Copertina
Autore Desmond Morris
Titolo La scimmia nuda
SottotitoloStudio zoologico sull'animale uomo
EdizioneBompiani, Milano, 2003 [1968], Tascabili saggi 13 , pag. 272, cop.fle., dim. 125x192x17 mm , Isbn 978-88-452-4898-6
OriginaleThe naked ape. A zoologist's of the human animal [1967]
TraduttoreMarisa Bergami
LettoreRiccardo Terzi, 2005
Classe antropologia , etologia , psicologia , evoluzione , zoologia
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Indice

Ringraziamenti                    5

Introduzione                      7

I.    Origini                    13

II.   Abitudini sessuali         53

III.  Allevamento               109

IV.   Esplorazione              137

V.    Lotta                     157

VI.   Alimentazione             201

VII.  Benessere                 215

VIII. Gli animali               235


Appendice

Letteratura                     263

Bibliografia                    265


 

 

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Pagina 7

INTRODUZIONE



Esistono centonovantatré specie viventi di scimmie con coda e senza coda; di queste, centonovantadue sono coperte di pelo. L'eccezione è costituita da uno scimmione nudo che si è auto-chiamato Homo sapiens. Questa razza eccezionale ed estremamente capace trascorre molto tempo ad esaminare i propri moventi piú nobili ed altrettanto ad ignorare accuratamente quelli fondamentali. È orgogliosa di possedere il cervello piú voluminoso tra tutti i primati, ma cerca di nascondere il fatto di avere anche il pene piú grande, preferendo accordare questo onore al possente gorilla. Si tratta di uno scimmione che usa molto i propri mezzi vocali, ha un acuto senso dell'esplorazione ed è rappresentato da molti esemplari, per cui è ormai tempo di esaminare il suo comportamento fondamentale.

Io sono uno zoologo e lo scimmione nudo è un animale; esso costituisce un argomento facile per la mia penna e mi rifiuto di continuare ad evitarlo solo perché alcune sue forme di comportamento sono piuttosto complesse e sorprendenti. La mia giustificazione è che pur nel diventare tanto erudito, l'Homo sapiens è rimasto uno scimmione nudo e che nell'acquistare nuovi ed elevati moventi, non ha perso nessuno dei vecchi moventi piú bassi. Spesso ciò gli provoca un certo imbarazzo, ma i suoi antichi impulsi gli appartengono da milioni di anni, i nuovi solo da qualche millennio, e non vi è alcuna speranza che egli possa scuotere via rapidamente l'eredità genetica che si è accumulata durante tutto il suo passato evolutivo. Sarebbe un animale molto meno preoccupato e piú soddisfatto se solo affrontasse questa realtà.

Forse è qui che lo zoologo può aiutarlo.

Uno degli aspetti piú strani delle ricerche svolte precedentemente sullo scimmione nudo è che queste ne hanno quasi sempre evitato i lati piú evidenti. I primi antropologi si sono precipitati negli angoli piú inverosimili della terra per scoprire verità fondamentali riguardo alla nostra natura, disperdendosi in contesti culturali talmente atipici da essere ormai quasi scomparsi. Sono ritornati con scoperte sensazionali sulle strane abitudini di accoppiamento, i bizzarri sistemi di apparentamento o i misteriosi procedimenti rituali di queste tribú ed hanno usato questo materiale come se fosse di importanza basilare per capire il comportamento della nostra specie presa nel suo insieme. Il lavoro svolto da questi ricercatori naturalmente si è dimostrato estremamente interessante ed è servito soprattutto a dimostrare che cosa può succedere quando un gruppo di scimmioni nudi viene bloccato in un vicolo cieco culturale. Esso ci ha rivelato quanto i nostri schemi di comportamento possano deviare dalla norma senza che per questo una società scompaia. Quello che non ci ha detto è quale sia il comportamento tipico del tipico scimmione nudo. Questo si può fare soltanto esaminando gli schemi di comportamento condivisi da tutti i membri normali e ben riusciti dei principali allevamenti, cioè i campioni della corrente principale che nell'insieme rappresentano la grande maggioranza. Da un punto di vista biologico, questo è l'unico sistema per affrontare il problema. Al contrario, l'antropologo vecchio stile direbbe che i suoi gruppi tribali tecnologicamente semplici si avvicinano al nocciolo della questione piú dei membri di civiltà maggiormente progredite.

Io ritengo che non sia cosí. I gruppi tribali attualmente viventi non sono affatto primitivi. Le tribú davvero primitive non esistono piú da migliaia di anni. Lo scimmione nudo è fondamentalmente una razza dedita all'esplorazione e qualunque tipo di società che non sia riuscita a progredire, in un certo senso ha fallito; è accaduto qualcosa che ha operato contro le tendenze naturali della specie, che portano a esplorare e a investigare il mondo circostante. Le caratteristiche studiate in queste tribú dai primi antropologi potrebbero costituire i veri motivi che hanno ostacolato il progresso dei gruppi in questione. Pertanto è pericoloso servirsi di questi dati come base per qualunque schema generale del nostro comportamento come specie.

Al contrario, gli psichiatri e gli psicoanalisti si sono mantenuti piú vicino, concentrandosi su ricerche cliniche riguardanti i campioni principali. La maggior parte dei loro primi dati, sebbene non inficiati dalla debolezza delle notizie antropologiche, presenta alcuni lati sfavorevoli. Gli individui su cui essi hanno basato le loro dichiarazioni, malgrado le caratteristiche prevalenti, inevitabilmente sono per qualche motivo esemplari aberranti o falliti. Se fossero stati sani e ben riusciti, e quindi degli individui tipici, non avrebbero avuto bisogno di ricorrere allo psichiatra, contribuendo ad arricchire le informazioni di quest'ultimo. Ancora una volta voglio ribadire il fatto che io non intendo sminuire il valore di questa ricerca che ci ha dato una importantissima visione del modo in cui possono crollare i nostri schemi di comportamento. Io penso semplicemente che cercando di discutere la fondamentale natura biologica della nostra specie, intesa nel suo insieme, è bene non dare un'eccessiva importanza alle prime osservazioni antropologiche e psichiatriche.

(Vorrei aggiungere che la situazione dell'antropologia e della psichiatria sta rapidamente cambiando. In questo campo, molti ricercatori moderni sono in via di riconoscere i limiti delle prime indagini e si stanno dedicando sempre piú alle ricerche su individui sani e normali. Ecco come si è espresso recentemente un ricercatore: "Abbiamo messo il carro davanti ai buoi. Ci siamo buttati sugli individui anormali e solo adesso, con un certo ritardo, stiamo cominciando a concentrarci su quelli normali".)

Il sistema che io propongo di usare in questo libro trae i suoi argomenti da tre fonti principali: 1) i dati riguardanti il nostro passato, scoperti dai paleontologi e basati sui fossili e altri resti dei nostri antichi predecessori; 2) i dati disponibili grazie agli studi sul comportamento animale dell'etologia comparata, basati su dettagliate osservazioni effettuate su di una vasta gamma di specie animali e in modo particolare sui nostri piú stretti parenti viventi, le scimmie e gli scimmioni; 3) i dati che si possono raccogliere con la semplice e diretta osservazione degli schemi di comportamento essenziali e maggiormente diffusi tra i campioni riusciti del tipo prevalente nelle principali collettività attuali dello scimmione nudo.

Data la vastità del compito, è necessario semplificarlo in qualche modo. Il mio sistema consiste soprattutto nel non tenere conto delle ramificazioni particolareggiate della tecnologia e della verbalizzazione e nel concentrarsi invece su quegli aspetti della nostra esistenza che hanno un evidente corrispettivo in altre specie, attività cioè come il modo di nutrirsi, di pulirsi, di dormire, di combattere, di accoppiarsi e di avere cura dei piccoli. Come reagisce lo scimmione nudo quando viene messo di fronte a questi problemi capitali? In che modo le sue azioni sono paragonabili a quelle delle altre scimmie e scimmioni? Sotto quale particolare aspetto egli è unico e in che modo le sue singolarità sono in rapporto con la sua speciale storia evolutiva?

Nel trattare questi problemi, mi sono accorto di correre il rischio di offendere un certo numero di persone. Vi sono alcuni che preferiscono non osservare il proprio io animale e che potrebbero pensare che io ho degradato la nostra razza parlandone in crudi termini animali. Posso solo assicurarli che questa non è la mia intenzione. Altri invece si risentono di ogni invasione zoologica del loro specialistico campo di azione. Io penso invece che questo modo di affrontare il problema possa essere di grande valore e che, malgrado i suoi difetti, getterà una luce nuova (e in certo senso inaspettata) sulla complessa natura della nostra straordinaria razza.

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