Copertina
Autore Pushpesh Pant
Titolo India in cucina
EdizioneElecta, Milano, 2012 , pag. 816, ill., cop.ril., dim. 18,5x28x5,5 cm , Isbn 978-88-370-9117-0
OriginaleIndian Cookbook [2010]
TraduttoreMarta De Ponte, al.
LettoreElisabetta Cavalli, 2012
Classe alimentazione , paesi: India
PrimaPagina


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 4 - Indice

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 9

Breve storia della cucina indiana e dei suoi ingredienti

I piatti della cucina indiana non sono meno significativi dei grandi monumenti, dell'arte e della letteratura nella storia della civiltà di questo paese. La cucina indiana si è avvalsa dell'influenza di regioni a volte molto lontane come l'Asia centrale, l'Asia sud-orientale e la Turchia. Anche gli europei hanno lasciato un'impronta indelebile sulle abitudini alimentari nazionali, introducendo ingredienti oggi molto usati accanto a quelli della cucina tradizionale. Le influenze veicolate dai prodotti esotici, come dalle colture e dalle tecniche culinarie introdotte da mercanti, pellegrini e soldati si sono combinate tra loro creando una cucina originale e incredibilmente,varia.

La passione degli stranieri per la cucina indiana risale all'inizio del primo millennio, quando un inviato greco di ritorno dall'India descrisse la canna da zucchero come una varietà indiana di "bambù pieno di miele". I mercanti arabi furono poi attirati dall'abbondanza di pepe aromatico, chiodi di garofano, cardamomo e cannella della costa del Malabar, nel sud-ovest del paese. Nel 1498, la prospettiva di aprire una via marittima diretta per i paesi ricchi di spezie, dal cui commercio si ricavavano lauti guadagni, spinse in India anche l'esploratore portoghese Vasco da Gama. A quel tempo, le spezie valevano più dell'oro e le grandi quantità che il grande navigatore ne riportò in patria coprirono più volte le spese della spedizione. È stato stabilito che un solo carico di spezie tra quelli imbarcati dalle navi di Vasco da Gama conteneva 1500 tonnellate di pepe, ventotto tonnellate di zenzero, otto tonnellate di cannella e sette tonnellate di chiodi di garofano. E, se le spezie indiane attiravano gli europei, i mercanti portavano con sé straordinari segreti culinari come quelli del pane lievitato, della cottura al forno e dei tagliolini. In compenso, gli indiani introdussero gli europei alle gioie del curry, del mango e del chutney.

Nel corso del XIX secolo, i britannici approdati in india rimasero conquistati dalla varietà di aromi, panorami e suoni del subcontinente. Molti coloni si abituarono alle prelibatezze locali e, al ritorno in patria, favorirono la diffusione dei piatti e degli ingredienti indiani, come dimostra l'adozione del kedgeree, un piatto a base di riso e pesce, nel menu della prima colazione e del mulligatawny, zuppa di carne speziata. Allo stesso tempo, molti visitatori britannici elessero l'India a propria dimora e ancora oggi in tutto il paese è possibile gustare molti piatti anglo-indiani.

Negli ultimi anni, grazie al mutamento del profilo demografico del paese e al suo sviluppo economico, sono stati infranti molti tabù alimentari. L'ultima generazione, più istruita di quelle che l'hanno preceduta e che ha viaggiato di più, è di gran lunga meno restia ad accettare le novità. La disponibilità di prodotti culinari preconfezionati, come, per esempio, l'estratto di tamarindo e il latte di cocco, ha reso di gran lunga meno pesanti le fatiche di chi lavora in cucina. Oggi si può dedicare più tempo e più energia all'innovazione e ciò ha permesso l'emergere di fenomeni fino a poco fa impensabili, come, per esempio, quello della cucina "fusion". Piatti tradizionali e sperimentali possono coesistere felicemente, e la cucina indiana, erede di un patrimonio così ricco di aromi, stili, ingredienti e tecniche, sembra trovarsi di fronte a una fase particolarmente promettente ed eccitante della sua storia. Non sorprende quindi che la sua popolarità sia in crescita in tutto il mondo.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 10

L'Ayurveda e l'alimentazione

L'Ayurveda è la scienza medica tramandata dalla tradizione induista e si fonda sulla nozione di equilibrio nei sistemi organici. È un'antica arte che insegna a vivere a lungo e in buona salute e costituisce la base della filosofia culinaria indiana. Molti indiani seguono il principio secondo cui è di fondamentale importanza assumere cibi che si accordino al proprio "tipo" corporeo e al proprio temperamento e il sistema ayurvedico contiene un vasto repertorio di raccomandazioni che consentono ai singoli individui di preparare piatti appropriati alle loro specifiche esigenze e al loro umore: ogni cibo, infatti, possiede caratteristiche proprietà che agiscono sulla nostra salute e sul nostro equilibrio mentale.

Secondo l'Ayurveda ogni individuo nasce con una diversa proporzione di tre dosha o principi metabolici — kapha, vata e pitta - che determina caratteristiche mentali e fisiche irripetibili. Per vivere nelle migliori condizioni di salute e di umore possibili occorre equilibrare in sé questi tre principi. Nella maggior parte di noi sono più attivi uno o due dosha e l'Ayurveda cerca di raddrizzare questo squilibrio, soprattutto attraverso la dieta. Secondo il sistema ayurvedico, infatti, disturbi fisici devono essere trattati in primo luogo attraverso l'alimentazione e si deve far ricorso alle medicine solo nei casi in cui la dieta si rivela inefficace.

Ogni dosha è legato a uno dei cinque elementi - terra, acqua, fuoco, aria ed etere - che predominano a turno nelle diverse stagioni. Di conseguenza, la dieta deve variare a seconda della combinazione individuale dei dosha e del clima. Si può essere in buona salute solo se i tre dosha sono in equilibrio tra loro, e mangiando in modo inappropriato al proprio "tipo" o non tenendo contò delle stagioni si rischia di compromettere questo equilibrio. In estate, è preferibile mangiare cibi leggeri, freschi e reidratanti, mentre in inverno gli ingredienti ricchi di proprietà nutritive rafforzano il metabolismo.

L'Ayurveda divide i cibi in shadrasa, ossia in sei sapori faneiainentali: madhur (dolce), amla (acido), katu (pungente), tikta (amaro); kashaya (astringente) e lavana (salato). Ognuno di questi sapori è essenziale sia per la salute sia per il piacere della buona tavola. La traditone ayurvedica opera una netta distinzione tra il "gusto" esperito dal palato e il "gusto"' di cui il nostro corpo fa l'esperienza quando comincia a metaboliztare ciò che abbiamo mangiato.

Non è difficile capire in che modo il cibo può influire sulla nostra salute e sul nostro stato d'animo. Gli alimenti possono essere solo nutrienti o, come sostanze toniche o tossiche, possono produrre un effetto tranquillizzante o eccitante e, a volte, rivelarsi persino nocivi. L'Ayurveda ci spinge a pensare al modo in cui ciò che mangiamo agirà sui nostri corpi e le nostre menti. Aprire la propria mente alla saggezza culinaria dell'Ayurveda significa dunque sforzarsi di assicurare a sé stessi buone condizioni di salute il più a lungo possibile, senza per questo perdere il piacere di vivere e il gusto della buona tavola.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 11

Le " regioni culinarie" dell'India

Per descrivere la ricca e variegata storia della cucina indiana, ci è sembrato opportuno suddividere l'India in dieci grandi regioni culinarie, che saranno esplorate nei dettagli nelle pagine seguenti. Ogni area vanta le proprie tradizioni gastronomiche, ma spesso non è possibile tracciare una netta linea di demarcazione tra una regione e l'altra e non sono rari i casi di condivisione di tecniche e gusti. Benché la cucina indiana sia in costante evoluzione e sia ormai discernibile l'emergere di uno stile panindiano, si può affermare che i piatti regionali svolgono un ruolo ancora più importante di quello delle lingue parlate ufficialmente riconosciute – che sono state alla base della riorganizzazione degli stati indiani dopo l'Indipendenza – ai fini della definitone delle diverse identità culturali.

Nei secoli i confini dell'India hanno subito molti camblamenti ed è impossibile descrivere la ricca e variegata eredità culinaria nazionale basandosi sulla situazione attuale. Per analizzare la cultura dell'alimentazione indiana in modo più approfondito possibile, si è ristretto l'esame di alcune grandi regioni: alcune di esse, infatti, in passato avevano un territorio molto più vasto dell'attuale, che a volte includeva aree oggi appartenenti ai Pakistan, all'Afghanistan e al Bangladesh.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 26

Come mangiare i cibi indiani

In tuie le regioni indiane il pasto tradizionale segue criteri completamente diversi da quelli in uso nell'Europa continentale, nel paesi del Mediterraneo o in Estremo Oriente. Non prevede antipasti né portate e non sempre i dessert vengono serviti per ultimi. Spesso il cibo arriva in tavola "già scodellato" in piatti fondi disposti sul thali (un vassoio rotondo o una foglia di banano) accompagnato dagli immancabili riso e pane.

Gli spuntini croccanti, come, per esempio, i Samosa (p. 131)o l' Onion Bhajila (Bhaji alla cipolla, p. 98) sono consumati insieme al piatto principale che, per chi non è vegetariano, può essere costituito da un kebab o da un curry di pollo, di pesce o di montone. Spesso i vegetariani consumano come pietanza un piatto a base di paneer (formaggio fresco), di funghi o di verdure di stagione. In genere durante il pasto si serve almeno un piatto asciutto e un piatto con salsa. È praticamente d'obbligo, inoltre, un dal e un sambhar o un karchi (gnocchetti allo yogurt). La quantità di pane e di riso può variare a seconda delle preferenze. I latticini, sotto la forma di yogurt semplice o di raita, sono quasi sempre presenti in tutti i menu, anche nei più frugali. Chutney, sottaceti e conserve accompagnano sempre i pasti quotidiani in modo da assicurare la presenza di tutti i sei sapori fondamentali e di un'ampia gamma di colori e consistenze. In genere viene anche offerto un piatto dolce come il pudding di riso o una porzione di Halwa (si veda il capitolo 8). Le bevande (e soprattutto quelle ghiacciate preparate con succo di frutta, latte, panna o chiara d'uovo) sono offerte agli ospiti prima di mettersi a tavola, anche se certi drink, come, per esempio, il siero di latte, vengono sorseggiati durante i pasti.

Il principio ispiratore dei pasti indiani è che si devono portare in tavola cibi adatti alla stagione e alle occasioni. I grandi banchetti prevedono una gamma più variegata di piatti, tra cui diversi tipi di pesce, quaglie e pernici, il tutto cucinato a partire da ricette più complesse e originali.

Spesso piatti appartenenti a diverse tradizioni culinarie si ritrovano accostati e combinati tra loro: non è raro che il Punjabi tanddor tikka, l'Awadi korma e l'Hyderabadi biryani si trovino a condividere un ruolo di primo piano insieme agli spuntini del Gujarat, ai panini del Kerala e ai dolci del Bengala. E, in effetti, a parte i pasti rituali, gli indiani quando mangiano in casa mescolano e accoppiano liberamente i piatti tra loro. Ma ciò non deve scoraggiare gli appassionati dall'ideare menu regionali, sempre molto appaganti.

Infine, un buongustaio indiano non usa coltelli né forchette o cucchiai: con l'aiuto di un'ampia scelta di pane, le dita permetteranno di stabilire un rapporto più intimo e soddisfacente con la temperatura e la consistenza dei cibi.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 27

Note sulle ricette

Selezionate nel corso di una ricerca condotta negli ultimi venti anni in tutta l'India, le ricette qui raccolte riflettono le analogie e le differenze esistenti tra le regioni del paese e rappresentano il Meglio della cucina indiana tradizionale. Con il loro aiuto il lettore potrà finalmente preparare i veri piatti della cucina indiana e godere del suo caleidoscopio di sapori.

Nelle ricette indiane originali si fa spesso un uso abbondante di burro chiarificato o di altri grassi da cottura ma, una volta sperimentata la versione tradizionale di un piatto, secondo quanto indicato dalla ricetta, la quantità chiarificato potrà essere ridotta a seconda dei gusti.

Allo stesso modo, i quantitativi di spezie posso essere adattati al palato dell'utilizzatore. Ogni ricetta è preceduta da un indice di valutazione che permette di capire guanto è speziato e piccante il piatto in questione nella versione tradizionale, ma il lettore deve sentirsi libero di sperimentare, impiegando dosi maggiori o minori di peperoncino e altre spezie, a seconda dei gusti.

In India, si consuma prevalentemente carne di capra, comunemente indicata come "montone". In questo libro, le ricette pensate per la carne di "montone" sono state adattate a quella di agnello, più facile da trovare al di fuori dei confini dell'India ma, naturalmente, è sempre possibile usare la carne di capra che, però, richiede in genere tempi di cottura più lunghi. I tagli meno costosi dell'agnello, spesso in vendita nei mercati come "spalla", "collo", o "stinco" devono essere cotti più a lungo di quelli più costosi. Qualsiasi taglio si acquisti, occorre far bollire la carne a fuoco lento fino a che non risulti tenera, controllandola costantemente per accertarsi che la salsa non si restringa troppo. La marinatura dell'agnello — nella papaya cruda, per esempio — renderà la carne più tenera, riducendo così il tempo di cottura. Benché spesso in India non si usi disossare la carne, tutte le ricette contenute nel presente libro sono applicabili anche alla carne disossata, salvo indicazioni contrarie.

Il macina spezie elettrico e il frullatore sono strumenti molto utili poiché permettono di risparmiare tempo. Anche l'uso di estratti già pronti, come il latte di cocco e l'estratto di tamarindo, è di grande aiuto nella preparazione di questi piatti.

Infine, molti ingredienti esotici possono essere sostituiti con prodotti più facili da reperire al di fuori dell'India o, se introvabili, semplicemente omessi. Nel glossario alla fine del libro si troverà un elenco completo degli ingredienti indiani.

| << |  <  |