strutture, sono l'ultima cosa ad essere montata e la prima ad essere smontata per poi partire alla volta della destinazione successiva.

Alcune strutture come ponteggi, tralicci e americane [Cfr. Appendice] sono standard e vengono acquistate o noleggiate a catalogo, altre sono appositamente fabbricate su disegno del cliente.

Queste ultime presentano un'enorme variabilità dal momento che può essere fabbricato qualsiasi pezzo speciale, di qualsiasi materiale, con i soli vincoli e caratteristiche già enunciati.


PROGETTARE CON LA MUSICA: CREATIVITÀ ED INGEGNO AL SERVIZIO DELL'ARTE

Dai tempi in cui il rock giunse a sconvolgere la vita degli adolescenti di tutto il mondo a metà anni Cinquanta, molti aspetti della vita quotidiana sono radicalmente mutati con l'avanzare della tecnologia secondo una curva evolutiva sempre più ripida. L'infinita varietà di soluzioni progettuali dettate dall'arricchimento tecnico e tecnologico ha permesso ai professionisti odierni di creare tramite ponteggi e tralicci, strutture modulari di ogni genere. Un ponteggio, "plasmabile" e adattabile, risulta essere uno strumento essenziale per progettare e realizzare allestimenti spettacolari. Musica, cinema, TV, teatro, sport e manifestazioni culturali e di intrattenimento hanno trovato in queste strutture un mezzo ideale per raggiungere scopi estetici, scenografici o funzionali.

La sua capacità di riprodurre qualsiasi forma l'ha reso indispensabile per realizzare forme di ogni genere, anche all'interno di ambienti difficili.

Il palcoscenico per concerti, macchina scenica articolata e spettacolare merita considerazione anche per la capacità di ridare vita a spazi e a strutture in disuso, di donare identità a spazi che non ne hanno e fornirne una nuova ad altri connotati da usi o funzioni differenti come stadi e palasport. Crea musica, poesia, emozioni, vita in luoghi che ne sono privi o in spazi anonimi.

La temporaneità di questi eventi conferisce maggior fascino proprio per l'effimera bellezza dello spettacolo.

Durante i giorni che precedono l'avvenimento ci si rende conto di come lo spazio previsto per l'allestimento inizi a cambiare. L'attenzione, rivolta prima allo stadio, all'arena o al paesaggio, si sposta gradualmente, durante il montaggio, verso il palcoscenico, che diviene il fulcro di tutto.

Ora dopo ora, una nuova "vita" viene "installata", cresce, si muove.

Infine arriva il momento del concerto, dotato di una proprietà poetica che dona "sacralità" al luogo e lo unisce, lo sposa con lo spettacolo scenico. Così il cemento delle gradinate dello stadio prende vita attraverso luci, rumori, suoni e la gente, diventando tutt'uno e parte dello spettacolo.


Il progetto della scenografia

"La scenografia, avendo oggi uno stretto rapporto con l'architettura intesa come metodologia e concezione costruttiva, può essere considerata una mediazione tra l'architettura disegnata e l'architettura reale.

Tale rapporto si riferisce non soltanto alla riproposizione di elementi tradizionalmente appartenenti al linguaggio dell'architettura, ma comprende qualsiasi elemento, sia pure effimero, in grado di comporre e scomporre lo spazio. "La scenografia è per me un un progetto legato ad una narrazione, ad uno spettacolo, un progetto effimero, sperimentale ma soprattutto un progetto di architettura."

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PROGETTARE LA SCENA


Esistono diversi modi di affrontare la progettazione di una scena. Genericamente lo scenografo-pittore, rappresentando la negazione dello spazio, riportata a un mondo bidimensionale, tende a realizzare solo valori ambientali, d'atmosfera. Lo scenografo-architetto crea valori plastici, valori spaziali.

Da un punto di vista pittorico si privilegiano gli aspetti cromatici e compositivi, mentre da quello architettonico si lavora sulla tridimensionalità.

Lo scenografo dello spettacolo deve partire da questo concetto di base: creare un'architettura plastica con l'ausilio della luce colorata. Un'architettura sintetica, lontana da ogni accademismo, libera da ogni regola compositiva tradizionale, rivolta esclusivamente a creare empatia nello spettatore. La scenografia diventa composizione di volumi, creazione di vuoti e di pieni, di chiaroscuri. Lo spazio scenico rock diviene un dinamismo pieno di effetti, modificabile nella struttura e nelle sensazioni per suggerire atmosfere diverse in continuo rapporto con l'evolversi dello spettacolo.

Questa figura di architetto-scenografo, senza tesi aprioristiche, organizza uno spazio "psico-plastico" che attraverso l'uso di congegni mobili come le piattaforme, diventa duttile, si sposta in più direzioni, trasformandosi silenziosamente, soprattutto a scena aperta.

Nuovi elementi concorrono inoltre a definire il progetto scenico: elementi fissi e mobili, luci e suoni, proiezioni di filmati e diapositive. È di Josef Svoboda, scenografo cecoslovacco, l'invenzione della poliproiezione associata all'azione dell'attore di teatro, combinazione di teatro e cinema con effetti di grande suggestione, che ha trovato nello spettacolo musicale una grandissima diffusione attraverso la proiezione su diverse aree e materiali: teli fissi o in movimento, superfici irregolari, pareti specchianti e sfere in rotazione. La mobilità delle forme costruite e delle figure gonfiabili è stata un'altra "rivoluzione" che ha trovato nello spettacolo rock ampio spazio.

La rappresentazione scenografica può assumere diversi significati: spesso accresce la tensione euforica o drammatica delle canzoni, altre volte comunica pensieri o idee allo spettatore, ma può anche ridursi a puro riempitivo del palco o a semplice effetto fine a se stesso. Dipende dalla sensibilità artistica o dall'intenzione dello scenografo.

La scenografia può essere evocazione di un luogo immaginario o reale, oppure involucro che esalta gli effetti scenici e la situazione psicologica "programmata" durante l'evento musicale. Allude o rappresenta esplicitamente attraverso frasi proiettate, il messaggio "poetico" dell'artista.

Legato al problema della "resa scenica" è il fattore luce. La luce assume all'interno delle valutazioni scenografiche un ruolo primario. Movimento e luce sono due elementi fondamentali per la scenografia musicale moderna. Si possono progettare spettacoli animati esclusivamente dal movimento delle luci, sfruttando e valorizzando imponenti strutture d'acciaio per creare effetti di notevole pregio visivo. Nella maggioranza dei casi la luce in palcoscenico è una componente essenziale che sottolinea l'azione dei musicisti, esalta l'architettura scenografica e articola lo spazio.

La magia della luce, con le sue molteplici possibilità di metamorfosi, è divenuta un fattore fondamentale nella progettazione del palcoscenico moderno.

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Pagina 65

Pink Floyd

THE WALL - WORLD TOUR - 1980-81

Progettisti: M. Fisher, J. Park, G. Scarfe


Al termine dell'"Animals Tour" dei Pink Floyd nel 1978 Roger Waters fu colto da una profonda crisi depressiva. Lo stress e l'incapacità di creare una comunicazione emotiva con il pubblico presente negli immensi stadi in cui avevano avuto luoghi i concerti lo portarono a una seria riflessione sul ruolo del musicista e degli spettacoli rock. Da queste sue analisi scaturì il concept del nuovo album, The Wall, e dello show allestito per il tour che ne accompagnava l'uscita. The Wall racconta infatti l'alienazione dal suo pubblico di una rock star. La costruzione di un muro proprio lungo il palcoscenico simboleggia questa crescente incomunicabilità.

Furono ingaggiati Mark Fisher e il brillante e scabroso cartoonist Gerald Scarfe per lavorare al design.

A differenza della maggior parte dei concerti rock, "The Wall" era più affine ad un'opera, proponendo attraverso le canzoni eseguite una storia con un proprio sviluppo narrativo.

La maggior parte degli spettatori poteva non comprendere l'originale svolgimento della trama, ma sicuramente i Pink Floyd colpirono efficacemente, dando rilievo al tema dell'alienazione e della ribellione.

Non per ultimo, l'esistenza di una storia da raccontare fu il motivo per ideare una serie di effetti speciali che enfatizzavano alcuni momenti dello spettacolo.

Il contenuto narrativo di "The Wall" si sviluppa intorno alla figura della pop-star di nome Pink che rievoca alcune tappe fondamentali della sua vita: il padre ucciso in guerra, una madre troppo protettiva, la scuola, gli insegnanti, la fama, l'infedeltà della moglie e, con la deposizione dell'ultimo mattone, l'alienazione.

Durante lo show la band suonava dietro il muro per gran parte della seconda metà del concerto. Questa fase includeva sequenze di un incubo, con adunate fasciste e scene di un processo nel quale Pink veniva messo sotto accusa, denunciato da tutti i personaggi che lo avevano perseguitato. Nell'ultima frazione dello spettacolo, Pink andava incontro a una sorta di redenzione, e il muro sul palco veniva demolito.

Molte scene di questo dramma psicologico e urbano venivano sottolineate dagli effetti speciali. All'inizio dello show la morte del padre era rappresentata da un aereo che, volando sopra il pubblico, andava a schiantarsi, incendiandosi, sopra il muro.

Durante la quinta canzone, "Another Brick in the Wall, pt. 2", compariva un burattino di 15m raffigurante un minaccioso maestro di scuola con una bacchetta nella mano destra, e iniziava la costruzione del muro, da parte degli operatori dietro il palco, segnalando il principio dell'isolamento.

Nella canzone id., un gonfiabile la madre saliva da dietro il muro ma improvvisamente alcuni mattoni prendevano fuoco nelle sue mani.

La moglie, rappresentata sempre da un pupazzo gonfiabile, si innalzava dondolando sopra il muro durante la canzone id., ambientata nella stanza di un hotel.

Nella sequenza "fascista" un gigantesco maiale irrompeva da sopra il muro, ormai completato, e aleggiava lungo tutto l'auditorio grugnendo e minacciando il pubblico sottostante prima di ritirarsi nuovamente al di là del muro.

Il maiale era guidato e manipolato da una trave di 40m in alluminio, agganciata al soffitto, escogitata da Rocky Paulson, rigger nel precedente "Animals Tour".

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Pagina 70

Roger Waters

THE WALL IN BERLIN - Potsdamer Platz di Berlino - 1990

Progettisti: M. Fisher, J. Park, G. Scarfe

Nel tardo 1989 il promotore di eventi rock, Mick Worwood, chiese a Roger Waters di inscenare "The Wall" in favore del Leonard Cheshire's Memorial Fund for Disaster Relief. Waters pensava già da un po' di riportare in scena lo show del 1980 e quando il muro fu demolito, decise di inscenare il revival proprio a Berlino, ipoteticamente a giugno del 1990.

Le negoziazioni per una notte di concerto nella Potsdamer Platz, nella cosiddetta 'terra di nessuno', iniziarono con i sindaci di Berlino Est e Ovest.

In quel periodo storico Berlino Est si trovava in un totale scompiglio politico e burocratico e nessuno del governo aveva esperienza nell'allestimento di concerti rock. Per cinque mesi ci fu grande incertezza su chi dovesse o potesse dare i permessi necessari.

Nonostante si trattasse di un'iniziativa di beneficienza, fu difficile trovare sponsor che finanziassero il progetto. Si trattava infatti di un progetto titanico, i cui costi si aggiravano intorno ai 10 milioni di sterline, e molti dei grandi nomi furono contattati a gennaio 1990, quando le aziende con maggiori disponibilità hanno generalmente già assegnato la loro quota di sponsorizzazioni per l'anno.


Ma la progettazione non si fermò: Fisher e Park si diedero da fare e iniziarono a immaginare lo spettacolo, producendo immagini e disegni a computer per illustrarne il design e la progettazione meccanica. Finalmente in aprile furono sciolte le riserve sulle competenze burocratiche e da Berlino Est arrivò l'ok.

Sebbene in assenza di un budget vero e proprio, il team di produzione, coordinato da Keith Bradley, iniziò le sue riunioni, ma ormai non c'era più tempo a sufficienza per "andare in scena" a giugno. Inoltre gran parte dei professionisti che avrebbero dovuto essere coinvolti nel progetto avevano altri impegni, da cui non si potevano svincolare. Si decise per un rinvio e lo spettacolo venne rimandato al 25 luglio, un tempo comunque ridotto, quasi ridicolo per allestire uno dei più grandi concerti mai messi in scena. Bisognava ottenere permessi, costruire il set, fare le prove, coinvolgere gli ospiti...

Anche per differenziare lo spettacolo rispetto a quanto portato in scena dieci anni prima con i Pink Floyd, Waters decise di modificare la scaletta dei concerti del 1980 e di riarrangiare gran parte dei brani. Furono coinvolti il coro e l'orchestra della radio nazionale di Berlino Est in alcune canzoni.

I concetti alla base dell'opera rock originaria rimasero essenzialmente gli stessi, ma il messaggio fu ampliato. Non si trattava più solo della vita privata e pubblica della rockstar Pink, ma di un grande evento spettacolare a margine di un grandissimo evento storico. La "scala" era completamente diversa: oltre 200.000 persone in piazza a Berlino. Inoltre era prevista una diretta televisiva per un potenziale di mezzo miliardo di telespettatori in oltre trenta paesi.

La compostezza poco "esibizionista" delle esecuzioni cui Waters era abituato con i Pink Floyd era piuttosto distante dai cliché televisivi che incentrano le riprese su musicisti "scenici". Bisognava dunque intervenire sia sulle dimensioni che nell' azione dello spettacolo, per renderlo televisivamente appetibile. Inoltre, l'allestimento in Potsdamer Platz comportava l'aumento delle dimensioni del set, quasi raddoppiate rispetto allo spettacolo di dieci anni prima. Si decise pertanto di rafforzare la dimensione narrativa dello show anche per conservare e amplificare il messaggio che l'aveva ispirata.

Ciò comportava la ridefinizione di alcune ambientazioni e di alcuni elementi scenografici. La stanza d'hotel di una delle scene fu ricostruita in tre dimensioni nella parte alta del muro, nascosta a inizio concerto da una finestra colorata "a mattoni". Il gonfiabile originale della Madre fu rimpiazzato da una Madre-mattone, vale a dire sostituita da un cartone, disegnato su un foglio traslucido da Scarfe, che copriva una grande scatola illuminata, incassata in una tacca triangolare all'estremità superiore del muro.

Furono coinvolti i principali realizzatori del precedente spettacolo, che ridisegnarono gli elementi nella nuova scala e introdussero nuove soluzioni.

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