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| << | < | > | >> |IndicePrefazione XIII Autori XIX Parte prima La valutazione delle condizioni finanziarie delle imprese nel quadro di Basilea 2 1 Capitolo 1 Elementi del Nuovo Accordo di Basilea 3 1.1 Introduzione 3 1.2 Il Comitato di Basilea 7 1.2.1 I limiti di Basilea 1 9 1.3 Le principali innovazioni 11 1.3.1 L'approccio standard 12 1.3.2 Gli approcci del rating interno 14 1.3.3 Le funzioni di ponderazione 18 Capitolo 2 Il rating e l'impatto sulle imprese 25 2.1 Introduzione 25 2.2 L'attribuzione del rating 26 2.2.1 L'approccio qualitativo 29 2.2.2 L'approccio quantitativo 30 2.3 Dal rating ai tassi attivi 32 2.4 Il rapporto con le banche e la gestione proattiva del rating 34 Bibliografia 43 Parte seconda Metodologie per l'analisi dell'equilibrio finanziario 45 Capitolo 3 La riclassificazione del bilancio d'esercizio 47 3.1 Le analisi di bilancio: introduzione 47 3.1.1 Analisi consuntive e prospettiche 48 3.1.2 Analisi interne ed esterne 48 3.2 Il bilancio di esercizio 49 3.2.1 I principi base della legislazione vigente in materia di bilanci societari 51 3.2.2 Il sistema informativo di bilancio 52 3.3 Lo schema obbligatorio del bilancio pubblico d'impresa54 3.3.1 Lo schema di stato patrimoniale 55 3.3.2 Lo schema di conto economico 58 3.4 La riclassificazione 60 3.4.1 Il conto economico 60 3.4.2 Lo stato patrimoniale 72 3.4.2.1 Lo stato patrimoniale secondo il criterio finanziario 73 3.4.2.2 Lo stato patrimoniale secondo il criterio di pertinenza gestionale 82 Appendice I diversi aspetti della gestione aziendale e l'individuazione delle "aree" gestionali 87 Bibliografia 89 Capitolo 4 La rielaborazione del bilancio 91 4.1 Introduzione 91 4.2 Convenzioni contabili e sostanza economica 92 4.2.1 La rielaborazione contabile delle operazioni di leasing 93 4.2.2 La rielaborazione contabile dei piani di stock option 100 4.3 Politiche di bilancio e contabilità "creativa" 108 4.3.1 Le politiche di bilancio 110 4.3.1.1 Immobilizzazioni immateriali 110 4.3.1.2 Immobilizzazioni tecniche 111 4.3.1.3 Attività finanziarie di pertinenza dell'attivo immobilizzato e del capitale circolante 113 4.3.1.4 Rimanenze di magazzino 114 4.3.1.5 Altri crediti e debiti 117 4.3.2 Le tecniche di contabilità "creativa" 118 4.3.3 Le manipolazioni contabili ai fini dell'evasione fiscale 120 Bibliografia 121 Capitolo 5 Gli indici di bilancio 123 5.1 Introduzione 123 5.2 Gli indici 125 5.2.1 Indici di redditività 125 5.2.1.1 Analisi della redditività: osservazioni e criteri di confronto 130 5.2.2 Indici di produttività 131 5.2.2.1 Analisi della produttività: osservazioni e criteri di confronto 135 5.2.2.2 Produttività e redditività 136 5.2.3 Indici di liquidità e di capitale circolante 136 5.2.3.1 Analisi della liquidità e del capitale circolante: osservazioni e criteri di confronto 144 5.2.3.2 Liquidità e redditività 145 5.2.4 Indici di struttura e performance finanziaria 146 5.2.4.1 Analisi della struttura finanziaria: osservazioni e criteri di confronto 153 5.2.4.2 Struttura finanziaria e redditività 154 5.2.4.3 Struttura finanziaria e liquidità 155 5.2.5 Tassi di sviluppo 155 5.2.5.1 Sviluppo e redditività 155 5.2.5.2 Sviluppo e liquidità 155 5.2.5.3 Sviluppo e struttura finanziaria 156 5.3 La lettura sistematica degli indici 156 5.3.1 L'approccio moltiplicativo 157 5.3.2 L'approccio additivo 158 5.3.3 Rischio operativo e rischio finanziario 164 5.3.4 Il contributo della gestione caratteristica 172 5.3.5 Il contributo della gestione finanziaria 175 5.3.6 Utilità degli schemi di composizione degli indici 178 5.4 Conclusioni 178 Appendice 181 Bibliografia 194 Capitolo 6 L'analisi della dinamica finanziaria 195 6.1 Il risultato finanziario diverge dal risultato economico 195 6.2 L'esigenza di integrare il bilancio con il rendiconto finanziario 200 6.3 La provenienza e la destinazione delle risorse monetarie 205 6.3.1 La gestione economica caratteristica corrente 208 6.3.2 L'area degli investimenti e dei disinvestimenti209 6.3.3 L'area delle remunerazioni finanziarie, delle gestioni accessorie e straordinarie 210 6.3.4 L'area dei finanziamenti e dei rimborsi 211 6.4 Flussi di circolante e flussi di cassa della gestione caratteristica corrente 213 6.5 La redazione del rendiconto finanziario 228 6.6 Esempio di redazione di un rendiconto finanziario 234 Bibliografia 245 Capitolo 7 La previsione finanziaria 247 7.1 Gli obiettivi della previsione finanziaria 247 7.2 Come si imposta la previsione: la metodologia 251 7.3 Come si imposta la previsione: le informazioni necessarie e/o utili 260 7.4 Come si redige un bilancio previsionale: un caso esemplificativo 271 7.4.1 L'illustrazione del piano di sviluppo 274 7.4.2 Il conto economico previsionale 276 7.4.3 Lo stato patrimoniale previsionale 279 7.4.4 L'individuazione delle soluzioni di copertura del fabbisogno e il calcolo degli oneri bancari283 7.4.5 Il bilancio previsionale finale 284 7.4.6 I principali indicatori di bilancio e il preventivo finanziario 286 7.5 Alcune considerazioni sulla metodologia e sull'interpretazione dei risultati 288 Bibliografia 297 Parte terza Criteri e percorsi dell'analisi finanziaria 299 Capitolo 8 L'analisi degli equilibri finanziari: criteri guida e indicazioni di metodo 301 8.1 Premessa 301 8.2 Cosa intendiamo per equilibrio finanziario? 302 8.3 Il divario tra le entrate e le uscite monetarie 303 8.4 La coerenza della struttura finanziaria 305 8.5 La dinamica del capitale circolante ben raccordata con l'evoluzione del fatturato 307 8.6 La relazione tra rendimento del capitale investito e costo delle risorse finanziarie 308 8.7 Il rapporto tra reddito operativo e oneri finanziari 310 8.8 Il valore economico dell'attivo complessivo e il valore delle passività 312 8.9 La relazione tra flusso netto di cassa complessivo e sviluppo aziendale 313 8.10 La struttura finanziaria che massimizza il valore societario 314 8.11 Finanza come area critica 315 8.12 Un sintetico percorso di lavoro 317 Bibliografia 319 Capitolo 9 I percorsi dell'analisi finanziaria 321 9.1 Premessa 321 9.2 L'approccio dello schema di raccordo degli indicatori322 9.3 L'approccio del rendiconto finanziario 330 9.4 L'approccio dello sviluppo sostenibile 333 9.5 L'approccio equilibrio -> ristrutturazione finanziaria 335 9.6 L'approccio del valore 341 9.7 I modelli di analisi discriminante 342 9.8 Conclusioni 343 Bibliografia 346 Appendice 347 La gestione del capitale circolante Il caso Rostra Spa 349 Il caso 349 Il report di Montini 350 Giacomi vuole approfondire il problema 351 La soluzione 359 Verbale sintetico della riunione che poi si svolse 359 Rostra — Analisi del bilancio 368 La redditività 368 La situazione finanziaria 368 La gestione del capitale circolante e la liquidità 368 I flussi finanziari 368 Conclusioni 368 Indice analitico 375 |
| << | < | > | >> |Pagina XIIINel corso degli ultimi due decenni, la morfologia del sistema finanziario italiano è mutata radicalmente assumendo connotazioni meno distanti da quelle prevalenti nelle economie di mercato avanzate. Importanti interventi riformatori (ordinamento giuridico, fiscalità, promozione della concorrenza, privatizzazione delle banche, apertura internazionale, crescita dei mercati) hanno modernizzato la cornice istituzionale del sistema finanziario attenuando la portata di numerose specificità che segnavano gli scostamenti e i ritardi rispetto ai sistemi finanziari più sviluppati. Il cammino che rimane da compiere verso migliori standard di efficienza operativa e di efficienza funzionale è, ora, soprattutto legato ai comportamenti dei soggetti (banche, imprese, famiglie, settore pubblico) e alla loro capacità di cogliere appieno il potenziale che il sistema finanziario, rinnovato nelle regole e negli strumenti, è in grado di offrire. Gli interventi sulla cornice strutturale sono, infatti, condizione di sviluppo necessaria, ma non sufficiente. È anche necessario che gli operatori raccolgano i segnali del cambiamento, siano incentivati dalla concorrenza, dal mercato e, ove occorra, dalla mano pubblica a rispondere agli stimoli con comportamenti proattivi. Occorre, cioè, che, in parallelo alle riforme istituzionali, gli operatori siano incentivati a sviluppare competenze nuove, processi decisionali più articolati e complessi, capacità manageriali più evolute, comportamenti più efficienti. In alcuni comparti dell'industria finanziaria il processo di convergenza è ancora in atto. Un'area critica è costituita dal modello di relazioni banca-impresa tipico del nostro Paese che stenta a superare connotazioni poco funzionali alla migliore allocazione delle risorse. In particolare, risultano carenti i processi di selezione e di controllo che supportano questa peculiare funzione del sistema bancario. La selezione delle imprese richiede l'acquisizione di informazioni qualificate e approfondite, comporta complesse elaborazioni delle informazioni e l'applicazione di sofisticate metodologie di valutazione dei progetti e dei percorsi di sviluppo delle imprese e, infine, necessita dell'applicazione di adeguati criteri di priorità. Il controllo si basa sulla qualità della dialettica del rapporto, sui vincoli contrattuali e sull'esercizio di un effettivo potere di indirizzo gestionale che accentui, all'interno delle imprese, la funzione di disciplina gestionale esercitata dalle regole dell'equilibrio finanziario. Un salto di qualità nell'esercizio di queste funzioni si prospetta, ora, con le nuove regole della vigilanza prudenziale approvate dal Comitato di Basilea. Basilea 2 pone il concetto di equilibrio finanziario al centro della dialettica banca-impresa. Gli attribuisce una valenza potenziata rispetto al passato e impone sia alle banche, sia alle imprese di ogni dimensione di sviluppare professionalità nel campo dell'analisi finanziaria finalizzate, per le prime, a una migliore capacità di selezione e di controllo e, per le seconde, a un migliore presidio degli equilibri gestionali. In questo senso, l'accordo di Basilea è un acceleratore di comportamenti virtuosi, di quei comportamenti razionali che dovrebbero maturare per evoluzione spontanea in mercati efficienti, aperti e concorrenziali. La forza dell'impatto di Basilea 2 consiste nella rilevanza degli incentivi che le nuove regole mettono in gioco. Basilea 2 chiede alle banche e alle imprese comportamenti finanziari più efficienti e offre incentivi rilevanti per attuarli. Il "focus" del volume è sull'accertamento – attraverso le metodologie di analisi finanziaria dei bilanci – della capacità dell'impresa di far fronte agli impegni finanziari in linea con quanto richiesto dalle nuove regole del gioco del credito. L'ottica proposta può essere sia quella dell'autodiagnosi da parte dell'impresa, sia quella della valutazione di affidabilità da parte della banca. Dopo una parte introduttiva, dedicata alla presentazione del nuovo Accordo di Basilea e all'impatto delle nuove regole sulle banche (Capitolo 1) e sulle imprese (Capitolo 2), vengono presentate le metodologie di analisi degli equilibri patrimoniali, reddituali e finanziari. Nel Capitolo 3 sono illustrate le ragioni per le quali si rende necessario riclassificare i bilanci e vengono presentati diversi schemi del conto economico e dello stato patrimoniale funzionali a diversi obiettivi di indagine. Il Capitolo 4 è dedicato alla rielaborazione del bilancio. L'analista non dovrebbe limitarsi a riclassificare il bilancio, come in realtà spesso avviene. Ove necessario, dovrebbe anche effettuare una rielaborazione del bilancio. In sintesi, riclassificare significa modificare la struttura del bilancio, nel rispetto dei valori complessivi, riaggregando le poste secondo logiche propedeutiche allo sviluppo delle analisi. Rielaborare significa, invece, intervenire sui valori esposti a bilancio con l'effetto di modificare gli importi complessivi del conto economico e dello stato patrimoniale. Due le ragioni. In primo luogo, si tratta di superare il criterio del formalismo giuridico che orienta le regole tradizionali di contabilizzazione; l'obiettivo è far prevalere la rispondenza dei dati contabili a un altro criterio, quello della sostanza economica, lungo le linee tracciate dai nuovi principi contabili internazionali. Per esempio, operazioni, come il leasing o le stock option, non esposte a bilancio nel rispetto formale delle regole contabili vigenti sono riprese a bilancio nel rispetto della sostanza economica delle stesse e sono correttamente considerate, rispettivamente, come fonti di finanziamento e come costi del lavoro. In secondo luogo, si tratta di "riconoscere" e di "smontare" accorgimenti di contabilità creativa volti a edulcorare, per finalità diverse, i risultati di bilancio; l'obiettivo è il recupero della fedeltà del quadro contabile alla reale situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell'impresa. Nel Capitolo 5 si analizzano i principali indici di bilancio. Particolare attenzione è rivolta ai criteri di giudizio e alle chiavi di lettura che consentono di effettuare una valutazione organica degli indici cogliendone le relazioni che li legano a sistema. Infine, viene proposta una chiave interpretativa dei rischi aziendali distinguendo le due componenti del rischio operativo e del rischio finanziario. Il Capitolo 6 è dedicato alle modalità di lettura della dinamica finanziaria della gestione. Viene presentata la metodologia per la misurazione del risultato finanziario della gestione e si analizzano le ragioni dei possibili scostamenti dal risultato reddituale. In particolare, viene sviluppato il tema dell'autofinanziamento e viene proposta una metodologia per la quantificazione dei flussi di capitale circolante e dei flussi di cassa. L'ultima parte del capitolo illustra, in modo analitico e puntuale, una tecnica di redazione del rendiconto finanziario che ci è parsa meno ostica e di più immediata comprensione rispetto al metodo dei fogli di lavoro tradizionalmente proposto dai manuali con impostazione ragionieristica. Nel Capitolo 7 si affronta il tema della previsione finanziaria. Il termine previsione ingenera, talora, un equivoco. In realtà, non si tratta di fare previsioni, almeno non nel senso di porsi nella prospettiva di immaginare, anticipandolo, qualcosa che accadrà nel futuro. Non si tratta di esercitare una capacità predittiva. Si tratta, al contrario, di ragionare su un set di informazioni disponibili al presente. Informazioni che l'imprenditore, generalmente, ha ben presenti: il piano degli investimenti, il piano delle assunzioni, la dinamica del fatturato, le tendenze nelle dilazioni di pagamento, il dimensionamento del magazzino, l'incidenza del costo del venduto sul fatturato ecc. Il capitolo sviluppa le tecnicalità necessarie per estrarre dalle informazioni e dai piani disponibili i loro risvolti finanziari impliciti, e ciò al fine di valutarne la compatibilità con la dimensione dell'autofinanziamento e con i limiti di fido concessi dalle banche. Si può, in questo modo, giocare d'anticipo; si possono rivedere, prima che sia troppo tardi, programmi interessanti ma intrinsecamente squilibrati sul piano finanziario e destinati, in assenza di correttivi, a rendere manifeste, in futuro, le tensioni finanziarie implicite e latenti nelle incoerenze interne ai programmi dell'impresa. Sul piano delle metodologie, si affrontano i problemi relativi alla redazione dei bilanci previsionali ed alla redazione dei preventivi finanziari pluriennali. Esauriti i profili metodologici dell'analisi finanziaria, nella parte terza del volume viene, infine, proposta una guida all'analisi finanziaria focalizzata sui criteri e sui percorsi che l'analista finanziario può seguire per impostare e organizzare l'analisi con l'obiettivo di conciliare la correttezza metodologica con tempi di lavoro accettabili. Sono individuati alcuni tipici "sentieri" di analisi che l'analista finanziario può percorrere al fine di articolare il giudizio sullo "stato di salute finanziaria" dell'impresa e, a questo proposito, così come il quadro sanitario di un paziente può essere riferito a diversi profili del concetto di salute, il concetto di equilibrio finanziario viene declinato in otto accezioni diverse identificando, in riferimento a ognuna, la logica che le supporta, i punti di forza e i punti di debolezza e vengono forniti all'analista criteri di scelta in coerenza con gli obiettivi del suo lavoro. | << | < | > | >> |Pagina 31Elementi del Nuovo Accordo di Basilea
Eugenio Pavarani
1.1 Introduzione Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha ultimato i lavori per la definizione del Nuovo Accordo sul Capitale (in seguito: Basilea 2) e, nel giugno del 2004, ha reso pubblica la versione definitiva del documento intitolato International Convergence of Capital Measurement and Capital Standards. A Revised Framework. Con la sottoscrizione del documento da parte dei governatori delle banche centrali del Gruppo dei Dieci è iniziato l'iter procedurale che renderà prescrittivo l'accordo attraverso il recepimento negli ordinamenti nazionali. In realtà, per diversi aspetti, la logica nuova di Basilea 2 è già operativa. Infatti, le banche italiane applicheranno le nuove regole di vigilanza alla fine del 2006 — alla fine del 2007 soltanto le banche che adottano l'approccio IRB (Internal Ratings Based) avanzato — ma, per ottenere dalla Banca d'Italia la validazione dei loro modelli di rating, dovranno dimostrare di averli sperimentati nei tre anni precedenti. Perciò, molte banche stanno già misurando l'affidabilità dei clienti con le nuove metodologie. Inoltre, nel 2006, dando applicazione alle nuove regole di vigilanza, le banche esamineranno i bilanci delle imprese relativi agli ultimi tre anni. Quindi, già i bilanci del 2004 e del 2005 costituiscono informazione sensibile nella logica di Basilea 2. Il testo del nuovo accordo può essere definito come un "manuale della qualità del credito" in cui sono indicati alcuni fondamentali standard di best practice. Il testo è stato infatti elaborato dal Comitato sulla base della raccolta e dell'esame critico delle modalità di determinazione dei rating interni, del loro utilizzo, del loro ruolo ai fini delle analisi di affidabilità e delle scelte gestionali e operative sviluppate, nel corso degli anni Novanta, dalle banche più evolute nel panorama internazionale. Per queste ultime, l'implementazione dei rating interni è stato un importante investimento a sostegno della competitività, a supporto dei processi di allocazione del capitale per l'ottimizzazione del rapporto rischio-rendimento, ai fini di una corretta quantificazione dei mezzi propri in termini di capitale economico (a prescindere, cioè, dalle accezioni contabili e regolamentari), avendo come riferimento la creazione di valore per gli azionisti. L'utilizzo dei sistemi di rating trova perciò la propria matrice in esigenze di carattere gestionale e di rafforzamento della competitività. Un semplice esempio può aiutare a capire come l'introduzione di un efficace sistema di rating possa costituire la fonte di un vantaggio competitivo. Si considerino due banche (A e B) che condividono alcuni clienti omogenei per dimensione e per settore di attività. Banca A non dispone di un sistema di rating e propone, per questa categoria di clienti, un tasso indifferenziato del 6%. Banca B introduce un sistema di rating in grado di discriminare le stesse imprese, in funzione di una puntuale analisi del rischio, ripartendole su tre classi cui corrispondono tassi pari al 5,5%, 6%, 6,5%. La logica conseguenza dell'introduzione del sistema di rating è la migrazione dei clienti migliori da banca A verso banca B mentre, viceversa, i clienti peggiori hanno interesse a spostarsi verso banca A. Quest'ultima, successivamente, avrà modo di constatare che il tasso del 6% proposto alle imprese in questione si rivela insufficiente in quanto le perdite che saranno realizzate su un portafoglio crediti divenuto più scadente in termini di rischio non troveranno più adeguata copertura nei ricavi. La conseguente decisione di aumentare il tasso attivo finirà per avvitare ulteriormente il fenomeno e spingerà banca A ai margini del mercato. Le innovazioni introdotte da Basilea 2 fanno seguito alle nuove logiche gestionali emerse nel corso degli anni Novanta e si propongono di ridurre il gap che si è venuto a creare tra le modalità di quantificazione del capitale a fini gestionali (capitale economico) rispetto alle attuali regole a fini di vigilanza (capitale regolamentare). Secondo il Comitato, la complessità della nuova regolamentazione è la conseguenza dell'elevato grado di sofisticazione delle innovazioni introdotte dai sistemi bancari nell'ultimo decennio. E l'obiettivo del Comitato non è solo quello di assicurare stabilità al sistema – come sarà precisato nelle pagine successive – ma anche di favorire la diffusione delle innovazioni in materia di misurazione e di gestione del rischio, contemperando le esigenze pubbliche di regolamentazione con la valorizzazione delle forze del mercato e della concorrenza. Ciò nell'assunto che la qualità dei sistemi di risk management adottati dalle banche concorre a determinare l'efficienza, i posizionamenti competitivi e la redditività. Pur con le doverose distinzioni, si può affermare che in Italia, mediamente, le relazioni creditizie presentano carenze sul piano della qualità sia dal lato dell'offerta, sia dal lato della domanda. Sotto questo profilo, l'accordo si propone come un importante stimolo per il sistema economico italiano che, in campo finanziario, deve recuperare notevoli ritardi evolutivi; ritardi che, senza incentivi al superamento, avrebbero una deriva più lunga. L'accordo di Basilea è un acceleratore di comportamenti virtuosi, di quei comportamenti razionali che dovrebbero maturare per evoluzione spontanea in un mercato efficiente, aperto, concorrenziale, in riferimento sia alle politiche creditizie delle banche, sia alla gestione finanziaria delle imprese. Basilea 2 chiede alle banche italiane di adeguarsi rapidamente alle best practice creditizie internazionali, affinando le metodologie di valutazione e selezione del merito creditizio attraverso un uso più razionale delle informazioni sulla gestione delle imprese. L'elaborazione di modelli di rating interno, validati dall'esperienza storica e dall'analisi delle autorità di vigilanza e costruiti su basi statistiche, assume la connotazione di produzione di un bene pubblico in grado di incrementare l'efficienza nell'allocazione delle risorse all'interno dei sistemi economici. L'erogazione del credito sarà più selettiva e meritocratica a vantaggio dei progetti imprenditoriali più solidi e dotati delle migliori prospettive economiche. Disporre di un'informazione di rating affidabile ed efficiente rappresenta anche un importante valore a supporto della gestione delle banche. Da un lato, consente di affinare i giudizi sui rischi assunti, sul pricing, sul fabbisogno di capitale proprio, sulla misurazione della performance e sulla creazione di valore. Dall'altro, permette di sviluppare capacità distintive nel servire e sostenere la propria clientela, poiché da una migliore conoscenza della gestione delle imprese affidate deriva anche una maggiore capacità di focalizzare l'offerta su specifici bisogni puntualmente identificati. Alle imprese, anche a quelle più piccole, Basilea 2 chiede di sviluppare professionalità nella pianificazione e nel controllo finanziario della gestione, nonché nella comunicazione finanziaria. Basilea 2 chiede alle banche e alle imprese di effettuare un salto di qualità sul piano della professionalità finanziaria; sollecita comportamenti più efficienti e offre incentivi per attuarli. | << | < | > | >> |Pagina 3178.12 Un sintetico percorso di lavoroSulla base della discussione svolta, è possibile proporre alcune regole base che compongono l'ossatura di un efficiente percorso di analisi svolto dal direttore finanziario, dall'intermediario finanziario e dal consulente. In primo luogo, il giudizio sull'equilibrio finanziario si deve sempre basare, in prima approssimazione, sul grado di tensione finanziaria. È quindi necessario monitorare nel tempo l'indicatore EBIT/OF o qualche altro indicatore succedaneo. L'impatto degli oneri finanziari sul conto economico è facile da precisare e ha implicazioni molto rilevanti anche nel brevissimo termine. Se tale profilo non è ottimale è assolutamente inutile approfondire l'analisi con criteri più complessi. L'equilibrio finanziario giudicato nella relazione tra margini operativi e costi finanziari permette di chiarire subito tre quarti del giudizio complessivo sugli equilibri finanziari. L'equilibrio finanziario inteso come incidenza dei costi finanziari sui margini industriali può essere meglio approfondito ma l'indicatore EBIT/OF già presenta una valutazione significativa del problema. La Tabella 8.3 è la struttura del giudizio di forza finanziaria messo a punto da Standard & Poor's. Il risultato di tale tabella viene poi esaminato dalle società di rating assieme a molteplici elementi qualitativi. Per "estrarre" dal bilancio alcune informazioni sulla relativa forza finanziaria si può dunque procedere speditamente ponendo attenzione a un limitato numero di indicatori di sintesi.
In secondo luogo, ogni elemento di disequilibrio deve essere correttamente
inquadrato sullo schema delle varie possibilità: squilibrio derivato; area
critica; ostacolo al pieno dispiegamento del potenziale di successo. Per
maturare questo giudizio è opportuno individuare gli indicatori di bilancio più
significativi e verificarne l'andamento nel tempo.
Tabella 8.3 Schema di giudizio di Standard & Poor's. -------------------------------------------------------------- Impresa/Indici EBIT/OF EBITDA/OF RO/V D/(D+CN) FCO/D F - Insolvente <=1 E - Molto rischiosa <=2 >1 <=2,5 D - Rischiosa <=2 >1 >2,5 C - Rischio moderato >2 >2,5 <=5% B - Sicura >2 >2,5 >5% >=30% <=40% A - Molto sicura >5 >7 >5% <30% >40% -------------------------------------------------------------- Una volta ragionato sui due profili appena accennati, l'analista procede sulla base della propria cultura d'impresa, della propria conoscenza degli strumenti dell'analisi finanziaria e della possibilità di approfondire i vari problemi. I criteri di giudizio dell'equilibrio finanziario sono tutti significativi ma, quasi certamente, quelli che si dimostrano più pregnanti di implicazioni a favore dello sviluppo dell'impresa sono quelli della coerenza con la crescita e quello della massimizzazione del valore. Occorre di conseguenza basarsi su congrue logiche di pianificazione finanziaria e su modelli efficaci di calcolo del flusso di cassa della gestione operativa. Fatto questo, occorre verificare l'andamento della posizione finanziaria riguardo al percorso di crescita e assicurarsi che siano attivabili le fonti di finanziamento coerenti con l'esigenza di percorrere il sentiero di crescita potenziale. La gestione finanziaria è congrua quando si ottiene una ottimizzazione dei valori societari. Ciò viene ottenuto tenendo in grande considerazione gli aspetti che legano la variabile finanziaria con la variabile fiscale; occorre individuare la struttura finanziaria che massimizza il valore dell'impresa al netto dei profili fiscali ordinari. In seconda battuta, occorre individuare la struttura finanziaria che massimizza il valore societario tenuto conto dell'imposizione sulle operazioni di finanza straordinaria e di distribuzione di cash flow. Tali operazioni vanno progettate con attenzione alle implicazioni sullo sviluppo e sul valore (acquisizioni, fusioni, scorpori da un lato; acquisto di azioni proprie, distribuzione di dividendi, aumenti di capitale dall'altro). In sintesi, occorre concludere che presso le piccole e medie imprese non è certamente diffusa l'adozione di sistemi di programmazione e controllo finanziario e, ancora meno, l'adozione di procedure di controllo di tesoreria. La valutazione dei fabbisogni finanziari avviene spesso sulla base dell'esperienza o sulla base di criteri empirici piuttosto grossolani. La natura del problema è invece intrinsecamente complessa ed è sostanzialmente impossibile individuare in modo diretto e intuitivo le conseguenze finanziarie di un piano di sviluppo aziendale. È evidentissima l'esigenza di innalzare la razionalità della gestione finanziaria per valutare la compatibilità finanziaria dei programmi aziendali, da un lato, e per apprezzare le caratteristiche qualitative dei fabbisogni finanziari, in subordine. È vero che difficilmente la finanza è l'area critica che può impedire il successo dell'impresa e che quindi opportunamente l'imprenditore si concentra sulle aree critiche effettivamente rilevanti. È vero anche però che sempre più frequentemente la finanza diviene un fattore di accelerazione o di decelerazione delle traiettorie di sviluppo delle imprese. In questo senso, la finanza è quasi sempre l'area critica degli imprenditori ambiziosi. Sulla base delle ultime precedenti affermazioni, possiamo immaginare che vi siano imprese in equilibrio finanziario secondo diversi criteri illustrati ma che trascurano la finanza o che la relegano in posizione eccessivamente defilata. Che la mentalità finanziaria (ossia il frequente riscontro dei piani d'azienda con i criteri dello sviluppo equilibrato del passivo e della creazione del valore) sia progressivamente indispensabile risulta da una serie di precise riflessioni. In primo luogo, diversi business tendono recentemente a mostrare un ampio divario temporale tra momento dell'investimento e momento di break even finanziario, con un incremento dei capitali necessari allo sviluppo; ciò richiede di rapportarsi con i finanziatori con i criteri di lavoro più appropriati. In secondo luogo, in diversi settori si rileva la convenienza dell'incremento delle dimensioni aziendali e del posizionamento in più mercati geografici. Infine, diverse imprese costruiscono il proprio sentiero di successo sulla base della crescita per acquisizioni. Tutti questi elementi conducono verso l'esigenza del controllo dell'equilibrio finanziario nei termini della creazione di valore e della congruenza del sentiero di sviluppo con le risorse finanziarie disponibili. Queste tendenze hanno dunque un effetto importante sul concetto stesso di equilibrio finanziario che risulta più utile. L'equilibrio finanziario non è più solo connesso al livello della leva finanziaria (con le connesse esigenze di gestione del capitale netto dell'impresa e del patrimonio personale dell'imprenditore) e alla composizione delle fonti di finanziamento esterno, ma mette in gioco anche la stessa politica del capitale proprio. Le imprese dinamiche e ambiziose sono sorrette da imprenditori che non considerano più le risorse personali come limite naturale alle dimensioni dell'impresa, ma sono sorrette da una funzione finanziaria che si assicura che il valore creato sia adeguato per la remunerazione dei vari finanziatori coinvolti, in capitale di debito e di rischio. Risulta complessivamente riduttivo distinguere semplicemente le imprese tra quelle in equilibrio finanziario e quelle in disequilibrio finanziario. Al fine di ragionare nel modo più opportuno di equilibrio finanziario, occorre essere in grado di cogliere più precisamente i seguenti casi: • imprese con elementi di crisi "a monte" che si riflettono sul profilo finanziario e patrimoniale; • imprese con risultati medi che hanno necessità di controllo finanziario "ordinario"; • imprese di successo con qualche criticità di tipo finanziario; • imprese di successo, ma non particolarmente ambiziose, gestite con disattenzione al profilo finanziario e senza rilevanti probabilità di ripercussione negativa di questo fatto;
• imprese ambiziose guidate sulla base di un'attenta riflessione sul legame
tra strategia e finanza.
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