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| << | < | > | >> |Pagina 7Quando Saturnine arrivò nel luogo dell'appuntamento, si meravigliò che ci fosse tanta gente. Non pensava certo che sarebbe stata l'unica candidata, ma di lì a essere ricevuta in una sala d'attesa dove la precedevano quindici persone c'era una notevole differenza."Troppo bello per essere vero" pensò. "Non sarò mai la coinquilina che cercano." Dal momento che si era presa la mattinata libera, decise comunque di aspettare. Il magnifico luogo la induceva a farlo. Entrava per la prima volta in un palazzo signorile del VII arrondissement di Parigi e non riusciva a capacitarsi dello sfarzo, dei soffitti altissimi, del tranquillo splendore di quella che costituiva appena un'anticamera. L'annuncio precisava: "Una stanza di 40 metri quadri con bagno, accesso libero a una grande cucina attrezzata" per un affitto di 500 €. Ci doveva essere un errore. Da quando Saturnine cercava casa a Parigi, aveva visitato tuguri immondi di 25 metri quadri senza bagno, a 1.000 € al mese, che trovavano chi li prendeva in affitto. Che imbroglio nascondeva dunque questa offerta miracolosa? Osservò poi i candidati e si accorse che si trattava solo di candidate. Si chiese se la condivisione di casa fosse un fenomeno femminile. Quelle donne sembravano tutte angosciatissime e Saturnine le capiva: anche lei desiderava ardentemente aggiudicarsi quella stanza. Ahimè, perché avrebbero dovuto scegliere lei invece di quella signora dall'aria così rispettabile oppure di quella manager dalla messa in piega spavalda? A quella domanda, rispose la sua vicina, che la stava osservando. - Sarà lei ad averla. - Scusi? Dice a me? - Lei è la più giovane e la più carina. Avrà l'appartamento. Saturnine aggrottò le sopracciglia. - Questa espressione non le dona - proseguì la sconosciuta. - Sia più rilassata, quando entrerà nell'ufficio. - Mi lasci in pace. - Non si arrabbi. Non è al corrente della fama del padrone di casa? - No. La donna tacque con aria misteriosa, sperando che Saturnine avrebbe mendicato le informazioni. Lei, invece, si limitò ad aspettare, sapendo che la donna avrebbe parlato comunque. Come volevasi dimostrare: - Non siamo mica le prime a presentarci. Otto donne hanno già ottenuto questa stanza. Sono tutte scomparse. - Forse non erano contente della camera. - Lei non ha capito. Non hanno più avuto la possibilità di esprimere un parere in proposito: non si è mai più sentito parlare di loro. - Morte? - No. Morire non significa scomparire. La donna sembrava soddisfatta dell'effetto prodotto. - Perché è venuta, allora? - chiese Saturnine. - Vuole scomparire anche lei? - Io non ho nessuna possibilità di essere scelta. Ma è l'unico modo che ho di incontrare il proprietario. Saturnine tralasciò di rivolgerle la domanda sperata. Ma quella chiacchierona, che stava diventando veramente seccante, proseguì: - Don Elemirio non esce mai di casa. Nessuno ha mai visto una sua foto o un suo ritratto. Voglio sapere com'è fatto. Tante donne sono impazzite per quest'uomo. Saturnine cominciò ad aver voglia di sloggiare. I seduttori le facevano orrore. Ahimè, non ne poteva più di cercare casa. La sola idea di tornare la sera a Marne-la-Vallée dalla sua amica Corinne le dava la nausea. Corinne lavorava a Euro Disney ed era felicissima di condividere le sue due camere e cucina con la giovane belga, senza sospettare che quest'ultima quasi soffocava quando dormiva sul suo divano che puzzava di sigaretta stantia. - L'annuncio specificava il sesso? - chiese Saturnine. - Ci sono solo donne. - L'annuncio non specificava niente. La gente lo sa, a parte lei. È straniera? La giovane donna non volle dire la verità. Ne aveva abbastanza dell'eterna reazione ("Ah! Ho un amico belga che..."): lei non era un'amica belga, era belga e non voleva diventare amica di questa persona. Rispose: - Sono kazaka. - Scusi? - Vengo dal Kazakistan. Sa i cosacchi, i guerrieri più feroci del mondo. Appena qualcosa ci infastidisce, uccidiamo. La donna non aprì più bocca. Saturnine ebbe il tempo per riflettere. Cosa avrebbe dovuto temere? Non era il tipo che si innamorava facilmente e soprattutto non di un donnaiolo. La storia delle sparizioni le parve troppo vaga. Comunque, scomparire era meno spaventoso che tornare a Marne-la-Vallée. Guardò le quindici candidate. Si vedeva che nessuna aveva davvero bisogno di quella stanza: erano donne dei quartieri alti che stavano lì solo per curiosità nei confronti di un tizio dal nome spagnolo e nobile. Quest'ultimo particolare fece infuriare Saturnine: non sopportava l'attrazione dei francesi per l'aristocrazia. "Calmati" si disse. "Non preoccuparti di questi pettegolezzi ridicoli. Sei qui per l'appartamento, punto e basta." | << | < | > | >> |Pagina 52- Lei è ricco, ha un'abitazione faraonica nel cuore di Parigi, cucina bene, cuce come una fata: sarebbe l'uomo ideale, se non fosse per il suo... vizio.- Il traffico delle indulgenze? - Proprio - disse lei ridendo. - Tra le mie qualità, ha dimenticato di ricordare che sono l'uomo più nobile del mondo. - Per quanto mi riguarda, lo annovero tra i suoi difetti. In sé, non mi fa né caldo né freddo, ma che lei ne vada così orgoglioso, è inammissibile. Ha confezionato vestiti per ognuna delle sue donne? - Certo. Pensare un abito per un corpo e un'anima, tagliarlo, imbastirlo, è l'atto d'amore per eccellenza. Complice l'alcol, Saturnine aveva abbassato la guardia. Lo lasciò parlare: - Ogni donna chiama un vestito particolare. Ci vuole un'attenzione suprema per sentirlo: bisogna ascoltare, guardare. Soprattutto non imporre i propri gusti. Per Émeline fu un abito color del giorno. Quel particolare della fiaba Pelle d'asino la ossessionava. Bisognava ancora stabilire di quale giorno si trattasse: un giorno parigino, un giorno cinese, e in quale stagione? Dispongo qui del Catalogo universale delle tinte, tassonomia stabilita nel 1867 dalla metafisica Amélie Casus Belli: una summa indispensabile. Per Proserpine, fu un cilindro in pizzo di Calais. Sono diventato matto per conferire a quel materiale fragile la rigidità, ma anche la capacità di sotterfugio che implica questo cappello. Oso dire di esserci riuscito. Séverine, una sévrienne un po' severa, aveva la delicatezza di un cristallo di Sèvres: ho creato per lei la cappa catalpa, la cui stoffa aveva l'azzurro lieve e la cascata di fiori di quest'albero in primavera. Incarnadine era una ragazza di fuoco: quella creatura nervaliana meritava una giacca di fiamma, vera pirotecnìa d'organza. Quando la indossava, mi incendiava. Térébenthine aveva scritto una tesi sull'hevea. Ho fuso uno pneumatico per recuperarne il materiale duttile e realizzare una cintura-corsetto che le conferiva un portamento meraviglioso. Mélusine aveva gli occhi e la figura di un serpente: la completai con un tubino senza maniche, a collo alto, che scendeva fino alle caviglie. Stavo quasi per imparare a suonare il flauto per incantarla quando era vestita così. Albumine, per motivi che non credo di dover spiegare, fu la ragione che portò al concepimento di una camicia guscio d'uovo con il collo meringa, in polistirolo espanso: una vera gorgiera. Sono per il ritorno della gorgiera spagnola, non c'è niente che doni di più. Quanto a Digitaline, una bellezza velenosa, ho inventato per lei il guanto misuratore. Lunghi guanti di taffetà color porpora che salivano oltre il gomito e che avevo graduato per illustrare l'adagio latino di Paracelso: 'Dosis sola facit venenum': solo la dose fa il veleno. Perché ride? - Il pronostico è indiscutibile: dopo di me, la sua coinquilina si chiamerà Margarine e per lei disegnerà un manicotto di grasso puro. - Lei non ha il senso del sacro. - Mi perdoni, ho esagerato con la vodka. Allora, si ricorda di tutte le sue donne? - Non sono le mie donne. Sono donne che ho amato. - E che sono state tutte sue coinquiline. - Sì. La coinquilina è la donna ideale. Insomma, quasi. - Quel quasi è una macabra litote. Quando ha cominciato a reclutare coinquiline, se vogliamo chiamarle così? - Diciotto anni fa. Ho smesso di uscire vent'anni fa. La mancanza di donne non ci ha messo molto per iniziare a tormentarmi, ma avevo bisogno di un meccanismo. Ho trovato la soluzione leggendo il giornale, cosa che non mi capita spesso. Tra le inserzioni, c'era la rubrica 'Coinquilini'. Ho sgranato gli occhi. Non mi restava altro che pubblicare la mia inserzione. Non mi aspettavo un simile successo. - I suoi genitori sono morti vent'anni fa, vero? - Sì. Un tragico incidente. Mio padre, don Deodato Nibal y Milcar, adorava cogliere funghi. Aveva raccolto nella foresta di Fontainebleau un paniere pieno di lepiote che aveva cucinato lui stesso. - Un classico: erano funghi simili, ma mortali, e lei è stato l'unico a non averli toccati. - Al contrario, io ne avevo mangiati più dei miei genitori. Le indulgenze mi hanno salvato. - Non capisco. - Gliel'ho detto: quando regalo oro al mio confessore, digerisco tutto. Mio padre disapprovava il traffico delle indulgenze. Nel cuore della notte, mia madre si è lamentata per il mal di stomaco: i funghi erano stati cucinati nel burro. Mio padre, che non si sentiva molto meglio, è andato a prendere un po' di bicarbonato di sodio. Ma si è sbagliato: invece del bicarbonato, ha preso i nitrati che usava come fertilizzanti per le sue rose. Ha somministrato una buona dose di nitrati a sua moglie, poi ne ha bevuto anche lui. Alcuni minuti dopo, una deflagrazione ha svegliato tutta la casa: i miei genitori erano esplosi. - Veramente? - Sì. Uno spettacolo straziante, quei pezzi di grandi di Spagna sul lampadario e sul baldacchino del letto. È anche per questo che ho licenziato tutta la servitù. Come si fa a ottenere rispetto dai servitori che hanno raccolto i resti della tua ascendenza? Saturnine rifletté con aria imbronciata prima di esclamare: - Non le credo. Dovrebbe inventare bugie meno eclatanti. È lei che ha assassinato i suoi genitori! - Lei è pazza. Io che li adoravo, fare del male al mio nobile padre e alla mia santa madre? - Non è vero neanche un po'. - La smetta con le sue fantasie. Lei mi offende. Ho fatto seppellire i miei genitori con una cerimonia per pochi intimi, al cimitero di Charonne. È l'ultima volta che ho lasciato il perimetro di questa dimora. - Aspetti, la sua storia non sta in piedi. Non aveva potuto raccogliere la testimonianza di suo padre, quindi come sapeva che voleva ingerire il bicarbonato di sodio? - Quando non digeriva bene si affidava solo a quel prodotto. - Non ha alcuna prova che abbia voluto prendere il bicarbonato e che lo abbia confuso con i nitrati. - È vero. Ma è evidente. - Lei crede? - I nitrati erano riposti proprio accanto al bicarbonato, in un recipiente identico. - Strana collocazione. - No. Le rose erano sulla terrazza attigua al bagno. - La polizia ha verificato questa storia? - Sì. E ha concluso che si è trattato di un'indigestione. - Non avrà versato delle indulgenze anche a loro? - L'argomento non si presta agli scherzi. Alla morte dei miei genitori, ho capito che non volevo vivere come loro, che uscivano e ricevevano ininterrottamente. Io non ne avevo né la capacità, né il desiderio. Mi sono insediato in questa esistenza autarchica. La mia ambizione era quella di diventare un uovo. - Ed è lì che si è fatto prendere dalla sua ossessione per le donne. - Ossessione è un termine esagerato. Diciamo che un uovo ha bisogno di essere covato. | << | < | > | >> |Pagina 64Quando la chiamarono per la cena, la giovane donna si sforzò di arrivare con passo tranquillo, facendo attenzione ad apparire naturale. Don Elemirio la guardò in un modo che, per la prima volta, non le parve insolito.- Non indossa la sua gonna, oggi? - Non posso mica metterla tutte le sere - rispose seccamente. "Non sei obbligata a comportarti in maniera sgradevole" si rimproverò. - Scelga lo champagne. È a casa sua. Saturnine aprì il frigorifero consacrato e lesse le etichette con interesse. - Taittinger-Comtes de Champagne - annunciò. - Stappo? - La prego. Riempì le solite flûte e vide quanto brillava il loro cristallo. Fecero il solito brindisi e assaggiarono. - È il mio preferito! - esclamò lui. Lei trovò lo champagne stupefacente, ma un po' aggressivo. Non espresse questa opinione, nell'idea che un bemolle avrebbe spento l'entusiasmo dello spagnolo. - Ho preparato la zarzuela. - Che cos'è? - Semplificando, è una paella senza il riso. Generalmente, ci si mette molto astice, ma dato che l'abbiamo già mangiato due volte nei giorni scorsi, ho sostituito quell'ingrediente con gli asparagi. - Non vedo il nesso. - Non c'è rapporto. È per sottolineare l'assurdità del verbo 'sostituire'. Il concetto di sostituzione è alla base del disastro dell'umanità. Guardi Giobbe. - Continuo a non vedere il nesso. - La servo generosamente, perché ho notato che contrariamente alla maggior parte delle donne, lei non finge di avere un appetito lillipuziano. Saturnine, che si era appena innamorata, non aveva molta fame, ma decise di nascondere quel sintomo. - Mi stava parlando di Giobbe. - Sì. Dio gli toglie la moglie e i figli. Giobbe all'inizio si rivolta, poi capisce che nulla gli è dovuto e dichiara: 'Lodato sia il Signore'. Quando Dio stabilisce che Giobbe ha sofferto abbastanza, non gli restituisce sua moglie e i suoi figli, ma una moglie e dei figli. Giobbe non si lamenta neanche per un attimo: accetta la sostituzione. Il che dimostra che l'umanità era già una cosa assurda. - Lei è cattolico fino alla punta dei capelli, e come fa a sopportare che nella Bibbia esistano simili atrocità? - È un libro realistico. Mi sembra positivo che il nostro testo sacro non nutra illusioni sulla natura umana. - E che le mostri che Dio è un bastardo, non la disturba? - Non è questa la mia interpretazione. Per me, Dio mette alla prova Giobbe. E Giobbe è talmente un inetto da accettare la sostituzione. - No. Giobbe ha paura, si rende conto che Dio è un gran perverso, e non osa protestare. Si dice che se si lamenta, Dio infierirà in altro modo. In più trovo rivoltante che Dio metta alla prova la sua creatura. - Si mette alla prova chi si ama. - No. Si protegge chi si ama. - Quello è amore materno. Va bene per i bambini. Dio si rivolge a un'umanità adulta. - Ah sì? Allora perché Dio si comporta in maniera così infantile? È suscettibile, capriccioso e vendicativo. - Nell'Antico Testamento. Nel Nuovo, è meraviglioso. - Lo è Gesù. Dio lo fa crocifiggere. - Sono gli uomini a crocifiggerlo. - Dio stabilisce che è il prezzo da pagare per il riscatto dei peccati. È un bastardo e un bottegaio. - Dovrebbe smetterla di bestemmiare. - Perché? Cosa rischio? - Offende Dio. - Mi offende anche lui. Se mi ha creato a sua immagine, ho gli stessi suoi diritti. Non sarà lei a contraddirmi. Lei si ritiene Dio. - Unicamente quando amo. A quello Saturnine non seppe cosa rispondere. Cambiò discorso: - La sua zarzuela è buonissima. Non so come viene con l'astice, ma con gli asparagi è eccezionale. - È perché rifiuto il concetto di sostituzione. Guardi: mi sono innamorato di lei. Lei è la mia nona coinquilina. Lei non sostituisce le otto donne che l'hanno preceduta. Io continuo ad amarle. Ogni volta, l'amore è qualcosa di nuovo. Ci vorrebbe un verbo nuovo ogni volta. Eppure, il verbo 'amare' è appropriato, perché c'è una tensione comune a tutti gli amori, e quel verbo è l'unico che riesce a esprimerla. Saturnine lo ascoltò descrivere il proprio stato senza battere ciglio. - Prima, quando i suoi genitori erano in vita, aveva già amato? - Qualche accenno. Il bambino al quale avevo regalato l'argenteria di famiglia quando avevo sei anni. Fiammate del genere. Glielo ripeto, ci sono volute le coinquiline perché scoprissi l'amore, quello vero. C'è da chiedersi come facciano gli altri. Essere coinquilini è la situazione ideale, almeno per me. - Con suo padre vivo, avrebbe potuto mettere in atto una cosa del genere? - Difficile. Anche se me ne avesse dato il permesso, sicuramente non avrei osato. Bisogna riconoscere che i genitori sono l'istanza più antierotica del mondo. Saturnine pensava che tali considerazioni rendessero Elemirio sempre più sospetto e si rendeva conto indispettita che ormai tendeva a discolparlo. - Non ho scelto l'asparago a caso - disse don Elemirio. - Lei somiglia a un asparago. È lunga e magra, il suo odore non ne evoca nessun altro, e niente sulla terra eguaglia la bellezza della sua testa. Il complimento, che il giorno prima l'avrebbe esasperata, la turbò. Quant'era odioso essere innamorata! Si sentiva messa a nudo, alla mercé di tutto. Che iella! Si rifugiò nella flûte di champagne, sperando che il vino non abbassasse ancora di più le sue difese naturali. - Parla poco, stasera - disse don Elemirio. - Non ho niente da dire, l'avevo avvertita. Non è grave. Lei come al solito, parla per quattro. - Unicamente quando amo. 'Poiché dall'abbondanza del cuore la bocca parla', è scritto nella Bibbia. Saturnine lo capiva perfettamente. Se non avesse dovuto dissimulare, sentiva che si sarebbe comportata come lui: se solo avesse aperto le saracinesche, le parole sarebbero affluite senza fine. "Quando avrò la prova della sua innocenza, parlerò" disse a sé stessa. In cosa poteva consistere quella prova? Non ne aveva la minima idea. - Come si è consolato della... sparizione di queste otto don- ne che amava? - domandò. - Quando l'ho incontrata, le è sembrato che avessi l'aria di chi si era consolato? Ecco la mia risposta: non me ne sono mai consolato. - Adesso, mi sembra che se ne sia consolato. - Non è così. Io l'amo e la cosa sta convogliando tutta la mia energia al presente indicativo. Questo occulta la mia malinconia senza però cancellarla. - È triste. - No. Sono contento che quegli amori non mi abbiano lasciato indenne. Sono affezionato a quegli strascichi. Non solo non mi impediscono di amare di nuovo, ma nutrono il mio amore per lei. È la grazia del lutto. - La parola "lutto" la colpì. Dopo un attimo pensò che l'uso di quel termine non implicava necessariamente la morte. Sarebbe bastato che gli rivolgesse la domanda e lui glielo avrebbe spiegato. Prima, si sarebbe rifiutata di rivolgergliela perché lo credeva colpevole. Adesso, non gliela rivolgeva perché desiderava troppo la sua innocenza. - Lei è un bugiardo? - Non mento mai - disse subito. - Risposta desolante. D'ora in poi se scoprirò la minima divergenza tra le sue parole e i suoi atti, non le crederò più. - È la verità, non mento mai. - Andiamo. Si mente senza neanche accorgersene. Non bisogna essere un bugiardo per mentire. Mi è capitato tante volte, per esempio, di dire che avevo dormito bene quando la notte non avevo chiuso occhio. Non volevo mentire, volevo essere lasciata in pace, non volevo che mi si compatisse. Tutti mentono in questo modo. - Che strano. Io no. - Lei non mi aiuta. Come faccio, adesso, a crederle? - La questione è risolta da un pezzo. Lei non mi crede. - Non ne sia così sicuro. Da stanotte ho deciso di crederle. "Ecco. Mi sono dichiarata. Scommettiamo che non se ne accorge?" Lui la osservò e tacque insolitamente a lungo prima di dire: - Grazie. Che cos'è successo stanotte? - Ho visto la fodera della gonna che ha confezionato per me. Lui sorrise. - Lei non immagina neanche il lavoro che c'è dietro. - Al cucito... - No, al colore. Dire 'una fodera gialla' equivale a dire 'una bella ragazza': non ha alcun significato. La bellezza è un concetto ambiguo quanto il giallo. - Lei dispone di quel catalogo del XIX secolo di cui mi ha parlato. - La tassonomia di Casus Belli presenta, secondo me, una lacuna per il giallo. È il colore più sottile, indubbiamente perché è quello che si avvicina di più all'oro. Amélie Casus Belli distingue 86 gialli, che hanno tutti un nome. - Non vi ha trovato la sua felicità? - Tre gialli ci si avvicinano molto: il giallo banana, il giallo uovo e il giallo ranuncolo. - Li ha mescolati? - È l'illusione degli ignoranti credere che mescolare tre approssimazioni darà l'ideale. Le miscele di colori alla fine producono sempre orribili intrugli. Niente è più divino della purezza di una tinta. Per lei, ho inventato l'ottantasettesimo giallo, quello della sua fodera. L'ho creato con quel procedimento matematico chiamato asintoto. Un colore è una curva, l'asintoto è la retta che le si avvicina di più. È così che nel mio campionario intimo ho fabbricato un giallo asintotico. Un giallo simile appartiene alla metafisica: è un miracolo che io sono riuscito a fissare. La screziatura dell'acetato si prestava alla materializzazione di questo giallo. "Avrei dovuto scommetterci" pensò Saturnine. "Non ha capito niente. Si entusiasma come un pazzo per il suo giallo." - È affascinante - disse lei educatamente. - Vero? Lo sapeva che il giallo è il colore della principessa di Clèves? - Legge anche i classici francesi? - riuscì a mormorare per non decadere dal suo ruolo. - Solo quelli in cui gli eroi indossano la gorgiera, simbolo del genio spagnolo. Insomma il duca di Nemours porta i colori della principessa di Clèves, ed è così che lei capisce che lui la ama. Più avanti Nemours la osserva nella sua camera mentre annoda nastri di quello stesso giallo intorno al bastone che gli ha sottratto. La cosa straordinaria è che lui trova subito la traduzione esatta del comportamento di lei: è innamorata di lui. Sono convinto che si tratti del giallo asintotico che ho appena reinventato. "Forse ha capito, finalmente" pensò Saturnine. - A modo suo, lei non è poi tanto diversa dalla principessa di Clèves - concluse.
Il terreno era minato. Con la scusa della stanchezza Saturnine se la filò
all'inglese.
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