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| << | < | > | >> |IndiceBreve cenno biografico 9 Un personaggio particolare 11 Prefazíone dell'autore 13 I. Nascita dell'autore - Propositi giovanili - Arrivo a Londra - Apprendistato da bottaio - Arruolamento nella Marina - Contrabbandieri - Arrivo nel Quebec 15 II. Canada - Diversi sistemi di pesca - Serpenti - Legnami galleggianti - L'autore naviga verso le Indie Occidentali - Schiavitù - Arrivo a Terranova 21 III. Scontro tra la Surprise e la Jason - Aneddoti - Accadimenti vari - Punizione per un ordine disobbedito Congedo dell'autore 29 IV. L'autore arriva in Scozia - Un'avventura particolare - Il ritorno a Londra - Si imbarca su una nave groenlandese - Caccia alla balena 35 V. Viaggio a Granada - Trattamento dei negri - Balli e canti - Portuali scozzesi e irlandesi - Aneddoto sui Gallesi 41 VI. Víaggio di esplorazione - Aneddoto - Isole Falkland Capo Horn - Owhyee - Atooi - Onehow - Costumi degli indigeni 49 VII. Viaggi commerciali - Comportamento degli indígeni Le isole Sandwich - La lingua - Stretto di Nootka - Le navi salpano per la Cína 59 VIII.Cina - Abitudini dei cinesi - Cibo - Religione - Punizioni - Evasione del dazio - Sant'Elena - L'autore arriva in Inghilterra 65 IX. L'autore viene ingaggiato come dispensiere su una Galera - Aneddoti sulle donne forzate - Rotta per il nuovo Galles del Sud - L'autore si lega a Sarah Whitlam - Una pena singolare - Passaggio dell'equatore Altri avvenimenti - Port Jackson - Sant'Elena 71 X. Imbarco su una baleniera nei mari del sud - Accadimenti vari - Dolore per il comportamento di Sarah - Caccia alla foca - Leoni marini - Incontro inatteso con un connazionale a Paita - Traffici commerciali 87 XI. Rio de Janeiro - Marinai portoghesi - Lisbona - Arrivo a Londra - Visita ai genitori di Sarah - Imbarco su una nave diretta in Cina - Aneddoti 93 XII. L'arrívo al Capo di Buona Speranza - Un curioso incidente - Giava - Wampoa - Artigiani cinesi - Ritorno in Inghilterra e arruolamento forzato - Leith Roads - Ammutinamento - Tempesta 101 XIII.Battaglia al largo di Capo St Vincent - Assedio di Cadice - Battaglia nella baia di Abukir - Episodi della battaglia - Avvenimenti successivi - Sbarco dell'armata britanníca in Egitto - Oftalmia - Ritorno in Inghilterra 109 XIV. L'autore arriva a Edimburgo - Si sposa e si sistema come bottaio - Costretto a lasciare la sua attività per il pericolo di arruolamento - Si rifugia a Cousland - Avvenimenti successivi - Ritorno a Edinburgo per l'impossibilítà di lavorare a Cousland - Fallimento dei suoi progetti - Situazione attuale 119 |
| << | < | > | >> |Pagina 9È l'inverno del 1822. John Howell, un rilegatore di libri animato dalle più diverse passioni, allo stesso tempo inventore e intellettuale, si imbatte in un vecchio cencioso che mendica per le vie di Edinburgo. Il vecchio è John Nicol, marinaio scozzese (1755-1825). E Howell ha anche un'altra passione: raccogliere e trascrivere le storie di vita dei militari. Così comincia l'avventura. Con stile asciutto e allo stesso tempo dettagliatissimo, con il ritmo e la fantasia tipici delle storie di mare e di grandi viaggi, Nicol descrive quello che le narrazioni dei suoi contemporanei non osarono riportare. Il suo non è il mondo delle classi alte. Lui «un semplice bottaio illetterato» descrive un mondo popolato da schiavi, galeotti, semplici marinai. Racconta il mondo visto dal ponte inferiore e ci parla dei popoli della terra. Nasce così Vita e avventure di un marinaio scozzese, libro pubblicato nel 1822 da Howell in tiratura limitata e destinato a diventare una delle poche testimonianze «dal basso» del mondo così come appare agli occhi dei più umili, in un'epoca straordinaria quale fu quella della Rivoluzione francese, delle guerre napoleoniche, della colonizzazione dell'Australia, della scoperta delle Hawaii da parte del capitano Cook. In venticinque anni di vita in mare Nicol, il bottaio, compie due volte il giro dei mondo: dalle Indie Occidentali alla Cina. Nel 1790 si innamora di Sarah: lei, una forzata esiliata in Australia, lui un marinaio arruolato forzosamente, come si usava a quei tempi, sulla nave che la trasportava a destinazione. Da lei avrà un figlio, ma di entrambi, a dispetto di ogni ricerca, perderà le tracce per sempre. Combatte contro le flotte napoleoniche e traffica in pellicce con gli indigeni delle Americhe. Narra dei costumi dei nativi hawaiani, descrive le astuzie degli indiani, ci rende consapevoli della penosa condizione degli schiavi africani, ma ci mostra anche la loro anima musicale: è testimone dei primi antenati del blues. In Cina, il paese che più lo affascina, andrà tre volte, riferendone abitudini, costumi, condizioni sociali e riti sacri. E parla di amicizia, di povertà, di morte. Ma descrive anche i grandi viaggi di esplorazione, nei più remoti angoli del mondo, battaglie epiche, come la vittoria dell'Ammiraglio Nelson sul Nilo, e il loro seguito di morte e distruzione. Ci coinvolge in tempeste e scampati naufragi, nelle piccole occupazioni quotidiane a bordo dei mercantili e delle fregate da guerra. Insegna come armare un cannone e spiega che i cinesi non sapevano costruire botti o barili, perché non erano capaci di fabbricarne i tappi. Quante volte era necessario rifornirsi di acqua, come si approvvigionava una flotta. Parte per la caccia alla balena in Groenlandia spiegando dettagliatamente come si ricavava il grasso, squagliandolo in apposite caldaie raffreddate ad acqua sul ponte della nave. Nel 1801 ritorna in Scozia una prima volta; vi si ristabilisce definitivamente a quarantasei anni, sposando una cugina, ma passerà undici anni da fuggiasco per evitare l'arruolamento forzato sulle navi da guerra, nonostante la sua fedeltà alla corona. Si mostrerà dispiaciuto di non aver partecipato alla battaglia di Trafalgar, sentirà la mancanza delle scazzottate a bordo e dei sotterfugi per eludere il dazio. Ci parla, infine, di come si sia ridotto in miseria, ma anche della sua felicità nel raccontare avventure di mare. Nicol è stato capace di viaggiare tutta la vita senza perdere la freschezza e la curiosità nel rappresentare il mondo. Ne emerge un personaggio fiero di aver visto molto più della maggior parte dei suoi contemporanei, e che ha avuto la rara opportunità di narrare quello che ha vissuto: un acutissimo osservatore, che ha saputo conservare il suo atteggiamento naive restituendoci intatte le emozioni della gente comune e uno straordinario bagaglio di informazioni e di conoscenze delle quali ha saputo conservare una vivida memoria. Le narrazioni dei suoi contemporanei di rango superiore omisero, per opportunità e decoro, molti particolari. E i suoi compagni d'avventura non vissero abbastanza per raccontarle. Per questo la sua è una storia unica. | << | < | > | >> |Pagina 15Sono nato nel piccolo villaggio di Currie, a circa sei miglia da Edinburgo, nell'anno 1755. Il primo desiderio ch'io abbia mai formulato era d'andare alla ventura, e quella mia passione giovanile dev'essere costata molta apprensione ai miei genitori. Mia madre morì di parto quando io ero ancora un bambino, lasciando mio padre con cinque figli da allevare. Due morirono giovani e tre raggiunsero la maggiore età. Mio fratello più grande morì a seguito delle ferite riportate nelle Indie Occidentali, era tenente di vascello. Mio fratello minore andò in America e non ho più saputo niente di lui. Non starei a menzionare queste circostanze irrilevanti, se non fossi cosciente di quanto la storia della dispersione della mia famiglia abbia in comune con altre migliaia di famiglie scozzesi della stessa condizione di quella paterna. Mio padre, di mestiere bottaio, era un uomo informato e di talento, si ingegnò per dare ai figli un'istruzione adeguata alla loro posizione nella vita; ma la mia inclinazione all'instabilità non mi permise di approfittare molto degli insegnamenti che ho ricevuto. Avevo letto tante volte Robinson Crusoe e bramavo d'andare per mare. Per un certo periodo abitammo a Borrowstownness. Ogni momento di libertà che riuscivo a strappare lo trascorrevo sulle barche o lungo la spiaggia. Quand'ebbi raggiunto l'età di circa quattordici anni mio padre fu ingaggiato per andare a Londra e assumere un piccolo incarico in un laboratorio di chimica. Ancor oggi ricordo l'entusiasmo del mio animo giovanile quando mio padre mi informò che anch'ío lo avrei accompagnato a Londra. Contavo le ore e i minuti che mancavano al momento in cui ci sarenuno imbarcati sul Glasgow and Paisley Packet, mercantile del Capitano Thompson. Oltre all'equipaggio, a bordo c'erano un sergente e alcune reclute, un passeggero di sesso femminile, mio padre, mio fratello ed io. Quando salpammo si era nel mese di dicembre, e il tempo era molto cattivo. Tutti i passeggeri soffrivano il mal di mare, ma a me non è mai capitato. Questo accadeva nel 1769, anno in cui sulla costa dello Yorkshire si contarono terribili perdite tra le imbarcazioni mercantili: oltre quaranta velieri fecero naufragio. Noi ci trovammo in quella stessa tempesta di vento, ma uscimmo illesi dalla burrasca. Al mattino seguente, a malapena si riusciva a navigare attraverso i relitti, e l'intera spiaggia ne era coperta. Sulla terraferma la gente andava raccogliendo i corpi degli affogati e li portava via sui carri. Mio padre non si lasciò sfuggire l'occasione per cercare di distogliermi dall'idea di diventare un marinaio. Era un genitore premuroso, ma severo e noi non osavamo disobbedirgli. Ma la tempesta non mi aveva impressionato in modo tale da influenzare negativamente la mia determinazione. La mia giovane mente non poteva separare la vita di un marinaio dai pericoli e dalle tempeste, ed io consideravo quegli eventi come parte integrante delle avventure che tanto ardentemente desideravo. Passai tutto il tempo sul ponte ed ero completamente assorto a fantasticare sui diversi modi che mi avrebbero permesso di fuggire. Mi godetti il viaggio enormemente, ero ansioso di imparare ogni cosa, ed ero benvoluto dal Capitano e dall'equipaggio. Uno dei datori di lavoro di mio padre stava traducendo un testo francese di chimica. Io andavo quasi ogni giorno in tipografia con le bozze. Un volta, passando vicino alla Torre di Londra, vidi una scimmia morta galleggiare sul fiume. Ne avevo viste appena due o tre nella mia vita. Cosí pensai che quella avesse un grosso valore. Mi spogliai in un baleno e cercai di raggiungerla a nuoto. Un ragazzo inglese, che avrebbe desiderato fare lo stesso, ma che non voleva o non sapeva nuotare, me la strappò di mano non appena risalii sulla riva, dicendo: «Dovrai lottare contro di me per averla». Avevamo circa la stessa corporatura. Ma anche se ci fosse stata una gran differenza non mi sarei tirato indietro - non ho un carattere che si lascia calpestare facilmente - così lo affrontai. Attorno a noi si era riunita una piccola folla e si formò un cerchio di curiosi. In quanto straniero mi fu concesso uno scontro leale, e dopo un duro combattimento, uscii vincitore. Il ragazzo inglese mi strinse la mano, dicendomi: «Scozzese, l'hai vinta tu». Avevo lottato nudo, così come ero uscito dall'acqua, mi rinfilai i vestiti e portai in trionfo il mio bottino. Ma arrivato a casa mi aspettavano le botte di mio padre per essermi battuto e per aver trascurato le commissioni; ma la pelle della scimmia mi ripagò di tutte le vessazioni. Sono rimasto a Londra per dodici mesi scarsi, dopo di che mio padre mi rispedì in Scozia per imparare un mestiere. Scelsi la professione del bottaio per far piacere al mio genitore. Per un certo periodo frequentai con un amico il Queensferry ma, poiché non andavo troppo d'accordo con lui, terminai il mio tedioso trimestre di apprendistato a Borrowstownnes. Tuttavia i miei pensieri erano altrove. Mentre le mani cerchiavano le botti, il mio cuore era sul mare e con la fantasia viaggiavo in paesi lontani. Non appena ebbe fine questo periodo di schiavitù, dissi addio agli amici e mi misi sulla strada per Leith con cuore allegro; e, dopo aver lavorato per un paio di mesi come operaio a giornata, tanto da permettermi di essere esperto nel mio mestiere, sali a bordo della Kent's Regard, comandata dal Luogotenente Ralph Dundas. All'epoca (siamo nel 1776) era una nave appoggio, alla fonda a Leith Roads.
Finalmente ero soddisfatto, perché mi ero imbarcato.
Alle mie orecchie l'ordine di levare l'ancora e salpare per il
Nore rappresentava il suono della gioia.
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