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| << | < | > | >> |IndicePresentazione, di Nicola Montagna 11 La globalizzazione dei movimenti, di Nicola Montagna 17 1. Transnazionali o globali? 19 2. Dalla diffusione alla globalizzazione della protesta 22 3. Le tre dimensioni dell'azione collettiva globalizzata 25 3.1. Organizzazione e reti 25 3.2. Un frame globale 28 3.3. Le campagne e gli eventi di protesta globali del movimento 31 4. Globalizzazione dei movimenti ed opportunità politiche 34 4.1. I processi di globalizzazione 35 4.2. La transnazionalizzazione della politica 37 4.3. Una sfera pubblica sovranazionale 37 5. Conclusioni 39 I movimenti per la giustizia globale: collegamenti, strutture, sfide, di Dieter Rucht 41 1. Delineare un soggetto indistinto 42 2. L'interazione nei e tra i movimenti 45 2.1. La cancellazione del debito 46 2.2. La tassazione globale 48 2.3. Il commercio equo e solidale 50 2.4. La corruzione 51 2.5. Riassunto intermedio 53 3. L'interazione esterna 53 3.1. La cancellazione del debito 54 3.2. La tassazione globale 55 3.3. Il commercio equo e solidale 56 4. Esempi di strutture intermedie: Indymedia ed i Social Forum 57 4.1. Indymedia 57 4.2. Social Forum 60 5. Problemi e prospettive dei movimenti per la giustizia globale 64 Movimenti globali e contesti multilivello, di Donatella della Porta 69 1. Il contesto dei movimenti per la giustizia globale: una introduzione 69 2. Definire il movimento per la giustizia globale 71 3. Reticoli transnazionali 74 4. Campagne di protesta e repertori multipli 76 5. Quanta giustizia e che tipo di democrazia? 80 6. Teoria dei movimenti sociali: spiegare il movimento per la giustizia globale 82 6.1. Quali risorse per il movimento per la giustizia globale? 82 6.2. Quali opportunità per il movimento per la giustizia globale? 84 6.3. Quali conflitti per il movimento per la giustizia globale? 85 7. Concludendo 87 Dicotomie e movimenti sociali contemporanei, di Vincenzo Ruggiero 89 1. Identità e risorse 89 2. Il sociale come mobilità 91 3. Influenzare le scelte 92 4. Riforma o cambiamento? 93 5. Uguaglianza sociale e differenza culturale 94 6. Un master frame 95 7. La città libera e la fine di Gerusalemme 97 8. Razionalità contro emozioni 99 9. Conclusione 100 Società civile e movimenti sulla scena globale, di Mario Pianta e Duccio Zola 103 1. Introduzione 103 2. Contesti, concetti e attori della globalizzazione neoliberista 104 2.1. La dimensione globale della politica, dell'economia e della società 104 2.2. I movimenti sociali globali e la globalizzazione dal basso 105 3. Un po' di storia 108 3.1. Dalle origini agli anni `70 108 3.2. I nuovi movimenti degli anni `80 109 3.3. Il radicamento degli anni `90 110 3.4. La crescita degli anni 2000 112 4. L'evidenza empirica 113 4.1. Gli eventi della società civile globale 113 4.2. Temi, obiettivi e partecipazione 116 4.3. L'indagine sulle organizzazioni della società civile globale 118 5. Movimenti da nord a sud 120 6. Conclusioni 124 Complessità e movimento(i) sociale(i): processo ed emergenza nei sistemi d'azione planetaria, di Graeme Chesters e Ian Welsh 127 1. Introduzione 127 2. Movimenti globali, complessità globale 131 3. I piani come incontri intensivi 134 4. Il framing riflessivo: spiegare la complessità sociale 140 5. Movimenti come media 145 6. Conclusioni: movimenti sociali, autorganizzazione e cambiamento sociale 150 Social Forum, capitale e common, di Massimo De Angelis 153 1. "Non c'è alternativa" vs. "Ci sono molte alternative" 154 2. Come funzione il "TINA" dei mercati disciplinari globali. 157 3. Mercato, common e differenza 158 4. Politica delle alternative, feticismo della merce e Forum Sociale 163 5. "Un altro mondo è in costruzione" 169 Europa e movimento, Europa in movimento. Euroopposizione ed europeismo dei new global, di Luca Alteri e Fabio de Nardis 173 1. Europa e movimento 173 2. Tra ritardi e adeguamenti: la sinistra istituzionale nel dibattito sulla Costituzione europea 180 3. Sociale e antagonista: l'Europa dei "new global" 186 4. L'Europa nel mondo 190 5. L'Europa in movimento: la sfida della cittadinanza 195 Democrazia in movimento: modelli e pratiche decisionali tra i critici della globalizzazione di Napoli, di Massimiliano Andretta 199 1. Movimenti e democrazia: una introduzione 199 2. Democrazia deliberativa e organizzazioni di movimento a Napoli 201 2.1. La concezione della democrazia interna nelle organizzazioni di movimento 201 2.2. Le conseguenze pratiche della democrazia 208 3. Democrazia in rete 212 4. La democrazia dei movimenti: forum o mercato? 220 Il cambiamento di scala nel conflitto transnazionale, di Sidney Tarrow e Doug McAdam 225 1. Dal locale/nazionale al transnazionale: la sfida globale allo studio del conflitto politico 226 2. Dalle variabili statiche ai meccanismi dinamici: il programma di Dynamics of contention 228 3. Il cambiamento di scala: una componente dinamica del conflitto 229 4. Il cambiamento di scala come processo robusto nelle dinamiche di conflitto 230 4.1. L'attribuzione di similarità 233 4.2. L'emulazione 235 5. Ipotesi di lavoro 235 6. Il cambiamento di scala a livello intranazionale: il caso dei diritti civili, 1955-1970 236 6.1. La diffusione relazionale: 1953-1959 237 6.2. La formazione di agenti cross-locali: 1960-1963 238 6.3. Dalla diffusione relazionale alla mediazione: 1964-1970 239 7. Il congelamento delle armi nucleari e la rete di solidarietà Zapatista 240 7.1. Il movimento antinucleare nei primi anni `80 241 7.2. Il movimento di solidarietà Zapatista 242 8. Diffusione e mediazione nel movimento per il congelamento delle armi nucleari: all'interno dei confini nazionali 244 8.1. Dalla diffusione della società civile alla media zione politica 244 8.2. Limitazioni di scala e blocco di scala 245 9. Mediare la transnazionalità dello Zapatismo: oltre i confini nazionali 247 9.1. Le catene della mediazione transnazionale 247 9.2. La mediazione trasformativa 249 10. Conclusione: i "risultati" del cambiamento di scala 251 Riferimenti bibliografici 255 Gli autori 277 |
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di Nicola Montagna
Il tema di questo libro è il movimento che a partire dalla "battaglia di Seattle" nel novembre del 1999 ha attraversato il pianeta per contestare la globalizzazione neoliberista. Nel corso degli ultimi decenni, e con particolare forza a partire dagli anni novanta, i movimenti sociali hanno allargato il loro raggio d'azione, adottando una prospettiva sempre più globale. Da un lato hanno evidenziato che lo stato-nazione, come spazio politico e territoriale del conflitto, pur non essendo scomparso, si è indebolito e non costituisce più l'unica arena od obbiettivo della protesta. Dall'altro lato, hanno preso parte ai processi di globalizzazione attraverso la costruzione di reti transnazionali e l'organizzazione di proteste e campagne sovranazionali. Il movimento di Seattle, Praga, Göteborg, Davos, Porto Alegre, che in alcuni contributi presenti in questo volume è definito movimento per la giustizia globale, ha quindi portato il conflitto ed avanzato rivendicazioni in arene politiche diverse da quelle dei movimenti del passato ed è diventato un protagonista dei processi di globalizzazione e di internazionalizzazione della politica. Il movimento per la giustizia globale non è un attore organizzativamente omogeneo ed unitario come spesso viene confusamente presentato e percepito nel discorso pubblico. Nel suo capitolo Dieter Rucht fornisce un ampio quadro delle differenze organizzative interne e delle campagne che fanno del movimento un attore eterogeneo ed aperto a nuovi possibili sviluppi. In particolare, si concentra su quattro aree tematiche principali e precisamente: lo sgravio del debito, la tassazione globale, la regolazione del commercio equo e solidale, e la lotta alla corruzione. Nell'ambito di queste aree tematiche, sono stati rilevati modelli organizzativi differenti, che vanno da una struttura pienamente decentralizzata in cui nessun singolo gruppo occupa una posizione centrale ad un quasi monopolio tenuto da una singola organizzazione. Anche i collegamenti tra differenti ambiti tematici variano notevolmente sulla base degli impegni multipli degli individui e sulla base della cooperazione tra gruppi. Per questa serie di motivi, più che di movimento bisognerebbe parlare di movimenti. Queste campagne sono state sviluppate grazie alla creazione d'infrastrutture di movimento che hanno permesso l'organizzazione della protesta, la circolazione di informazioni, la messa in rete di gruppi ed individui e la comunicazione verso l'esterno delle loro rivendicazioni. Secondo Rucht, la struttura ibrida per quanto riguarda l'interazione interna ed esterna rende Indymedia ed i Social Forum due attori particolarmente interessanti per lo studio del movimento per la giustizia globale. Entrambe queste infrastrutture provvedono in eguale misura alla costruzione dell'identità, e funzionano come mezzi di influenza strategica sull'ambiente di movimento. Gran parte dei contributi presenti nel volume, alcuni dei quali già pubblicati altrove in lingua inglese, enfatizzano il fatto che il movimento per la giustizia globale ha portato delle novità nell'azione collettiva e che la teoria deve in qualche modo prendere atto ed adeguare i propri strumenti analitici a queste novità. In questa linea s'inserisce il saggio di Donatella della Porta che propone uno sforzo comparativo tra movimenti di sei differenti paesi europei. Da questa comparazione emergono alcuni percorsi comuni, come ad esempio il ritorno dell'azione diretta o l'esistenza di temi-ponte tra movimenti, campagne e movimento per la giustizia globale, la presenza di domande di democrazia partecipativa. Allo stesso modo Donatella della Porta sottolinea l'esistenza di specificità nazionali e di "costellazioni" transnazionali, per concludere che le divisioni nel movimento per la giustizia globale riguardano più le pratiche che non i contenuti o gli obiettivi. Come le mobilitazioni di questi ultimi anni hanno dimostrato, aree di movimento tra loro diverse hanno costruito frame condivisi, spesso concordato sugli obbiettivi della protesta – creare dei disagi attraverso la protesta ai lavori delle organizzazioni transnazionali o sovranazionali in modo da causarne il blocco o il disturbo dei lavori – ma si sono spaccate sulle forme che questa doveva avere tra chi privilegiava metodi assolutamente pacifici e chi non escludeva il possibile uso della violenza. La discontinuità rispetto ai movimenti del passato, tra cui i cosiddetti "nuovi" movimenti sociali, è rilevata anche da Vincenzo Ruggiero secondo cui il movimento per la giustizia globale avrebbe risolto alcune dicotomie concettuali e pratiche, come ad esempio quella tra riconoscimento e redistribuzione o quella tra movimento come espressione della razionalità e movimento come espressione di passioni, grazie alla sua natura transnazionale ed eterogeneità culturale e sociale. Tuttavia, è possibile individuare anche degli aspetti di continuità tra i "nuovi" movimenti sociali e quelli contemporanei. Come i primi anche gran parte degli attori che compongono i movimenti contemporanei vedono come impraticabile qualsiasi strada "teleologica", vale a dire qualsiasi tipo di pratica che li porti a costruire un'entità rappresentativa superiore, si tratti di un partito, di un'organizzazione onnicomprensiva o addirittura una "Gerusalemme futura". Nel loro capitolo, Mario Pianta e Duccio Zola descrivono come sia emersa una società civile globale, e come al suo interno siano cresciuti dei movimenti sociali che attraversano i confini nazionali. Basandosi su dati raccolti negli ultimi anni, i due autori ricostruiscono i processi e gli eventi che hanno portato l'azione dei movimenti dalla dimensione nazionale a quella sovranazionale, ad una crescita delle mobilitazioni internazionali contro la globalizzazione neoliberista, ed al consolidamento di una società civile globale che è presente sia nel nord sia nel sud del mondo. Come evidenziano i due autori, la società civile globale si è potuta sviluppare grazie ad una rete di azioni locali, ma collegate globalmente che non solo sono in grado di organizzare eventi di protesta ma anche di avanzare delle proposte di cambiamento concrete. La diffusione su larga scala del commercio equo e solidale, della finanza etica, della cooperazione decentrata sono gli esempi principali delle attività finalizzate alla costruzione di pratiche di sviluppo, solidarietà, e partecipazione che si pongono in alternativa ai rapporti economici e politici globali attualmente dominanti. I Social Forum come luoghi, o "piani" di movimento, per utilizzare una categoria di Deleuze e Guattari che ricorrerà nelle pagine successive, dove prendono forma esperienze democratiche orizzontali e partecipative e vengono sviluppate pratiche alternative alla globalizzazione neoliberista, sono l'oggetto dei contributi di Graeme Chesters e Ian Welsh da un lato e di Massimo De Angelis dall'altro. I primi contestano il fatto che la crescita del movimento per la giustizia globale possa essere analizzata utilizzando le tradizionali categorie d'analisi delle teorie dei movimenti. Nel loro contributo Graeme Chesters e Ian Welsh utilizzano la lettura di Gilles Deleuze della "complessità" per descrivere il movimento dei movimenti, la sua capacità di perturbare la società civile globale attraverso l'iterazione di processi di produzione di senso (il framing riflessivo), e l'esplorazione di singolarità che ineriscono ai "piani" (plateaux nel senso utilizzato da Gilles Deleuze a Felix Guattari) di movimento, che per i due autori sono rappresentati dai grandi eventi di protesta transnazionali, dai social forum, e dalle forme di comunicazione, forum, mailing list e netstrike, mediata dal computer. Secondo Graeme Chesters e Ian Welsh questi ambiti rimangono ancora sottovalutati ed invisibili alle teorie dello scambio politico le quali operano nell'ambito di confini concettuali delimitati dallo stato-nazione. Nel suo capitolo, Massimo De Angelis affronta il concetto di "spazi aperti", in riferimento al World Social Forum ed ai Social Forum locali, come forma organizzativa e discute la loro rilevanza come politica delle alternative e di superamento del capitalismo. Ciò che viene suggerito nel capitolo è che le forme organizzative degli spazi aperti contengono elementi alternativi alle forme organizzative del potere che emergono dai mercati capitalisti disciplinari e da altre relazioni di sfruttamento e di oppressione. Questi elementi alternativi emergono dalla Carta dei principi del Social Forum che dichiara il Social Forum come un luogo ed un processo che non solo promuove la resistenza nei confronti del neo-liberismo ma anche le sue alternative. Entrambi i capitoli, perciò, risaltano il carattere autonomo del movimento per la giustizia globale sia dall'agenda globalista, secondo cui non ci sarebbero alternative all'attuale globalizzazione neo-liberista, sia dai tradizionali partiti della sinistra, che in alcuni casi hanno cercato di inglobare le istanze del movimento nel proprio programma politico. Anche il contributo di Massimiliano Andretta si focalizza sulle pratiche di democrazia deliberativa attraverso l'analisi di un caso empirico rappresentato dalle organizzazioni di movimento di Napoli. Secondo l'autore, la deliberazione permetterebbe ai movimenti di elaborare la concezione di bene comune e d'identità collettive includenti. Tuttavia, le pratiche deliberative possono generare benefici pratici e, quindi, si rivelano non solo coerenti con gli ideali di molti attivisti di movimenti sociali, ma anche utili agli sviluppi dei movimenti. Di conseguenza la deliberazione potrebbe aiutare in molti modi i movimenti sociali, ma non sempre e non tutti quelli che ne fanno parte sono disposti a farne uso. Nel complesso, gran parte dei contributi di questo volume concordano nel ritenere che il movimento per la giustizia globale è un attore globale ma anche che le culture e le tradizioni politiche nazionali continuano ad avere una funzione importante nel definire le identità degli attivisti. Questo aspetto emerge nella comparazione tra differenti paesi fatta da Donatella della Porta e, in alcuni elementi, nel contributo di Luca Alteri e Fabio de Nardis basato su dati raccolti al terzo European Social Forum svoltosi a Londra tra il 14 e il 17 ottobre 2004. Dal loro pezzo si ricava, ad esempio, che il grado di europeismo dei partecipanti è correlato ai luoghi di provenienza e, quindi, alle culture politiche d'appartenenza dei partecipanti al Social Forum londinese. Non sorprendentemente è più alto in Italia e più basso in Francia. Tuttavia, esistono anche alcuni significativi elementi di continuità che accomunano gli attivisti dei paesi europei. Uno di questi è la visione e/o percezione dell'Europa come Giano bifronte, per usare l'espressione degli autori del capitolo. Da un lato, gli attivisti che hanno partecipato al Social Forum mostrano un elevato grado di severità ed un livello bassissimo di fiducia nei confronti delle istituzioni Europee. L'Unione Europea viene vista come un luogo poco democratico, in cui «le decisioni sono prese dai burocrati», e come una «fortezza chiusa e dai confini rigidi». Dall'altro lato, emerge un'idea di Europa come «culla della più alta tradizione di civiltà e cultura», come possibile spazio geo-politico dove costruire una sfera pubblica transnazionale, e luogo più aperto e permeabile che preveda un concetto di cittadinanza allargata, secondo la quale siano riconosciuti come "cittadini d'Europa" tutti coloro che vivano, lavorino o assumano come condizione esistenziale il continente.
Infine, il volume si conclude con un saggio di Sidney Tarrow e Doug
McAdam i quali mettono in discussione il concetto di movimento globale
in quanto gli stati-nazione rimangono tuttora gli attori dominanti ed i luoghi
principali di tutti i tipi di politica. Di conseguenza ritengono che quando i
movimenti operano al di fuori dei propri confini, il termine più modesto di
transnazionale sia preferibile a quello di globale che, secondo i due studiosi,
dà la falsa impressione di un fenomeno omogeneo e distribuito equamente.
Tuttavia il loro contributo ci sembra fondamentale in questo contesto in quanto
entra nelle dinamiche della diffusione della protesta da un
contesto locale ad uno coordinato su una scala più ampia. Attraverso materiali
di ricerca già esistenti Sidney Tarrow e Doug McAdam illustrano il
funzionamento del mutamento di scala attraverso due vie complementari
ma non riducibili l'una all'altra come la mediazione tra attori precedentemente
non connessi e la diffusione relazionale ed osservano come un tipo
di azione, che nasce come localizzata, cambi di scala, in entrambi i casi,
attraverso i meccanismi addizionali di emulazione e l'attribuzione di
similarità, in modo da produrre un'azione transnazionale coordinata. Tuttavia,
come vedremo, gli esiti possono essere diversi. Ci sembra che il contributo
dei due studiosi, proprio perchè si focalizza sui processi e sulle dinamiche
della diffusione della contesa, rappresenti una significativa chiusura del
volume ma anche un indirizzo di ricerca da seguire e sviluppare ulteriormente.
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