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| << | < | > | >> |Indice5 Un prologo in forma di carteggio 10 Assegni e manoscritti 13 Quanto mi costi 16 Un Bel Paese di editori 21 "Piccola" editoria 23 Esordienti e sindaci 27 L'esca in prima pagina 31 Il rischio da correre 36 Quelli che invece ci provano davvero 40 Un tipografo onesto è meglio 43 Poeti senza mercato 45 Strategie "acchiappapolli" 49 Vanity press 52 Anche Moravia, dopo tutto, pagò 58 Leggere, scegliere, scommettere 61 Un tanto al chilo 63 La "promotion" 65 Specchietti per le allodole 69 Dal produttore al consumatore 72 Il guadagno di un editore 75 Gatte da pelare 77 L'anima del commercio 82 Editoria "porta a porta" 85 Nelle mani dei distributori 88 Una, nessuna o centomila? 91 Librai, vil razza dannata 99 Codici e bollini 102 Editori ibridi 109 Autori senza diritti 112 La reputazione in un marchio 115 Parola di lettore 118 Filiere alternative 121 Esordire, missione possibile 126 Strumenti |
| << | < | > | >> |Pagina 10Assegni e manoscrittiÈ probabile che molti aspiranti scrittori abbiano avuto a che fare almeno una volta nella vita con i cosiddetti "editori a pagamento", che chiedono soldi all'autore in cambio della pubblicazione. Il fenomeno è noto da tempo, tanto che già nel 1988 ne Il pendolo di Foucault Umberto Eco aveva coniato l'acronimo Aps (Autori a proprie spese) e descritto le vicende di un editore che pubblica anche componimenti di aspiranti scrittori facendosi pagare e mettendo in campo una serie di strategie volte a ingannarli rispetto alle effettive prestazioni offerte in cambio del denaro. Un fenomeno che negli ultimi anni si è accresciuto a tal punto da far credere a molti che pagare sia l'unica via percorribile per esordire. Talvolta allo speranzoso esordiente si domanda di sborsare anche cifre davvero ragguardevoli, nell'ordine dei 5-6mila euro. Spesso in cambio di niente. È l'acquisto di copie il metodo più utilizzato dagli editori a pagamento per spillare quattrini agli scrittori esordienti. Solo che il libro in questione, anche laddove venisse effettivamente stampato, non beneficerà di alcun tipo di promozione e soprattutto non verrà distribuito o quasi. In sostanza, con grande difficoltà arriverà sullo scaffale di qualche libreria. Oltre al danno, la beffa. Quello dell'editoria a pagamento è un fenomeno diffuso, tanto che in molti casi gli stessi scrittori esordienti sono portati a considerarlo "normale": si pensa cioè che solo pagando sia possibile pubblicare un libro. In realtà, nella maggior parte dei casi, l'esborso di denaro non porta alcun beneficio: l'unico risultato sarà l'alleggerimento del portafogli del malcapitato. In alcuni casi si possono ravvisare gli estremi della truffa commerciale, e quindi ci si può rivolgere a un buon avvocato per far valere le proprie ragioni, ma in linea di massima l'autore si troverà con le mani legate perché lui stesso avrà firmato un contratto che il sedicente editore si guarderà bene dal violare. In sostanza, sebbene il loro comportamento si possa ritenere biasimabile dal punto di vista etico, gli editori a pagamento agiscono sulla base di un accordo sottoscritto dall'aspirante scrittore che accetta di pagare per veder pubblicata la propria opera. Salvo poi sentirsi raggirato perché le sue attese sono andate deluse. Questo libro nasce per capire come funziona il mondo dell'editoria a pagamento, per individuare i metodi e le strategie più diffuse tra coloro che si definiscono editori, ma chiedono un contributo economico agli aspiranti autori. È giusto pagare per essere pubblicati? È proprio vero che non c'è alternativa? Come funziona, invece, l'editoria seria? Come rendersi conto se chi abbiamo davanti ci vuole fregare, prima di siglare un accordo-capestro? Avere a che fare con gli editori a pagamento è fin troppo semplice: basta spedire loro un nutrito pacchetto di fogli di carta con su scritto qualunque cosa. In tempi stretti risponderanno per dire che l'opera è buona, proponendo un contratto di pubblicazione che prevede il pagamento di una determinata somma da parte dell'autore. Io stessa ho inviato il dattiloscritto Racconti d'America e altre storie a una lista di nomi "sospetti". Poi è bastato aspettare. Al mio appello da esordiente hanno risposto praticamente tutti i destinatari del plico. Tutti, senza eccezione alcuna, per comunicarmi di essere interessati a pubblicare il libro, ma solo dietro contributo dell'autore. Il primo elemento da chiarire è la natura del materiale che ho inviato alle case editrici: un "fritto misto" privo di coerenza tematica e stilistica, squilibrato nella struttura e messo insieme in dieci minuti incollando una serie di reportage scritti da me nel corso degli ultimi anni assieme alla parte iniziale del libro Bananeros, pubblicato qualche tempo fa da Terre di mezzo Editore. Intendiamoci, il rispetto delle elementari norme grammaticali e sintattiche era garantito, ma certo il testo non si prestava per essere pubblicato in una collana di narrativa. L'obiettivo era cercare di capire se veramente gli editori a pagamento pubblicano qualunque cosa ricevano, abdicando con ciò alla funzione prima che un editore serio è chiamato a svolgere: la selezione, la scelta. Ebbene, sì: come si diceva, i destinatari del manoscritto - che è stato inviato in alcuni casi per posta elettronica e in altri su supporto cartaceo - hanno risposto, comunicandomi che giudicavano l'opera pubblicabile (dietro pagamento, s'intende). Il secondo punto da precisare è il criterio con cui sono stati selezionati i destinatari: si trattava di "editori" il cui nome saltava fuori da esperienze di esordienti beffati, raccolte nel corso delle ricerche preliminari svolte per l'inchiesta. Ho continuato a mostrarmi interessata alle proposte che di volta in volta mi venivano avanzate fino al momento in cui gli editori hanno spedito per posta il contratto di pubblicazione, in modo da avere le condizioni dell'accordo nero su bianco. A quel punto, in veste di aspirante scrittrice ho telefonato alle case editrici per chiedere informazioni e chiarimenti: dalle conversazioni con i sedicenti editori sono emerse le logiche del loro operare, le giustificazioni addotte e, spesso, tutti quegli elementi che non risultano nella proposta contrattuale perché sfavorevoli per l'autore. Naturalmente gli editori contattati per la stesura di questo libro sono soltanto un campione esiguo della folta schiera di quanti chiedono soldi agli autori per pubblicare. L'inchiesta, dunque, non ha alcuna pretesa di esaustività, anche se ci sarebbe piaciuto molto poter censire tutti gli editori a pagamento italiani e indicare, per ciascuno di essi, le strategie messe in campo. Ma sono davvero troppi. | << | < | > | >> |Pagina 13Quanto mi costiLa cifra richiesta per pubblicare, in base alle esperienze che ho vissuto in prima persona e a quelle raccolte da altri esordienti, oscilla tra 750 e 6mila euro a seconda del numero di copie che verranno (forse) stampate e della strategia adottata. Due sono, infatti, le strade maggiormente battute dagli editori a pagamento: chiedere subito un contributo piuttosto alto (dai 3mila curo in su) in cambio dell'acquisto di poche copie; oppure chiedere un contributo inferiore a fronte della stampa di un numero considerevole di copie per poi tornare a bussare cassa in un secondo momento. Nel primo caso, verranno stampate in digitale (cioè con la tecnica meno costosa attualmente disponibile) solo le copie che andranno all'autore: il resto della cifra resta in tasca all'editore che così si è già assicurato il guadagno. Nel secondo caso si stamperanno, ad esempio, 400 copie dell'opera per consegnarne all'autore soltanto una parte, generalmente la metà, in cambio di una somma non eccessivamente elevata. Dopo qualche mese, però, l'editore si farà nuovamente vivo con l'autore per informarlo che il libro purtroppo non va, non si vende e che quindi le copie che ancora giacciono nel magazzino della casa editrice stanno per essere inviate al macero. A meno che l'autore non sia disposto a comprarle, pagando di nuovo per salvare la sua creatura dalla distruzione. Ecco, a mo' di promemoria, le proposte formulate da alcuni editori a pagamento: [...] | << | < | > | >> |Pagina 102Editori ibridi
Esiste poi una particolare categoria di editori che, sebbene siano
distribuiti in libreria (e in alcuni casi anche relativamente conosciuti come
marchi), chiedono comunque un contributo agli autori. E, a sentire alcuni degli
scrittori che hanno pubblicato con questi editori "ibridi", non si tratta dei
soliti furbi. La pensa così Paolo Papotti che ha pubblicato a pagamento, ormai
dieci anni fa, con le Edizioni Libreria Croce di Roma: "Pagai due milioni di
lire - conferma - in cambio dell'acquisto di un certo numero di copie dal
prezzo di copertina di 12mila lire. Giudico positiva l'esperienza che
ho avuto con l'editore Croce, anche dal punto di vista umano. Ne
conservo un bel ricordo, benché si sia rivelata inutile per i risultati che poi
ho conseguito successivamente. A me è servita soprattutto perché non conoscevo
affatto l'ambiente dell'editoria: dieci anni fa Internet non era diffuso come
oggi e reperire informazioni senza esperienze dirette era perciò molto
difficile. Inoltre, Croce ha curato l'editing, la grafica, le presentazioni del
libro e la distribuzione. Mi ha chiesto un contributo, sì, ma si è comportato
veramente da editore". Dopo questa esperienza, Paolo ha pubblicato
un racconto lungo con Fernandel e un romanzo con le Edizioni
Messaggero Padova, oltre a racconti in antologie di Arcana, Gaffi
Editore e Coniglio Editore. Ovviamente a spese delle case editrici.
Interessante a questo proposito anche l'esperienza di Massimiliano Di Giorgio, che nel 2005 ha pubblicato un romanzo con la casa editrice Zona di Arezzo. Massimiliano è giornalista di lungo corso, quindi piuttosto esperto dei meccanismi che regolano il mondo dell'informazione e dell'editoria. Spedisce circa 20 plichi, completi di sinossi, curriculum e presentazione, a una selezione di case editrici specializzate in noir e gialli: "Ho ricevuto prevalentemente risposte via mail, in gran parte negative - racconta -: so che è perfettamente normale vedersi arrivare rifiuti. Talvolta l'autore sopravvaluta il proprio lavoro, senza nemmeno rendersene conto. Io stesso ho scritto un primo romanzo nel 2001 che non è stato pubblicato. Col senno di poi dico che è stato meglio così. Probabilmente lo ridurrò a racconto". Fra le proposte di pubblicazione a pagamento che Massimiliano riceve per il suo secondo romanzo, sceglie quella formulata dalla casa editrice aretina. "Ho consapevolmente pagato circa 900 curo a fronte dell'acquisto di un centinaio copie che poi ho in minima parte rivenduto e in gran parte regalato. Ho scelto l'Editrice Zona perché il libro lo avevano effettivamente letto, come dimostra il fatto che mi hanno inviato una scheda di valutazione e di lettura; la casa editrice è distribuita da Pde che è uno dei principali distributori italiani; c'è stato un rapporto costante con l'editore che ha organizzato anche una presentazione del libro alla Fiera della piccola editoria di Roma. Ho ritenuto che, in quella fase, fosse un investimento pubblicare con Zona che non era una stamperia travestita, ma una casa editrice vera". L'esperienza di Massimiliano indica quindi che può anche avere senso pagare per pubblicare la propria opera, a patto però di saper valutare con chi abbiamo a che fare: è necessario, insomma, fare alcune indagini preliminari. Verificare ad esempio che i libri editi dalla casa editrice in questione siano di buona qualità e che vengano effettivamente distribuiti: si tratta di elementi facilmente riscontrabili, basta farsi un giro in libreria. Oppure saper leggere con occhio critico le risposte che arrivano dagli editori: si comprende facilmente se si tratta di una lettera standard o se il manoscritto è stato veramente letto. Conferma Massimiliano: "Avevo ricevuto altre proposte frettolose di piccole e piccolissime case editrici: le ho trovate subito sospette, soprattutto perché avevo la sensazione che non avessero letto il libro. L'atteggiamento era quello di chi vuole solo acchiappare un altro pollo: chiedevano somme molto elevate, almeno il doppio di quanto ho pagato a Zona, e con le quali mi sarei potuto stampare il libro da solo. Con Zona il contratto è stato regolare, ho accettato consapevolmente e non mi sono sentito truffato né raggirato, benché la distribuzione si sia rivelata in realtà più carente di quanto mi aspettassi".
L'editore si è quindi comportato come tale durante le fasi di preparazione e
stampa del libro. Le aspettative di Massimiliano sono
andate un po' deluse nei passaggi successivi, quelli più difficili per
la vita di un libro. "So bene che la distribuzione e il piazzamento
in libreria sono questioni complicate - dice - ed effettivamente distribuzione e
promozione si sono rivelate scarse. Poche recensioni
e le presentazioni del testo, a parte una, le ho organizzate io. Per il
futuro non escludo di ricorrere al
print on demand,
almeno il meccanismo è chiaro e trasparente: si sa fin dal principio che, una
volta stampato il libro, sarà l'autore a doversi far carico integralmente della
promozione e della distribuzione".
In sintesi bisogna valutare bene qual è l'obiettivo che intendiamo raggiungere con la pubblicazione del nostro testo e cercare di capire se abbiamo davanti un editore serio e quindi un'occasione, oppure un furbacchione e perciò ci attende un salasso seguito da immancabile delusione. Assolutamente da evitare i cosiddetti "editori" che pubblicano di tutto, cioè i veri editori a pagamento ai quali è necessario guardare con sospetto. Rivolgersi a un editore che, come Zona, chiede soldi all'autore ma può contare comunque su un minimo di distribuzione può avere senso, a patto di essere consapevoli dei limiti dell'operazione. In Italia ci sono anche altre case editrici note e distribuite che accanto a una produzione "normale" (intendendo con questo termine quella a spese dell'editore) scelgono di pubblicare anche opere di nuovi scrittori chiedendo loro un contributo. È il caso per esempio di Robin Edizioni, i cui testi arrivano in libreria attraverso il principale distributore italiano, Messaggerie Libri. Per pubblicare il mio manoscritto, però, Robin mi chiede 2.880 euro in cambio dell'acquisto di 240 copie al prezzo di copertina. In questo caso non sono stata io a dover chiamare l'editore per chiedere spiegazioni: qualche settimana dopo aver inviato il plico con il dattiloscritto, sono stata contattata al telefono dalla signora Clara Piccinini di Robin che, dopo avermi comunicato che l'opera inviata era stata giudicata pubblicabile, mi ha informata del fatto che avrei dovuto contribuire alle spese di pubblicazione. Inizialmente non si è sbilanciata sulle cifre e poi, visto che io chiedevo di poter avere almeno un orizzonte di riferimento, mi ha anticipato che si sarebbe trattato più o meno di 2.500 euro. Cifra che è stata sostanzialmente confermata (anche se al rialzo) dal contratto ricevuto via posta alcuni giorni dopo. Durante la nostra prima telefonata, la signora Piccinini ha voluto però puntualizzare che Robin non è un editore a pagamento. Come sarebbe a dire? Mi sta chiedendo soldi per pubblicare, ma non vuole che l'editore per cui lavora venga inserito in una categoria che, evidentemente, è piuttosto mal vista. Ecco come si giustifica: "Ci dispiace molto, ma siamo costretti. Noi siamo editori con la E maiuscola, perché siamo distribuiti da Messaggerie. Però con gli esordienti dobbiamo fare così: pubblichiamo l'opera solo se abbiamo la certezza che un certo numero di copie sarà venduto. Per questo ci affidiamo alla prevendita. Ci dispiace ma non possiamo esimerci". A mio modesto avviso, l'editore con la E maiuscola è quello che investe i propri capitali per la realizzazione del progetto che ha scelto. Ed è pure possibile "esimersi", visto che altri lo fanno e, seppur con fatica, non chiudono bottega. "Ci tengo molto a precisare - ribadisce - che noi non siamo editori a pagamento: non pubblichiamo ogni cosa e facciamo un serio lavoro di editing". Dopo aver ricevuto la proposta di contratto, contatto nuovamente la signora Piccinini per avere ulteriori informazioni: nel corso della seconda telefonata, mi spiega che la differenza tra Robin e gli editori a pagamento consiste sostanzialmente nel fatto che Robin legge i manoscritti per davvero, li seleziona e non pubblica tutto ciò che gli viene proposto, svolge un serio e accurato lavoro di editing in stretta collaborazione con l'autore. Mentre si procede alla realizzazione "fisica" del testo "i promotori vanno nelle librerie con una scheda del libro che la redazione ha preparato. Certo, c'è sempre l'intoppo della libreria. Le librerie sono sommerse dai libri e sono sempre un po' restie a prenotare testi di autori non conosciuti. Però, insomma, dato che la nostra casa editrice è abbastanza conosciuta e presenta sempre buoni testi, un po' di libri vengono prenotati". Arrivare in libreria, però, non basta, quindi la casa editrice Robin offre altri "servizi" per sopperire alla velocissima rotazione dei titoli in scaffale come, ad esempio, la partecipazione ad alcune fiere del libro e la presenza in punti vendita fissi monomarca. "Alcuni libri si vendono nell'arco di un anno - mi spiega ancora la signora Piccinini - altri in un tempo più lungo, quindi avere visibilità a lungo termine è fondamentale. E noi cerchiamo di fare tutto il possibile per i nostri testi. Agli autori non promettiamo di fare soldi o di diventare famosi, ma ce la mettiamo tutta". "Va tenuto presente - prosegue - che magari le copie che abbiamo stampato di un determinato libro si vendono nell'arco di quattro o cinque anni ed è quindi troppo lungo il divario tra il momento della spesa e quello del rientro. Quelle per l'editing, la tipografia, la promozione e la distribuzione sono tutte spese anticipate. Poi, del ricavato del libro all'editore resta poco: parte va ai distributori, parte va ai librai, e a noi resta il 25-30% del ricavato dal prezzo di copertina. Tenga inoltre presente che i librai indipendenti sono pochi ormai, e per lo più abbiamo a che fare con grandi catene, citiamone una per tutte, la Feltrinelli, che hanno un potere contrattuale fortissimo e spuntano dei prezzi d'acquisto molto bassi". Il quadro tracciato dalla signora Piccinini risponde al vero, come abbiamo già avuto modo di chiarire. Così come è vero che i testi pubblicati dall'editore Robin in libreria si trovano, anche da Feltrinelli. E il contratto che Robin mi sottopone è l'unico che chiarisce in modo esauriente tutti gli impegni che l'editore si assume: c'è scritto che saranno garantite la promozione e la distribuzione a livello nazionale (attraverso Messaggerie), si specificano durata del contratto e percentuale dei diritti d'autore, numero di copie stampate e tempi di pubblicazione. Insomma, è un contratto vero.
Quindi, se proprio si decide di pagare per vedere pubblicata la propria
opera, conviene affidarsi a un editore che proponga un contratto chiaro e
dettagliato, dal quale risultino gli impegni che l'azienda si assume nei
confronti dell'autore, e che si avvalga di un
buon distributore nazionale. Anche perché la cifra richiesta da Robin è più o
meno la stessa domandata da "editori" privi di distribuzione organizzata. Ma
soprattutto perché, laddove l'editore dovesse dimostrarsi inadempiente rispetto
agli impegni assunti, potrete sempre impugnare il contratto.
Va aggiunto, però, che gli editori seri, quelli cioè che non chiedono
soldi agli esordienti, sollevano non poche perplessità anche di fronte a
situazioni come quella di Robin. Riassume per tutti Marco Vicentini di Meridiano
Zero: "Appoggiarsi a un grosso distributore nazionale, in realtà, non cambia
granché. In teoria, se un piccolo editore fa un buon libro, dovrebbe poter
contare su risultati di vendita considerevoli ma nella pratica non funziona
così, perché i libri
sono difficili da piazzare non tanto in libreria quanto nella mente
dei lettori. Se la casa editrice non è presente nell'immaginario dei
lettori e dei librai, il libro non venderà. Per i prodotti letterari hanno
un'importanza fondamentale le operazioni di marketing e la disposizione dei
prodotti all'interno del punto vendita, esattamente come accade per la merce
degli altri generi che troviamo nei supermercati. È quindi fondamentale la
spinta che il libro riceve, serve la promozione non tanto del singolo testo
quanto dell'immagine della casa editrice: in sostanza servono identità,
riconoscibilità e accreditamento del marchio presso i potenziali consumatori.
Per vendere i libri poi sono necessarie buone recensioni e un'ottima
comunicazione, accordi con le librerie. Altrimenti, anche se un libro
arriva fisicamente in libreria, come fa il lettore a prenderlo? Perché
dovrebbe comprare quel testo invece di un altro? Se un editore non
riesce a costruirsi un'immagine di serietà, qualità e affidabilità, i libri non
si vendono. In assenza di questo, mettere o non mettere il
codice Isbn, far arrivare il libro in libreria o meno, non cambia la
situazione. Apporre il codice e recapitare il testo al punto vendita
senza averlo adeguatamente promosso non servirà a fare in modo
che il lettore lo compri. E quindi per l'autore non cambia nulla rispetto a
quanto accade con gli editori truffa che il libro in libreria
non ce lo fanno nemmeno arrivare".
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