Copertina
Autore Giorgio Olmoti
Titolo Il boom
EdizioneEditori Riuniti, Roma, 1998, Storia fotografica della società italiana , pag. 191, fig.bn. 199, dim. 170x220x8 mm , Isbn 978-88-359-4458-4
LettoreRenato di Stefano, 2000
Classe storia contemporanea d'Italia , fotografia , paesi: Italia: 1960
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Indice


  5  Il paese cambia


 19  Il lavoro

 43  La politica

 69  La società

105  Per strada

129  Nuove abitudini

141  Culto, fede e tradizione

159  Cultura, sport e spettacolo


184  Foto simbolo

186  Cronologia
190  Letture consigliate
191  Referenze fotografiche

 

 

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Pagina 5

IL PAESE CAMBIA



La politica

Tra gli anni Cinquanta e i Sessanta l'Italia viene percorsa da un fremito di rinnovamento destinato a cambiarla radicalmente in alcuni dei suoi aspetti piú caratteristici. Le coordinate di tempo entro cui questi avvenimenti prendono consistenza possono essere delimitate da due eventi politici che rappresentano una sorta di linea di partenza e di traguardo virtuali nella corsa scomposta dell'Italia verso la modernità. Uno stimolo al cambiamento che si sarebbe innescato di lí a poco si può ravvisare nella nascita dell'Ente nazionale idrocarburi nel febbraio del 1953. Per quel che concerne il punto d'arrivo, possiamo individuarlo, datandolo al 4 dicembre 1963, nell'insediamento del primo governo che vede concretizzata organicamente l'alleanza politica tra la Dc e il Psi, con Pietro Nenni che assume, simbolicamente, la carica di vicepresidente del Consiglio. In questo lasso di tempo il sistema politico italiano viene scosso da mille cambiamenti, un'esplosione per simpatia che segue l'impennata dei sistema economico.

Definiti gli estremi cronologici, fermo restando che il vero «boom» interessa solo il periodo compreso tra il '58 e il '63, resta per buona parte da indagare il livello di consapevolezza della nostra classe dirigente nei confronti delle scelte fatte sul piano della politica economica e, piú in generale, in rapporto all'evoluzione sociale che caratterizza l'Italia di questi anni.

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Cultura e mezzi d'informazione

La televisione è senz'altro tra i protagonisti di quest'epoca e gioca un ruolo di primissimo piano in campo sociale e politico. Per buona parte degli anni Cinquanta la televisione viene considerata il cinema dei poveri e vi è una certa verità in questa affermazione, se teniamo conto della semplicità e dell'immediatezza dei programmi televisivi, assolutamente in sintonia con le caratteristiche tradizionali della cultura popolare. La prima reazione degli intellettuali, soprattutto di sinistra, è di riprovazione verso un mezzo di cui non si è intuito il reale potenziale ma che minaccia gli uomini di cultura nel loro status. Il mondo politico non fa attendere le sue reazioni di fronte al progresso che avanza e i piú pronti a cogliere l'occasione di impossessarsi del piú potente tra i mezzi d'informazione, grazie al fatto d'essere partito di governo, sono i democristiani che non cederanno per molti anni il controllo sulle trasmissione, esercitando censure e gestendo la programmazione.

Il motivo di una cosí rapida reazione sta nell'esperienza che clero e potere politico hanno già maturato con il sistema radiofonico. Filiberto Guala, in seguito diventato frate trappista, è il primo uomo al comando della Rai ma, in un paese alla vigilia di un'apertura a sinistra, l'intransigenza di certe scelte da parte del centro appare davvero inadeguata. Nel 1956 viene scelto come amministratore delegato Marcello Rodinò, un uomo ritenuto piú idoneo per l'epoca. I nove anni di gestione Rodinò segnano un processo di moderata laicizzazione del sistema radiotelevisivo anche se l'intervento della chiesa in materia è sempre di un certo rilievo. Nasce la televisione Scolastica, quella per i ragazzi e la pubblicità assume un ruolo fondamentale nel sistema delle comunicazioni. Anche con una certa tendenza all'omologazione culturale, la televisione svolge una funzione didattica notevole, stabilendo criteri linguistici comuni in un territorio in cui esistono vaste aree geografiche in cui si parla solo il dialetto.

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La fotografia

La fotografia conosce a partire dagli anni Cinquanta una larga diffusione dovuta agli sviluppi tecnologici. La possibilità di raccontare l'Italia attraverso le immagini è incoraggiata dalla stampa periodica che fonda proprio sulla fotografia una delle ragioni del suo successo. Si sente la necessità di raccontare il paese, scampato alla tragedia della guerra e coinvolto nella modernità che avanza e stravolge le tradizioni e le abitudini. La ricerca comincia dai territori meno conosciuti, in cui convivono anche tradizioni e tracce labili di progresso. L'indagine dell'antropologo Emesto De Martino nelle regioni dell'Italia meridionale vede la presenza di fotografi come Franco Pinna e Ando Gilardi, nel gruppo interdisciplinare formato per l'occasione. Il materiale prodotto da questi fotografi ha finalità prettamente scientifiche e poco spazio viene lasciato dalle esigenze della speculazione antropologica alla cura compositiva delle immagini. Questi stessi fotografi, insieme a Piergiorgio Branzi, Enzo Sellerio, Gianni Berengo Gardin, citandono solo pochi, si dedicheranno presto a una fotografia documentaristica che pur conoscendo le suggestioni culturali del neorealismo, non rinuncia a una propria autonoma ricerca estetica. I Sassi di Matera, i paesini della Sicilia, i pastori della Sardegna sono tra i soggetti privilegiati e presto vengono affiancati dalle periferie degradate delle grandi città: borgate e quartieri operai convivono con il miracolo economico e ne sono spesso uno degli effetti piú crudeli.

[...]

Nel panorama dei periodici italiani un posto a parte merita il Mondo. Fin dai suoi esordi questo giornale fa un uso molto particolare delle ímmagini. Le foto impaginate non sono necessariamente in relazione con i testi e spesso vengono gestite con una certa autonomia e accompagnate da brevi didascalie (in seguito sotto ogni foto compare anche il nome del fotografo). Attraverso la selezione sul materiale proposto dai fotografi si va costruendo una tipologia precisa delle immagini che contraddistingue questo periodico. Si indugia sulla foto rubata al caso camminando per strada o imbattendosi in una scena curiosa: i contrasti tra i cartelloni pubblicitari e la realtà, i pretini che lanciano occhiate fugaci alla modernità, i fidanzati che si baciano, la disperazione della povertà addolcita spesso da una vena folcloristica, diventano la peculiarità del Mondo. L'impossibilità di fornire in questa sede un'analisi piú approfondita sull'influenza di questo giornale, i cui limiti non possono certo essere negati, non ci impedisce di ricordare il ruolo di quegli appassionati mai passati al professionismo (Carlo Dalla Mura ne è un esempio efficace) che in quegli anni contribuirono in maniera notevole, dalle pagine del Mondo all'accrescimento della popolarità della fotografia. La nascita di periodici interessati a un tipo di immagini piú dirette e meno edulcorate decreterà la fine di quel tipo di fotografia ma al Mondo verrà data l'opportunità di tenere a battesimo anche fotografi come Luciano D'alessandro, Mario Dondero, Uliano Lucas e Ferdinando Scianna.

In quegli anni nascono anche molti rotocalchi che danno vita ad un fenomeno tipicamente italiano: i paparazzi. La cronaca mondana di Roma, capitale europea del cinema, occupa le pagine di molti giornali e i fotografi, ricordiamo Tazio Secchiaroli, Elio Sorci, Velio Cioni, si lanciano all'inseguimento dei personaggi famosi scatenando una bagarre infernale nelle vie della capitale. Siamo ben lontani dal fotogiornalismo di Epoca, L'Europeo, L'Espresso, le foto di Mario De Biasi a Budapest nel '56 sono contemporanee allo spogliarello di Aiché Nanà al Rugantino, immortalata da Tazio Secchiaroli, e non necessariamente le persone che si interessano alla prima notizia evitano di prestare attenzione alla seconda.

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