L'attimo azzurro
Una volta discesi
nel silenzio vibrante
che chiamiamo istante
non c'è che, vorticoso,
il presente. Da piccolo, lo sapevo.
E stavo sveglio
ad aspettarlo
e ero solo.
Sempre piú solo,
nel cosmo
sotto le coperte
col mio pigiama celeste
mi abbandonavo,
viaggiavo
immobile negli spazi
piú lontani.
Vedevo i giorni,
com'erano
altrove,
strani.
Chiudevo gli occhi,
aspettavo
l'attimo azzurro,
come chiamavo allora
quel capogiro
dei millenni in una svolta
di secondo, tra un'ora e
un millennio
oscillavo.
Ero un astronauta
clandestino
dentro il centro
di ogni cosa
che si apriva
abitavo. Ero
compiutamente un bambino,
attraversato dalla dolcezza
del Creato. Ero ciò che ero
e sarei sempre stato: il testimone
del mare,
del cielo,
delle rocce,
del vuoto. Ero
l'ignoto
a Viggiú, in provincia di Varese, io
ero le chiese,
le case, i respiri di tutta
la gente. Ero l'universo contratto
in niente e poi dilagante
nelle stanze
di ogni paese,
in ogni galassia,
in ogni astronave
e in questa terra,
in ogni montagna,
nella sabbia
del mare,
nei molluschi,
nei sogni rimasti in qualche luogo
degli Etruschi, ero
gli Egizi,
i Romani,
gli anziani negli ospizi,
i neonati negli ospedali,
ero tutte le figurine
degli animali
attaccate alla volta
celeste, ero le stelle
appiccicate
al frigo, ero un rigo
del pentagramma
dei mondi,
risuonavo
negli sfondi
di ogni paesaggio,
ero presente, ero vivo,
capivo che tutto
come sempre mutava,
che niente si ferma,
che non c'è stazione,
ero espansione
del mio stesso respiro,
ero un altro
giro di giostra,
la nostra. Ero un raggio
del sole, la sua distanza,
il suo tragitto, il nostro racconto
non scritto
nelle pagine
della mia stanza, ero
la luna
e il sole e
il loro incontro,
il solinunio imponente
che ogni notte ritorna a mostrare
i due volti che diventano
uno, quello che abbiamo
quando siamo noi
stessi, quando
siamo noi per davvero,
dimentichi di ogni cosa
e nella dimenticanza uguali
ad ognuna, quando nell'attimo
azzurro ogni realtà
è una, sposata a
sé stessa,
completa, pianeta
e atmosfera,
mattina,
notte,
pomeriggio,
sera.
Allora, trasparente,
diventavo gli alberi fuori
dalla finestra,
la loro essenza,
la clorofilla,
il colore verde,
il suo sapore,
il vento che mi scuoteva
e parlava con la voce di mia madre,
con la voce di mio padre
mi chiamava, mi raccoglieva
attorno al fuoco centrale
in cui ogni animale,
ogni pietra, ogni goccia
d'acqua si radunava.
Allora ogni tempo tornava
attuale, e non c'era
presente,
passato
o futuro, non c'era
alcun muro
o barriera,
non c'era
piú notte,
mattino,
pomeriggio,
sera.
Nell'attimo azzurro
siamo stati tutti. Tutti
da lí veniamo. Il segreto
è che da lí
non ci siamo mai spostati
perché non siamo mai morti
e non siamo mai nati. Solo
un attimo
distratti, strappati
al tutto, come per inclinazione,
come biglie siamo
scivolati in un miscuglio
di idiomi,
di colori, di stati, di presenti e
passati. Quando abbiamo
indossato la maschera
che abbiamo,
tu che leggi,
io che ho scritto
ci ritroveremo, un giorno, nello stesso
infinito adesso.