Autore Valeria Parrella
Titolo Enciclopedia della donna
SottotitoloAggiornamento
EdizioneEinaudi, Torino, 2017, I coralli , pag. 120, cop.fle., dim. 13,6x21,3x1 cm , Isbn 978-88-06-23552-9
LettoreGiorgia Pezzali, 2017
Classe narrativa italiana , femminismo , erotica












 

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Indice


Indice generale


Enciclopedia della donna          3

Volume di aggiornamento          11
Simposio                         13
Cartesio                         17
Alter                            19
Matto del barbiere               23
Grand Tour                       27
Essere o non                     29
Rose e violini                   31
Esodo                            35
Tristi tropici                   39
Arcimboldo                       43
Baciamano                        45
Dice mio fratello                47
Lessico                          51
Gli esperti rispondono           53
Troia                            57
Lookme                           59
Stat rosa pristina nomine,
nomina nuda tenemus              63
Il corredo                       67
Il mattino ha l'oro in bocca     71
Il semaforo                      75
Diogene                          79
Decorazioni al valore            83
Collezione di farfalle           87
Trimestre lesbo                  91
Overbooking                      93
Copernico                        97
Violeta                          99
Sputando su Hegel               103


Indice analitico alfabetico     107
Indice degli argomenti          113
Indice generale                 117

L'ultimo baciamano              119



 

 

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Pagina 3

Enciclopedia della donna


Con un sorriso imbarazzato per l'enormità del regalo che stava per farle, mia nonna materna accolse sua figlia, di ritorno dal viaggio di nozze: era riuscita, brigando con un impiegato delle poste, a farsi recapitare in tempo da Fratelli Fabbri Editore la copertina rigida in cartone e plastica-effetto-pelle dell'opera monumentale che settimana dopo settimana aveva raccolto in edicola, e anche leggiucchiato un po', ma sempre piano, attenta a non rovinare il dorso spillato, accarezzandone la copertina e andandola a riporre nell'armadio, accanto alla biancheria pulita.

L' Enciclopedia della donna uscí in fascicoli settimanali tutti i sabati a 150 lire, e mia nonna ne nascose ogni numero dentro Il Mattino, che acquistava per mio nonno, perché per quattro anni (tanti ne servirono agli esperti della Fabbri per sentirsi esaurienti rispetto alle nozioni necessarie alle donne) lei, con una pazienza che oggi sarebbe patologica, stipò di nascosto il sogno di regalare il prezioso vademecum alla sua primogenita femmina. Mia madre. Il 16 marzo del 1963, Anno I n. 20 bis, per 100 lire mia nonna aveva comprato anche gli indici del volume II e un folio che sarebbe servito da occhiello, con il sottotitolo all'opera: Enciclopedia della donna - Grande enciclopedia di nozioni pratiche e di cultura generale per la donna.

«Solo che non sono riuscita a farla rilegare in tempo» disse commossa mentre guardava la figlia scartocciare, e dentro gli occhi aveva una luce che raccontava tutto il futuro che le stava donando. Quella notte, senza bisogno di consultare l' Enciclopedia, i miei genitori mi concepirono.

Sono nata in una città che da poco si stava rialzando dalle ginocchia in cui l'aveva gettata la guerra e su cui l'avevano lasciata gli americani. Ginocchia di morte o di sudditanza, ma sempre lividi dappertutto. Mentre Rosi ne fotografava crolli e sventramenti, mentre su di essa si allungavano le mani di Achille Lauro, io nascevo urlando in una sala parto del Loreto Mare, parto naturale, travaglio non lungo: mi chiamarono Amanda nonostante le nonne avessero espresso parere contrario, mi chiamarono cosí perché conoscevano il latino, studiato fin dalle medie e corroborato dalla messa. Non è facile essere all'altezza di un gerundivo, ma questo imprinting, che allora in fasce, e per lungo tempo a seguire, non potei conoscere, dev'essere stato l'inizio di molte cose. Mi chiamarono Amanda perché mentre nascevo, proprio in quel momento lí mia madre, dalle grandi vetrate che davano sul porto, vide arrivare una nube rossa che procedeva veloce veloce: la trasportava lo scirocco. Anche mio papà, che andava avanti e indietro fumando, come nelle vignette in bianco e nero della Settimana Enigmistica, senti gli alberi stormire forte e i vetri vibrare un po' contro il vento. Non potevano sapere che stava arrivando la rivoluzione sessuale, non potevano sapere che avrebbe toccato anche loro, proletari e borghesi, gente pratica e non speculativa, gente che a ventidue anni già lavorava e faceva figli e si sposava in chiesa, gente che acquistava lavatrici. Non potevano saperlo, ma lo sentirono, dovettero sentire che quel vento era pagano: che il soffio di Ovidio stava rinnovandosi attraverso i millenni e che avrebbe cambiato il loro modo di fare l'amore, di pensare l'amore. Avrebbe acceso le luci nelle loro camere da letto, abbattuto i confini delle coppie nelle città e spazzato via i costumi dai culi sulle spiagge.

[...]


Quasi mezzo secolo dopo, nello straziante congedo dalle spoglie della casa pristina, vuota di chi la visse, l' Enciclopedia della donna è l'unica cosa che ho portato via, in eredità. Mio fratello si è tenuto il gatto amato da papà, io il dono ripudiato da mamma, il resto l'abbiamo lasciato perché il resto non conta nulla: ce l'hanno insegnato loro. Abbiamo chiuso la porta e siamo andati. L'ho sistemata nel vano lavanderia della mia casa, lí dove il filippino spesso la consulta per eliminare delle macchie difficili. «Sono ancora gli unici rimedi davvero efficaci», mi dice. Ma l'ho anche trovato qualche volta in pausa caffè, con un fascicolo in mano, a riflettere sulla condizione libera delle donne scandinave: «Adesso è cosí anche in Italia, vero?» mi chiede senza alzare gli occhi dagli acquerelli.

Ora, io una cosa che ho sempre trovato davvero scomodissima, una di quelle per cui ho salutato con gioia l'avvento dei computer nelle nostre vite, assieme ad Autocad e 3D Studio, sono i volumi di aggiornamento delle enciclopedie. Nelle biblioteche, e a casa, sono sempre arrivati, in facoltà continuano ad arrivare: ma io li trovo scomodissimi: prima devi fare un tentativo di ricerca della voce nell'opera principale, se non la trovi devi aggiungere all'informazione che cerchi la tara del tempo (il che significa sia avere già molto dell'informazione stessa, sia doversi accorgere della propria età), e poi puoi andare a vedere se qualcuno si è ricordato di inserire la voce nel volume di aggiornamento. Un disastro. L' Enciclopedia della donna non corre questo rischio: tutto quello che doveva dire l'ha detto una volta per sempre. Le manca un unico argomento e in toto. Dall'alpha all'omega di un unico argomento che riguarda intimamente la donna e che nell' Enciclopedia non viene mai affrontato: la fica. Una dimenticanza non da poco a cui l'animo certosino della docente universitaria già ricercatrice, già ricercatrice confermata, si appresta a porre repentino rimedio.

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Pagina 20

Sgombro subito il campo: questo qui si chiama Francesco e gli voglio davvero bene. È accaduto molto presto che cominciassi a pensare a lui con gioia, dopo un mesetto che facevamo l'amore.

Non credo che sia neppure un uomo particolarmente romantico, per lo meno non è sdolcinato, e quelle volte che gli capita di prendere la discesa orrenda dell'afflato lirico lo interrompo subito. La tecnica (ma non lo faccio di proposito, mi viene naturale) è quella degli opposti: se lui sta andando in una direzione, io vado nell'altra. Se lui mi dice: «Mi sei mancata tanto», io sto zitta. Lui continua: «E a te come è andata la giornata?» «Benissimo, ho dormito bene, stamattina ho sbrigato rapidamente gli esami, pranzato con la signora Liliana... solo che», allora io sento che lui resta sospeso su quel che. Miracolo di un pronome: diaframma sul pensiero che ne seguirà, gli astanti si sistemano in silenzio, tutti gli occhi sono fissi su quell'unico punto illuminato dai fari: solo che... «Solo che ho 'sta voglia di scopare»: io non lo so dire in un altro modo, davvero: in una bella giornata è quello che mi è mancato. Ci resta male, mi dispiace. Forse voleva qualcosa tipo "Solo che se tu mi raggiungessi al Superfly per un cocktail Martini sarebbe la perfetta conclusione di una buona giornata". Ma non è quello che penso. Il Superfly è aperto anche se lui non c'è, e se un cocktail Martini è buono dipende soprattutto dal gin: la verità è che le mie parole lo offendono. A me dispiace. Lui ridacchia, dice: «Grazie», poi aggiunge una cosa che in questi anni mi ha già detto: «... mi spiazzi sempre, del resto io non ero mai stato con un uomo».

Ed è qui che sbaglia, è questo il dannato equivoco che nessuna scrittura sacra potrà mai confutare: io non sono un uomo, non sono neppure una donna mascolina. Io sono proprio una donna donna, femmina: ancora ricordo la vampa che mi prese sotto la pancia guardando la tutina aderente di Diabolik su un alter alter dei miei genitori. Sono femmina: cucino e se serve stiro pure (ma spero di no). E poi ho lasciato mio marito per un altro e questa è la prova definitiva della mia femminilità, visto che ai maschi manca il cromosoma per farlo, come a me manca quello dei peli nelle orecchie. Ho la fica, fino a un anno fa avevo anche le mestruazioni regolari, faccio la mammografia, se passo davanti a uno specchio ci posso restare intrappolata come in una ragnatela perché mi piaccio assai, e piaccio pure molto agli altri. Sono proprio una femmina, solo che nel mio parco scarpe, abiti, accessori, rossetti: degli uomini manco l'ombra, neppure una traccia antica e nascosta. E ogni volta che mi hanno detto «Con te sembra di parlare con un maschio» era solo per paura: gli uomini non pensano davvero che le donne vogliono scopare, cioè che lo vogliono in assoluto, e non solo in quel momento e proprio perché ci sono loro. Che vedono il mondo meravigliosamente sessuato intorno, e nei corpi una potenzialità di gioia milioni di volte piú immediata che nelle idee. Agli uomini strutturati culturalmente non conviene, gli toglie l'unica cosa che pensavano di aver conquistato con gli studi: la possibilità di far carriera. Agli operai non viene mai detto, raramente dimostrato. Ne restano pochi in grado di reggere a questa idea, uno di questi è lui, Francesco, il mio amante. E per questo che stiamo insieme: si dispiace un po', poi gli passa.

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Pagina 39

Tristi tropici


Il problema vero è che gli uomini di cultura sul sesso sono starati: o troppo romantici o troppo spacconi o troppo mistici. E io sono atea.

[...]


Gli spacconi non sono meglio: credono di essere uomini di mondo cum laude, e allora cercano di portarti a letto a tutti i costi con un dispendio di energie incalcolabile, e se non ci riescono (figuriamoci se io la do a uno cosí) cercano cameratismo, ti raccontano di avventure o, peggio, si spalleggiano tra di loro, «quello lo chiamano uccello d'oro», «io cosí, invece lui è una macchina». Questa celebrazione del totem è religione, li ascolto con lo sguardo che dovette avere Lévi-Strauss quando incontrò i Mundé.

Se ci vado a letto, anche quello che sembra piú disincantato a un certo punto fa lo sguardo acquitrinoso: lo vedo. E mentre lo vedo penso che quello sguardo si è formato al Moma, e mi puzza di falso ma cosí di falso che me ne voglio uscire subito, dal Moma, e buttarmi al bar dello sport dietro corso Secondigliano. Il loro punto comune è che vogliono sembrare qualcos'altro. Qualcosa altro anche al di fuori del letto, vogliono continuare a esistere al di là dell'incontro. E se sulla necessità di sparire dopo siamo tutti piuttosto d'accordo, fargli capire che devono sparire pure prima è difficilissimo. Si offendono a morte: vogliono esistere nella tua testa, è questa pretesa di fondo che non sopporto. Suffragata da che, poi? Hanno attraversato i monti? Aperto i mari? Rischiato la guerra? Patito la fame? Salvato bambini? Liberato nazioni? Scritto capolavori immarcescibili che già sono stati vagliati dai posteri con la sentenza ardua che sappiamo? No. E allora perché dovrebbero continuare a esistere oltre il loro cazzo?

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Pagina 75

Il semaforo


Certo bisogna avere fortuna a trovare uno che ti incateni la fantasia. Ci vuole uno che scopi in maniera naturale: esperto ma non meccanico. Uno che sappia essere all'altezza del pensiero bello che precede ogni scopata, che sappia sostanziarlo nel corso della stessa, e poi: inverarlo, confermarlo, rafforzarlo, convalidarlo in quelle seguenti. È cosí che funziona. Non dico sempre: bisogna essere in gamba e fortunati perché questo accada. Quando si trova uno cosí bisogna continuare a frequentarlo, frequentarlo, frequentarlo. Ma piú in generale, non bisogna aver paura di sprecare colpi: cosí ne funziona uno su dieci. Però intanto quei dieci uomini, piú o meno deludenti, piú o meno richiamabili, piú o meno utili, non sono stati nocivi quindi va bene: ciò che non ammazza fortifica, dicevano le nonne.

Non dico queste cose rozzamente, non le penso come una cosa piatta, bensí come un'attitudine molto allegra che mi distrae dal senso ingombrante della vita, che mi rassicura rispetto a come sono, che mi fa compagnia. Credo che scopare sia una delle cose piú intelligenti che possa fare l'essere umano e credo che - ma questo è un gusto mio - piú si è bestiali meglio si è umani. Solo in questo campo qui. Non riesco a pensare male di uno bestiale a letto. Non riesco a immaginarlo né volgare in una conversazione, né violento nelle mura domestiche, né superficiale, uno che scopa bene, in maniera etimologicamente bestiale. Uno su dieci. Però una sgrossatura in qualche modo va fatta. Anche qui: sarebbe volgare costruire un setaccio a bella posta: ci vuole un'indole innata, come quelle discendenze di aristocratici che si affinano nei secoli per gli incroci sempre perfetti, per cui naturalmente i nuovi nati sono biondi e longilinei, e si muovono con eleganza fin dalle fasce. Ecco. Io fin dalle fasce sono solita dividere l'umanità in due macrocategorie: le persone scopabili e quelle non scopabili. Appena entro in uno spazio chiuso, un ascensore, una sala d'attesa, uno scompartimento di qualunque cosa, la navata di una chiesa, la terrazza di un hotel, il solito bar dove bevo ogni sera un cocktail Martini sennò non mi ritiro: io mi guardo attorno con fiducia. E, senza neppure pensarci, senza neppure volerlo, a velocità formidabile individuo chi in qualche modo, tra le persone presenti, un giorno potrebbe finire a letto con me, e chi è escluso. Questo ovviamente non ha nessun seguito e nessuna conseguenza, cioè ripeto: lo faccio in automatico, si immagini che io abbia uno scanner al posto degli occhi: dentro di me si accende una spia di tipo binario, stupida stupida, rosso o verde, un sistema primordiale, ancora piú stupido di un semaforo, che almeno ha anche il giallo.

Il giallo non ha mai lampeggiato. Il giallo è per le sfumature e io credo che in questo mondo feroce e ottuso siano altri i campi della vita in cui bisogna porre attenzione. Ma questo il 99% delle volte non significa nulla. A quella primissima selezione specie-specifica non segue niente: faccio quello che dovevo fare, mi distraggo, mi immergo in una lettura, guardo i numeri scalare prima del mio all'Inps, mi ravvio una ciocca di capelli nello specchio dell'ascensore e dimentico immediatamente tutto per passare oltre. Un corollario di questa attitudine mia naturale è la permanenza a lungo in un luogo chiuso. Allora lí la cosa cambia: si dimostra facilmente nei mezzi di locomozione a lunga percorrenza. Quindi, scartate metropolitane, funicolari e tram, penso al tepore fisico e mentale che mi avvolge quando prendo un treno alta velocità e so che ci resterò seduta per tre-quattro ore. Oppure un aereo. Peggio: il volo intercontinentale, là dove il cono della notte mi raggiunge, senza che sia davvero notte: il buio mi insegue e mi ricorda che è come una coperta morbida alla quale è inutile sottrarsi. I cellulari sono spenti e ci resteranno, tutto ciò che succede sulla Terra non mi riguarda per le prossime sei ore, perché qualunque catastrofe dovesse abbattersi sulla mia casa o sui miei figli: io non ci potrei fare nulla. La portanza mi mantiene sospesa nel limbo che merito come la balia un neonato. Il neonato porta il pollice alla bocca e comincia a succhiare, appagato, sprofonda in pensieri antecoscienti. Se vicino a me si è accesa una luce verde, è la fine.

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Pagina 83

Decorazioni al valore


Quando faccio l'amore penso a quello che mi piace di piú, e mi tengo entro una sottile linea d'ombra oltre la quale se quello si fa male o detesta per sua conformazione la tale tecnica, si avvilisce. Però ho notato che i piú sensibili, quelli cioè che sarebbero soggetti a questo rischio, "sentono" (appunto perché sono dotati di antenne sensibili) che ti stai divertendo davvero e questo a loro piace. È come quando giocavo con i gemelli da piccoli: se inventavo un gioco che piaceva anche a me, per esempio un gioco competitivo, e mi ci mettevo a giocare davvero: a una corsa volevo vincere, a nascondino scomparire: se ci stavo davvero dentro e mi stavo divertendo, anche i gemelli si divertivano di piú, erano felici. Pure se vincevo io.

La annovererei ancora in una forma di verità delle cose, di sincerità del rapporto: non un "do ut des" bensí un "capio ergo recipis", che rende tutti felici e speranzosi di rigiocare ancora e ancora, magari nella prossima partita vinci tu.

Quindi io difficilmente faccio attenzione al fatto che quello lí sia contento o meno: tranne incidenti di percorso, accompagnarli al traguardo mi sembra rappresenti per loro già una bella soddisfazione. Eppure a volte arrivano delle medaglie, non richieste: lo Stato Maggiore dell'Esercito ti chiama e ti decora. Anni dopo, dopo che sono stati fidanzati o sposati con altre, li rincontri in una stamperia, tra le copie eliografiche, con la puzza di acido che ti brucia il cervello, e loro, davanti al plotter, ci tengono a dirti che tu sei stata quella che li ha fatti piú felici, l'unica con cui hanno potuto esprimere ogni fantasia, etc etc bla bla. Secondo me lo dicono piú per rievocarsi: come fosse una cerimonia commemorativa. E comunque solo da pochi anni ho scoperto che non devo assolutamente crederci, che è una cosa che si dice, e che chissà a quante partner lo dicono per gratificarle. È un malinteso. Me l'ha chiarito un mio amico. Maschio, etero, mia stessa età, mai preso in considerazione, e non è brutto, e piace molto a uomini e donne, e sappiamo tutto l'una dell'altro da una trentina d'anni. Io faccio fatica a credere che chi guarda agli uomini nella loro interezza riesce a farseli amici. È incomprensibile per la maggior parte di loro, andiamo, su. Dopo milioni di anni dall'uomo di Neanderthal alcuni di essi vagano ancora come cavernicoli sui marciapiedi delle nostre metropoli, tatuandosi addosso disegni infinitamente meno aggraziati di quelli delle grotte di Lascaux. Denudati, in apparato scimmiesco, denudati, cosí come vanno guardati: quando si rivestono dopo il sesso, perfino la donna piú affettuosa e propensa alla comprensione, perfino quella ragazza bisognosa di protezione vedrà senza alcun dubbio che aveva riposto male le sue speranze: che non c'è nulla da cavare da questi qui e non è colpa loro. Fa parte della loro natura, sono il sesso debole. L'unico modo onesto di avere un uomo etero per amico è non aver mai pensato di andarci a letto, e l'unica condizione affinché questo avvenga è staccar loro il coso da tutto il resto. Il pesce è una cosa, l'amicizia un'altra. Se si capisce questo allora viene tutto facile: io ho due amici maschi, solo due, con cui ho pure dormito nello stesso letto ma solo per stanchezza, credo di aver fatto pure pipí davanti a uno dei due, ma era nella notte dei tempi e nei vapori del gin, cosí non so se è un ricordo attendibile, ma appunto: era la notte dei tempi e siamo ancora amici. E questo in virtú del fatto che io considero solo quello che c'è da considerare: l'articolo. Con questo setaccio davanti è semplice per chiunque separare il metallo prezioso dalla sabbia, e quelle pietre luccicanti che restano alla fine del Klondike, sono le uniche, vere, rarissime pepite d'oro: i miei due amici maschi. E insomma: uno dei due, canzonandomi, mi ha spiegato che loro fanno cosí: inorgogliscono le loro partner dicendo che sono brave a letto. Di questo qui mi fido e quindi faccio ammenda. Per anni ci ho creduto. È che io non riesco a prendere in considerazione l'idea di adulare l'altro. Ma perché? Che motivo c'è di dire a una persona con cui scopi una cosa che non pensi? Non ci arriverò mai. Troppe parole mi stancano.

Ma c'è una medaglia di cui vado veramente fiera: un'onorificenza data sul campo, appena vinta una battaglia ma ancora aperta la guerra. Io ero venuta e lui mi stava concedendo la tregua, mi ero rannicchiata su di un fianco e stavo scivolando in quel sonno dolcissimo che solo chi conosce davvero può comprendere. Quando a voce bassa bassa, lui poggiato su una doppia teoria di cuscini, forse guardandomi, non so (gli davo le spalle), mi disse: «Sei la donna con cui ho fatto meglio l'amore in vita mia». E siccome non era un ragazzino e non aveva ancora concluso e l'ha detto tra sé e sé, mi è sembrata una cosa bellissima da ascoltare prima del meritato riposo del guerriero. Che sono io.

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Pagina 103

Sputando su Hegel


È e resterà sempre uno degli intramontabili, il classico dei classici: il mio è una dispensa spillata con le pagine ingiallite per l'usura, per la febbrile consultazione, che tengo appoggiato in dipartimento tra le Vite del Vasari e il Frampton nell'edizione Hoepli. Sono i pilastri, le fondamenta, le basi del sapere. Alle studentesse piú tenaci lo propino assieme alla bibliografia per la tesi, ma. Ma sulla questione della donna vaginale e clitoridea io ho davvero cambiato idea nel corso degli anni, dei secoli mi viene da dire, visto che la stratificazione delle mie competenze sull'argomento ha piú a che fare con le ere geologiche che con il chronos. Io credo che la penetrazione sia una cosa strepitosa, direi l'unico motivo per cui quasi tutti i rapporti che ho avuto in vita mia sono stati con uomini. Anzi a me sembra che piú lo faccio piú mi viene voglia di farlo, e che la gioiosa voglia mi passa solo se lo prendo. Per esempio, tutta la teoria che mi sono fatta sul piú ce n'è meglio è, con i suoi corollari, le sue postille e le varie obiezioni, fallirebbe miseramente se mi bastasse l'orgasmo clitorideo. Lei veglia. Io la chiamo la clitoride, le do del lei, è come quando Goethe scopri che la luna in italiano è femmina, mentre in tedesco der mond è maschio. La luna è femmina e veglia, la clitoride è femmina e veglia: sta lí, decide quando è abbastanza per metterci il suo tocco specialissimo e conclusivo. È un direttore d'orchestra che dice agli strumenti quando cominciare e quando finire. E sugli strumenti: no, mi dispiace, non basta essere armati di buone intenzioni. C'è un minimo sindacale oltre il quale non si può scendere. A me interessa la robustezza piú che la lunghezza, e soprattutto deve essere resistente, proprio come uno scaffale che progettai per certi miei amici architetti che hanno un bello studio a Villa Santa Maria. Efficace. Resistente. Robusto. La lunghezza è variabile, a seconda della parete. Ma sotto un minimo non si scende, mi dispiace. Non è colpa di nessuno, non saranno giudicati per questo, ma piccolo non va bene, non dà nessun piacere, decade il principio della donna vaginale, torna quello della donna clitoridea e quindi non ha nessun senso piú andare con un uomo.

Certo: la valutazione va fatta in maniera ponderata e non frettolosa, in azione; a volte ci sono meravigliose scoperte: un cazzo cambia carattere da quando sta a riposo a quando si fa duro. Questo doversene accertare in fieri comporta un fattore di rischio da calcolare, ma è moderato: quelli che ce l'hanno davvero piccolo sono pochi. Nella mia statistica circa il 2%. Circa perché non mi ricordo se me ne sono scopata piú o meno di cento, contarli mi sembra un virtuosismo e gli eccessi tracimano sempre nella mistica. Diciamo cento. Bene: due ce lo avevano come il mio pollice. Non esagero: come il mio pollice. Uno era un mio compagno di università, un ragazzo di una certa nobiltà d'animo con cui abbiamo preparato l'esame di Disegno e rilievo. All'università era piú bravo di me, era colto e studiava con senno, prese trenta e lode e se lo meritava. La sera stessa scopammo a casa dei miei. Io ero attonita, ma avevo vent'anni, a ogni modo compresi subito cosa andava fatto: restargli amica. Andò cosí fino alla laurea, abbiamo continuato a pranzare assieme, andare allo stesso cineforum e poi lui ha fatto il concorso a scuola e io tentai il dottorato, cosí ci siamo perduti di vista. Di recente l'ho incontrato alla Biennale, per caso. È stato bello, mi ha detto che è entrato di ruolo, ha tanti nipoti, non si è mai sposato.

L'altro era un avvocato che aveva piú cognomi che centimetri di cazzo. E il suo stare al mondo risentiva di questa condizione come certi giudici nelle canzoni di De André. Ma questa, forse, è un'altra storia.

Quello che invece voglio davvero dire l'ho annotato in appendice alla mia edizione spillata di Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti , Scritti di rivolta femminile 1, 2, 3, Milano 1970, e bado bene a che venga fotocopiato quando lo presto alle tesiste, perché in fondo io lo so già, e se lo scrivo: lo scrivo per le nuove generazioni. Per quelle fanciulle in fiore che vedo arrivare la mattina nel chiostro della facoltà dalle province, con gli occhi cerchiati dalla corriera, con due spiccioli in tasca che non sanno se comprarsene un caffè o il panino per il pranzo. Quelle che arrivano e sono piú esili dei tubi che portano attaccati dietro la schiena, faretra delle frecce che forgiano minuto dopo minuto nelle nostre aule, segno dopo segno. Quelle con gli occhiali, quelle che si mangiano le unghie, quelle che non si presentano agli esami e le trovi prenotate a ogni sessione. Ma pure per quelle sfrontate che stanotte hanno vomitato la vodka al melone dentro al cesso e ti fissano negli occhi: perché io ho cinquantatre anni e avevo un padre femminista e loro hanno vent'anni e hanno padri che da vent'anni assistono a un parlamento vuoto.

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Pagina 107

Indice analitico alfabetico


194 anemoni viola Il numero degli anemoni corrisponde a quello della legge sull'aborto del 22 maggio 1978 . . . 7

Affogare con le pietre in tasca Riferimento alla morte di Virginia Woolf che si suicidò gettandosi in un fiume: le trovarono delle pietre in tasca . . . 53

Afrodite (urania e pandemia) Vedi Simposio

Alter In latino significa "l'altro", alter alter era il supplemento del periodico Linus . . . 19, 21

Amanda Singolare femminile, vuol dire "colei che deve essere amata", ma al neutro plurale diventa "le cose che devono essere amate" . . . 4, 6, 25, 39, 45, 54

Anguria (prova dell') Carotaggio effettuato dal fruttivendolo sulla cucurbitacea al fine di assicurare al cliente il grado di maturazione . . . 43

Arcimboldo I quadri piú famosi del pittore milanese sono volti umani composti come nature morte: una melanzana per naso, due melagrane a fare le gote . . . 43

Ardua sentenza È quella che i posteri, cioè noi, dovremo notificare a Napoleone, per decidere se è stato un grande o un farabutto. Lo propone Alessandro Manzoni ne Il cinque maggio . . . 41

Assunto socratico Il protagonista dei dialoghi platonici giovanili è Socrate. Nell' Apologia dichiara che l'unica cosa che sa, è di non sapere. La teoria è stata chiamata anche della dotta ignoranza (Vedi anche) . . . 30, 119

Baccanti Le donne devote a Dioniso, il dio della forza vitale. Sono forsennate, cioè fuori di senno: quando incontrano Orfeo in un bosco, giustamente lo ammazzano. È anche il titolo dell'ultima opera di Euripide . . . 91-92

Baciamano Ne Il galateo della lesbica perfetta di Cinzia Ricci è spiegato per bene . . . 45, 46, 52, 79, 95, 119

Bauman, Zygmunt Il cambiamento è l'unica cosa permanente, e l'incertezza è l'unica certezza: è questo il tempo "liquido" . . . 72

Califano, Franco «La prima sera devi dimostrare | che al mondo solo tu sai far l'amore. | Sí, daccordo, ma poi. | Tutto il resto è noia» . . . 64


[...]

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Pagina 113

Indice degli argomenti


        ANTROPOLOGIA
            Autori
                Bauman, Zygmunt                      72
                Lévi-Strauss, Claude                 40
            Opere
                "Sputiamo su Hegel"                 103
                "Tristi tropici"                     39

        ARCHITETTURA
            Telamoni                                 27

        ARTI
            Manuali
            Ferro a fare il mastro (Il)              14
            - Elettroutensili
                Black&Decker                         92
            Militari
                Decorazioni al valore                83
            Visive
            – Pittura
                Artisti
                    Arcimboldo                       43
            - Scultura
                Artisti
                    Manzoni, Piero                   44
                    Modigliani, Amedeo               92
                    Tosatti, Gian Maria              44

        ASTRONOMIA
            Copernico                                97

        BESTIARIO
            Fenice                                   64

        CINEMA
            Registe e registi
                Cavani, Liliana                       5
                Ferreri, Marco                       59
                Kubrick, Stanley                     56
                    Il mattino ha l'oro in bocca     71
                Rosi, Francesco                       4
            Attrici e attori
                Cruise, Tom                          56
                Depardieu, Gérard                    59
                Kidman, Nicole                       56
                Muti, Ornella                        60
                Steele, Lexington                    61
            Film
                "Cannibali", (I)                      5
                "Eyes Wide Shut"                     56
                "Mani sulla città" (Le)               4
                "Ultima donna" (L')               59-60

        [...]

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