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| << | < | > | >> |IndicePremessa 5 Il vantaggio di essere gigolò 11 Maschi da passeggio 15 Bisonti omosessuali 19 L'emblema della procreazione 22 Natura arcobaleno 25 I privilegi della bisessualità 29 Elogio del tempo perso 32 Cambio di stato 37 Uomini e nidi 40 Farne a meno 44 Senza sesso si può 49 Convivenze e convenienze 52 Il maschio è inutile. Anzi, no 54 50 e 50 58 Il segreto del sesso 61 Message in a Bottle 64 La bellezza salverà il mondo 67 Fare sesso in tempo di crisi 72 Fallo strano 76 L'importanza degli attributi 80 Capezzoli, clitoridi e altre piacevoli inutilità 83 Salvate il soldato Y 88 Morte e resurrezione di un cromosoma 91 Musica e ovulazione 98 Sperm Wars 103 Maschi insicuri 107 Legami estremi 111 Big Mama 114 Forgiati dalle donne 118 Speriamo che sia femmina 124 Primi amori 127 Ad alcune piace caldo 130 L'erba del vicino 135 Perché non siamo tutti George Clooney? 139 Senza metà, senza meta 142 Adulterio universale 146 Chiediamo venia 149 |
| << | < | > | >> |Pagina 5Non è più tempo di certezze. Una volta, nella mitica savana del Pleistocene, i maschi cacciatori facevano i maschi e le femmine raccoglitrici facevano le femmine, o almeno così ci hanno raccontato. Adesso è tutto più disordinato. I ruoli si invertono, si mescolano, si tramutano, si camuffano. Ma in fondo stiamo soltanto copiando ciò che l'evoluzione, nella sua esuberante diversità di soluzioni sessuali, ci insegna da sempre. In natura, sappiamo, c'è di tutto: eterosessualità, omosessualità, bisessualità, unisessualità, autosessualità. Altro che essere «contro-natura»... Oggi però c'è una scoperta che serpeggia e che inquieta. Chi sembra fare le spese di cotanta diversità è íl maschio. In tutto questo fervore creativo di comportamenti sessuali differenti, in natura il sesso debole è quello maschile, non c'è più dubbio. Il futuro evolutivo è donna. Lo si evince dalle molteplici categorie di inutilità che si addicono ai maschi contemporanei. Per esempio, in alcune specie di pesci i maschi sono diventati nani parassiti. In altri casi, il maschio si è trasformato in una vera e propria appendice, minuscola, penzolante dal corpaccione della femmina: in pratica, uno scroto ambulante. Neanche in un fanta-horror femminista ci sarebbero arrivati. In altri casi ancora le femmine decidono, all'occorrenza, se diventare momentaneamente maschi oppure no. Fanno tutto da sole. Il maschio per loro è inutile. Altre volte ancora le femmine restano femmine, ma imitano i maschi e conducono in perfetta autonomia tutti i giochi sociali. Si autofecondano, generano la prole successiva e come amazzoni tramandano le loro società di sole femmine clonate. Negli uccelli e nei pesci le cose non vanno meglio per i maschietti, che devono investire tutte le loro risorse (rischiando di essere divorati dal primo predatore nei paraggi o di morire di stanchezza) per farsi scegliere presto o tardi da una femmina riluttante e ritrosa. Sempre di corsa, si intrufolano nelle alcove dei pochi maschi dominanti e li sabotano. Tocca fare di tutto per rimediare un amplesso: corteggiamenti, imbrogli, esibizioni nuziali, ornamenti vistosi, colorazioni, danze, canti, nuotate artistiche, invocazioni, odori penetranti, sfilate e bullaggini d'ogni sorta. Non va tanto alla grande nemmeno per noi mammiferi. Il sesso è costoso, poco economico, anche se tutto sommato ha recato vantaggi (mescolare i propri geni a ogni generazione e produce diversità). Il maschio è un pesante fardello per l'evoluzione e si può farne a meno. Un'altra categoria di inutilità si affaccia: i genetisti hanno scoperto che i cromosomi maschili sono forse in fase di decadimento, sono più suscettibili di mutazioni deleterie, più fragili, più piccoli, anche se non tutti concordano. Il maschio si starebbe biologicamente estinguendo per conto suo e fra non molto anche le femmine di primati troveranno soluzioni alternative per far proseguire comunque l'evoluzione. Forse anche per questo il maschio è sempre più nervoso e, purtroppo, violento. Sente che gli manca il terreno sotto i piedi. Diciamolo: il maschio è antiquato, e talvolta un po' ridicolo. Altri maschi sono inutili quando perseverano nella fedeltà a uno stereotipo sociale di maschio che non ha più ragione di esistere, se mai l'ha avuta. Il maschio fine a se stesso è stantio. Impantanato. Fuori luogo. E, banalmente, tremendamente noioso. Ma, per fortuna e per necessità, ci sono uomini che riscattano la loro mascolinità nel momento in cui si aggrappano alle loro sfumature. Smettendo di essere solo «maschi». Sottraendosi alle gabbie dell'immagine che gli altri impongono su di loro, scartando all'improvviso di lato come fanno i protagonisti delle storie che stanno per cominciare, ritrovano una dote semplicissima in sé ma difficile da insegnare: l'umanità. Scelgono strade periferiche, visioni laterali, logiche divergenti, apparenti inutilità impregnate di significato, bizzarri e serissimi passatempi. Si sono dati un compito minuscolo ma solenne e non sentono più né età né ostacoli, né ruoli né costrizioni. Si mettono nel posto sbagliato al momento sbagliato, e così illuminano quanto c'è di sbagliato nei pregiudizi di chi li guarda. Maschi che al «prototipo tronista» rispondono con una pernacchia e un naso rosso. In un tempo in cui c'è un solo modello di sviluppo e vi ripetono che «non ci sono alternative», loro sono maschi inutili, e dunque utilissimi. Evolutivamente utilissimi nei loro teneri, piccoli trionfi. Già, perché in fondo per i maschi si profila una paradossale occasione di riscatto. In natura non tutto serve a qualcosa. L'universo trabocca di inutilità e gli uomini rientreranno a buon titolo nella categoria del superfluo. Ma noi sappiamo che nella storia l'inutilità si è rivelata spesso come un serbatoio di cambiamento, come un margine di ridondanza, come una riserva di diversità alla quale attingere nei momenti di crisi, quando le logiche dominanti si sgretolano. Scopri in quel momento che qualcosa era inutile solo perché non avevi capito a che cosa serviva, oppure che era davvero inutile ma da un punto di vista ristretto e temporaneo. Quando il contesto cambia, l'inutile passa al contrattacco. Ecco, due maschi consapevoli e testimoni del loro destino soccombente hanno deciso di fare outing. Non sui loro comportamenti sessuali, ma sull'imminente profezia che l'evoluzione ci consegna: il maschio è inutile. Le istantanee che seguono sono da condividersi fra maschi, per commiserarsi un po'. Sono per le suocere, che troveranno molte conferme a ciò che pensano da sempre. Sono per le imperscrutabili fidanzate dell'imbecille (per insinuare che noi siamo meglio, avendo almeno capito la nostra inutilità). Sono per le mogli di mariti annoiati, o per le figlie di quei papà che pensano che il loro lavoro sia indispensabile per le sorti dell'universo. Che siano di uomini o di insetti, per quanto strane e buffe, sono tutte vere. E parlano di noi. | << | < | > | >> |Pagina 19Non è facile spiegare evolutivamente la comparsa dell'omosessualità, cioè di un insieme di attività sessuali del tutto svincolate dalla finalità riproduttiva. Anzi, rimane un vero e proprio enigma. Chi si accoppia con individui del proprio sesso, per definizione, non ha possibilità di riprodursi, quindi di trasmettere i propri geni alla discendenza. La sua diversità non verrà ereditata da nessuno e, dunque, dovrebbe scomparire. Si tratta, allora, di un maladattamento, di un difetto tollerato dalla natura, di un'esuberanza sessuale isolata? Niente affatto, visto che l'omosessualità è un comportamento molto diffuso e diversificato negli animali, non soltanto nella specie umana e non soltanto nei primati. Sono stati osservati comportamenti omosessuali in molti animali, dai delfini alle pecore, dai bonobo ai pinguini, ai fenicotteri. La varietà e l'ubiquità in natura di queste relazioni è stata a lungo sottovalutata, ma oggi se ne conoscono centinaia di esempi, tra i mammiferi, gli uccelli, i rettili, gli anfibi, e poi gli insetti, i molluschi e i vermi: un campionario piuttosto eterogeneo di esseri viventi, insomma. Le «coppie gay» sono più frequenti in cattività, ma se ne trovano anche allo stato brado. Condizioni ambientali inusuali ed estreme le possono favorire (è il caso delle tenere unioni tra pinguini), ma compaiono comunque con una certa regolarità e stabilità. Nella maggior parte dei casi, si tratta di atteggiamenti opzionali, che non escludono la presenza di partner dell'altro sesso, come se si trattasse di un comportamento sessuale alternativo da esplorare all'occorrenza. In una parola: bisessualità. Più rara è invece l'omosessualità come scelta esclusiva, per ovvie ragioni riproduttive. Sono state registrate monte omosessuali tanto negli scarafaggi (piuttosto violente, in verità) quanto nei montoni allevati. Nelle pecore delle Montagne Rocciose, alcuni maschi si accoppiano con le femmine solo se queste esibiscono comportamenti mascolini. Gli amplessi fra rospi sono ben noti, forse dovuti alla scarsa discriminazione tra un sesso e l'altro. Nei serpenti giarrettiera, i maschi solitari imitano le femmine e si fanno corteggiare da altri maschi, per esigenze di termoregolazione e protezione. I legami di coppia omosessuali tra i gabbiani sono durevoli e includono lusinghe, copule e smancerie. In vari primati come il macaco giapponese (ma anche in uccelli come il picchio delle ghiande), l'omosessualità ha chiaramente una funzione di modulatore sociale negli incontri fra conspecifici: regola le gerarchie fra maschi, salda legami, allenta le tensioni, smorza o previene i conflitti per il cibo e per l'accoppiamento. È un collante per la comunità. Nei virili bisonti americani, gli incontri omosessuali fissano e rafforzano i rapporti di dominanza. I delfini dal naso a bottiglia si montano tra maschi (e talvolta tra femmine), si strofinano i genitali e si dedicano ad altre attività omosessuali che favoriscono le alleanze. La metà delle pratiche sessuali dei maschi di questo cetaceo sono rivolte verso altri maschi. Succede anche nei bonobo, scimpanzé pigmei cugini della specie umana, ma loro sono ancora più fantasiosi, sia in natura sia in cattività. Le femmine occupano una considerevole parte del loro tempo strofinandosi i genitali a vicenda fino a raggiungere l'orgasmo, e anche i maschi sono stati osservati mentre lo facevano. Nell'universo bonobo, il modo più efficace e veloce di riconciliarsi dopo una lite è fare sesso, etero e omo. Altro che scherzo di natura! | << | < | > | >> |Pagina 29Molte specie conservano entrambi i sessi nello stesso individuo. Perché l'ermafroditismo è così diffuso in natura? Platone pensava che fosse la condizione originaria dell'umanità e di tutti gli animali, nella grande infanzia del mondo, e che solo in un secondo tempo si fosse generata la divisione tra maschi e femmine. Poi venne la scienza dell'evoluzione e Darwin si convinse che l'autofecondazione fosse una strategia estrema per ovviare al problema di trovare un partner: quando è difficile incontrare un proprio simile di sesso opposto, non resta che fare tutto da soli, giocando a fare il maschio e la femmina nello stesso tempo (cioè ermafroditismo contemporaneo o simultaneo). Poi però si è scoperto che solo di rado questi ermafroditi si autofecondano in totale solitudine. Hanno comunque bisogno, quasi sempre, di un altro individuo. Il vantaggio è semplice da afferrare: se tutti sono ermafroditi, non importa a quale genere appartenga il conspecifico che incontro, perché in ogni caso potrò accoppiarmi con lui o con lei mescolando i patrimoni genetici. È la fecondazione incrociata, un prodigio naturale di cui sono maestre le lumache, nei loro corteggiamenti a base di punzecchiamenti e sostanze mucose. Due «maschi-femmine» si scambiano effusioni, fecondandosi a vicenda. Uno dà all'altro la sua parte di maschio, ricevendo in cambio una parte di femmina, e viceversa. In questo modo anche la variabilità genetica è salva: se ogni individuo si autofecondasse, la specie diventerebbe una collezione di monadi isolate. Non è difficile immaginare come possa essere cominciato questo ardito sistema bidirezionale per fare sesso: se gli organismi sono poco mobili (per esempio sono attaccati a un substrato, al fondale o agli scogli), se devono sopravvivere in un abisso oceanico con bassissima densità di popolazione e buio totale, oppure se la densità di popolazione oscilla molto a causa di instabilità dell'ambiente, allora conviene decisamente che il potenziale partner, qualunque esso sia, vada bene al primo colpo, senza indugio, e non che ci sia il 50 per cento di possibilità che sia dello stesso sesso. Pensate che scorno: t'imbatti per caso, dopo mesi o anni, in un tuo simile con cui finalmente accoppiarti, e scopri che è maschio o femmina come te. La soluzione può essere, dunque, quella di maturare all'interno del proprio corpo entrambi i gameti. In questo modo si può aggirare anche un'altra minaccia che affligge le specie divise in popolazioni piccole e sperdute dentro vasti ambienti. A causa delle oscillazioni ecologiche capita spesso che in un gruppo vi siano pochi maschi o poche femmine, con relativo abbassamento della fecondità, impoverimento genetico, e una grande noia. Se tutti gli individui sono bisessuali, il problema è risolto! | << | < | > | >> |Pagina 40Che dire dell'omosessualità in specie dal comportamento sociale molto elaborato come la nostra? Forse i geni in questo caso non c'entrano nulla? Oppure esiste qualche meccanismo nascosto che ancora non abbiamo capito? Alcuni scienziati ipotizzarono che l'omosessualità maschile (su quella femminile è buio pesto, chissà poi perché) potesse essersi diffusa, tra maschi con poche chance di riproduzione in proprio, come investimento adattativo verso consanguinei, per esempio i figli di fratelli e sorelle. La strategia è ingegnosa: rinunci a riprodurti, ma curando nipoti e cugini favorisci comunque la trasmissione di percentuali assortite dei tuoi geni (visto che i parenti hanno in parte gli stessi geni); non ti riproduci tu, ma aiuti chi condivide i tuoi geni a riprodursi. Ne discende una previsione precisa sul comportamento sociale: i maschi omosessuali dovrebbero essere un po' più generosi e premurosi, in media, verso i parenti. Le verifiche, però, hanno dato esito negativo. Nulla lascia pensare che gli omosessuali siano più «familisti» o più attenti alle parentele. Anche la vecchia ipotesi secondo cui a ogni maschio aumenterebbero le probabilità che una madre partorisca un figlio omosessuale (a causa della progressiva perdita di efficacia del cromosoma Y) non pare sufficiente per render conto della bassa ma stabile frequenza e dell'universale distribuzione di individui gay nelle popolazioni umane. Non ci sono evidenze neppure del fatto che l'omosessualità sia legata a una variante genetica recessiva, che in associazione con una variante «etero» darebbe vantaggi riproduttivi ai possessori, e in associazione con un'altra variante «orno» darebbe invece origine all'omosessualità. Questo mistero evolutivo rimane, dunque, irrisolto, ma gli scienziati non si arrendono e continuano a esplorare strade alternative. Qualcuno spiega l'omosessualità umana attribuendole una funzione sociale di consolidamento delle gerarchie tra maschi e soluzione dei conflitti, proprio come accade nei bonobo. Ma è cominciata così nell'evoluzione oppure ha assunto queste funzioni di armonizzazione sociale in seguito?
La sua distribuzione stabile nella popolazione suggerisce anche un elemento
biologico. Non è escluso, cioè, che l'omosessualità dipenda, oltre che da
fattori sociali e culturali, anche da varianti genetiche sul cromosoma X,
diverse nei maschi e nelle femmine. È emersa di
recente la scoperta che l'omosessualità è compensata
da una maggiore fecondità femminile, e forse sta qui il
suo segreto. Ciò che si nota è che anche le nonne e le
zie materne degli omosessuali, così come le madri, sono
significativamente più feconde rispetto alle corrispettive
parenti di eterosessuali. È un indizio interessante di compensazione genetica e
di un possibile antagonismo tra i
due sessi in termini di fecondità: i maschi omosessuali
non si riproducono, ma le donne delle loro famiglie sono
più feconde delle madri, delle nonne e delle zie degli
eterosessuali. Quindi, il vantaggio selettivo ottenuto
dalle femmine va a discapito della fecondità di alcuni
maschi. Un fattore genetico sul cromosoma X potrebbe
aver dato questo vantaggio alle femmine, compensando
lo svantaggio riproduttivo presente nei maschi (che pure
hanno un cromosoma X). Si è generata una selezione
sessuale antagonistica tra maschi e femmine. Chi ha
prevalso? Naturalmente, le femmine.
«I punti neri indicano tutti i nidi dello scorso anno: su quelli distrutti o parzialmente fuori uso ho messo una crocetta; gli altri, invece, sono pronti a ospitare i loro inquilini. Poi spero di aggiungerne molti altri la prossima settimana.» Beppe, tipografo in pensione di settantadue anni, mostra con orgoglio la cartina personalizzata del proprio paese, un comune con poco più di diecimila abitanti in provincia di Parma, come se fosse una mappa del tesoro. Dopo ore e ore passate a studiare attentamente porticati, tegole, grondaie e piccoli anfratti tra case e cascine, tutto è pronto per l'accoglienza delle rondini, di ritorno dal migrare invernale. «Da bambini facevamo a gara a chi avvistava la prima» racconta. «Da quel momento le nostre mamme ci davano il permesso d'indossare i pantaloncini corti, ed era l'inizio di lunghi pomeriggi nei prati. Adesso che ho tempo e sono anziano, ho deciso di dedicare le mie energie a questi uccelli che hanno accompagnato la mia vita.» Non solo Beppe censisce con pazienza tutti i nidi presenti sul territorio, ma durante l'inverno cerca di proteggerli in ogni modo dalla pioggia, dalla neve e dalla mano dell'uomo, costruendo piccoli ripari provvisori e litigando con muratori e operai che non ci pensano due volte a distruggere i disabitati rifugi in fango ed erba. «Ogni anno diminuiscono sempre di più le famiglie di rondini che scelgono di fermarsi da queste parti. Se poi ci mettiamo anche noi a eliminare le loro case diventa tutto più complicato, con enormi danni all'equilibrio ambientale. Confesso che qualche nido l'ho costruito pure io di nascosto, in posizioni strategiche. Lo so, sono abitazioni abusive, ma quando poi vedi spuntare il becco di un piccolo appena nato, senti davvero la primavera dentro di te. La natura è uno spettacolo continuo: farne parte dà senso alle mie giornate.» | << | < | > | >> |Pagina 49È faticoso e complicato, ma piace a tutti. Può costarti la vita, ma se non lo fai i tuoi geni sono spacciati. Ci sarebbero soluzioni più economiche per scongiurare l'estinzione, eppure tantissime specie ricorrono a questa. Come si fa è noto, ma perché abbiamo iniziato a farlo molto meno. Senza, non ci sarebbero alcune delle più colorate e commoventi espressioni della natura. Charles Darwin, nel 1862, ammise che le ragioni della sua evoluzione erano ancora avvolte nella più totale oscurità. Stiamo parlando del sesso. Il sesso è l'invenzione evoluzionistica forse più ingegnosa ed elusiva di tutti i tempi. Certamente è una delle più rivoluzionarie. Sfida ancora le nostre conoscenze come un rebus, ma sono in molti a scommettere che, dietro le sue origini, si nasconda un messaggio importante su come funziona l'evoluzione nel suo complesso. L'uso stesso del termine «origine» espone a scivolose controindicazioni, perché sembra alludere a un momento fatidico d'inizio, quando in realtà l'evoluzione è un processo incessante di trasformazione. La storia naturale, poi, spiazza sempre per la sua esuberante eterogeneità di soluzioni. E infatti, combinare la metà dei propri geni con un'altra metà proveniente da un individuo del sesso opposto, per mettere al mondo una prole e moltiplicarsi, non è una strategia univoca. Numerose specie alternano il mix genetico di due sessi con la riproduzione asessuata: femmine che producono uova non fecondate, per esempio, da cui nascono altre femmine. I maschi diventano piccole parentesi in mezzo a una discendenza di amazzoni che fanno tutto da sole per partenogenesi. Anche molte piante rinunciano completamente alla riproduzione sessuata e scelgono una propagazione per via vegetativa a partire da gemme e propaggini, da cui si staccano discendenti geneticamente identici. Per riprodursi, un organismo può quindi clonare se stesso, o anche più semplicemente dividersi in due, come fanno batteri e parameci. Si dà, quindi, in natura la possibilità di riproduzione senza sesso (nei microrganismi, nelle piante, in molti invertebrati e in alcune decine di vertebrati). Certi animali come le stelle di mare si dividono in più parti. Altri, come spugne e tunicati, rilasciano gemmule che danno origine a nuovi individui. Alcune specie scelgono, invece, il processo opposto: sesso senza riproduzione. In molti organismi unicellulari, oltre alla moltiplicazione per divisione, si assiste alla coniugazione tra due individui, cioè a uno scambio di materiale genetico in orizzontale attraverso ponti citoplasmatici. L'antica sessualità batterica senza riproduzione offre un indizio interessante: il risultato del processo è una coppia d'individui geneticamente diversi da quelli di partenza. In questo modo, essi acquisiscono la potenzialità di adattarsi a condizioni ambientali differenti da quelle iniziali. Ecco forse svelato il suo segreto. Il sesso è il veicolo per la produzione di diversità. | << | < | > | >> |Pagina 61Le ipotesi sul segreto del sesso (se è così faticoso, perché si è evoluto?) si sono succedute per decenni e ancora non si è giunti a un consenso generale, anche se il quadro si va delineando sempre più. Grazie alla selezione naturale che bilancia maschi e femmine, il sedicente sesso forte è momentaneamente salvo, ma ciò ancora non spiega perché, se è dimostrato che se ne può fare a meno, si è evoluto questo complesso macchinario che prevede l'esistenza del maschio. L'indizio fornito dal sesso dei batteri è decisivo: dev'esserci qualcosa di molto utile nel rimescolamento dei geni. La fusione e la ricombinazione dei genomi, garantite dalla riproduzione sessuata, hanno effetti decisivi sulla velocità di adattamento degli individui, perché permettono l'associazione e la diffusione delle rare mutazioni favorevoli che insorgono nelle popolazioni. In una linea asessuale, due mutazioni favorevoli, per sommarsi, dovrebbero comparire nello stesso individuo, il che è molto improbabile. Se invece sono portate rispettivamente da due genitori, maschio e femmina, almeno un quarto della loro prole le avrà entrambe. L'accumulo di riassortimenti e di combinazioni sessuali positivi permette, per selezione naturale, una propagazione abbastanza veloce delle mutazioni.
Questa funzione di «propellente» per la selezione
è rafforzata dal suo reciproco: la difesa da mutazioni deleterie. Il difetto
maggiore della clonazione tutta
femminile, infatti, è che una variazione leggermente
svantaggiosa può essere risparmiata dalla selezione e
trascinarsi lungo la discendenza, accumulandosi irreversibilmente insieme ad
altri piccoli danni genetici. La ricombinazione sessuale permette, invece, di
eliminare le mutazioni deleterie perché i figli le ereditano solo in
parte e la selezione naturale epurerà le combinazioni
meno efficienti. Secondo questa «teoria mutazionale»,
se il tasso di mutazioni deleterie in una popolazione è al
di sopra di una certa soglia, il sesso diventa vantaggioso.
Ciò spiegherebbe perché, tutto sommato, da due miliardi
di anni i maschi continuano a esistere.
I più caldi sembrano i messicani, i più tradizionalisti quelli sotto la Tour Eiffel. Poi ci sono gli aficionados dei bagni dei musei, c'è chi si lascia andare in strada e chi preferisce il parco, chi sceglie la metropolitana e chi ama il bar. Ma tutti, grandi e piccini, lo fanno tantissimo, con gioia e intensità. Parola di Ignacio Lehmann, trent'anni e un sogno globale: fotografare cento baci per ogni città della Terra. L'idea gli è venuta passeggiando per New York, dove lo zoom della sua macchina veniva sempre calamitato dai baci informali, colti qua e là. Dopo la Grande Mela ci sono state Parigi, Londra, Amsterdam, Berlino, Barcellona, Buenos Aires, città del Messico, Tokyo. «Tutti i miei scatti sono rubati, non c'è nulla di preparato o in posa. Fotografo baci tra fidanzati, tra amici, tra genitori e figli, baci dati al proprio animale ma anche alla bicicletta o al pallone da basket, baci romantici, passionali, affettuosi, scherzosi: vale tutto, perché i baci sono sempre un simbolo di pace e amore. L'unica regola è che siano on the road.» Sono ormai più di mille le foto caricate sul suo sito, un campionario di facce, sfondi e colori che è insieme un giro sulla giostra di tutti gli amori possibili. Ignacio li ospita, spesso a loro insaputa. «Nessuno però si è mai arrabbiato, anzi. Tanti rimangono colpiti da quello che sto facendo e mi fanno un sacco di domande. Alla fine sono ben contenti di far parte di questo grande progetto, chiedono di rimanere in contatto, diventiamo amici e spesso m'invitano a casa loro. Dopo tutto è questo il mio scopo: creare un album grande quanto il mondo per unire Paesi e culture. Nel nome del bacio.» | << | < | > | >> |Pagina 88Facciamo un piccolo ripasso: la specie Homo sapiens ha un corredo genetico diploide, cioè con cromosomi omologhi a coppie; in particolare, possiede nel nucleo delle sue cellule ventitré coppie di cromosomi. Di queste, ventidue sono autosomi (due cromosomi omologhi e simmetrici, uno dalla madre e uno dal padre), mentre una è la coppia di cromosomi sessuali o eterosomi. Le femmine hanno due cromosomi X, i maschi un X e un Y. Ecco che cominciano le stranezze: il maschio è asimmetrico. Mentre la femmina ha tutti i cromosomi gemelli, i maschi hanno un Y che è molto diverso dal suo «compagno» X. Nella duplicazione delle cellule sessuali, il processo di meiosi ripartisce il corredo genetico tra cellula madre e cellula figlia. I cromosomi si appaiano e, nelle regioni omologhe (cioè quelle simili e corrispondenti in uno e nell'altro) si verifica uno scambio di materiale genetico detto crossing over, una fonte essenziale di variabilità per l'evoluzione e di pulitura di mutazioni deleterie. Ma il maschio, come si diceva, è asimmetrico. Nelle femmine un cromosoma X s'incontra con l'altro e ricombina, nei maschi no. Il cromosoma Y è spaiato e non si ricombina con un omologo, tranne che per pochi segmenti. Per questa ragione, nel corso dell'evoluzione il cromosoma maschile ha perso tantissimi geni (si stima più del 90 per cento di quelli originali!), ha accumulato difetti e mutazioni deleterie, si è rimpicciolito, insomma è degenerato e ammosciato. Un vero e proprio decadimento genetico. Ricominciano allora le brutte notizie per i maschietti? Alcuni scienziati (femmine come Jennifer Graves, dell'Australian Natíonal University di Canberra, ma anche maschi, un po' masochisti, come Steve Jones della University College di Londra) si sono spinti fino a prevedere la stagnazione e poi la completa eliminazione del cromosoma Y nel giro di dieci milioni di anni. Con i tempi lunghi dell'evoluzione, d'accordo (chissà se esisteranno esseri umani, maschi o femmine che siano, tra dieci milioni di anni), ma il contrassegno genetico del maschio sarebbe comunque spacciato, irreversibilmente in via di estinzione. Del resto, in certe specie di talpa sta già succedendo. In alcuni roditori, invece, ci sono femmine con XY (la natura è piena di eccezioni e di stranezze...).
Il cromosoma Y ha iniziato la sua evoluzione circa
centottanta milioni di anni fa nei mammiferi, prima
che vi fosse la separazione filogenetica tra placentati e
marsupiali. Si è differenziato a partire dal cromosoma
X (che quindi è la matrice di partenza, femminile),
specializzandosi nella specificazione del sesso maschile. Al suo interno un
piccolo gene, SRY, presiede alla
determinazione del sesso maschile generando i testicoli,
intorno alla quarta settimana di sviluppo embrionale
(tanto che qualche biologo interpreta il maschio come
una «femmina mancata»). Quindi, per inciso, la base
evolutiva iniziale è femminile, e il maschile si evolve per
divergenza dal femminile (altro che costola di Adamo... ).
Nell'evoluzione i maschi potrebbero essere «prodotti»
senza il cromosoma Y, se un qualche gene, posizionato
altrove, assumesse le funzioni di SRY.
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