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| << | < | > | >> |Indice7 Preambolo PRIMA PARTE 11 I. Per le scale, 1 15 II. Beaumont, 1 19 III. Terzo a destra, 1 22 IV. Marquiseaux, 1 25 V. Foulerot, 1 26 VI. Camere di servizio, 1 29 VII. Camere di servizio, 2 - Morellet 34 VIII. Winckler, 1 42 IX. Camere di servizio, 3 44 X. Camere di servizio, 4 47 XI. Lo studio di Hutting, 1 50 XII. Réol, 1 52 XIII. Rorschash, 1 59 XIV. Dinteville, 1 62 XV. Camere di servizio, 5 - Smautf 68 XVI. Camere di servizio, 6 - La signorina Crespi 69 XVII. Per le scale, 2 73 XVIII. Rorschash, 2 78 XIX. Altamont, 1 80 XX. Moreau, 1 86 XXI. Nel locale caldaie, 1 SECONDA PARTE 93 XXII. L'atrio, 1 107 XXIII. Morcau, 2 113 XXIV. Marcia, 1 117 XXV. Altamont, 2 124 XXVI. Bartlebooth, 1 130 XXVII. Rorschash, 3 136 XXVIII. Per le scale, 3 142 XXIX. Terzo a destra, 2 145 XXX. Marquiscaux, 2 148 XXXI. Beaumont, 3 164 XXXII. Marcia, 2 166 XXXIII. Cantine, 1 171 XXXIV. Per le scale, 4 175 XXXV. La guardiola 179 XXXVI. Per le scale, 5 180 XXXVII. Louvet, 1 182 XXXVIII. Macchinario dell'ascensore, 1 185 XXXIX. Marcia 3 189 XL. Beaumont, 4 194 XLI. Marquiscaux, 3 198 XLII. Per le scale, 6 200 XLIII. Fouierot, 2 205 XLIV. Winckler, 2 211 XLV. Plassaert, 1 TERZA PARTE 217 XLVI. Camere di servizio, 7 - Signor Jéróme 221 XLVII. Dinteville, 2 225 XLVIII. Signora Albin (camere di servizio, 8) 228 XLIX. Per le scale, 7 235 L. Foulerot, 3 241 LI. Valène (camere di servizio,9) 249 LII. Plassaert, 2 256 LIII. Winckler, 3 262 LIV. Plassaert, 3 268 LV. Camere di servizio, 10 276 LVI. Per le scale, 8 278 LVII. Signora Orlovska (camere di servizio, 11) 284 LVIII. Gratiolet, 1 290 LIX. Hutting, 2 298 LX. Cinoc, 1 305 LXI. Berger, 1 309 LXII. Altamont, 3 314 LXIII. L'entrata di servizio 316 LXIV. Nel locale caldaie, 2 QUARTA PARTE 319 LXV. Moreau, 3 329 LXVI. Marcia, 4 336 LXVII. Cantine, 2 338 LXVIII. Scale, 9 340 LXIX. Altamont, 4 343 LXX. Bartlebooth, 2 352 LXXI. Morcau, 4 355 LXXII. Cantine, 3 359 LXXIII. Marcia, 5 369 LXXIV. Macchinario dell'ascensore, 2 372 LXXV. Marcia, 6 376 LXXVI. Cantine, 4 379 LXXVII. Louvet, 2 381 LXXVIII. Scale, 1 0 390 LXXIX. Per le scale, 2 394 LXXX. Bartlebooth, 3 403 LXXXI. Rorschash, 4 405 LXXXII. Gratiolet, 2 408 LXXXIII. Hutting, 3 QUINTA PARTE 417 LXXXIV. Cinoc, 2 422 LXXXV. Berger, 2 426 LXXXVI. Rorschash, 5 430 LXXXVII. Bartlebooth, 4 444 LXXXVIII.Altamont, 5 455 LXXXIX. Morcau, 5 459 XC. L'atrio, 2 463 XCI. Cantine, 5 467 XCII. Louvet, 3 SESTA PARTE 469 XCIII. Terzo a destra, 3 470 XCIV. Per le scale, 12 474 XCV. Rorschash, 6 479 XCVI. Dinteville, 3 486 XCVII. Hutting, 4 490 XCVIII. Réol, 2 499 XCIX. Bartlebooth, 5 503 Epilogo 505 Pianta dello stabile APPENDICE 509 Indice dei nomi 559 Riferimenti cronologici 571 Cenni sulle principali storie raccontate in quest'opera 575 Post Scriptum 579 Indice |
| << | < | > | >> |Pagina 7L'occhio segue le vie che nell'opera gli sono state disposte Paul Klee, Pädagogisches Skizzenbuch All'inizio, l'arte del puzzle sembra un'arte breve, di poco spessore, tutta contenuta in uno scarno insegnamento della Gestalttheorie: l'oggetto preso di mira - sia esso un atto percettivo, un apprendimento, un sistema fisiologico o, nel nostro caso, un puzzle di legno - non è una somma di elementi che bisognerebbe dapprima isolare e analizzare, ma un insieme, una forma cioè, una struttura: l'elemento non preesiste all'insieme, non è più immediato né più antico, non sono gli elementi a determinare l'insieme, ma l'insieme a determinare gli elementi: la conoscenza del tutto e delle sue leggi, dell'insieme e della sua struttura, non è deducibile dalla conoscenza delle singole parti che lo compongono: la qual cosa significa che si può guardare il pezzo di un puzzle per tre giorni di seguito credendo di sapere tutto della sua configurazione e del suo colore, senza aver fatto il minimo passo avanti: conta solo la possibilità di collegare quel pezzo ad altri pezzi e in questo senso l'arte del puzzle e l'arte del go hanno qualcosa in comune; solo i pezzi ricomposti assumeranno un carattere leggibile, acquisteranno un senso: isolato, il pezzo di un puzzìe non significa niente; è semplicemente domanda impossibile, sfida opaca; ma se appena riesci, dopo molti minuti di errori e tentativi, o in un mezzo secondo prodigiosamente ispirato, a connetterlo con uno dei pezzi vicini, ecco che quello sparisce, cessa di esistere in quanto pezzo: l'intensa difficoltà che ha preceduto l'accostamento e che la parola puzzle - enigma - traduce così bene in inglese, non solo non ha più motivo di esistere, ma sembra non averne avuto mai, tanto si è fatta evidenza: i due pezzi miracolosamente riuniti sono diventati ormai uno, a sua volta fonte di errori, esitazioni, smarrimenti e attesa. La parte dell'artefice di puzzle è difficile da definire. Nella maggior parte dei casi - per tutti i puzzle di cartone in particolare - i puzzle sono fatti a macchina e i loro contorni non seguono necessità alcuna: una pressa tranciante regolata secondo un disegno immutabile taglia i fogli di cartone sempre nel medesimo modo; il vero amatore respinge questo tipo di puzzle, non tanto perché sono di cartone invece che di legno, né perché sulla confezione è riprodotto il modello, ma soprattutto perché con questo sistema si viene a perdere la specificità stessa del puzzle; poco importa all'occorrenza, contrariamente a un'idea fortemente ancorata nella mente del pubblico, che l'immagine iniziale si consideri facile (una scena di genere alla maniera di Vermeer per esempio, o la fotografia a colori di un castello austriaco) oppure difficile (un Jackson Pollock, un Pissarro o - misero paradosso - un puzzle bianco): non nel soggetto del quadro o nella tecnica del pittore sta la difficoltà dei puzzle, ma nella sapienza del taglio, e un taglio aleatorio produrrà necessariamente una difficoltà aleatoria, oscillante fra una facilità estrema per i bordi, i particolari, le macchie di luce, gli oggetti ben definiti, le pennellate, le transizioni, e una difficoltà fastidiosa per tutto il resto: il cielo senza nuvole, la sabbia, i prati, i coltivi, le zone d'ombra, eccetera. | << | < | > | >> |Pagina 11Sì, tutto potrebbe iniziare così, qui, in questo modo, una maniera un po' pesante e lenta, nel luogo neutro che appartiene a tutti e a nessuno, dove la gente s'incontra quasi senza vedersi, in cui la vita dell'edificio sì ripercuote, lontana e regolare. Di quello che succede dietro le pesanti porte degli appartarnenti, spesso se non sempre si avvertono solo quegli echi esplosi, quei brani, quei brandelli, quegli schizzi, quegli abbozzi, quegl'incidenti o accidenti che si svolgono in quelle che si chiamano le parti comuni, i piccoli rumori felpati che la passatoia di lana rossa attutisce, gli embrioni di vita comunitaria che sempre si fermano sul pianerottolo. Gli abitanti di uno stesso edificio vivono a pochi centimetri di distanza, separati da un semplice tramezzo, e condividono gli stessi spazi ripetuti di piano in piano, fanno gli stessi gesti nello stesso tempo, aprire il rubinetto, tirare la catena dello sciacquone, accendere la luce, preparare la tavola, qualche decina di esistenze simultanee che si ripetono da un piano all'altro, da un edificio all'altro, da una via all'altra. Si barricano nei loro millesimi - è così che si chiamano infatti - e vorrebbero tanto che non ne uscisse niente, ma per quanto poco ne lascino uscire, il cane al guinzaglio, il bambino che va a prendere il pane, l'espulso o il congedato, è sempre dalle scale ch'esce tutto. Tutto quello che passa infatti passa per le scale, tutto quello che arriva arriva dalle scale, lettere, partecipazioni, i mobili che gli uomini dei traslochi portano o portano via, il dottore chiamato d'urgenza, il viaggiatore che torna da un lungo viaggio. E per questo che le scale restano un luogo anonimo, freddo, quasi ostile. Nelle antiche case, c'erano ancora gradini di pietra, ringhiere di ferro battuto, qualche scultura, delle torciere, una panchina a volte per dar modo alle persone anziane di riposarsi fra un piano e l'altro. Negli edifici moderni, ci sono ascensori con le pareti coperte di graffiti che si vorrebbero osceni e scale dette "di sicurezza", di cemento grezzo, sporche e sonore. In questo edificio, dove c'è un vecchio ascensore quasi perennemente guasto, le scale sono un luogo vetusto, di dubbia pulizia, che si degrada di piano in piano secondo le convenzioni della rispettabilità borghese: passatoia due volte spessa fino al terzo, spessore unico dal terzo in poi, per finire in niente agli ultimi due sotto il tetto. | << | < | > | >> |Pagina 15Il salotto della signora de Beaumont è quasi completamente occupato da un grande pianoforte da concerto sul leggio del quale è appoggiata la partitura chiusa di un celebre ritornello americano, Gertrude of Wyoming, di Arthur Stanley Jefferson. Davanti al pianoforte è seduto un vecchio con la testa coperta da un foulard di nylon, e sta per accordarlo. Nell'arigolo sinistro della stanza, c'è una grande poltrona moderna, fatta di una gigantesca semisfera di plexiglas cerchiata d'acciaio, che poggia su una crociera di metallo cromato. Di fianco, un blocco di marmo di sezione ottagonale funge da tavola bassa; sopra, è appoggiato un accendino d'acciaio insieme a un sottovaso cilindrico da cui spunta una quercia nana, uno di quei bonzai giapponesi la cui crescita è stata ormai controllata, rallentata, modificata al punto da presentare tutti i segni della maturità, e cioè della senescenza, pur non essendo praticamente mai cresciuti, e la cui perfezione a detta di chi li cresce dipende più dalla concentrazione meditativa dedicatagli dall'allevatore che dalle cure materiali che gli si possono dare. Posato direttamente sul parquet di legno chiaro, un po' avanzato rispetto alla poltrona, c'è un puzzle di legno dalla bordura in pratica già tutta ricomposta. Nel terzo inferiore destro del puzzle, sono stati riuniti alcuni pezzi supplementari: raffigurano il volto ovale di una giovane dormiente; i suoi capelli biondi rialzati e ritorti sopra la fronte sono fissati da una doppia striscia di stoffa intrecciata; la guancia è retta dalla mano destra piegata a conca come se, assorta, stesse ascoltando. Alla sinistra del puzzle, un vassoio decorato regge una cuccuma di caffè, una tazza e il suo piattino, e una zuccheriera di silverplate. La scena dipinta sul vassoio è parzialmente nascosta dai tre oggetti; vi si possono però distinguere due particolari: a destra, un ragazzetto in calzoni ricamati è chino sulle acque di un fiume; al centro, una carpa fuori dall'acqua guizza appesa all'amo; il pescatore e gli altri personaggi restano invisibili. | << | < | > | >> |Pagina 52Adesso ci troviamo nel locale che Gaspard Winckler chiamava salotto. Delle tre stanze del suo alloggio, è la più prossima alle scale, la più a sinistra rispetto al nostro sguardo. È una stanza piuttosto piccola, quasi quadrata, la cui porta dà direttamente sul pianerottolo. I muri sono tappezzati di una tela di iuta un tempo azzurra, ridiventata più o meno incolore, tranne in qualche punto dove mobili e quadri l'hanno protetta dalla luce. C'erano pochi mobili nel salotto. È una stanza in cui Winckler non stava molto spesso. Lavorava tutto il giorno nella terza stanza, quella in cui aveva sistemato il laboratorio. Ormai non mangiava più in casa; non sapeva cucinare e detestava farlo. Dal millenovecentoquarantatré, perfino per la prima colazione, preferiva andare da Riri, il bar tabacchi all'angolo fra rue Jadin e rue de Chazelles. Solo quando venivano a trovarlo persone che non conosceva molto le riceveva in salotto. Aveva una tavola rotonda con prolunghe che non doveva certo aver usato molto spesso, sei sedie impagliate e una madia che aveva scolpito lui stesso, i cui motivi raffiguravano le scene capitali de L'Isola misteriosa: la caduta del pallone involato da Richmond, il miracoloso ritrovamento di Cyrus Smith, l'ultimo fiammifero ricuperato in una tasca del panciotto di Gideon Spilett, la scoperta del baule, e fino alle strazianti confessioni di Ayrton e di Nemo che concludono queste avventure collocandole meravigliosamente a I figli del capitano Grant e a Ventimila leghe sotto i mari. Ci voleva parecchio tempo per vedere la madia, per guardarla sul serio. Da lontano, sembrava una qualsiasi madia bretone-rustico-Enrico III. È solo avvicinandosi, quasi toccando con mano le incrostazioni, che si veniva a scoprire cosa raffigurassero quelle minuscole scene e ci si rendeva conto della pazienza, della minuzia, e perfino del genio che c'era voluto per scolpirle. Valène conosceva Winckler dal millenovecentotrentadue, ma solo all'inizio degli anni sessanta si era accorto che non era una credenza come le altre, e che valeva bene la pena di guardarla da vicino. Era l'epoca in cui Winckler si era messo a fabbricare anelli e Valène gli aveva portato la giovane profumiera di rue Logelbach che intendeva collocare nella sua bottega un reparto cianfrusaglie per le feste natalizie. Si erano seduti tutti e tre intorno alla tavola e Winckler aveva sciorinato i suoi anelli; doveva averne una trentina allora, tutti allineati sui loro vassoietti imbottiti di satin nero. Winckler si era scusato per la pessima luce della plafoniera, poi aveva aperto la sua madia tirandone fuori tre bicchierini e una piccola caraffa di cognac 1938; beveva molto di rado, ma ogni anno Bartlebooth gli faceva spedire parecchie bottiglie numerate e datate di vino e alcolici vari che lui ridistribuiva generosamente in tutto il caseggiato e nel quartiere tenendosene solo un paio. Valène era seduto accanto alla madia e mentre la profumiera prendeva timidamente gli anelli ad uno ad uno, centellinava il suo cognac guardando le sculture; quello che lo stupì, prima ancora di prenderne chiaramente coscienza, fu il fatto che mentre si aspettava di vedere teste di cervo, ghirlande, fronde o angioloni paffuti, andava invece scoprendo piccoli personaggi, il mare, l'orizzonte, e tutta l'isola, non ancora battezzata Lincoln, quale la scoprirono i naufraghi dello spazio, con una costernazione mista a sfida, quando ebbero raggiunto la vetta più alta. Domandò a Winckler s'era stato lui a scolpire quella madia, e Winckler gli rispose di sì, da giovane, precisando, ma senza aggiungere altro. Oggi, è sparito tutto ovviamente, andato: madia, sedie, tavola, plafoniera, e le tre riproduzioni in cornice. Valène ricorda con precisione soltanto una delle tre: raffigurava "La Grande Sfilata della Festa del Carosello", Winckler l'aveva trovato in un numero di Natale de L'Illustration; anni dopo, di fatto solo pochi mesi fa, Valène venne casualmente a sapere, sfogliando il Petit Robert, che era d'Israël Silvestre. | << | < | > | >> |Pagina 63Bartlebooth dedicava due settimane a porto, viaggio compreso, il che gli lasciava generalmente da cinque a sei giorni di soggiorno. I due primi giorni passeggiava in riva al mare, guardava i battelli, chiaccherava con i pescatori per quanto parlassero una delle cinque lingue a lui conosciute - inglese, francese, spagnolo, arabo e portoghese - e qualche volta se ne andava per mare con loro. Il terzo giorno sceglieva la sua postazione e disegnava qualcosa che subito strappava. Il penultimo giorno, dipingeva la marina, generalmente in fine mattinata, a meno che non cercasse o aspettasse qualche effetto speciale, alba o tramonto, minaccia di temporale, molto vento, poca pioggia, arrivo di una nave, donne che lavavano panni, e via dicendo. Dipingeva velocissimo e non ricominciava mai da capo. Appena l'acquerello si era asciugato, staccava il foglio di carta Whatman dall'album e lo consegnava a Smautf.| << | < | > | >> |Pagina 571(Il numero rimanda al capitolo in cui la storia appare generalmente per la prima volta, ma non necessariamente nella sua interezza.) Storia dell'acrobata che non volle più scendere dal trapezio, 13. Storia dell'attore che simulò la propria morte, 34. Storia dell'attrice australiana, 79. Storia dell'ammiratore di Lomonosov, 60. Storia dell'americana eccentrica, 55. Storia dell'ex combattente delle Brigate internazionali, 45. Storia dell'ex veterinario innamorato di una marsigliese baffuta, 85. Storia dei vecchi portinai, 35. Storia dell'antropologo incompreso, 25. Storia dell'antiquaria e dei suoi orologi, 66. Storia dell'archeologo che credeva troppo nelle leggende, 2. Storia dell'archivista spagnolo, 80. Storia dell'aviatore argentino, 55. Storia dell'avvocato nevrastenico che abitava in Indonesia, 54. Storia dei bassotto Freischutz, 59. Storia della bella italiana e dei professore di chimica-fisica, 27. Storia della bella polacca, 57. Storia del gioielliere che fu assassinato tre volte, 50. Storia del botanico frustrato, 72. Storia del sellaio, di sua sorella e dei cognato, 73. Storia del sellaio di Szczyrk, 60. Storia dei pugile nero che non vinse mai un match, 40. Storia della cantante russa, 5. Storia del capitano che esplorò la Nuova Caledonia, 80. Storia del "direttore dei lavori" che ebbe una mano strappata, 7. Storia del capo magazziniere che raccolse le prove della sopravvivenza di Hitler, 91. Storia dei chimico tedesco, 62. Storia delle cinque sorelle che fecero tutte successo, 89. Storia del clown di Varsavia, 57. Storia del conte di Gieichen, 10. Storia di una coppia di servitori che si conobbe all'Esposizione universale, 83. Storia dei critico d'arte che cercò il capolavoro, 87. Storia dei cuoco innamorato del teatro, 55. Storia della cuoca borgognona, 90. Storia della signora dai fagiolini, 35. Storia della signora che s'inventò delle nipoti, 89. Storia della ballerina che abortì, 88. Storia dell'arredatore costretto a demolire la cucina ch'era tutto il suo vanto, 65. Storia dell'ultima spedizione alla ricerca di Franklin, 44. Storia dei due giganti dell'industria alberghiera, 87. Storia dei due mercanti avari, 54. Storia del diplomatico svedese, 31. Storia della decana dello stabile, 20. Storia dell'esperto autodidatta, 39. Storia dell'artefice di puzzle, 8. Storia della famiglia Gratiolet, 21. Storia della cameriera che ebbe un figlio il cui padre non si conobbe mai, 83. Storia della moglie dell'artefice di puzzle, 53. Storia della donna che fece apparire il diavolo ottantatré volte, 65. Storia della donna che fondò una tipografia in Siria, 48. Storia della donna che gestì una bisca, 21. Storia dei festaioli che diedero un concerto mattutino, 92. Storia della fidanzata catturata dai barbaresehi, 78. Storia della figlia dei banchiere che voleva fare teatro, 55. Storia della ragazza troppo grassa e della sua torre, 40. Storia del cameriere di caffè, 61. Storia del nonno che si faceva la barba, 71. Storia dell'hamster privato del suo gioco prediletto, 81. Storia dell'alto funzionario diffidente e della moglie vendicativa, 86. Storia dell'uomo che acquistò il Vaso della Passione, 22. Storia dell'uomo che credette di scoprire la sintesi del diamante, 14. Storia dell'uomo che dipinse degli acquerelli e ne fece fare de puzzle, 26. Storia dell'uomo che depennava parole, 60. Storia dell'uomo che saltò su una mina in Algeria, 58. Storia dell'uomo che volle fare fortuna importando pelli, 21. Storia di "Hortense", 41. Storia dell'importatore di Lisbona e del suo corrispondente egiziano, 70. Storia dell'industriale tedesco appassionato di cucina, 36. Storia del jazzista mai contento, 75. Storia della giovane coppia che acquistò una camera da letto, 98. Storia della giovane coppia che abitava nella casa dei suoceri, 30. Storia della ragazza madre che solo il nonno non rinnegò, SO, Storia della ragazza che scappò di casa, 31. Storia del giovanotto di Tonon che un giorno non fece più niente, 52. Storia di Jobann Sigismond Küsser, 7. Storia di lady Forthright e del suo cocchiere, 4. Storia del lord che nascondeva le sue passioni segrete sotto manie fittizie, 90. Storia del liceale deportato, 43. Storia del magistrato e della moglie che diventarono svaligiatori, 83. Storia di Mark Twain, 94. Storia del medico che ebbe un paziente avvelenato per ordine di William Randolph Hearst, 59. Storia del medico che fu abbindolato, 96. Storia del Messaggero dell'Imperatore, 78. Storia del regista che disprezzava i grandi classici, 75. Storia del missionario la cui moglie insegnava ginnastica, 72. Storia del motociclista scalognato, 75. Storia dell'ufficiale che abbandonò la sua pattuglia, 65. Storia del pananarchico scampato, 73. Storia del padrone taccagno, 61. Storia del pittore che dipinse lo stabile, 17. Storia del pittore che praticava la necrofilia, 97. Storia della ragazzina dall'immaginazione inquietante, 82. Storia dei piccolo tunisino, 58. Storia del poeta Jean-Baptiste Rousseau, 22. Storia del ritrattista e dei suoi sistemi, 59. Storia del produttore televisivo, 13. Storia del professore di storia che fu addetto culturale nelle Indie, 46. Storia del proprietario che suonava il piffero e ascoltava la radio, 95. Storia dei quattro giovani bloccati in ascensore, 38. Storia del ricco appassionato di opere, 52. Storia della setta dei Tre Uomini Liberi, 3. Storia dei sergente maggiore che morì in Algeria, 35. Storia del soldatino più decorato di tutta l'Oceania, 79. Storia dello scheletro monco, 67. Storia dei tre balordi assassinati, 84. Storia del violinista geloso, 95.
Storia del vecchio domestico che accompagnò
il padrone intorno al mondo, 15.
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