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| << | < | > | >> |Indice1. La vita di Kierkegaard 9 1. Il padre di Kierkegaard 9 2. Kierkegaard cerca la sua strada 11 3. La rottura del fidanzamento con Regina 12 4. Kierkegaard pubblica a profusione 14 5. Kierkegaard sfida 15 a) ...la stampa 15 b) ...la Chiesa di Stato 16 6. Una morte prematura 18 2. La filosofia di Kierkegaard 21 1. Kierkegaard e la filosofia del suo tempo 21 2. Padre dell'Esistenzialismo? 23 3. I temi del pensiero kierkegaardiano 24 a) Come essere cristiano nella Cristianità? 24 b) I diversi modi di vivere la vita 24 c) Dio e la fede 26 d) L'importanza dell'individuo 26 4. Lo stile e le opere 27 a) Gli scritti pseudonimi 27 b) Gli scritti pubblicati da Kierkegaard col suo vero nome 30 c) Le opere principali 31 5. La presenza di Kierkegaard nella cultura del Novecento 34 3. Enten Eller 35 1. Gli "autori" di Enten Eller 35 2. Come è costruito Enten Eller 36 3. La visione estetica della vita 38 a) La noia 39 b) Il racconto della seduzione 40 4. La vita estetica e la disperazione 42 5. La visione etica della vita 43 6. Riepilogo dei temi di Enten Eller 45 4. Timore e tremore 47 1. Abramo, il padre della fede 47 2. Struttura e contenuto dell'opera 49 a) La Prefazione: la messa in scena 49 b) Che cosa accadde nel fatale viaggio verso Moria? 50 c) Il cavaliere della rassegnazione infinita e il cavaliere della fede 51 d) Problema 1: può darsi una sospensione teleologica dell'etica? 53 e) Problema 2: esiste un dovere assoluto verso Dio? 54 f) Problema 3: Abramo avrebbe dovuto parlare del suo progetto? 55 g) Epilogo 56 3. Riepilogo dei temi di Timore e tremore 57 5. Briciole filosofiche 59 1. Hegel e Lessing 59 a) Ancora Hegel 59 b) Il "problema di Lessing" 60 2. L'"autore": Johannes Climacus 61 3. Struttura dell'opera 62 4. In che modo si può apprendere la verità? 62 a) La visione socratica 63 b) La visione religiosa 64 5. Dio come maestro 65 6. Il pensiero che non si può pensare 67 7. I primi cristiani e le generazioni successive di fronte alla fede 68 5. Riepilogo dei temi di Briciole filosofiche 70 6. Il concetto dell'angoscia 73 1. L'"autore": Vigilius Haufniensis 74 2. Struttura e stile dell'opera 74 3. Il peccato di Adamo ed Eva 75 4. Il "posto" del peccato 75 5. La natura del peccato 77 6. La definizione dell'angoscia 78 a) L'angoscia e il proibito 79 b) L'angoscia e il futuro 80 c) Universalità dell'angoscia 80 7. Fede e angoscia 82 8. Riepilogo dei temi del Concetto dell'angoscia 83 7. Postilla conclusiva non scientifica 85 1. Struttura dell'opera 86 2. La critica al sistema di Hegel 87 a) Il sistema non è completo come pretende 88 b) II sistema non ha un inizio 89 c) Il filosofo sistematico "dimentica" la propria esistenza 90 d) Il pensiero astratto ignora l'etica 91 3. La "folla" e il Singolo 92 4. La verità è la soggettività 93 a) Comunicare soggettività 94 b) Il che-cosa e il come 95 5. La definizione di esistenza 96 6. Diventare soggettivo 97 a) Che cosa significa diventare cristiano? 98 b) Accettare il paradosso 99 c) Il significato della fede 100 d) La difficoltà di esistere nella verità 101 7. Il ruolo di Kierkegaard come autore 102 Per approfondire 104 A. Opere di Kierkegaard in traduzione italiana 104 B. Opere su Kirkegaard 105 C. Siti web su Kirkegaard 106 Indice analitico 108 |
| << | < | > | >> |Pagina 91. La vita di Kierkegaard
Ecco l'importante nella vita: aver visto una volta qualcosa, aver
sentito una cosa tanto grande, tanto magnifica che ogni altra sia un
nulla al suo confronto e anche se si dimenticasse tutto il resto,
quella non la si dimenticherebbe mai più!
[Diario, 36]
Il pensiero di Kierkegaard fu fortemente influenzato dalla
sua vita personale: la figura del padre, l'educazione religiosa
ricevuta in famiglia, il fidanzamento con Regina Olsen e la rottura
successiva, insieme ad altre vicende, sono tutti fattori che
giocano un ruolo importante nelle sue opere. Conoscere la vita di Kierkegaard
può quindi aiutarci a comprendere meglio i suoi scritti.
1. Il padre di Kierkegaard Søren Kierkegaard [pronuncia: Sören Chierchegord (la vocale speciale danese ø equivale a una o stretta e si pronuncia come la ö tedesca)] nacque a Copenhagen, in Danimarca, il 5 maggio 1813. Era il più giovane di sette figli. Il padre Michael aveva trascorso l'infanzia in un piccolo villaggio dove badava alle pecore, vivendo miseramente. Il cognome rivela le origini umilissime della famiglia Kierkegaard: Kierkegaard significa infatti la "masseria della chiesa" o "della parrocchia", dove venivano accolti i poveri senza alloggio e dove furono probabilmente accolti gli antenati del filosofo. All'età di 12 anni Michael fu mandato a vivere da uno zio, che era un agiato commerciante. Ricevette così una buona educazione e si affermò, a sua volta, nel commercio, diventando ricco al punto da potersi ritirare dal lavoro all'età di 40 anni e trascorrere in ozio il resto della vita. Dopo la morte della prima moglie, Michael sposò Anne Lund, una domestica che al momento del matrimonio era incinta del suo primo figlio. Anne diede a Michael sette figli. Søren Kierkegaard ha scritto poco di sua madre e di lei abbiamo quindi poche notizie: sappiamo che era allegra e materna, nonché illetterata. L'educazione impartita dal padre a Søren è importante per diverse ragioni. Michael proveniva da una severa comunità religiosa che aveva idee assai rigide sul peccato e sulla sofferenza. Assillato da queste idee, Michael dubitava della salvezza della sua anima e soffriva di depressione. Era istruito e amava discutere col figlio Søren di argomenti religiosi. La sua visione della vita era fondata su concetti come colpa, punizione, tribolazione, ed alla luce di questa visione egli educò i suoi sette figli. | << | < | > | >> |Pagina 123. La rottura del fidanzamento con ReginaDurante gli anni universitari Kierkegaard aveva conosciuto Regina Olsen e aveva cominciato a corteggiarla. Il fidanzamento ufficiale avvenne nel 1840. Come il rapporto col padre, anche il rapporto di Kierkegaard con Regina ebbe una grande influenza sulla sua visione della vita e sui suoi scritti. Sebbene amasse profondamente Regina, Kierkegaard sapeva che la sua malinconia avrebbe influenzato negativamente il matrimonio e non voleva rovinare la felicità dell'amata con il suo carattere costantemente segnato da tristezza e depressione. Ebbe quindi immediatamente dei dubbi sul suo impegno. Nel Diario scrive: "se non fossi stato un malinconico, l'unione con lei mi avrebbe dato una felicità quale mai avevo sognata", ma essendo "purtroppo [...] quello che ero", bisogna dire che "avrei potuto avere maggiore felicità nella mia disgrazia senza di lei che con lei" [140]. A quel tempo in Danimarca la rottura di una promessa di matrimonio poteva riflettersi sfavorevolmente soprattutto sulla donna e Kierkegaard pertanto cercò di rompere il fidanzamento in modo che l'atto fosse addossato a sua colpa e non a colpa di Regina. Recitò così la parte dello scapolo donnaiolo, al fine di indurre Regina alla rottura, ma la donna intuì le sue intenzioni e si rifiutò di prendere l'iniziativa. Di conseguenza Kierkegaard, dopo molti affanni, si risolse a por fine lui stesso al fidanzamento nel 1841. Nel Diario si legge: "Così ci separammo. Io passavo le notti intere a piangere sul mio letto [...] Partii per Berlino. Soffrii moltissimo. Non passava giorno che non la ricordassi" [142 sgg.]. E in una annotazione successiva: "È [...] duro essere la causa della infelicità di un essere umano; e duro è anche il pensare che averla resa infelice è quasi l'unica speranza che ho di vederla felice" [112]. | << | < | > | >> |Pagina 155. Kierkegaard sfida...Kierkegaard trascorse tutta la sua vita a Copenhagen, se si eccettua un breve periodo passato a Berlino, tra il 1841 e il 1842, per seguire le lezioni di Schelling, a cui seguirono altri tre viaggi di pochi giorni nella città tedesca. A Copenhagen andava a teatro, scriveva e passeggiava per la città.
Vanno segnalati due eventi significativi della sua vita. Il primo,
verificatosi all'inizio della sua carriera di scrittore, è una
polemica con la stampa, a cui egli si riferisce spesso nei suoi
scritti come all'affare «Corsaro», dal nome del giornale coinvolto. Il secondo è
l'attacco diretto da lui sferrato alla Chiesa danese di Stato alla fine della
sua vita.
a) ...la stampa Sebbene Kierkegaard scrivesse usando pseudonimi e per lungo tempo nel corso della sua carriera di scrittore non apparisse ufficialmente come autore dei libri che pubblicava, la sua identità era ben nota nei circoli letterari del tempo. Nel 1845 un critico di fama, P.L. Møller, scrisse una recensione delle opere di Kierkegaard. La recensione era in gran parte positiva, ma conteneva alcune osservazioni pungenti, che erano non tanto una critica ai suoi scritti quanto una sorta di commento personale sulla vita di Kierkegaard e sul fallimento del suo impegno matrimoniale. Kierkegaard conosceva Møller e probabilmente già nutriva avversione nei suoi confronti, ma a scatenare la sua indignazione fu la pubblicazione della recensione. Sapeva che Møller scriveva per «Il Corsaro», un settimanale satirico che beffeggiava le persone più note di Copenhagen, e gli rese la pariglia rivelando il rapporto del critico col settimanale. Sfidò quindi «Il Corsaro» a includerlo nel numero delle vittime da mettere in ridicolo, probabilmente senza immaginare che la sua sfida potesse essere presa alla lettera. Invece così avvenne. Il direttore del giornale rispose e ciò che ne seguì fu un lungo e penoso attacco a Kierkegaard e alle sue abitudini personali. Prima di questo attacco, Kierkegaard amava passeggiare per Copenhagen e parlava frequentemente con la gente comune che incontrava. Era inoltre generoso con i mendicanti. Dopo i pezzi su di lui pubblicati da «Il Corsaro», la gente cominciò a canzonarlo per la strada, mettendolo a disagio nelle sue passeggiate. Kierkegaard aveva la schiena un po' curva, gambe sottili e camminava in modo strano. Nella satira fu ritratto in diverse caricature che mettevano in evidenza i suoi problemi fisici. Kierkegaard si sentì umiliato da quanto veniva pubblicato dal giornale e ne soffrì grandemente. Nel Diario egli scrisse: "per la sola colpa di esser nato in un paesino demoralizzato, non sono riuscito [...] che un povero squinternato, conosciuto e letteralmente insultato da ogni monello, perfino dai carcerati addetti alla pulizia delle strade" [193].
L'affare «Corsaro» ebbe un effetto diretto sugli scritti di
Kierkegaard: temi come il ruolo della sofferenza, l'isolamento
e l'incomprensione da parte dei contemporanei sono ricorrenti nel
Diario
e nelle sue opere filosofiche.
b) ...la Chiesa di Stato L'altro evento della vita di Kierkegaard che va ricordato è l'attacco da lui rivolto, quasi al termine dei suoi giorni, alla Chiesa di Stato danese. La Chiesa luterana in Danimarca era una Chiesa di Stato: essere cittadino danese significava anche essere registrato come appartenente alla Chiesa luterana. Il considerarsi cristiano senza un autentico coinvolgimento interiore era qualcosa che provocava l'esasperazione di Kierkegaard; egli riteneva che il "Cristianesimo ufficiale", ovvero la "Cristianità", si fosse talmente allontanato dagli insegnamenti del Vangelo da renderne necessarie la distruzione e una radicale ricostruzione. Non va dimenticato che Kierkegaard era credente: egli non attaccava gli insegnamenti del Cristianesimo, ma il modo in cui il Cristianesimo era ufficialmente inteso e praticato dalla Chiesa luterana del tempo. Le sue opinioni sulla Chiesa ufficiale giunsero a una crisi decisiva dopo la morte di un importante vescovo della Chiesa danese, J.P. Mynster. Kierkegaard conosceva personalmente Mynster, che era stato amico di suo padre. A dispetto di questo legame, la sua opinione su Mynster divenne nel corso del tempo sempre meno favorevole. In sostanza egli pensava che la vita del vescovo – troppo comoda, materialistica e mondana – fosse in contrasto con una vita basata su autentici valori cristiani. Alla morte di Mynster, H.L. Martensen, un docente di teologia che era stato professore di Kierkegaard, pubblicò un sermone in sua memoria, in cui si riferiva al vescovo come a un vero testimone della Chiesa di Cristo, un "testimone della verità". Kierkegaard usava queste espressioni (vero testimone, testimone della verità) per descrivere il vero cristiano, il martire, e si sdegnò per il fatto che Martensen le avesse usate in riferimento a Mynster. Kierkegaard dette inizio al suo attacco pubblicando diversi articoli firmati col suo vero nome e alcuni opuscoli polemici stampati a sue spese. Cambiò inoltre il suo stile e si rivolse direttamente al pubblico dalle pagine di una rivista da lui fondata e intitolata «Il momento». Il suo tentativo era di rinnovare la fede cristiana all'interno della Chiesa. Profondamente religioso e fortemente influenzato da Lutero e dall'attacco di Lutero alle dottrine cattoliche che non trovano una corrispondenza nella Scrittura, Kierkegaard nutriva la speranza di provocare una riforma all'interno della Chiesa di Stato danese. Le sue intenzioni sono così sintetizzate da Frithiof Brandt e Peter B. Rhode nel sito internet dedicato a Kierkegaard www.webcom.com/kierke: "egli parlava in nome proprio non per rimproverare la chiesa e il clero di non aver soddisfatto le rigorose esigenze del Cristianesimo (era infatti ben consapevole che ciò non sarebbe stato possibile né a loro né a lui), ma perché, quantunque avessero fallito, si rifiutavano di ammettere che non potevano e non volevano uniformarsi a queste esigenze, preferendo vivere nella comodità domestica, nella prosperità e nella cultura mondana, e nello stesso tempo cercavano di far credere a se stessi e al mondo che proprio questo era il significato del Cristianesimo". Kierkegaard pubblicò nove numeri de «Il momento» e stava preparando il decimo quando si ammalò. | << | < | > | >> |Pagina 212. La filosofia di Kierkegaard
Tutta la confusione dei tempi moderni [...] consiste nell'aver abolito
l'abisso immenso della differenza qualitativa fra Dio e l'uomo.
[Diario, 211]
1. Kierkegaard e la filosofia del suo tempo Kierkegaard potrebbe essere definito un pensatore dell' Anti-illuminismo. L' Illuminismo, un movimento culturale sviluppatosi in Europa nel corso dei secoli XVII e XVIII, considerava la ragione, in particolare la ragione della moderna scienza sperimentale, come il criterio fondamentale per comprendere e migliorare il mondo e la vita umana. Gli Illuministi non negavano in genere l'esistenza di Dio, ma sostenevano l'idea di una religione naturale ossia puramente razionale (deismo). Nella prima metà del secolo XIX si era invece diffusa, a partire dalla Germania dov'era nata, la filosofia dell' Idealismo; pur criticando diversi aspetti dell'Illuminismo, i filosofi idealisti continuarono a considerare la ragione come l'istanza suprema della conoscenza e dell'agire umani. Hegel - il rappresentante piu noto e influente dell'Idealismo – riteneva possibile una comprensione razionale totale della realtà, comprensione che doveva assumere forma filosofica in un sistema onnicomprensivo e compiuto. In questa concezione la religione veniva naturalmente subordinata alla filosofia: compito della filosofia era chiarire concettualmente le rappresentazioni religiose e quindi comprenderle ad un livello superiore. Il pensiero di Kierkegaard rappresenta una reazione a queste concezioni. Il filosofo danese ritiene che gli uomini non siano in via primaria esseri razionali, bensì esseri dotati di desideri e di sentimenti, che si preoccupano e si angosciano, che agiscono e prendono decisioni. Naturalmente l'uomo è anche un essere razionale, ma non può essere veramente compreso, se si dimentica la sua concreta esistenza e lo si trasforma in un puro essere razionale. A partire da questa visione e in polemica con i filosofi del suo tempo, Kierkegaard affronta i classici problemi della filosofia: che cos'è la conoscenza?, quali sono le fonti della conoscenza?, che cos'è la verità?, che cosa significa "provare" che qualcosa è vero?, esiste Dio?, come possiamo conoscere che Dio esiste?, possiamo dimostrarne l'esistenza?, che cosa è l'etica?, c'è qualcosa come la libertà e la capacità di scelta o tutte le nostre azioni sono predeterminate dalle leggi della natura?, che cosa significa essere religiosi? Il bersaglio polemico principale di Kierkegaard è G.W.F. Hegel (1770-1831). Hegel e i suoi numerosi seguaci intendevano conciliare ragione e religione: per essi era possibile dimostrare che tutte le credenze fondamentali del Cristianesimo sono nella loro essenza razionali e quindi vere oggettivamente, sul piano filosofico. Per Kierkegaard, all'opposto, la fede è del tutto irriducibile alla ragione e qualsiasi tentativo di renderla razionale ne falsifica il significato. Filosofia e religione non sono conciliabili: la prima pretende alla verità oggettiva, la seconda richiede l'impegno personale del soggetto, del singolo, che deve compiere scelte basate sulla convinzione interiore e non su norme e criteri "oggettivi" appresi magari in modo più o meno passivo dall'esterno. Nello scritto Una recensione letteraria egli dice:
Abbiamo manuali su tutto, e la cultura consisterà presto generalmente nel
padroneggiare bene una somma più o meno grande di cotali nozioni manualistiche,
e ognuno eccellerà secondo
la destrezza sua a tirar fuori il dettaglio giusto come il compositore tira
fuori i caratteri. Così l'epoca attuale è essenzialmente
ragionevole, forse ha un sapere medio che nessun'altra generazione ha avuto
prima, ma è senza passione.
[147]
2. Padre dell'Esistenzialismo? Kierkegaard è stato definito il padre dell'Esistenzialismo, sebbene nei suoi scritti egli non abbia mai usato questo termine. L'Esistenzialismo è una corrente filosofica del XX secolo la cui idea fondamentale può essere così sintetizzata: per gli Esistenzialisti l'esistenza precede l'essenza; l'uomo, in quanto singolo, in quanto individuo (esistenza) crea o inventa le idee e i valori universali, come il bene, Dio, l'umanità e così via (essenza); queste idee e valori non hanno pertanto un fondamento indipendente dal singolo individuo, ma sono relativi e soggettivi.
L'uomo non ha così alcuna "natura" o essenza: diventa ciò
che è come conseguenza delle sue scelte e può diventare qualsiasi cosa. Non
esistono regole morali oggettive, fondate su
qualche assoluto come Dio: è l'individuo che crea del tutto liberamente la sua
etica ed è responsabile delle sue libere scelte e delle sue azioni. L'individuo
non può, del resto, fare a meno di compiere scelte, perché anche non scegliere,
nella concreta situazione dell'esistenza, è in realtà una scelta. La verità
quindi è sempre soggettiva e relativa al singolo individuo; le astrazioni
concettuali non possono mai né afferrare né comunicare la realtà dell'esistenza
individuale. Non esiste un ordine razionale dell'universo, che è privo di
significato e assurdo.
Gli Esistenzialisti sottolineano, infine, gli aspetti negativi dell'esistenza
umana, la sua nullità essenziale, che si manifesta
nel dolore e soprattutto nella morte.
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