Copertina
Autore Giuseppe Montesano
Titolo Di questa vita menzognera
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2003, I Narratori , pag. 192, dim. 142x220x16 mm , Isbn 978-88-07-01633-2
LettoreAngela Razzini, 2003
Classe narrativa italiana
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Pagina 9

Quando cominciai a leggere l'annuncio di Cardano mi tremavano ancora le dita per la rabbia, ero bagnato fino all'osso dalla pioggia gelida e la voce di mia madre mi sbatteva in testa come una banda di ottoni.

"Un'altra volta? Gesù! Ma quali soldi? Io tengo solo un poco di pensione schifosa, e che ti posso dare? Se tu non sputavi sulla giacca del direttore, mo' un posto lo tenevi! Sì, va bbuo', rettore, direttore, è sempe 'a stessa cosa!... Ha detto che i paesi poveri sono colpevoli loro, se muoiono di fame? E tiene ragione! E poi quante volte ti ho detto che ti devi fare i fatti tuoi? Ma perché, tu si' nu paese povero? Ah, tu non vuoi portare la borsa a nessuno, e fare il ricercatore lecchino ti fa vomitare? E certo, se facevi pure tu economia e commercio, era un'altra cosa. Ti sei voluto prendere una laurea inutile, e adesso che vuoi? E poi Eduardo ti aveva offerto di lavorare nella sua agenzia, che ci stava di male? Quello tiene dieci filiali, andavi a dirigere la Edotravel a Sorrento, e risolvevi!... Ah, a te il turismo e le partite iva ti fanno schifo? Tuo fratello Eduardo è nu strunzo e tu non gli chiedi scusa nemmeno morto schiattato? E allora mangiati la dignità!"

Le frasi dell'annuncio mi ballavano davanti agli occhi, e non riuscivo a tenere fermo il giornale. "C'è ancora qualcuno che ami il sudario della Bellezza? Un giovane che non abbia più nulla da chiedere a questo mondo decrepito? Ho quarantatré anni, dieci più di Cristo quando fu crocifisso, e come lui non prometto ricchezze materiali. Io non offro la stupidità della conoscenza, ma l'ardore dell'oblio." Ma chi poteva scrivere ancora bellezza con la maiuscola?

"Ma come, secondo te io ti potrei imbrogliare, a te che sei il sangue mio? I quartini ai Camaldoli? Gesù, vedi questo che va a scavare! Tu pensi solo ai soldi, allora! Ma non dicevi che il possesso ti fa schifo, che le mani servono a dare? Tu sei diventato materialista, a mamma tua... E mo' perché fai così? Ti stai pure imparando a offendere! Non vuoi fare pace con la fidanzata di Eduardo? Senti a mamma, nun fà l'orgoglioso, ti conviene. Come, Matilde è una cretina? Ma se quella a ventitré anni tiene già lo studio di notaio a Posillipo! E che vuol dire che ce l'ha lasciato il padre... Matilde che è? È una fascista biologica? Gesù! E ora che sono queste parole grosse? Ma quella Matilde è così perbene, sta piena di soldi, tiene pure 'o loft a New York... Io? E che c'entro io adesso! Ho fatto morire di collera a tuo padre? Io che l'ho curato come un re? Guarda a mamma, Roberto, guarda a chi te vo' bene! Allora secondo te io sono bugiarda? Io farei male al sangue mio?"

L'annuncio chiedeva qualcuno disposto a lasciarsi alle spalle il mondo della volgarità, la melma conformista del presente. "Chiudere gli occhi sul mondo infame del brutto vuol dire spalancarli sulla vita vera. Godere i giorni che passano è una scienza, l'esercizio dei cinque sensi esige una sua particolare iniziazione, e quello che ci serve è il sogno infinito dell'arte. C'è ancora qualcuno che non si sia arreso alla ripugnante imbecillità del buonsenso e della maturità? Bene, costui sappia che essere immaturi vuol dire essere perfetti." Cercavo di concentrarmi sulla lettura, volevo capire che cosa avrebbe dovuto fare esattamente il segretario di questo Cardano, ma non ci riuscivo.

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Pagina 17

Cardano mi chiedeva in continuazione di contraddirlo, ma in realtà non sopportava nessuna vera contraddizione. Qualsiasi cosa obiettassi era sempre poco coraggiosa e asservita ai luoghi comuni. Lui aveva scelto per sé l'opposizione perpetua, e come poteva essere sfiorato dalle mie critiche bambinesche? Lasciava balenare di avere già vissuto infinite esistenze, ma era difficile capire se gli accenni che si lasciava sfuggire sulle sue vite passate fossero veri o immaginari. Secondo lui il passato era un'illusione, e il futuro nient'altro che una trappola. Era forse solo per "il dèmone fuggitivo degli attimi felici" che valeva la pena di vivere, e la bellezza era l'unica forma di oblio del male concessa agli uomini. E una sera che gli avevo chiesto perché si era chiuso in casa e non volesse uscire, Cardano scoppiò a ridere.

"E per andare dove? Dove!"

"Ma fuori, nella luce! A che serve restare chiusi come prigionieri in questa notte perenne? Sembriamo dei morti. La bellezza non deve servire a vivere?"

Cardano mi fissò tranquillo, e scosse la testa. Non era affatto così, mi sbagliavo completamente, e la bellezza stava solo dalla parte della notte e della fine. Tutto quello che lui amava era morto, decrepito, finito? Bene! Forse solo le rovine della bellezza sarebbero sopravvissute nel mondo di servi felici che si preparava.

"Ma ci deve essere qualcosa che non sia questo egoismo! E il bene? Gli artisti la vita la amavano!

Ero saltato in piedi, quasi gridando. Ma Cardano rimase immobile, con un sorriso ironico sulla faccia. Il bene? Era una parola completamente priva di senso. Gli artisti amavano la vita? Gli artisti erano solo una massa di tarati, di maniaci, di dementi. Banditi nel pensiero, assassini troppo deboli per ammazzare nella realtà, sacerdoti che non credevano in niente se non nelle loro manie.

"Ma allora a che serve la tua cazzo di arte! Il mondo non è già abbastanza immorale, tarato, maniaco? Non dovremmo aspirare a qualcosa di meglio? A qualcosa di diverso..."

Non sapevo più che dire, mi sentivo soffocare, e tornai a sedermi. Mi ero preso la faccia tra le mani e mormorai: "E se fosse vero che un giorno saremo redenti e trasformati? Liberi davvero! In un nuovo mondo...".

"Sì! E che altro, Roberto? Ci sta solo questa merda di mondo, solo questo! E tutta 1'arte è perfettamente inutile."

Cardano a un tratto si era incupito, e continuò.

"Se ci fosse un altro mondo in cui vivere! Ma nun ce sta, nun ce sta niente. Si può solo sognare, 'e capito, Robe'? Si può vivere solo nei sogni."

Ma che volevo? La verità! E a che cosa mi sarebbe servita?

"Devi morire, Roberto, questo è tutto. Ti fai vecchio, la pelle appassisce, non desideri più niente... Vuo' sulo murì! E a che serve allora la verità?"

Lo guardai avvolto nel fumo delle sigarette, e non risposi. Lui abbassò la voce, quasi a un sussurro.

"Se fosse vero!... È scritto nell' Apocalisse: 'A colui che resterà fedele fino alla fine darò la stella del mattino'... La stella di un nuovo mondo, di una vita trasformata..."

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Pagina 38

"'A cultura? E comme 'e facimmo 'e sorde c' 'a cutura?" domandò Ferdinando.

Il Calebbano fece una lunga pausa, si guardò attorno e con calma spiegò che si sarebbero venduti Napoli con il golfo, il Vesuvio e gli abitanti. Si vendevano tutto il Sud, ma con la gente dentro, come in un immenso parco tematico. L'idea del Calebbano, o quello che riuscivo a capirne, era di far diventare Napoli "la grande capitale" della nuova economia.

"Questa diventerà la California della cultura. Ormai la produzione di beni è sorpassata, i mercati sono saturi, fra poco ci sarà un tracollo. Anzi, come sapete, c'è già stato..."

"'Stu cazzo 'e terrorismo!" biascicò Ferdinando masticando una pralina.

Certo, c'entrava anche il terrorismo, ma alla fine quello poteva anche diventare utile. Il vero problema era invece una crisi radicale, e il pericolo che se il capitalismo si fosse esteso a tutto il mondo la mano d'opera a basso costo non sarebbe più stata disponibile.

"Taglia, Calebba', 'sti strunzate 'ncoppa 'o capitalismo nun servono..."

Con fare paziente ma in tono reciso, il Calebbano spiegò che la nuova epoca stava diventando sempre più immateriale, e il capitalismo si era finalmente trasformato in quello che per millenni si era chiamato spirito. Nella nuova era non si sarebbero vendute soltanto cose, ma idee. Non capivano che ormai era più quotata una holding di pubblicità che un colosso della meccanica? La famiglia possedeva un patrimonio che non finiva più, e che ne faceva? Lo investiva in attività superate, che non fruttavano. Ferdinando scosse la testa, con disgusto.

"Non fruttano! 'E capito, Carda'? È nu schifo."

Nella nuova era che si stava aprendo, i più grandi progetti diventavano possibili, però era indispensabile pensare in grande. Tutti ripetevano che la vera ricchezza del Sud era il turismo, ma la loro era una visione vecchia, già sorpassata. Sì, bisognava vendere il cibo e i monumenti, ma soprattutto mettere in commercio "la vita stessa".

"L'esperienza, ecco la nostra parola nuova, noi metteremo in commercio l'esperienza! Noi ci dobbiamo vendere la vita della gente..."

Il vecchio Negromonte sembrava essersi addormentato sotto il massaggio continuo che la negra gli faceva tra collo e spalle, ma quando il Calebbano alzava la voce o i figli battevano le mani apriva un occhio e faceva un cenno di assenso con la testa.

"Che fanno la Nike, la Coca-Cola e Calvin Klein, eh? Si vendono la cultura, perché la gente non compra più le merci, ma uno stile di vita."

Ferdinando lo interruppe, e continuando a masticare e a parlare, disse che non capiva. E il progetto archeologico che fine faceva? Ma a un tratto si mise a frugare nei piatti buttandoli per aria.

"Addó cazzo sta 'o ccaviale? Chi 'a priparato 'stu carrello 'e mmerda mo' se fotte! Cruammate 'o cuoco, addó sta 'o cuoco?"

"Ho capito, Calebba', ci vendiamo il divertimento. Si 'a gente ce piace' 'a messa, noi gli diamo la messa, si 'a gente vo' pazzià cu' Marcos, noi gli diamo Marcos. Solo che devono pagare, e senza rompere il cazzo! Devono pa-ga-re..."

Il Calebbano annuì sorridendo allo Sciacallo, e disse che l'esempio del Presidente aveva dimostrato a tutti che l'importante era non avere paura di sognare l'impossibile. Come aveva detto? "Quello che oggi vi sembra un sogno assurdo, domani sarà la sola realtà." E non era forse stato vero?

"E comme no! Mo' in questo paese comandiamo noi, di che ci dobbiamo mettere paura? Sì, Carda', è inutile che fai accussì c' 'a capa! Siamo stati scelti dal popolo, 'e capito? Eletti democraticamente..."

"La democrazia è una cazzata, coglione. Ma quale governo del popolo? La tua non è nemmeno una zoocrazia..."

Ferdinando restò interdetto per un momento, ripetendo tra sé "zoocrazia, zoocrazia, zoocrazia", poi scoppiò a ridere e scosse la testa. Il Calebbano aveva ripreso a parlare, e spiegò che oggi tutte le idee del passato non contavano più nulla. Bisognava conservare ancora per qualche tempo i vecchi nomi alle cose per non spaventare la gente, ma intanto trasformare tutto da cima a fondo.

"È tempo che anche l'immaginazione si metta a lavorare. È venuto il momento di far fruttare i sogni, di venderci i nuovi paradisi artificiali..."

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Pagina 80

"Allora, Sciaca', che stavi dicendo?"

Stava dicendo che doveva venire alla luce tutta la Napoli antica, perché la vera ricchezza della città era il suo passato.

"Ricostruiremo pietra su pietra tutto quello che c'era prima, guardate, guardate là che meraviglia! Là..."

Dove eravamo finiti? Sembrava la zona dell'Anticaglia, ma non c'era più traccia del Policlinico. Mi guardai attorno, smarrito. Davanti a noi si innalzava una costruzione circondata dalle impalcature che somigliava a un Colosseo perfettamente conservato. Anche Cardano, che fino a quel momento si era limitato a fumare e a scuotere ogni tanto la testa, si alzò a guardare con la sigaretta che gli pendeva tra le dita e mormorò stupefatto: "Ma è l'anfiteatro!".

"È esatto, Carda', vedo che sei preparato. Non è una meraviglia? Tutto rifatto come Dio comanda, colle strutture di cemento armato, ma tale e quale a quello originale..."

Avevano sbagliato tutto, i suoi colleghi. Mantenimento dell'esistente? Restauro integrativo? Cazzate da studiosi vigliacchi, senza idee! Si doveva ripristinare "tutto uguale a prima", e come dentro un enorme parco tematico, ricostruire la vita di un tempo.

"Mi sembra interessante, molto interessante. Ma la gente che ci abita? E il commercio?"

Il commercio? Ma là tutto sarebbe stato commercio! Si rendeva conto, Marcello, di che cosa significava una città intera come un enorme museo vivente?

"Vivente, vivente! Il Calebbano tiene ragione, di lavoro ce ne sarà per tutti. Comme, a fà che cosa?"

Lo Sciacallo si alzò di scatto facendo cadere la sedia, e allargò le braccia.

"A recitare se stessi in un museo perpetuo..."

Bisognava ricostruire la vita dell'antica Neapolis, della città angioina e della città spagnola, e su quei palcoscenici far recitare la storia. Non capivamo?

"Ma sarà tutto finto! Soltanto un'illusione..." gridò Cardano.

"Finto? E che vuol dire, finto? E poi non sei tu che dici sempre che non è l'arte che imita la vita, ma la vita che imita l'arte? E allora che vuo'?"

Il Calebbano aveva parlato rivolto a Cardano, e continuò.

"Non hai detto sempre che Nerone era un grande artista e che gli artisti avevano da vivere solo la loro indegnità?"

Cardano si morse le labbra, e si accese un'altra sigaretta.

"E allora ti facciamo fare Nerone nell'anfiteatro, con la lira e la corona di alloro! Che, l'arte mo' non ti piace più?"

"E dopo ti andrai a lavare alle terme di vico Carminiello, o nel calidarium a via Donnaregina Nuova..."

"Sciaca', e che si fa, Cardano? 'A doccia co' bagnoschiuma?"

"No, si farà un bel bagno di vapore dentro alla sauna, accussì dimagrisce nu poco!"

Cardano alzò le spalle sprezzante, e lo Sciacallo continuò. La città avrebbe impersonato la sua storia, e tutti gli eventi più importanti sarebbero stati recitati negli anniversari. Il terremoto distruggeva tutto? Il teatro crollava? Sprofondava? E loro lo ricostruivano, e recitavano pure il terremoto! Il lavoro? Ma là ci sarebbe stato lavoro a vita! Non capivamo? Distruggere per costruire e costruire per distruggere, era questa l'economia del futuro.

"Scassà pe' costruì e costruì pe' scassà! Si' nu genio, Sciaca'!"

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Pagina 98

Ferdinando ci mandava a chiamare ogni mattina perché voleva fare "un poco di esercizio" con Cardano. Si era circondato di ripetitori di lingue e di precettori, e sosteneva che per farsi una cultura non serviva affatto una vita di ozio come aveva sempre detto Cardano.

"Lo vedete anche voi, no? Grandi cambiamenti! Vita nuova! Carda', avevi ragione, la cultura serve."

Quando c'era Armida, Ferdinando diventava complimentoso, e cercava di parlare esclusivamente in italiano. Con aria sospettosa chiedeva a Cardano se avesse notato le sue scarpe su misura, la cravatta di Marinella e la camicia che aveva fatto venire "appositamente" dall'Inghilterra.

"Che dici, Carda'? Su questo taglio del polsino nun tiene niente' a criticà, mo' ti devi stare zitto!"

Ma Cardano, dopo avere stretto con approvazione la stoffa tra le dita, scuoteva la testa con aria annoiata.

"Bravo, Ferdinando, fai progressi. Ma ti manca lo stile. Peccato per quel celeste sotto il principe di Galles. Eh, hai rovinato tutto..."

Ferdinando allora si rivolgeva al precettore e lo afferrava per il bavero urlandogli che lo licenziava. "Tieni solo un'altra possibilità! Ci siamo capiti? N'ata cammisa sbagliata e si' muorto." Un giorno si buttò anche addosso al fratello stringendogli il collo perché lo aveva chiamato "Ferdina'".

"Mo' basta, Sciaca'! Mo' è finita con questo Ferdina'! D'ora in poi mi chiamerete 'don Ferdinando', siah1o intesi? Ci siamo spiegati bene? O volete finire tutti in mezzo a una strada?"

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