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| << | < | > | >> |Indice1 : Vaso del periodo Naqada II, 3500 a.C. 12 2 : Le navi di Wadi Gawasis, 1500 a.C. 14 3 : Il faro di Alessandria, 280 a.C. 16 4 : La nave vichinga di Oseberg, 846 d.C. 18 5 : Il fischio del nostromo, 1248 20 6 : La Carta Pisana, 1270 22 7 : La balestriglia, 1342 24 8 : L'oblò, 1490 26 9 : L'amaca, 1492 28 10 : La Mary Rose, 1511 30 11 : Gli orecchini, 1570 32 12 : L'astrolabio, 1608 34 13 : La nave da guerra basa, 1628 36 14 : Il barometro, 1643 38 15 : Il catamarano, 1662 40 16 : Il gatto a nove code, 1695 42 17 : Il jolly Roger — la bandiera pirata, 1700 44 18 : La ruota del timone, 1703 46 19 : Lo Yacht Club della Neva — Il primo yacht club al mondo, 1718 48 20 : Il grog, 1740 50 21 : Gli scrimshaw, 1745 52 22 : Le uniformi navali, 1748 54 23 : Il soldato donna Hannah Snell, 1750 56 24 : L'Ospedale reale di Haslar — il primo ospedale navale britannico, 1753 58 25 : Il sestante, 1757 60 26 : Piatti di legno quadrati, 1758 62 27 : Il Registro dei Lloyd's, 1760 64 28 : Salvagente di sughero (Regno Unito), 1765 66 29 : I tatuaggi, 1769 68 30 : Il cronometro marino di Harrison, 1775 70 31 : La deriva a baionetta, 1776 74 32 : La lanterna a olio antivento, 1780 76 33 : La nave in bottiglia, 1784 78 34 : Il limone, 1795 80 35 : La USS Constitution, 1797 82 36 : Gaffa o gancio di accosto, 1800 84 37 : La fabbrica di bozzelli Block Mills di Portsmouth, 1802 86 38 : I nomi delle nuvole, 1803 88 39 : La Scala Beaufort, 1805 90 40 : La bussola con sospensione liquida, 1813 92 41 : Faro con lente di Fresnel, 1823 94 42 : Il primo telegrafo, 1832 96 43 : La Ann McKim — il primo clipper, 1833 98 44 : Luci di navigazione, 1836 100 45 : Il sou'wester — il cappello di tela cerata da marinaio, 1837 102 46 : La valorosa Temeraire di JMW Turner, 1838 104 47 : Due anni a prora di RH Dana, 1840 106 48 : Anemometro a coppe, 1846 108 49 : Fuochi di segnalazione, 1848 110 50 : Barche in ferrocemento, 1848 112 51 : America's Cup, 1851 114 52 : Bandiere di segnalazione — Codice internazionale dei Segnali, 1857 118 53 : Lo spinnaker, 1865 120 54 : Il Cutty Sark – l'ultimo dei grandi clipper, 1869 122 55 : Il solcometro Walker, 1876 124 56 : La chiglia a pinna, 1880 126 57 : L'ancora galleggiante, 1887 128 58 : L'imbarcazione di salvataggio di Colin Archer, 1892 130 59 : Il binocolo, 1893 132 60 : Yachting World, la più antica rivista di vela pubblicata ininterrottamente fino a oggi, 1893 134 61 : Solo, intorno al mondo di Joshua Slocum, 1900 136 62 : Winch di scotta, 1903 138 63 : Radar, 1904 140 64 : Avvolgifiocco (o rollafiocco) Wykeham Martin, 1907 142 65 : La Bluenose – una goletta storica, 1921 144 66 : L'Avenger – la prima deriva planante, 1928 146 67 : L'albero in lega di alluminio, 1930 148 68 : La Dorade e la sua manica a vento, 1930 150 69 : L'ancora Cqr (Coastal Quick Release), 1933 152 70 : Braccio di Ferro, 1933 154 71 : Scarpe da barca, 1935 156 72 : Il trapezio, 1936 158 73 : Il compensato marino, 1939 160 74 : Il Kon-Tiki, 1947 162 75 : L'Optimist, 1947 164 76 : Il Sunfish, 1947 166 77 : Vele in terilene/dacron, 1952 168 78 : Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway, 1952 170 79 : Modellino Airfix del galeone inglese Golden Hind, 1954 172 80 : La radio Vhf, 1960 174 81 : La giacca da vela Henri Lloyd, 1963... . 176 82 : Regolo rapportatore e tracciatore di rotta Breton/Portland, 1964 178 83 : La cupola in perspex di Éric Tabarly, 1964 180 84 : La Golden Globe Race del Sunday Times, 1968-69 182 85 : Il primo aliscafo a vela, 1969 184 86 : Il windsurf, 1970 186 87 : La resina epossidica West System, 1970 188 88 : Sunsail flotilla — il primo servizio di noleggio in flottiglia, 1975 190 89 : Alimenti liofilizzati (Whitbread Round The World Race), 1977 192 90 : Sistema di segnalazione di emergenza Argos/Epirb, 1978 194 91 : L'Assent — Sopravvissuti alla regata del Fastnet, 1979 196 92 : Colt Cars — la prima imbarcazione in fibra di carbonio, 1982 198 93 : La doccia solare a sacca, anni Ottanta 200 94 : Australia II, 1983 202 95 : Crédit Agricole — la classe Open 60, 1983 206 96 : Le cime in Dyneema®, 1990 208 97 : Il Gps, 1990 210 98 : Fathers Day — la più piccola barca che abbia mai attraversato l'Atlantico, 1993 212 99 : La videocamera, 2001 214 100: La GoPro, 2006 216 Indice dei nomi 218 Riferimenti fotografici 224 |
| << | < | > | >> |Pagina 5La barca più antica mai scoperta è la Piroga di Pesse, un'imbarcazione scavata in un tronco di pino che si ritiene risalga all'8200 a.C., e che era indubbiamente spinta da pagaie. A quanto pare ci vollero ancora tremila anni prima che i mesopotamici e gli antichi egizi ideassero la propulsione a vela per i loro vascelli. Le imbarcazioni a vela divennero i mezzi per il trasporto delle merci e delle persone attraverso i mari e tra gli imperi commerciali. Inoltre, consentirono alle potenze militari di svolgere le loro campagne sul mare e non solo in terra. Con il crescere delle competenze tecniche dei costruttori di imbarcazioni e dei marinai, le barche a vela divennero sempre più sofisticate e complesse. Pur seguendo un ordine cronologico, questo libro non vuole essere una storia delle imbarcazioni a vela. Piuttosto, esamina una serie di articoli ed eventi che hanno rappresentato dei punti di svolta nello sviluppo tecnologico delle conquiste umane in mare. Vi sono moltissime navi e imbarcazioni più piccole, dalle linee superbe della nave da guerra vichinga di Oseberg fino all'altrettanto magnifica ma sfortunata nave svedese Vasa, poi i clipper Ann McKim e Cutty Sark, che hanno lasciato il segno sulla loro era, e fino alle derive, dal piccolo Optimist fino alle prime derive plananti come l' International 14 Avenger. Altri oggetti descritti sono assai più piccoli ma altrettanto cruciali per lo sviluppo della vela, come la balestriglia, l'astrolabio e il sestante, strumenti che consentirono una navigazione sempre più sofisticata, per arrivare poi al radar e al Gps che li hanno seguiti e che oggi permettono a chi naviga di stabilire con estrema esattezza la propria posizione. Parleremo anche di altri significativi punti di svolta, descrivendo articoli più artigianali, come bozzelli, vele, alberi e antenne. Quest'ampio approccio consente l'inclusione di una vasta gamma di oggetti. Ad alcuni un limone potrebbe apparire fuori posto in questa trattazione, ma in realtà il ruolo centrale svolto dagli agrumi nel combattere la piaga dello scorbuto nelle lunghe navigazioni è oggi indiscusso. Altri elementi come gli intagli degli scrimshaw, il grog e il cappello di tela cerata detto sou'wester sono tutti utili per illustrare i cambiamenti che hanno segnato le vite dei navigatori a vela. hl sostanza, comunque, questo libro è un tributo alla navigazione a vela, alle barche sulle quali navighiamo oggi e ai loro equipaggi. Speriamo sia di vostro gradimento. | << | < | > | >> |Pagina 121 : Vaso del periodo Naqada II, 3500 A.C.Chi inventò la vela? Non lo sapremo mai con certezza, ma c'è una semplice legge che colloca l'Egitto in cima all'elenco dei candidati a questa onorificenza. La forza di gravità. Fu lo scorrere delle acque del Nilo che creò una delle più avanzate civiltà dell'antico Egitto. Le testimonianze archeologiche indicano che gli egiziani avrebbero usato imbarcazioni per navigare lungo il fiume dal 4000 a.C., o forse da molto prima. Come tutti i fiumi il Nilo scorre in un'unica direzione: attratto verso il mare dalla forza di gravità. Gli egiziani potevano quindi beneficiare di una veloce e agevole navigazione verso nord, verso il Mediterraneo, ma sarebbe stato molto più difficile risalire il fiume verso sud, controcorrente. Fortunatamente, gli dei che crearono questa magnifica oasi idearono anche una soluzione al problema stabilendo che i venti dominanti avrebbero dovuto soffiare da nord. I primi navigatori potevano limitarsi a scendere con il favore della corrente verso nord, per poi alzare una foglia di palma permettendo al vento di sospingerli verso sud. In seguito le foglie di palma furono sostituite da tessuti, e così (probabilmente) nacque la prima vela. Nell'area sono state trovate molte pitture di imbarcazioni, compresa la scoperta di una mezza barca dipinta su un ciottolo di granito attorno al 7000 a.C., ritenuta la più antica immagine di una barca mai trovata al mondo. La prima chiara pittura che raffigura una vela è però quella che troviamo su un vaso del periodo Naqada II, dipinto in Egitto nel tardo Predinastico, attorno al 3600-3250 a.C. Si tratta di un'immagine deliziosamente spensierata di una barca che solca le acque, presumibilmente di un fiume, con una decorazione in alto che riproduce le sponde del fiume stesso. La barca appare dotata di una vela quadra, che come tale avrebbe potuto essere usata solo per le andature portanti, navigando a favore di vento, e quindi ideale per risalire il Nilo dopo una visita a nord, o per trasportare prodotti fino a un mercato situato più a monte lungo il corso d'acqua. Gli storici sono incerti nello stabilire il periodo nel quale gli antichi egizi passarono dalle imbarcazioni di giunco a quelle di legno, e si potrebbe ipotizzare che abbiano sempre costruito imbarcazioni di entrambe le tipologie. A giudicare dalla posizione della vela su questa barca, però, è molto probabile che lo scafo fosse realizzato in legno, perché uno scafo di giunco non avrebbe potuto resistere alle sollecitazioni di una vela collocata così vicina a una delle sue estremità. Inoltre, la forma dello scafo di questa barca è asimmetrica mentre le imbarcazioni di giunco sono, per definizione, simmetriche e questo è confermato dalle immagini dell'epoca, pertanto possiamo ipotizzare che quella riprodotta su uno dei vasi del periodo Naqada II sia un'imbarcazione di legno. Intere flotte di imbarcazioni sono state scoperte nelle incisioni sulle rocce di Nag el-Hamdulab, nell'Egitto meridionale (3200-3100 a.C.) e una vela quadra è ritratta in modo evidente su un bruciatore di incenso trovato nella Nubia (3200-3000 a.C.). La barca riprodotta sul vaso del periodo Naqada II è però semplicemente unica. Appare infatti protagonista del dipinto, non è solo un dettaglio, e ci trasmette la sensazione del piacere e dell'entusiasmo per la navigazione a vela destinati a catturare le future generazioni di velisti e a trasformare questa tecnica di navigazione in uno sport mondiale. | << | < | > | >> |Pagina 226 : La Carta Pisana, 1270A prima vista, questo tesoro vecchio di 740 anni potrebbe far pensare a uno scarabocchio geometrico tracciato su un vecchio canovaccio da cucina, visto che risulta alquanto incomprensibile. A un'osservazione più attenta, però, ci si rende conto di essere di fronte alla prima visione 'dall'esterno' dell'Europa. La Carta Pisana è infatti la prima carta marittima conosciuta, disegnata dalla prospettiva del mare invece che da quella della terraferma. La mappa non sarebbe di nessuna utilità per un viaggiatore di terra, poiché sono indicati solo i punti sulla costa, mentre la parte continentale è visibilmente approssimativa. Per il navigatore, tuttavia, la carta è di immediato utilizzo. Datene una copia a un marinaio e con l'uso di un paio di righe parallele sarà in grado di individuare la rotta tra uno dei quasi mille porti indicati, senza alcun problema. Infatti questo capolavoro marittimo è un portolano, uno strumento che fu il precursore di tutte le carte nautiche successive. Il suo unico scopo è indicare le posizioni relative dei porti e le distanze che li separano, non è stato fatto alcun tentativo di descrivere la topografia delle aree, e anche le sagome delle terre sono relativamente poco importanti a tal fine. Le griglie a stella rappresentano le sedici punte di una bussola (nord, nord-nord est, nord est ecc.) e consentono di leggere la rotta in qualsiasi punto della carta, come di fare la rosa sulle carte successive. I cerchi più piccoli in alto e sulla destra sono scale, che permettono al navigatore di calcolare le distanze. La Carta Pisana è al tempo stesso semplice e sorprendentemente accurata. L'analisi digitale della carta, utilizzata per trasporla sulla moderna mappa della stessa area, ha evidenziato un errore di scala complessivo pari ad appena l'1,4 per cento (fatta eccezione per la costa atlantica e il Mar Nero). L'area riprodotta con il massimo errore è quella dell'Adriatico, che è stato disegnato con proporzioni del 7,3 per cento superiori a quelle effettive. Se si esclude anche quest'ultima area, la carta mostra un errore di scala pari ad appena l'1,1 per cento. L'orientamento della carta è meno preciso, infatti occorre ruotarla di 9,6 gradi in senso antiorario per ottenere la massima precisione. Le origini esatte della Carta Pisana non sono note, anche se come suggerisce il suo nome, la carta è stata trovata a Pisa ed è quasi certamente italiana, e proviene probabilmente da Genova, Venezia o dalla stessa Pisa. Data la concentrazione di nomi nel mar Tirreno, appare probabile che la carta sia stata redatta a Genova. Non è possibile stabilire l'età esatta del documento, ma in genere si ritiene sia stata realizzata tra il 1258, data della fondazione del porto di Manfredonia, e il 1291, quando il porto di Acri cadde in mani musulmane (accanto al nome del porto è stata disegnata una croce). Un ulteriore elemento di prova deriva da un accenno fatto a questa carta così dettagliata su una nave genovese, nel 1270. Durante il diciassettesimo secolo le carte nautiche basate sulla proiezione di Mercatore sostituirono il Portolano. Gli olandesi dominarono il settore della produzione di carte nautiche nei primi anni, e furono poi seguiti da Francia e Gran Bretagna, che istituirono i loro uffici idrografici rispettivamente nel 1720 e nel 1795. | << | < | > | >> |Pagina 7833 : La nave in bottiglia, 1784A volte straordinarie per la ricchezza dei dettagli, per i profani le navi a vela a più alberi contenute in bottiglie dal collo stretto continuano a rappresentare al tempo stesso un enigma e un simbolo della cultura marinaresca. Le origini della prima nave in bottiglia non sono note, soprattutto perché i marinai, che le realizzavano per ingannare il tempo quando non erano di guardia, raramente firmavano o datavano le loro creazioni. La più antica nave in bottiglia di provenienza nota è esposta nel museo di Lubecca, in Germania, e riporta l'anno 1784 dipinto su una vela. L'unico altro modo per stimarne l'età è un esame della bottiglia. L'origine di queste 'bottiglie della pazienza', come venivano chiamate, risale alla fine del sedicesimo secolo, quando scene cristiane, come quella di Gesù sulla croce, venivano riprodotte all'interno di bottiglie. Durante il diciannovesimo secolo la costruzione di modelli di navi in bottiglia divenne sempre più popolare e complessa, arrivando addirittura a riprodurre scene portuali dipinte sullo sfondo. Utilizzando vecchie ossa e ritagli di cotone, il marinaio costruiva il modello con l'armo abbassato in coperta, pronto a essere tirato su tutto insieme con un solo filo dopo l'inserimento della nave dal collo della bottiglia. Indipendentemente dalle origini, la tecnica per l'inserimento delle navi nelle bottiglie si diffuse in tutte le principali nazioni con tradizioni marinare, infatti esemplari di questa arte possono essere trovati nei musei nautici di tutta Europa, in Nordamerica e in Giappone. Nel 2012, l'artista giapponese Yinka Shonibare creò una grande replica (4,7x2,8 metri) in una bottiglia della nave dell'ammiraglio Nelson, la HMS Victory, che fu esposta temporaneamente sul 'quarto basamento' di Trafalgar Square. | << | < | > | >> |Pagina 8838 : I nomi delle nuvole, 1803Prima del 1800 le nuvole non avevano nomi e non erano conosciute a fondo, gli osservatori le definivano semplicemente come 'essenze' che galleggiavano nel cielo. Fu l'inglese Luke Howard, farmacista e uomo d'affari, che diede a quelle 'essenze galleggianti' i nomi oggi familiari quando, nel 1803, presentò un documento alla Royal Meteorological Society nel quale sottolineava come vi fossero quattro forme di base per le nuvole: Masse di nuvole spesse con parti superiori a forma di cavolfiore e parti inferiori piatte, che Howard chiamò cumuli. Strati di nuvole molto più larghi che spessi, simili a coperte o materassi, che nominò strati. Nuvole con forme a ciuffi, che ricordano i capelli di un bambino, che chiamò cirri (dal latino cirrus, ricciolo). Alle nuvole che generano precipitazioni diede il nome di nembi (dal latino nimbus, pioggia). Il lavoro pionieristico di Howard dimostrò anche che le nuvole formano tre strati nella bassa atmosfera. Così, con quattro tipi di nuvole e tre strati, giunse a dodici principali tipologie di nuvole. Malgrado fosse un imprenditore e titolare di una società farmaceutica, Howard era un grande appassionato di meteorologia e diede numerosi importanti contributi a questa branca che vanno al di là della sua classificazione delle nubi, e pubblicò numerosi libri e studi in materia. Tra questi The Climate of London (1818 e 1830), Seven Lectures on Meteorology (1837), A Cycle of Eighteen Years in The Season of Britain (1842) e Barometrographia (1847). Per secoli i navigatori hanno interpretato le forme delle nuvole per prevedere i cambiamenti meteorologici. Per esempio, gli stratocumuli stabili sono un segnale che i venti resteranno relativamente leggeri e le condizioni si manterranno invariate per alcune ore. Al contrario, i cumulonembi carichi di pioggia creeranno differenziali di pressione che possono dar vita a condizioni di vento molto rafficato. Le brezze marine sono contrassegnate da distinte linee di cumuli che si formano lungo la costa quando l'aria umida marina viene spinta contro la costa stessa. La classificazione delle nuvole consentì la standardizzazione delle condizioni meteorologiche, rendendo più facile ed efficace la previsione dei cambiamenti delle condizioni. | << | < | > | >> |Pagina 12656 : La chiglia a pinna, 1880La chiglia è essenzialmente una lama piatta che si proietta verso il basso dalla carena di una barca a vela. La chiglia impedisce lo scarroccio (lo spostamento dato dal vento che spinge la barca lateralmente) e contiene la zavorra, che evita il rovesciamento della barca e contrasta lo sbandamento. Su molte imbarcazioni tradizionali la chiglia è incorporata nello scafo, e la zavorra può essere imbullonata sulla chiglia o contenuta al suo interno. La tradizionale chiglia lunga garantisce imbarcazioni robuste e affidabili, ma non altrettanto veloci e manovrabili, per questo la maggior parte delle imbarcazioni a vela moderne è dotata di chiglia 'a pinna'. In genere queste chiglie sono in piombo e vengono imbullonate sulla parte inferiore della carena, che è quasi piatta. Alcune barche in vetroresina sono dotate di una sporgenza stampata sul fondo, alla quale viene imperniata la zavorra. Le chiglie a pinna sono molto più efficienti delle chiglie lunghe strutturali, nel prevenire lo scarroccio: la chiglia stessa è risucchiata verso il lato sopravvento e spinge sé stessa e la barca verso la direzione del vento, eliminando quasi del tutto lo scarroccio generato, e lasciandone solo quanto basta a continuare a creare questo benefico effetto idrodinamico attorno alla chiglia stessa. La prima imbarcazione per la quale si possa documentare la presenza di una chiglia a pinna fu progettata dall'inglese EH Bentall nel 1880. La barca si chiamava Evolution, ma non rappresentò affatto un'evoluzione e la sua incapacità di stringere il vento fu attribuita al baricentro troppo basso e alla forma troppo affusolata dello scafo. L'ingegnere e progettista navale Nathanael Herreshoff ottenne risultati migliori nel 1991 con il suo trenta piedi, il Dilemma. La barca aveva la parte più a prua della chiglia rialzata e l'asse del timone molto inclinato, e vinse tutte le regate alle quali partecipò. Ma nessun progettista riuscì a padroneggiare la nuova scienza delle chiglie a pinna fino al 1966, quando Olin Stephens modificò la chiglia dello Sparkman & Stephens Bay Bea, di Pat Haggerty. La barca in origine era a chiglia lunga con timone separato e fissato su uno skeg. Stephens perfezionò la sua idea nella vasca di collaudo, e ne venne fuori l' Intrepid, la prima barca a vela da dodici metri con chiglia e timone separato, che difese con successo l'America's Cup nel 1967 e nel 1970, dopo che furono apportate ulteriori modifiche al suo scafo. | << | < | > | >> |Pagina 13661 : Solo, intorno al mondo di Joshua Slocum, 1900Joshua Slocum, nativo della Nuova Scozia, fu il primo uomo a circumnavigare il globo in solitario. Salpò da Boston, nel Massachusetts, il 24 aprile 1895, a bordo dello Spray, una tipica barca per la pesca alle ostriche della Baia di Chesapeake, e tornò a Newport, Rhode Island, il 27 giugno del 1898. Questa straordinaria impresa passò quasi inosservata. Le prime pagine dei giornali erano dominate dalle notizie sulla guerra ispano-americana, iniziata due mesi prima, e solo dopo la fine delle ostilità i giornali americani iniziarono a pubblicare articoli che descrivevano la stupefacente avventura di Slocum. Nel 1900 quegli articoli incoraggiarono Slocum a scrivere un libro che intitolò Solo, intorno al mondo, un classico immortale che si trova ancora nelle librerie. Slocum aveva preso la strada del mare a sedici anni, imbarcandosi su un peschereccio della Nuova Scozia ed era diventato ufficiale di coperta su una serie di navi britanniche. Nel 1865 si stabilì a San Francisco e divenne cittadino americano. Dopo un periodo dedicato alla pesca al salmone e al commercio di pelli, riprese il mare come pilota su una goletta mercantile che copriva la rotta tra San Francisco e Seattle. Il suo primo comando fu quello del brigantino a palo Washington, con il quale navigò da San Francisco attraverso il Pacifico e fino in Australia, per poi tornare passando dall'Alaska, nel 1869. Slocum continuò i suoi commerci sul Pacifico per i successivi tredici anni finendo poi a Fairhaven, nel Massachusetts, dove gli fu regalato lo scafo dello Spray. Così decise di restaurare la barca, con l'intenzione di circumnavigare il mondo. Finalmente il suo sogno iniziò nella primavera del 1895, e lo condusse prima nella casa dove era nato, a Brier Island, in Nuova Scozia, prima di iniziare la traversata dell'Atlantico fino a Gibilterra, con scalo alle Azzorre, e poi nei porti sudamericani di Pernambuco, Rio de Janeiro, Montevideo e Buenos Aires, prima di tagliare verso il Pacifico passando dallo Stretto di Magellano. Slocum navigò senza cronometro, facendo affidamento solo su stime della sua posizione per la longitudine, e per questo all'epoca era sufficiente un economico orologio di latta, e sulle altezze del sole misurate a mezzodì. Grazie alla sua chiglia lunga e all'armo molto equilibrato, lo Spray era in grado di mantenere un'andatura in modo costante, senza cambiare rotta, e così Slocum percorse 3200 chilometri verso ovest, attraverso il Pacifico, senza mai dover toccare la barra del timone. Si fermò alle isole Cocos e Mauritius prima di passare il Capo di Buona Speranza, nel giorno di Natale del 1897, poi attraversò nuovamente l'Atlantico passando da Sant'Elena e dall'isola di Ascension, poi raggiunse i Caraibi e da lì giunse a Newport, nel Rhode Island, nell'estate del 1898. Slocum aveva firmato un contratto con un editore prima di iniziare la sua circumnavigazione e lungo il percorso gli aveva inviato numerose lettere. Solo, intorno al mondo, ricevette recensioni entusiastiche, anche da un altro autore, Arthur Ransome che scrisse: "Chi non apprezzi questo libro merita di essere annegato all'istante". La storia di Slocum fu pubblicata a puntate sulla rivista The Century ed è stata ristampata numerose volte da allora. Nel 1909 Slocum si ritrovò a corto di fondi e iniziò a progettare una nuova avventura a bordo dello Spray, per esplorare l'Orinoco, il Rio Negro e i fiumi amazzonici, nella speranza di poter pubblicare un altro libro di successo. Il 14 novembre del 1909 salpò alla volta delle Indie occidentali per uno dei suoi abituali viaggi invernali e di lui non si seppe più nulla. Nel luglio del 1910 sua moglie comunicò ai giornali che riteneva che Slocum fosse disperso in mare. Joshua Slocum fu dichiarato legalmente morto nel 1924. | << | < | > | >> |Pagina 13862 : Winch di scotta, 1903Quanti winch (o verricelli) avete sulla vostra barca? Probabilmente ne avete più d'uno. Questa parola inglese si è ormai affermata nell'uso nautico, ma si usa esclusivamente per i winch che manovrano le vele (scotte, drizze ecc.), mentre negli altri casi si usa il termine verricello (ad esempio, il verricello dell'ancora). Per definizione, un verricello (o argano) raccoglie il cavo o la fune sul suo stesso tamburo. I marinai del diciottesimo secolo, in realtà, dovevano lavorare tutti insieme per azionare l'enorme argano usato per salpare l'ancora. E proprio quel gigantesco dispositivo è il precursore di quello che oggi chiamiamo winch di scotta. Prima dell'uso di questi strumenti per il controllo delle vele, anche le navi più grandi si affidavano a un semplice paranco realizzato con bozzelli o carrucole. Questo limitava le dimensioni delle vele e portò alla necessità di una molteplicità di piccole vele, soprattutto sulle navi più grandi. Successivamente, a partire dalla fine del diciannovesimo secolo, piccoli verricelli iniziarono a comparire sulle coperte delle barche di dimensioni più piccole. Le prime versioni avevano un rapporto di 1:1, ruotavano in senso orario ed erano dotate di un cricchetto. Il verricello a colonna ruota quando la cima viene tirata e la avvolge sul tamburo, partendo dall'estremità sotto carico. Allentando la tensione è possibile far scivolare le volte della cima (o drizza, o scotta) attorno al tamburo per cedere parte della cima. La cima si può fermare ripristinando la tensione. Una manovella montata al centro del verricello consente l'applicazione di maggiore potenza. Fu Nathanael Herreshoff, il progettista guru che collaborò con numerosi defender di Coppa America a introdurre per la prima volta, nel 1903, un grande verricello in coperta per il controllo delle grandi scotte a bordo della sua imbarcazione, il Reliance. Quei verricelli erano talmente resistenti all'usura che furono poi trasferiti sul Resolute nel 1920 e poi ancora sull' Enterprise, nel 1930. I verricelli di scotta si diffusero sulle barche a vela da diporto solo dopo la Seconda guerra mondiale. I velisti Len Lewery e Leslie Marsh inventarono il moderno verricello con manovella superiore nel 1953, e lo produssero in serie con il marchio Lewmar. Sei anni dopo, si unì a loro Henry Shepherd (la cui azienda produceva trasmissioni per elicotteri Westland), e grazie alle sue conoscenze dei materiali aeronautici ultraleggeri fu sviluppato il verricello a più velocità che conosciamo oggi. | << | < | > | >> |Pagina 15671 : Scarpe da barca, 1935Top-Sider o Docksides? Questo è l'interrogativo che divide i velisti da quando i due marchi entrarono in competizione diretta, negli anni Settanta. Tutto iniziò nel 1935, quando Paul Sperry un ex marinaio della Marina statunitense iniziò a fare esperimenti per la produzione di scarpe antiscivolo. Un giorno, passeggiando con il suo cocker spaniel, Prince, in prossimità della sua casa nel Connecticut, notò la straordinaria capacità del cane di correre sul ghiaccio senza scivolare. Esaminò le zampe del cane e tentò di replicarne la struttura sulle suole delle sue scarpe, facendo una serie di incisioni a W con un coltellino tascabile. Così nacque la prima scarpa da barca. La capacità di fare presa delle Top-Sider e la suola bianca che non macchiava la coperta fecero di quella scarpa un immediato successo tra i velisti. Nel 1939 la Marina Militare statunitense adottò la scarpa come calzatura ufficiale e quei modelli divennero immediatamente popolari tra i ricchi studenti della costa nordorientale, dove si svolgeva la maggior parte dell'attività diportistica, e divennero parte integrante del cosiddetto look 'Ivy League' degli anni Cinquanta e dei primi anni Sessanta. Il marchio Sebago fece il suo ingresso nel mercato nel 1970, con le sue scarpe Docksides. Negli anni Ottanta le scarpe da barca tornarono di gran moda aiutate in particolar modo da importanti accenni contenuti in The Official Preppy Handbook, il manuale ufficiale per lo stile 'preppy', e per le apparizioni in numerosi film di John Hughes. La battaglia delle scarpe da barca era iniziata e i nuovi arrivati come Sebago erano in testa, soprattutto grazie a materiali di altissima qualità e alla nuova struttura saldata. E non solo, Sebago seppe mantenere il suo storico rapporto con i marinai e il mare e nel 1984 divenne la prima azienda statunitense a sponsorizzare una barca nella regata transatlantica Ostar per navigatori solitari, alla quale seguì la sponsorizzazione dell'America's Cup nel 1992. Per non essere da meno, il marchio Sperry scelse come testimonial il leggendario velista statunitense Dennis Conner e divenne la scarpa ufficiale dell'America's Cup del 1987. Dopo un nuovo periodo di calma, negli anni Novanta le scarpe da vela tornarono ancora al centro dell'attenzione quando il marchio californiano Band of Outsiders inserì le Top-Sider nella sua collezione 2008. All'improvviso le scarpe da barca erano tornate di moda ancora una volta e in quell'occasione in testa c'era il marchio Top-Sider. Sperry allora si unì al colosso dell'abbigliamento americano J. Crew e in breve celebrità come Ellen DeGeneres, Blake Lively e Kanye West iniziarono a indossare quelle scarpe. Nel frattempo, Sebago strinse un'alleanza con Colette, Vans e La MJC, e anche la nota duchessa di Cambridge fu avvistata con scarpe Sebago ai piedi. In acqua, Top-Sider sponsorizzò le squadre di vela statunitensi alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi, mentre Sebago riuscì ad aggiudicarsi il Salone nautico di Newport e il circuito mondiale del Match Racing. E allora, Top-Sider o Docksides? Nel 2012 l'interrogativo perse parte della sua pregnanza quando il gigante delle calzature Wolverine Worldwide acquistò Sperry Top-Sider investendo 1,2 miliardi di dollari. L'altro grande marchio che fa parte del portafoglio di Wolverine? Sebago, naturalmente. | << | < | > | >> |Pagina 20093 : La doccia solare a sacca, anni OttantaLavarsi a bordo di una piccola barca è sempre stato difficile, ed è indubbio che per molti anni i velisti si siano accontentati del minimo, facendo una vera doccia o un bagno solo quando erano in porto. Tuttavia, la doccia solare rappresenta un aggeggio talmente semplice che viene da chiedersi come mai sia stato necessario attendere gli anni Ottanta per la sua invenzione. Se usata in climi caldi, questa intelligente soluzione è una vera manna per velisti e anche per i campeggiatori. Nella sua forma più semplice la doccia solare, di facile trasporto, consiste in una sacca di Pvc nero che contiene circa venti litri d'acqua e di un tubo flessibile per dirigere il getto di acqua calda dove si desidera, in sostanza una doccetta semplificata. Un gancio consente di sistemare la sacca nella posizione più comoda per fare la doccia. Si procede riempiendo la sacca d'acqua e appendendola all'armo della barca o al ramo di un albero in prossimità di una spiaggia. Basta attendere da due a quattro ore e poi sarà possibile concedersi una magnifica doccia portatile, molto apprezzata dopo un lungo periodo in mare. Alcuni dei modelli più sofisticati hanno anche un indicatore della temperatura per segnalare che è stata raggiunta la temperatura desiderata. La doccia è ideale per navigare ai Tropici, ma il sistema riuscirà comunque a riscaldare la temperatura delle acque più fredde anche nelle giornate nuvolose. È possibile aggiungere acqua calda con un bollitore per accelerare il processo. Questo oggetto ci offre la possibilità di una doccia più confortevole rispetto alla classica secchiata di acqua di mare fredda, al costo di appena dieci euro, e risulta molto efficace per garantire l'igiene personale a bordo. | << | < | > | >> |Pagina 20896 : Le cime di Dyneema®, 1990Il Dyneema®, o spectra, come è noto in molte parti del mondo, è una di quelle miracolose fibre artificiali nate dall'era spaziale, con un rapporto tra robustezza e peso quindici volte superiore a quello dell'acciaio. Al contrario di altre fibre polimeriche, il Dyneema ha un punto di fusione molto basso (130 gradi celsius), è scivoloso come il teflon, ed è sufficientemente leggero per galleggiare. Nel 1963 lo scienziato olandese Albert Pennings inventò la complessa catena polimerica che costituisce il Dyneema, ma questo materiale non entrò in commercio fino al 1990. Oggi ha sostituito il sartiame in cavo d'acciaio e tondino sulle barche da regata e nel 2007 è stato utilizzato per il tether, il cavo spaziale lungo trenta chilometri trasportato a bordo del Programma satellitare 2 dell'Esa e dei Giovani ingegneri russi. Nel 2013 Oracle Team Usa vinse la serie di regate dell'America's Cup su un catamarano Ac72 con sartiame in Dyneema. Il materiale ha inoltre sostituito il kevlar come fibra antiproiettile negli indumenti e veicoli corazzati, per le corde per archi, le cimette di recupero dei fucili subacquei e le cimette di parapendio e paracaduti. Un aspetto negativo è rappresentato dalla scarsa tenuta dei nodi. L'elevata scivolosità del Dyneema impone che le estremità debbano essere impiombate e questo limita l'utilizzo del materiale ad applicazioni come il sartiarne fisso nell'ambito della vela. Il Dyneema è così robusto che è usato per le cime di ormeggio di due delle più grandi navi da crociera del mondo, la Oasis of the Seas e la Alture of the Seas, di circa centomila tonnellate, sedici ponti passeggeri e la possibilità di trasportare ottomila persone. Una gomena d'ormeggio convenzionale per navi di queste dimensioni risulterebbe troppo pesante e ingombrante, mentre la robustezza del Dyneema consente di ormeggiare queste navi con cime di dimensioni molto inferiori. | << | < | > | >> |Pagina 21097 : Il Gps, 1990Per secoli il problema più complesso per i navigatori è stato rappresentato dall'individuazione della posizione in mare. Intere fortune e vite sono state spese per trovare una soluzione per individuare con precisione la posizione di un vascello. Anche quando la soluzione fu finalmente individuata (vd. Orologio di Harrison a p. 70), i navigatori erano costretti a diventare abili nell'uso del sestante e dovevano elaborare complesse formule matematiche per risalire alla loro posizione. Poi, fu ideato un dispositivo elettronico capace di indicare la posizione in pochi secondi. Il sistema Gps (Global Positioning System) è stato sviluppato dalla Marina Militare statunitense tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ed è stato agevolato dalle tecnologie spaziali utilizzate per lo spionaggio durante la Guerra Fredda. Lo strumento raccoglie i segnali dai satelliti nello spazio e stabilisce la loro distanza in base al tempo che il segnale impiega per viaggiare dal satellite alla terra. Incrociando i dati ricevuti da tre o più satelliti, il sistema è in grado di stabilire la posizione del dispositivo ricevente. Il primo sistema Gps, basato sull'uso di solo cinque satelliti, fu collaudato nel 1960. Nel 1973 fu ideato il moderno sistema con una molteplicità di satelliti orbitanti. Tra il 1978 e il 1985 furono lanciati dieci prototipi di satelliti, tutti destinati all'uso militare, ma quando nel 1983 un aereo di linea coreano che trasportava 269 passeggeri fu abbattuto per aver penetrato lo spazio aereo sovietico, il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan decise di consentire lo sviluppo del Gps per usi civili come un 'bene comune'. Tra il 1989 e il 1994, circa 24 satelliti furono lanciati per il nuovo sistema, al costo di cinque miliardi di dollari, e il sogno di avere uno strumento per la navigazione satellitare a disposizione di tutti divenne finalmente una realtà, in tutto il mondo. Il Gps si rivelò molto più esatto di quanto inizialmente prospettato dalla Marina Militare statunitense, con livelli di precisione compresi tra venti e trenta metri rispetto ai cento metri che erano stati previsti. Preoccupati all'idea che i paesi nemici potessero usare la tecnologia per localizzare obiettivi statunitensi, gli americani inserirono deliberatamente un errore nella versione per uso civile, che ne limitava la precisione a trenta metri (la cosiddetta disponibilità selettiva, o Sa), lasciando agli strumenti capaci di decrittare il segnale la possibilità di usare la versione più accurata. Durante la guerra del 1990-91 l'idea si ritorse contro gli Usa in Iraq, quando i soldati statunitensi che avevano in dotazione i Gps per uso civile si trovarono svantaggiati. Nel frattempo, numerosi sistemi rivali furono creati per aggirare la Sa, che infine, nel 2000, fu eliminata con un decreto presidenziale.
Per i navigatori, l'avvento del Gps è stato
rivoluzionario. Le loro vite non avrebbero più dovuto
essere legate a uno strumento inventato quando gli
Stati Uniti erano ancora una colonia e non avrebbero
più dovuto fare i lunghi calcoli per convertire le
altezze di sole e astri in posizioni di latitudine e
longitudine. Quando Garmin presentò il suo primo
Gps nel 1990, fu un vero evento, e nonostante il prezzo
di 2500 dollari gli ordini superarono di cinquemila
unità i pezzi disponibili. Nel maggio del 2014 Garmin
aveva venduto più di 126 milioni di apparecchi, e oggi
il Gps più economico costa cento dollari.
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