Copertina
Autore Alessandro Paronuzzi
Titolo Meglio con loro
SottotitoloDiario di un veterinario libertario
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2005 [1998], eretica , pag. 208, cop.fle., dim. 120x170x14 mm , Isbn 978-88-7226-848-3
PrefazioneMargherita Hack
LettoreElisabetta Cavalli, 2005
Classe animali domestici , psicologia , natura , aforismi
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Indice

    Presentazione     3
    1996              5
    1997             16
    1998            106
    1999            107
    2000            125
    2001            141
    2002            148
    2003            172
    2004            189
    Appendice       201

 

 

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Pagina 3

Presentazione



Questo libro dovrebbe essere adottato come libro di lettura per la scuola dell'obbligo. È scritto da una persona che dimostra una profonda conoscenza della psicologia degli animali, insegna a capirli, rispettarli ed amarli. Sarebbe perciò altamente educativo sia per i bambini che istintivamente amano gli animali, ma tendono a volte a non rispettare la loro libertà, sia a quelli che per educazione familiare e non abitudine a frequentarli li temono; ma sarebbe anche utile agli adulti, a chi adotta un cane o un gatto o un altro animale senza pensare ai doveri che si assume verso di loro. Chi non ama o non conosce gli animali afferma spesso che chi li ama e li cura non ama il suo prossimo. Dispiace che fra questi si trovi anche Sciascia, che afferma: "Quando c'è in giro tanta pietà per gli animali, pochissima ne resta per l'uomo". È un vecchio pregiudizio; chi ama veramente gli animali lo fa disinteressatamente, perché sono i più deboli, quelli che la legge non difende o solo da pochi anni comincia a difendere, ma in modo molto blando. Chi ha sensibilità per gli esseri più deboli ce l'ha sia che abbiano quattro o due zampe. Gli animali sono creature per tanti aspetti simili a noi. Osservandoli possiamo scoprire anche i nostri modi di agire più impulsivi, mossi dalla gelosia, dall'affetto, dal senso di proprietà, dalle simpatie o antipatie istintive che condividiamo con loro. A questo proposito vale la pena di riportare il brano di Nietzsche, citato dall'autore: "Gli inizi della giustizia, come quelli della saggezza, della moderazione, del coraggio, in breve tutto ciò che noi definiamo virtù socratiche, è di carattere animale: una conseguenza di quelli istinti che insegnano a cercare il cibo e a sfuggire ai nemici. Se noi ora consideriamo che anche l'uomo più elevato si è innalzato e affinato proprio nel modo di nutrirsi e nel concetto di tutto ciò che gli è ostile, non ci sarà vietato di definire di carattere animale l'intero fenomeno morale".

Tutte le pagine di questo libro riportano episodi vissuti, alcuni particolarmente toccanti, come la morte di Dago, il cane dell'autore, morto improvvisamente a soli 5 anni. E questo mi riporta alla mente la morte della mia Lara, presa al canile l'8 gennaio del '93, quando aveva all'incirca 5 o 6 anni, e morta dopo soli otto mesi che stava con noi, in settembre. Aveva quella terribile malattia che colpisce i cani, la filaria. Ce ne accorgemmo in giugno, quando non voleva più fare le consuete passeggiate, e a malapena si faceva trascinare per qualche centinaio di metri fuori del cancello. Malgrado le cure, non ce l'ha fatta e l'ultima notte stava dritta sul letto guardando verso la finestra spalancata e boccheggiando. Morì in macchina, mentre la portavamo dal veterinario, soffocata da uno sbocco di sangue. Mi domandavo perché quella morte mi era parsa così tragica. Eppure Lara era rimasta con noi solo otto mesi. L'avevo presa poche settimane dopo la morte del lupo Dick. Lui era vissuto con noi quasi 14 anni, resterà indimenticabile nella nostra memoria. Ma era vecchio, le zampe non lo reggevano più, e la morte era per lui una liberazione.

Qua e là, le pagine di questo libro riportano brani di personaggi famosi, da Simone Weil a Giorgio Celli, da Camus a Carlo Coccioli, da Guido Ceronetti a Patrizia Carrano, a Solzenicyn, a J.J. Rousseau, da Omero sul cane Argo che fa le feste ad Ulisse e poi muore, alla Ortese che di fronte alle tante crudeltà che l'uomo infligge agli animali si domanda "E se fossero gli animali i nuovi santi?", a Vitaliano Brancati, a Davide Lajolo, tutti amanti degli animali e perspicaci osservatori della loro "umanità".

Margherita Hack

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Pagina 5

1996



Ma che bella sorpresa: sedici setter, in sequestro giudiziario! Sono stati prelevati dalla Guardia di Finanza al valico confinario di Basovizza, perché lo sciagurato proprietario – un allevatore di Treviso – per recarsi in Slovenia ha pensato bene di contraffare la documentazione sanitaria, autodichiarando tra l'altro di averli personalmente vaccinati contro la rabbia.

Falso in atto pubblico, esercizio abusivo della professione veterinaria, e quant'altro: avrà di che patteggiare... Quando il giorno seguente, dopo una notte trascorsa al canile, glieli restituisco perché il magistrato ha sciolto il provvisorio sequestro, usciti dalle celle gli saltano addosso tutti scodinzolanti. Lasciamo pure perdere il maltrattamento degli animali: non è il caso; rimane purtuttavia la stupidità dell'essere umano...


Tom, Jem, Max, Minnie, Cip, Birba, Sibert — e adesso dal rifugio dell'ASTAD di Opicina arriva Lila: "Non potevo lasciarla lì, è .cor troppo carina" abbozza una mezza giustificazione A. – ma io sono da tempo rassegnato. "Hai fatto benissimo, mamma", le dà naturalmente corda Liliana. "Di chi è?" chiede Paolo, perché pare che in questa casa di matti a ogni gatto corrisponda un proprietario. Figuriamoci: Paolo ancora non ha capito che i gatti ci degnano della loro compagnia, che non sono di nessuno... Lila ha poco più di due mesi, tutta grigia, il pelo lungo da persiano. Annusa e si fa annusare dalla comunità di felini, che accorre al completo: dopo qualche minuto mi pare già perfettamente inserita. Mi chiedo, mentalmente, quale diventerà la sua poltrona preferita: un posto in meno per sedersi a leggere i giornali – ma non comunico a nessuno il mio pensiero vergognosamente egoista. Con lei siamo giunti a quota otto: diventa sempre più arduo il riepilogo mentale dei gatti che frequentano la nostra abitazione.


I gatti tramano per uscire, il cane per entrare. A casa mia c'è sempre un gran movimento sui confini...


Arriva in canile una cagnolina: minuta, anziana, sperduta di fatto e nell'anima. Sul collarino di cuoio è inciso il suo nome: Betty – e un numero di telefono, la cui prima cifra è però illeggibile: non resta che provare le dieci possibilità... ma ancor prima di prendere la cornetta, ci giunge una telefonata: "Abbiamo smarrito una cagnolina di nome Betty...". Per togliermi il dubbio rimasto, m'informo sul numero misterioso: era il sei.


In un parco di Torino viene ritrovata, appesa a un ramo, una cagnolina strangolata; e sul sacchetto di plastica che contiene i miseri resti, un biglietto: "Difendi la natura umana, i giardini ai bambini". Mi rimbomba una domanda che s'è posta la scrittrice Anna Maria Ortese: "Sono gli animali, i nuovi santi?".


Ieri sera, prima di andare a dormire, tutti a chiamarla invano: "Lila! Lila!!". Quando un gatto decide di giocare a nascondino diventa l'ago nel pagliaio. "Non conosce ancora la casa!". "Sarà scappata!". "Magari è finita sull'autostrada!". Siamo tutti andati a dormire con questo cruccio nel cuore; ma il giorno dopo l'abbiamo trovata sulle scale, a miagolare reclamante la colazione, saltata fuori da chissà dove. Chi più vicino alla devozione di un cane? Chi più lontano – di un gatto?


Un vitello entra in una macelleria, e si mette a piangere.


Dago: i cani alti come lui, quando sollevano la zampa posteriore, si fanno la pipì su quella anteriore. Con la massima indifferenza...


Il cane, una volta sperimentata la compagnia dell'essere umano, si annoia con i suoi simili: al gatto questo non succede. Si annoia comunque: ma il piacere che sa trarre da questa noia è infinito...

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Pagina 9

Una ragazza sbandata (attenzione, sbandata è politically scorrect: emarginata dalla società) è stata sorpresa a imbrattare con lo spray i muri della città. Il tribunale per minorenni, per lasciare immacolata la sua fedina penale, le ha proposto di lavorare per tre mesi in un canile: la ragazza, a quanto pare, ha accettato di buon grado. Commenta Lorenzo Mondo sulla "Stampa": "Quanto a lei, mi sembra ottima la scelta del canile. Accudirà gli animali, sentirà la loro inguaribile malinconia, la loro protesta muta. Sarà assistita da un educatore sociale, ma non sarebbe necessario. La compagnia dei cani è più che sufficiente. È di per sé filosofica e insieme terapeutica. Conosciamo la loro inermità e dignità, l'istinto di socializzazione, la naturale 'ragionevolezza' che li rende aggressivi soltanto in presenza di un pericolo grave e accertato. La loro inesauribile capacità di gioco, di non prendersi troppo sul serio. Partendo dalle bestie si può arrivare lontano. Fino al rispetto dell'uomo e di se stessi, del buono che è negli altri e dentro di noi".

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Pagina 19

Nel suo tempo vuoto, il gatto ozia – mentre il cane si annoia. E l'uomo? Alcuni assomigliano all'uno, altri all'altro.


"Non sempre l'amico del cuore fa parte del genere umano" (Dino Basili).


Questa è la storia di Lella: una volta tanto, a lieto fine. Viene rinvenuta all'ingresso autostradale di Basaldella di Campoformido, Udine Sud, il primo di gennaio, poco prima di mezzanotte, da una coppia di coniugi triestini che ritornano a casa. La temperatura è dieci sottozero; la cagnolina appare infreddolita e smarrita: bisogna avere il cuore davvero insensibile per ignorarla. Così la raccolgono e il giorno seguente me la portano in canile. È un incrocio di volpino di pochi chili, un anno di età: a parte lo spavento, sta bene. "Io posso anche accoglierla" dico loro. "Ma se volete sperare che abbia qualche possibilità di ritornare a casa, è più logico portarla al canile di Udine – che tra l'altro si trova nella prossimità del luogo dove l'avete trovata. Lì – forse – i proprietari verrebbero a cercarla". Da autentici zoofili, sono disposti a fare il viaggio in senso contrario: dopotutto, non sono neanche cento chilometri; mi premuro di avvisare telefonicamente il collega di Udine, informandomi anche dell'orario di apertura.

Due settimane più tardi – ieri l'altro – vengo a sapere come si è conclusa la vicenda. Invece di consegnare la cagnolina al canile (che conserva, ahimè, un'infelice aura penitenziale) i coniugi rinvenitori dell'animale hanno pensato bene di metterla al guinzaglio e di provare ad andarle dietro, paese dopo paese, nella speranza che il famoso fiuto canino desse il risultato sperato.

I primi tre paesi passano infruttuosamente; ma – fermata la vettura nella piazza del quarto, Zugliano – ecco accendersi la lampadina nella memoria del cane o, piuttosto, nelle sue terminazioni olfattive: tira come una dannata, vuole andare in una direzione precisa, verso l'aperta campagna. Audacemente la lasciano libera e si mettono a correrle dietro, sperando di riuscire a non perderla di vista. Dopo aver percorso quasi un chilometro in questa maniera, la volpina giunge finalmente davanti a una villetta con il cancello dischiuso, anche la porta è aperta, sale lungo le scale interne, è evidente dalla disinvoltura che dimostra d'essere a casa propria.

Così è, infatti: il bello è che – pur essendo ormai trascorsi già due giorni dalla sua scomparsa – nessuno si era accorto di niente: perché Lella (così si chiama l'intrepida) abita contemporaneamente in due ville vicine, dai genitori e dai nonni – e ognuno pensava che si trovasse a casa dell'altro.

Tutto è bene quel che finisce bene. Ma una volta di più – morale di questa storia – mi trovo a pensare che, in mancanza del tatuaggio, ogni cane dovrebbe almeno avere intorno al collo la sua medaglietta con un salvifico numero di telefono.


Una signora che deve andare a farsi operare per la terza volta e che soffre d'uno di quei mali che lasciano poco spazio all'ottimismo mi consegna tra le lacrime Simba, un pastore tedesco di cinque anni di età. "Il medico mi ha detto che dopo l'intervento – se ne uscirò – non potrò certo accudirlo". Simba entra in cella, senza capire. C'est la vie...

Provo a entrare in confidenza con Simba, che appare evidentemente frastornato. Evita di guardarmi, ma si lascia accarezzare. Gli metto il guinzaglio e lo conduco in giro per il cortiletto; gli altri cani, come sempre accade, attaccano ad abbaiare e lui si tiene lontano dalle celle, tutto spaurito. Lo lascio libero, e si mette a percorrere il perimetro del recinto con fare guardingo, circospetto. Il mantello è tirato a lucido, il peso ideale: si vede che è un cane tenuto bene. Anche se ha già cinque anni, non li dimostra: neanche un pelo bianco. Non dovrebbe essere troppo difficile trovargli un nuovo padrone. Però, quant'è schivo!


In definitiva, preferisco la compagnia del gatto a quella del cane: il cane mi fa sentire colpevole per tutto il tempo che non trascorro con lui; il gatto invece sa cavarsela benissimo da solo, con la noia gli riesce di giocare quasi fosse un gomitolo di lana, e se sbadiglia, si può quasi palpare il piacere che sa trarre da quel gesto liberatorio: nello sbadiglio del cane cresce invece la ragnatela, una volta che s'è abituato alla compagnia dell'uomo, non sa più farne a meno...

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Pagina 52

Dago è morto! Dago è morto. Dago è morto? E morto. Lo ripeto così, meccanicamente, tanto mi pare impossibile. Ho appreso la notizia per telefono da A., mi trovavo in ufficio: è ritornata a casa e lui se ne stava nella cuccia, pareva che dormisse, era strano che non le venisse incontro festoso come al solito, lo aveva lasciato appena un paio d'ore prima andandosene all'ASTAD, stava benone, e adesso eccolo là, pare proprio che dorma ma non dorme, è morto. Nessuna traccia di vomito in giro, niente di particolare, il corpo è composto, la testa distesa sulle zampe anteriori, dài Dago sveglia, alzati: niente da fare, è morto. C'erano i colleghi vicino a me, in ufficio, quando ho appreso la notizia: ho cercato in un primo momento di trattenere le lacrime, ci si vergogna a piangere davanti agli altri, è stato inutile, ho pianto a dirotto, singhiozzando, non riuscivo a fermarmi, ancora adesso mentre scrivo d'impulso queste parole qualche lacrima mi scende lungo la guancia. Dago è morto, ieri sera sono andato con lui a fare il solito giro fino al belvedere, avevo anche osservato che le feci erano belle composte, e adesso non c'è più, è morto, appena sono ritornato a casa sono andato a infilare le mani dentro il grande sacco nero che lo avvolge, fuori dalla cuccia, in giardino, e per l'ultima volta ho accarezzato il suo morbido pelo lavato da poco, le sue orecchie a punta, il tartufo ancora umido: gli ho dato delle grosse pacche sul torace, come faccio sempre, come non farò più, quasi pretendendo un miracolo che non c'è stato. Poi mi sono chiuso alcuni minuti qui nel mio studio a piangere ancora, di nuovo, senza che i miei figli mi vedano, anche loro devono essere rimasti male, non voglio accrescere il loro dolore bambino, e poi a piangere da soli un poco ci si scarica... Dopo essermi asciugato gli occhi mi son fatto coraggio e sono salito per le scale, ad affrontare la mia famiglia; ho posto ancora qualche domanda ad A., che non ha saputo dirmi di più. Sarà morto d'infarto, anche i cani qualche volta muoiono d'infarto, il cuore è matto, c'era un ragazzo che aveva la mia età ed è morto d'infarto a trentotto anni, senza preavviso, così, così come Dago, che di anni ne ha cinque, troppo presto per un cane come per un uomo. Un paio di giorni fa c'è stato un violento temporale, Dago era terrorizzato come al solito, mi domando se può essere stato quello spavento a preparargli il colpo, ma non ci credo troppo, ieri stava benone, mi ripeto ancora una volta, e poi tanto non serve trovare una spiegazione, è morto punto e basta.

Ciao Dago, gigante buono, gigante buonissimo, io non so cosa possa voler dire per un cane essere buono, ma Dago era un cane buono, mai fatto male a nessuno, solo i pastori tedeschi non poteva sopportare, del resto nessuno è perfetto. Mi ero dimenticato quanto si soffre quando muore un cane, anzi, credo di non aver mai pianto tanto come per Dago adesso, perché Ares, Zoe e Chica erano vecchi, eravamo preparati A. ed io, ma Dago no, Dago ci ha tirato proprio un bel bidone.


"La morte di un cane non altera l'universo. Continuano a ruotare pianeti ed elettroni. Questo pomeriggio pioverà. Benché il mio cane sia morto, il mese di luglio è qui in Messico il mese delle piogge.

Tuttavia son convinto, e non smetterò d'esserlo, che il mio cane era una forma splendida della vita: grave, nobile, amorosa e pura. Son convinto, e non smetterò d'esserlo, che poche purezze in questo mondo, senza saperlo anelante all'innocenza, eguagliano quella che si scorge nei mansueti e soavi occhi d'un animale" (Carlo Coccioli, da Requiem per un cane).

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Pagina 108

Monza. Dopo dieci anni di matrimonio, una coppia di brianzoli quarantenni decide di separarsi "di comune accordo" davanti al giudice civile: nessun dramma, nessuna lite, nessun figlio di mezzo; ci sono, in compenso, un cane e tre gatti. Gli animali rimangono a carico della ex-moglie, mentre l'ex-marito conviene sul 'dovere' di concorrere al loro mantenimento: contribuirà per le spese, versando alla moglie ottocentomila lire all'anno e garantendo sulla serenità del loro futuro. Previa telefonata, potrà andare a trovarli quando vorrà. Facili ironie a parte, mi sembra invece un comportamento da autentici zoofili, una dimostrazione di affetto non occasionale. Il sottosegretario alla Giustizia Maretta Scocca commenta positivamente il provvedimento: "Un legame che somiglia a quello con i figli". Una decisione che rende ancor più credibile la proposta di legge avanzata qualche tempo fa dall'onorevole Gagliardi, di iscrivere anche i cani sullo stato di famiglia...


Cuor di primavera. In questo periodo non mi serve la sveglia: a destarmi con largo anticipo sul necessario sono infatti gli usignoli del boschetto, che incominciano puntualmente a duettare – al meglio delle loro possibilità canore – alle 5 e 25. Non mi lamento, sia ben inteso: molto meglio loro, che l'odioso trillo dell'orologio. Comunque, oltre a me svegliano anche Sibert, la gatta che trascorre la notte sulla mensola della libreria posta dietro il mio letto: e che alle 5 e 26 tutte le mattine balza giù, senza ritegno alcuno, sul mio petto ancora impisolito, per precipitarsi in giardino, lì attratta da quell'irresistibile richiamo. Nei minuti che seguono ascolto con attenzione il canto degli usignoli: ma non c'è mai alcuna defezione. Sono troppo scaltri, questi uccelli, per soccombere alle voglie mattutine della mia gatta...


Madrid. Dopo aver disputato oltre quattrocento corride, Cristina Sanchez depone spada e muleta. "È un ambiente troppo maschilista" si lamenta la donna-torero, che ha vissuto come uno smacco il fatto di non essere stata invitata alla grande festa nazionale di san Isidro, il più prestigioso (!?) appuntamento del calendario taurino spagnolo. "Gli altri uomini si rifiutano di scendere nell'arena assieme a una donna: si sentono sviliti". Pessimo modo ha scelto per raggiungere la parità dei diritti, osservo io, donna Cristina Sanchez: quello di voler essere una matadora. Forse gli uomini sugli spalti saranno rimasti abbacinati dalla visione di una bellezza abile a destreggiarsi nell'arena: non certo il povero toro, destinato alla stessa fine e dopo aver patito le stesse sofferenze inferte dagli altri toreri. Nell'arena non è prevista alcuna morte da mano gentile.


"E adesso, cosa ne sarà di tutti questi gattini?" s'interroga preoccupata A. davanti all'ennesima covata. "Non si preoccupi, non ci sono problemi" la rassicura convinta la cliente, accarezzando mamma gatta tutta ronfante e fiera di essere una volta ancora madre. "Il mio lavoro è quello di vendere case: qui sul Carso, sono tutte con giardino. Ai clienti che si presentano, faccio sempre trovare un gatto. 'Il gatto è giovane, sano, già compreso nel prezzo' dico loro. 'E porta fortuna'. A farla corta, è proprio vero. Senonaltro porta fortuna a me, perché con la storia del gatto, finisce quasi sempre che concludo l'affare al primo colpo".


Simba questa sera s'è fatto fuori due fette di melone. Allunga in verticale il suo corpo e con le zampe paffute tira energicamente verso sé la tovaglia, reclamandone una terza, nella speranza forse di veder precipitare a terra il piatto con il melone. "Non gli farà male?" si chiede A., incerta se cedere alle sue insistenze. Che Simba accetti il melone, rappresenta un evento; sinora, da quando è arrivato in casa (qualcuno si è scoperto – tardivamente, perché ha cinque anni – allergico al suo pelo) non ha mai mangiato nient'altro che scatolette di petritt al riso e tonno, rifiutando con disdegno ogni tentativo di variazione sul tema. Adesso, invece, ecco l'altra metà del cielo: il melone! Simba appartiene alla diffusissima categoria di gatti extra-large: pesa, ahimè, nove chili. La sensazione ogni volta non è quella di sollevarlo: ma, piuttosto, di raccoglierlo... (dimenticavo: è riuscito a ottenere la terza fetta. Come si fa a resistere, a un gatto così?).

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Pagina 151

Eutanasia è una parola che purtroppo ricorre nella quotidianità del veterinario: alla quale tuttavia non ci si abitua mai. La scorsa settimana in canile ho dovuto sopprimere Buck e Baloo, due anziani bastardoni. Il loro proprietario, custode dell'ostello della gioventù di Prosecco, dopo sedici anni di lavoro è stato mandato in pensione; e l'ostello viene adesso chiuso per lavori di ristrutturazione. I cani, abituati a vivere nel parco, non possono concludere la loro esistenza al quarto piano di un condominio, in centro città: tanto più che Baloo fatica a reggersi in piedi. "Avremmo dovuto comunque farlo, prima o poi" cerca di consolarsi tra le lacrime il padrone. "Sarebbe stato meglio poi".

E domenica, d'urgenza, in preda a violenti e persistenti attacchi epilettici mai manifestati in precedenza, ci viene portata a casa Dolly, una pastora tedesca di quindici anni, che A. e io conosciamo praticamente da sempre. Negli ultimi tempi ricorreva con frequenza alle nostre cure per problemi di denti; docilissima, si lasciava manipolare in bocca con una rassegnazione che noi umani raramente dimostriamo dal dentista. Dolly è stata per tutti questi anni la compagna fedele di una giovane non vedente; tutti i cani sono insostituibili, ma lei forse lo sarà un po' di più...


A proposito. Sul quotidiano di Reggio Emilia viene pubblicato un necrologio per ricordare Eros. Ecco il testo dell'inserzione: "Il giorno 28 luglio 1999 è deceduto il boxer Eros. Ha dato otto anni di amore e di affetto ai suoi padroni. Riposa a Il giardino di Fido".


"Lasciate in pace quel gatto! Non vedete che gli avete fatto venire i nervi nella coda?" (il gatto in questione è Simba).


"Juve, quante volte ti devo dire che non devi mettere la testa nella borsa frigo?".


"Lo abbiamo chiamato Hoover, come la famosa marca di aspirapolveri, per il suo modo di mangiare. Prima consuma con metodo e fino all'ultima briciola tutto il cibo che ha saputo disseminare sul pavimento con il suo muso impaziente fuori dalla ciotola, poi provvede a finire il poco che vi era rimasto dentro".


Bukavu, repubblica democratica del Congo. Negli anni '70 Diane Fossey aveva vissuto le sue emozionanti esperienze con i gorilla, tradotte sullo schermo nella bella pellicola interpretata da Sigourney Weaver, Gorilla nella nebbia. Adesso apprendo dal giornale che, a causa del bracconaggio scatenatosi in questi ultimi anni, i gorilla dell'altopiano (geneticamente molto vicini a quelli di montagna) rischiano l'estinzione: è uno degli effetti collaterali delle guerre e delle rivolte che si sono scatenate in questi ultimi anni in Ruanda e in Congo, e che hanno tenuto lontano i turisti. Venendo meno l'attività turistica e il suo vitale sostegno economico, il parco è diventato facile preda dei bracconieri: solo nel 1996 sono stati abbattuti oltre 400 elefanti, e 100 dei 250 gorilla che vivevano nell'altopiano prima della guerra. Ne sarebbero rimasti solo poco più di seicento: e il loro futuro è quanto mai incerto. "E pensare" osserva sconsolato il direttore del parco, Mankoto Ma Oyisenzoo "che molti di quelli che sono stati uccisi, erano animali che si erano abituati al contatto con l'uomo!".


"Ma come sei ragnatelosa, oggi!" (Paolo ad Alice, reduce da una scorribanda notturna).


Juve è fatto così. Qualche volta siamo costretti a lasciarlo a casa tutto il pomeriggio; nella previsione che ritorneremo a casa tardi, trattenendoci fuori a cena, gli anticipiamo di qualche ora il pasto. Inutilmente: perché Juve lascia la ciotola piena fino al nostro ritorno: solo allora, rinfrancato, comincia a mangiare. Ho detto Juve: ma in verità molti cani sono come lui, così dannatamente attaccati all'uomo...

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