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| << | < | > | >> |Indice7 Prefazione di Sergio Scamuzzi 9 Introduzione. Manifesti politici e dintorni: persuadere e comunicare in politica di Chiara Ottaviano 1. Premessa: la modernità, i "maghi" e i consulenti 2. Propaganda e pubblicità: teorie e pratiche 3. Tregue, par condicio, vecchi e nuovi media 4. Per concludere 25 All'alba della repubblica: la guerra fredda e la guerra degli attacchini 27 «Vota anche se piove»: il mondo cattolico negli anni della guerra fredda di Gianpaolo Fissore 1. L'ingrato compito 2. Scaramucce 3. Il 18 aprile: nel cuore dello scontro 4. Dopo la vittoria: non abbassiamo la guardia! 5. 1953: l'ultima truffa 6. 1956: i tabelloni e il "dialogo murale" 7. L'intensa stagione della mobilitazione cattolica 44 «Via il regime della forchetta»: la sinistra storica nella guerra fredda di Paolo Soddu 1. La sinistra nella fase d'impianto della Repubblica 2. Il 18 aprile 1948 3. La sinistra storica nella guerra fredda 4. Le elezioni amministrative del 1951 5. "Via il regime della forchetta": la battaglia contro la "legge truffa" 64 Fra clandestinità e istituzioni: la destra e i liberali nel secondo dopoguerra di Bruno Maida 1. Fra "irriducibili" e "integrabili": alle origini del Msi 2. Monarchici e liberali 3. Tra America e Russia la Fiamma tricolore 4. "I fascisti non parleranno a Torino" 5. L'impossibile "grande destra" e la «fine di un'illusione" 79 Passato prossimo: dagli anni settanta alla politica spettacolo 81 «Agnelli ha paura e paga la Questura». Il '68 e i movimenti di estrema sinistra di Marco Scavino 1. "Les médias de Mai": immagini e parole forti 2. Il movimento torinese e la centralità della politica 3. Una miscela complessa di vecchio e nuovo 4. Slogan, pubblicità, rock, fumetti e critica al neocapitalismo 5. Propaganda e controinformazione 6. La politica, la cultura e l'artigianato culturale 7. Da movimenti a organizzazioni politiche: competizione e omologazione 8. Un'esperienza di democrazia 105 «30 anni di libertà. Alcuni buoni altri meno buoni». I manifesti elettorali della Dc negli anni settanta di Enrico Francia 1. Dopo la fine del collateralismo: la Dc negli anni settanta 2. «Avanti al centro con la Democrazia cristiana» 3. Una nuova Dc? 4. Contro la giunta rossa 5. Dalle parole alle immagini 121 Il nuovo Psi di Craxi e il Pci dopo Berlinguer di Claudio Rabaglino 1. Il nuovo Psi di Craxi 2. Il Pci dopo Berlinguer 138 «Roma ladrona». I manifesti delle leghe piemontesi dal 1979 al 1992 di Giorgio Monestarolo 1. Premessa. Le leghe a Torino e in Piemonte 2. Gli strumenti della politica 3. Il manifesto 4. Il discorso politico 5. Conclusioni 153 I professionisti, il manifesto e l'interpretazione dei segni 155 Manifesto e militanza politica in Albe Steiner, Giancarlo Buonfino e Michele Spera di Gianfranco Torri 1. Dalla grafica militante al «marketing politico» 2. Un passo indietro, che può essere d'aiuto 3. La grafica come strumento d'intervento sulla realtà 4. «Occorre anche la tua lotta e il tuo pugno» 5. Razionalità e passione politica 161 Strategie narrative e argomentative nei manifesti politici dalla guerra fredda a oggi di Laura Garau 1. Il manifesto come strumento di comunicazione politica: immediatezza e incisività 2. I manifesti della guerra fredda: mondo cattolico, socialcomunisti e destra a confronto 3. Il '68 e i movimenti di estrema sinistra 4. La sinistra negli anni ottanta 5. La nascita della Lega 6. Conclusioni 181 Archivi, collezioni private e Internet 183 Manifesti: immagini in rete dell'archivio storico della Fondazione Istituto piemontese Antonio Gramsci di Renata Yedid Levi 1. Gli archivi politici e sindacali e la consultazione via Internet 2. La scheda di censimento e le ricerche con Guarini Appendici I. Scheda di censimento S-MI II. Tabella dei soggetti 189 Com'è nata la mia collezione di manifesti di Bruno Carli 193 Indice dei nomi |
| << | < | > | >> |Pagina 9IntroduzioneManifesti politici e dintorni persuadere e comunicare in politica
di Chiara Ottaviano
1. Premessa: la modernità, i «maghi» e i consulenti «Debbo soprattutto far notare che in qualsiasi Stato moderno la propaganda è affidata a degli esperti»: l'affermazione, seguita da giudizi quanto mai negativi su come in quel momento - era il maggio 1953 e i partiti stavano conducendo una delle campagne elettorali più infuocate della storia della repubblica - è di Dino Villani, allora presidente della Federazione italiana di pubblicità. Le città d'Italia erano letteralmente tappezzate da manifesti politici, sovente con poco riguardo per monumenti, palazzi, luoghi di attrazione turistica. La spesa complessiva della stampa e delle affissioni si calcolava sull'ordine dei miliardi. L'opinione dei principali esperti di pubblicità e comunicazione, anzi dei «maghi», come venivano indicati da «La notte», che sollecitò e raccolse le loro dichiarazioni, era unanime: disgusto per la scarsa qualità della comunicazione e indignazione per lo spreco di denaro erano i sentimenti dominanti. «Una propaganda orribile, una baraonda che non viene a capo di nulla, tranne che a danneggiare i muri delle case [...] sin dalla base tutta la tecnica propagandistica dei partiti è errata» sosteneva Fidelio Fideli; «È talmente banale e inutile questa propaganda che quasi non vale la pena prenderla in considerazione» aggiungeva il responsabile della pubblicità dell'Alfa Romeo; «La tecnica usata non ha nulla di convincente, colpisce soltanto come imponenza dei materiali, ma è molto scadente come qualità» era l'opinione dell'esperto della Palmolive; «Salvo qualche eccezione la tecnica pubblicitaria è la grande assente di questa campagna» affermava il responsabile della comunicazione della Motta. La grande assente era dunque «la tecnica» tant'è che non venivano impiegati i «tecnici», ovvero i professionisti che operavano nel campo della comunicazione e della pubblicità commerciale. Il fatto veniva coralmente sottolineato: «La campagna dei partiti è condotta da gruppi di persone inesperte che si fanno trascinare dallo spirito di parte e non da tecnici che sappiano controllare la situazione»; gli esperti «avrebbero potuto dare una forma più intelligente alla propaganda e sprecato meno danaro»; «Purtroppo nessun partito ha chiamato un esperto, come si fa in simili occasioni in tutti gli Stati del mondo». | << | < | > | >> |Pagina 204. Per concludereNelle più recenti campagne elettorali hanno continuato a campeggiare i manifesti per strada, che oggi, nei grandi formati, sono affissi per essere velocemente percepiti da auto in corsa; non sono mancati gli spot televisivi e le inserzioni sui giornali come anche l'invio di lettere personalizzate attraverso le tecniche del direct mailing, non si è del tutto rinunciato ai comizi, comunque ridotti di numero; alcuni confronti diretti fra candidati in lizza e dibattiti si sono svolti anche su Internet. In alcune realtà territoriali alcuni partiti riescono ancora a organizzare squadre di volontari per distribuire volantini per strada o porta a porta o allestire banchetti per raccogliere firme e sottoscrizioni. Non è facile affermare con certezza quale dei mezzi di propaganda, considerato singolarmente, risulti più efficace: il dibattito televisivo, a cui comodamente si assiste nel salotto di casa, evitabile però con un semplice tocco sul telecomando; il manifesto elettorale, obbligatoriamente sotto gli occhi di tutti, affisso sui muri delle città e dei quartieri nei luoghi più frequentati, ma con l'immagine di un volto presto dimenticato, di un simbolo ripetuto, di uno slogan generico; la pubblicazione di un testo ben articolato su un quotidiano di larga tiratura, in grado di raggiungere però un pubblico molto limitato. Non molti sono gli elettori raggiunti attraverso il contatto diretto dei militanti o attraverso più professionali contatti telefonici; ancora più ristretto è il numero di elettori coinvolgibile attraverso la comunicazione telematica. Non può darsi per scontato inoltre in che cosa consista l'efficacia dell'azione di propaganda, se nel persuadere, determinando la scelta di voto, o piuttosto, secondo la lezione di De Sola Pool, nel riuscire a mobilitare, creando quel «clima» che induce all'attenzione e al confronto delle opinioni sul discorso politico. La partecipazione alle tornate elettorali è un indice del grado di mobilitazione: il tendenziale aumento, anche nel nostro paese, dell'astensionismo sembra rendere evidente il fatto che mobilitazione e attenzione intorno al discorso politico non sono una variabile direttamente dipendente dalle sole risorse economiche messe in campo o dalle professionalità impiegate nella pianificazione e nel lancio di una campagna di comunicazione elettorale, a prescindere dai mezzi vecchi o nuovi in essa impiegati. Per ritornare al particolare oggetto di questo volume, il manifesto, esso è stato nel primo ventennio della repubblica uno dei principali strumenti di propaganda politica in coincidenza con alcuni dei momenti più alti di mobilitazione e coinvolgimento degli italiani nel confronto politico e nelle campagne elettorali. Le diversità dei manifesti oggi impiegati, rispetto a quelli dei primi decenni della repubblica, sono molte. Sono diversi nei contenuti (basti pensare alla prevalenza dell'immagine fotografica dei candidati, su ogni altro tipo di informazione), nelle modalità di produzione (che prevedono l'impiego di professionisti e di aziende specializzate nella comunicazione), nelle dimensioni, nelle tecniche usate per la composizione e riproduzione. Ma sono soprattutto diversi per i modi in cui nei partiti di massa venivano utilizzati e distribuiti. Essi facevano parte non solo e non tanto di un precedente modo di concepire la comunicazione in ambito politico, ma di un altro modo di partecipare e prendere parte al discorso politico. Erano contemporaneamente strumenti di comunicazione e di attivo coinvolgimento, occasione per esprimere appartenenza e per creare confronto con gli altri. I grandi partiti nazionali, fortemente centralizzati e allo stesso tempo straordinariamente radicati sul territorio, erano complesse macchine organizzative capaci di creare «appartenenze» e scelte di campo una volta per tutte: ora non esistono più.
Le ricerche qui raccolte sono un contributo per ricostruire alcuni aspetti
di quel passato, capire modificazioni e trasformazioni, mettere in luce
differenze, rotture e continuità.
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