Copertina
Autore Luigi Pintor
Titolo Il nespolo
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2001, Variantine , pag. 118, dim. 115x176x8 mm , Isbn 978-88-339-1311-7
LettoreRenato di Stefano, 2001
Classe narrativa italiana , politica , biografie , storia
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Pagina 11

Giugno


Giano ha cento anni e ha deciso di sedersi sotto un nespolo a contare i giorni senza più cedere alle tentazioni mondane. Gli sembra una decisione assennata e adeguata alle circostanze. Non farà nulla e lascerà vagare i suoi pensieri come nuvole oltre il fogliame.

L'estate è una stagione che favorisce questa disposizione d'animo. I castagni e i faggi delle colline sono più ombrosi di un nespolo ma la preferenza di Giano per quest'albero gramo dipende dal fatto che ne aveva uno nel giardino di casa. Tra i suoi rami fioriscono ricordi più gradevoli di tutto il resto.

È strano che il vecchio sia sopravvissuto a se stesso pur essendo un fumatore accanito. Da bambino comprava sigarette pestilenziali dai soldati che le avevano in dotazione e le rivendevano a basso prezzo. Oppure riciclava i mozziconi del padre ripulendo i portacenere. Nei periodi di magra utilizzava foglie secche tritate e semi di papavero.

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Pagina 13

Colpa o merito dei cinematografo questa perdita della meraviglia, della sorpresa, della rivelazione inattesa di cose ignote. Già da bambino, nel buio di un cinema di provincia, aveva girato il mondo con la fantasia, dalle foreste tropicali ai deserti africani, dai ghiacci polari ai grattacieli delle metropoli, al prezzo di settantacinque centesimi. Fu come vedere anzitempo il futuro in una lanterna magica.

Al ventesimo secolo si può perdonare tutto, anche le due guerre mondiali e quelle successive, anche le sfilate di moda e le corse di formula uno, ma non il peccato di aver sacrificato il cinematografo alla televisione. È codesta una scatola vuota che mostra il mondo piatto come una lavagna e non distingue una scena di guerra da una partita di calcio. Tra i due schermi c'è la stessa differenza che passa tra il calore di un camino e un frigorifero spento.

A dir poi tutta la verità anche gli spaghetti conditi col salmone e il finale della Nona sinfonia come sigla pubblicitaria non si possono perdonare.

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Pagina 22

Per scrivere un libro nel terzo millennio ci vuole una smisurata superbia. Basta entrare in una biblioteca comunale e guardare le vetrine di un cartolaio per capire che il mondo non ha bisogno di un volume in più.

Per scrivere sui giornali basta invece un'ottusa tenacia. Se un professionista scrive di media tre fogli a macchina due volte la settimana per cinquant'anni (media bassa) fanno quindicimila pagine stampate, pari a trenta volumi di cinquecento pagine, una enciclopedia che richiede uno stipo tutto per sé, un'opera monumentale di cartapesta.

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Pagina 24

Vengono meno le energie, gli stimoli, gli scopi. Viene meno la curiosità perché hai già frugato dappertutto e conosci le cose e le persone, i sapori e i profumi, gli alberi e gli animali, il mare e la luna, le albe e i tramonti, il sonno e la veglia, i battesimi e i funerali, l'arme e gli amori, i templi e i bordelli, il dritto e il rovescio, le olimpiadi e le guerre, l'entusiasmo e la delusione, i corsi e i ricorsi della storia.

Che gusto c'è a ricordare i vagoncini bianchi del tram che portava al mare? Nessuno, semmai si prova una pena, un rammarico, un rancore, perché allora c'eri e adesso no. Ma vuoi tornare sul luogo del delitto e perciò richiami alla memoria con puntiglio ogni particolare, le piattaforme con la ringhiera, i cancelletti con il passante, l'ultima fermata dove le rotaie affondano nella sabbia.


Della senilità si è scritto moltissimo, filosofi latini e romanziere moderni, ma è una condizione che non può essere compresa per interposta persona. Si entra in un corpo estraneo e imprevisto. Nessuno può farsi un'idea di questa mutazione senza sperimentarla come nessuno può concepirsi formica senza esserlo.

Aggirarsi in una stanza fumosa con occhiali scuri sul naso, cotone nelle orecchie, sabbia in bocca, scarpe di misura quarantotto e una botte sulle spalle. È facile mettere in caricatura gli impedimenti dell'età che sono comici più che pietosi.

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Pagina 37

Ci sono cose che non si possono pensare né dire né scrivere. La convinzione, per esempio, di essere prossimi alla morte (poche settimane o qualche mese o un giorno). È una convinzione fondata o uno stato d'animo? Le scienze che si dicono esatte sanno dare una risposta se c'è una grave malattia in evidenza ma non sanno darla se si tratta di un malessere che compie l'opera sua senza chiasso e per vie traverse. Un buon rimedio, anzi ottimo, è dormire quindici ore su ventiquattro.


I cani hanno l'aria bastonata anche quando nessuno li bastona. Perciò ad alcuni sono simpatici e ad altri antipatici. Dedurre il carattere di una persona a seconda che preferisca i cani o i gatti o nessuno dei due è un esercizio interessante come dedurre la sua formazione culturale a seconda che preferisca Verdi o Wagner o nessuno dei due.

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Pagina 40

La stratificazione sociale fra paesi, ceti e individui in forma di lusso e miseria (ricchezza e povertà, dominio e servitù, superiorità e inferiorità ecc.) è di nuovo considerata fisiologica e funzionale al buon andamento della economia. Perciò la carità evangelica o signorile riprende valore come strumento di compensazione. La filosofia dominante, dopo la turbolenza delle rivoluzioni egualitarie e l'inconcludenza delle pratiche redistributive, è quella delle dame di San Vincenzo che di domenica servono volentieri la prima colazione alle mense dei poveri. Anche i governatori delle banche centrali amano farsi fotografare mentre gettano una moneta nella ciotola di un vecchio sui gradini di una chiesa.

Meglio farlo di buon cuore nascostamente. Un tale che non frequentava luoghi caritatevoli non poteva tuttavia incontrare per strada un mendicante senza salutarlo e dargli spiccioli che pescava con due dita dal taschino del gilet. Se si trattava di un simulatore, di un falso cieco, di uno storpio apparente, di un piccolo straccione addestrato, pensava che meritavano l'obolo per la recitazione.

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Pagina 43

Marzo


Totalitarismo e democrazia sono due parole senza qualità. Avrebbero bisogno di molti aggettivi per l'appunto qualificativi. Un dispotismo può essere illuminato e una democrazia putrefatta e non è semplice districarsi tra queste antinomie.

Un animalista esperto, o anche Esopo, potrebbe dire che la differenza tra queste due forme del potere sta nel fatto che la prima ti chiude in una gabbia con fitte sbarre come i felini allo zoo mentre la seconda ti confina in un recinto arioso dove puoi passeggiare come i cammelli e le giraffe. È anche questa una privazione della libertà ma è molto più intelligente e chi la subisce neppure se ne accorge.


Avere ridotto le rivoluzioni del ventesimo secolo a un cumulo di orrori è un'operazione manichea in senso stretto. Se quello è male tutto il resto è bene e il mondo può sentirsi nel suo complesso innocente. Un cocomero per metà marcio e per metà sano da offrire in tavola spaccato in due. Nessuno sospetta che l'implosione di quelle rivoluzioni non ha significato la sconfitta di una parte e la salvezza di un'altra ma un'occasione perduta per tutti e un sintomo infausto per tutto il cocomero.


Storici, giornalisti, libri neri e documenti colorati ricordano con insistenza che le rivoluzioni più recenti sono costate ottantacinque milioni di morti, che fa quasi un milione all'anno nell'arco di un secolo. Il doppio della seconda guerra mondiale che però seppe concentrarli in sei anni. E avendo Giano animosamente parteggiato per quelle rivoluzioni si sente in colpa. Purtroppo qualsiasi sommossa di schiavi, da Spartaco in poi, ha il potere di sedurlo malgrado il costo e la vanità dell'impresa.

Trova però parziale il conteggio e si considera erede responsabile di molto peggio. Se una volta l'anno Voltaire accendeva una candela e la metteva alla finestra per non dimenticare la strage di San Bartolomeo, Giano sentirebbe il bisogno di un candelabro multiplo e di un'ampia balconata per onorare gli ossari su cui sono edificati gli stati moderni.

Uno scrupoloso contabile ha calcolato che nella prima guerra mondiale sono morti undicimila uomini al giorno per quattro anni, soldati analfabeti e giovani ufficiali, pochi civili, senza armi di sterminio, con baionette in canna, mitragliatrici a nastro, elmetti e mollettiere, dietro sacchi di sabbia e rotoli di filo spinato, sotto i fuochi d'artificio degli obici e delle granate a mano.

Nelle campagne europee i cimiteri militari sono più numerosi delle chiese gotiche nelle metropoli e non c'è borgo senza una stele con l'elencazione gerarchica del tenente, sergente, caporale, soldati, caduti per le patrie. Eppure in quel tempo c'erano solo dinastie regnanti, borghesia e plebe. Il comunismo era un manifesto filosofico per pochi intimi. Quella guerra è di gran lunga la miglior chiave di interpretazione della storia degli ultimi due secoli.


La candela più grande, come può esserlo il tronco di una sequoia, spetta senza dubbio agli ebrei annichiliti nel paese più colto del mondo. La seconda candela in ordine di grandezza (per quanto sia difficile una gerarchia in questa materia) spetta alla bomba di Nagasaki. Non a quella di Hiroshitna, la pritna, ma a quella di Nagasaki, la seconda. Un crimine purissimo, la sperimentazione di un solo forno crematorio sulla popolazione di tutto un termitaio, un lascito testamentario alla futura umanità.

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Pagina 79

Gioia e dolore sono due parole antiche che avevano una qualità ma l'hanno perduta. Crescita e sviluppo sono due parole (anzi una) che non avevano qualità ma che ora esauriscono il vocabolario. La società moderna è come un individuo che ha per modello l'obesità.

Questo meccanismo evolutivo della specie dalle origini all'estinzione non è stato deciso da nessuno né in cielo né in terra. È autopropulsivo e si alimenta da sé come una metastasi. È autodistruttivo e avrà termine per indigestione.


La religiosità è una domanda di risarcimento contro questo destino. Ma affidarsi alle religioni costituite per trovare risposta è un cattivo espediente. Il risultato è una miscela amara di signoria e servitù, superbia di chi porge il calice e umiltà di chi ne beve, appagamento per i sacerdoti officianti e consolazione per la moltitudine osservante.


La politica è un surrogato scadente, una tecnica dedita a svilire le idealità che la nutrono, lontanissima da chi vi ripone fiducia. Eppure era il sale della terra e non si capisce se sia cambiato il sale o sia cambiata la terra.

La faccia che hanno i governanti nelle foto di gruppo il giorno dell'investitura. La gioia dell'ambizione appagata, la fiera della vanità. Bisognerebbe misurare i battiti del loro cuore sotto l'abito di cerimonia. Vivono quel momento come un volo nuziale.

I piccoli leader che vanno di moda in occidente si somigliano come gocce d'acqua. Hanno in comune una inconsistenza che traspare dai loro volti incolpevoli. Non hanno stoffa perché non hanno storia e se l'avessero si sentirebbero spaesati.


Simbolo del tradimento è Giuda. Ma era solo un piccolo mercante maldestro che ha venduto per pochi soldi una merce di valore inestimabile (quanto farebbero trenta denari in dollari?). Un pover'uomo che poi, per rimorso, si è impiccato.

Un vero traditore è invece tranquillo quando ha il suo tornaconto e se col suo lavoro appaga l'amor proprio, che secondo il gobbo di Recanati è la molla di tutti i comportamenti umani. Il suo voltafaccia non è un volgare adattamento alle circostanze ma una sublimazione di sé. E non s'impicca.

È molto evidente nella sfera politica e nelle relazioni sociali. Nessuno è più reazionario di un rivoluzionario pentito, di un operaio che diventa padroncino, di chi assapora il privilegio dopo aver patito gli stenti. Cambia tutto di sé, ogni movenza, non solo la cravatta.

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Pagina 71

Alto o basso, grande o piccolo, brutto o bello e così via sono opposizioni convenzionali. Alla fine tutto si equivale ad eccezione di mio e tuo che i bambini imparano a distinguere nel primo anno di vita.


Anche gli individui si equivalgono per inconsistenza. Capitano al mondo in visita di cortesia e velocemente rientrano in sede là dove stavano prima di nascere e cioè da nessuna parte e senza tempo. Il mistero non sta altrove ma in questa parentesi che si apre tra due nulla, la vita organica come bizzarria dell'universo.


Quando si vede il mondo in questa luce sinistra la miglior cosa è inventarsene un altro e parlare con i fantasmi. Molti matti si comportano così e qualcuno sembra in pace con se stesso. Ma i fantasmi non si prestano volentieri a questa gioco e in genere non ti rispondono.

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Pagina 110

Si può leggere la storia come un continuo tentativo degli uomini di uscire dalla propria condizione infelice ricorrendo a ogni sorta di rimedi esteriori e interiori. Un diverso ordine sociale (le rivoluzioni), un'elevazione o alienazione spirituale (le religioni), le protesi tecnologiche che oggi hanno preso di gran lunga il sopravvento. Ma nessuna di queste escogitazioni ha raggiunto lo scopo né può raggiungerlo perché si tratta di correttivi utili o dannosi che non vanno in nessun caso alla radice del male.

Perciò avanza oggi un'idea definitiva che non si propone di migliorare la specie ma di proiettarla fuori di sé, innalzandola e sprofondandola in un'altra dimensione sovrumana o subumana. Se i dinosauri non furono capaci o non fecero in tempo, per evitare l'estinzione, a tramutarsi in ippopotami o altre creature, gli uomini cercano adesso di uscire dalla propria pelle e natura trasfigurando i fondamenti della specie e della sua riproduzione e il codice genetico della persona.

Un viaggio biologico sulla luna. Non ci riusciranno, come il barone di Münchhausen non riuscì a sollevarsi da terra tirandosi per i capelli (idea spiritosa). Se invece raggiungeranno lo scopo non sarà per il genere umano un modo dignitoso di scomparire.


Un guaio del nostro tempo è che la scienza è padrona e l'arte ancella. Non si sa che cosa avrebbe pensato Schopenhauer di una clonazione pecorile ma si sa che trovava «magico e stupefacente» l'effetto diverso che producono in musica i modi (le tonalità) maggiore e minore. Il cambiamento di mezza nota, di un semitono, di un intervallo minimo, differenzia il modo minore dal maggiore a un punto tale che il primo trasmette angoscia e il secondo sicurezza. Può sembrare una fantasia romantica ma è un messaggio che ogni orecchio può cogliere anche senza sapere da dove proviene. Ancora più curioso è che i modi in chiave maggiore hanno a loro volta un effetto diversificato pur essendo pitagoricamente identici. Magico e stupefacente come le cose essenziali (l'essenza delle cose cioè) che il cuore intuisce e la ragione smarrisce.


Si dice timor di Dio ma non si dice timor della Ragione.

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