|
|
| << | < | > | >> |IndiceEditoriale 6 Indice 9 Italo Calvino, Georges Perec Oulipien 11 Luigi Grazioli, Una foto inedita dí Perec 12 Marco Belpoliti, Tavolo di notte 18 Testi di Georges Perec Lo spirito delle cose 25 Da « Luoghi » 43 Questo non è un muro... 48 Alcuni pittori con cui ho lavorato (con la versione originale francese) 56 A proposito della descrizione (con una nota di Valerio Magrelli) 67 Viaggio d'inverno (con una nota dí Gianni Celati) 81 Conversazione con Jean-Marie Le Sidaner 90 Conversazione con Ewa Pawlikowska 98 Conversazione con Gabriel Simony 104 Paul Virilio, L'inerzia del momento 119 Jean Duvignaud, Effetto di distacco dalle cose 122 Harry Mathews, Catalogo di una vita 127 Italo Calvino, Perec e il salto del cavallo 134 Jean-Baptiste Pontalis, Quando è stato di preciso? 139 Daniel Gunn, Il gioco sospeso sull'abisso 142 Eleonora Bertacchini, La vertigine tassonomica 151 Santino Mele, A penna e acquarello, Perec e Klee 159 Sandra Cavicchioli, Spazi, eventi, quadri 171 Andrea Borsari, La vertigine e l'illusione 182 Luigi Ghirri, Atlante (con 10 immagini) 192 |
| << | < | > | >> |Pagina 48Uno dei limiti (una delle sfide) della rappresentazione pittorica sembra quello di volersi confondere con l'oggetto che essa designa (l'altro sarebbe di liberarsi per sempre dalla nozione stessa di modello, di produrre un inimitabile che sarebbe la garanzia stessa dell'arte). Alcune decine di aneddoti e di leggende nutrono questa relazione esacerbata tra la pittura e il reale. In uno, un pittore dipinge cavalli così veri che veri cavalli nitriscono vedendoli; in un altro, sono uccelli che vengono a becchettare acini d'uva fittizi; in un terzo, corvi che cercano (vanamente) di appollaiarsi sulle false tegole di un falso tetto; oppure sono lepri ingannevoli che attirano cani veri, una piantina di fragole dipinta in un cortile che dei pavoni vengono a beccare, o un ritratto di uomo «talmente somigliante» che i cani e i gatti di casa lo prendono per il loro padrone «e vengono a fargli le feste». Nella più bella di tutte queste storie, le cui risonanze vanno ben al di là di ciò di cui si tratterà qui per diventare speculazione sulla realtà del mondo (e non soltanto sulla realtà - o la qualità - delle sue rappresentazioni), è il pittore stesso che entra nel proprio quadro, si allontana lungo il piccolo sentiero che ha appena dipinto, fino a scomparire là dove scompare il piccolo sentiero. La presenza di animali nella maggioranza di questi aneddoti dovrebbe, se cosí posso esprimermi, metterci la pulce all'orecchío: occorre evidentemente interpretarlo come un artificio supplementare, di ordine retorico, un non solum sed etiam destinato a convincerci definitivamente della perfezione di questi simulacri: non solo gli uomini vi si sono lasciati ingannare, ma anche gli animali, dei quali tuttavia si sa che di solito non sono affatto sensibili a queste cose piatte rivestite di sostanze colorate che noi chiamiamo opere d'arte, e molto più suscettibili di essere attratti da inganni uditivi o olfattivi.
Eccoci dunque subito installati nell'inganno, cioè
nell'illusione, il falso-sembiante, l'artificio; molto più
al museo Grévín che al museo del Louvre, in un luogo in cui,
apparentemente, la meta perseguita dall'artista non è di far
dire a colui che guarda la sua opera: «Come è bello!», ma:
«Come? non è vero?», dopo aver toccato col dito per
verificare bene che si trattava di pittura e non di spazio,
di prospettive e non di profondità, di ombre finte e non
proiettate.
|