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| << | < | > | >> |Pagina 9A partire dalla prima metà del xix secolo, una speranza formidabile scuote l'Europa. Per tutti i popoli schiacciati, soffocati, oppressi , asserviti, massacrati, per tutte le classi sfruttate, affamate, devastate dalle epidemie, decimate da anni di carestia e di miseria, incominciò a esistere una terra promessa: l'America, una terra vergine aperta a tutti, una terra libera e generosa dove i dannati del vecchio continente sarebbero potuti diventare i pionieri di un nuovo mondo, i costruttori di una società senza ingiustizia e senza pregiudizi. Per i contadini irlandesi i cui raccolti erano stati devastati, per i liberali tedeschi braccati dal 1848, per i nazionalisti polacchi schiacciati nel 1830, per gli armeni, per i greci, per i turchi, per tutti gli ebrei russi e austroungarici, per gli italiani del sud che morivano a centinaia di migliaia di colera e miseria, l'America divenne il simbolo della nuova vita, dell'occasione finalmente arrivata, e a decine di milioni, a famiglie intere, a interi paesi, da Amburgo o da Brema, da le Havre, da Napoli o da Liverpool, gli immigranti s'imbarcarono per questo viaggio senza ritorno. Per diverse decine d'anni, l'ultima tappa di questo esodo senza precedenti nella storia dell'umanità fu, al termine di una traversata il più delle volte effettuata in condizioni spaventose, un isolotto chiamato Ellis Island, dove i servizi dell'Ufficio federale Immigrazione avevano installato il loro centro di accoglienza. Cosi, su questo stretto banco di sabbia alla foce dell'Hudson, a qualche gomena dalla statua della Libertà, allora appena collocata, si sono radunati per un certo periodo di tempo tutti quelli che, da allora, hanno fatto la nazione americana. | << | < | > | >> |Pagina 23cinque milioni di emigranti provenienti dall'Italia quattro milioni di emigranti provenienti dall'Irlanda un milione di emigranti provenienti dalla Svezia sei milioni di emigranti provenienti dalla Germania tre milioni di emigranti provenienti dall'Austria e dall'Ungheria tre milioni e cinquecentomila emigranti provenienti dalla Russia e dall'Ucraina cinque milioni di emigranti provenienti dalla Gran Bretagna ottocentomila emigranti provenienti dalla Norvegia seicentomila emigranti provenienti dalla Grecia quattrocentomila emigranti provenienti dalla Turchia quattrocentomila emigranti provenienti dalla Paesi Bassi seicentomila emigranti provenienti dalla Francia trecentomila emigranti provenienti dalla Danimarca | << | < | > | >> |Pagina 39ma era là, a qualche bracciata da New York, vicino alla vita promessa era la "Golden Door", la Porta d'Oro era là, vicinissimo, quasi a portata di mano, l'America mille volte sognata, la terra di libertà dove tutti gli uomini sono uguali, il paese dove ognuno può avere finalmente la sua occasione, il mondo nuovo, il mondo libero dove una vita nuova può cominciare ma non era ancora l'America: soltanto un prolungamento della nave, un frammento della vecchia Europa dove niente ancora è acquisito, dove quelli che sono partiti non sono ancora arrivati, dove quelli che hanno lasciato tutto non hanno ancora ottenuto niente e dove non si può fare nient'altro che aspettare, sperando che tutto vada bene, che nessuno ti rubi i bagagli o i soldi, che tutti i documenti siano in regola, che i medici non ti trattengano, che le famiglie non vengano divise, che qualcuno venga a prenderti | << | < | > | >> |Pagina 49quel che io, Georges Perec, sono venuto a interrogare qui, è l'erranza, la dispersione, la diaspora. Ellis Island è per me il luogo stesso dell'esilio, vale a dire il luogo dell'assenza di luogo, il non luogo, il da nessuna parte. è in questo senso che queste immagini mi riguardano, mi affascinano, mi implicano, come se la ricerca della mia identit… passasse per l'appropriazione di questo luogo-discarica dove funzionari sfiancati battezzavano americani a palate. quel che per me si trova qui non sono affatto segnali, radici o tracce, ma il contrario: qualcosa d'informe, al limite del dicibile, qualcosa che potrei chiamare reclusione o scissione, o frattura, e che è per me molto intimamente e molto confusamente legato al fatto stesso di essere ebreo non so con precisione in che consista l'essere ebreo che cosa mi comporti l'essere ebreo è un'evidenza, se si vuole, ma un'evidenza mediocre, che non mi ricollega a niente; non è un segno di appartenenza, non è legato a una credenza, a una religione, a una pratica, a un folklore, a una lingua; si tratta piuttosto di un silenzio, un'assenza, una domanda, una messa in questione, un'incertezza, un'inquietudine: | << | < | |