Copertina
Autore Gianfranco Preverino
Titolo Il baro al poker
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2010, , pag. 232, ill., cop.fle., dim. 15x21x1,5 cm , Isbn 978-88-6222-145-0
LettoreFlo Bertelli, 2010
Classe giochi
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Indice


  5    PREFAZIONE

  7  1 IL BARO NELLA SOCIETÀ
 12  2 TIPOLOGIE DI TRUFFATORI E LE VARIE SITUAZIONI DI GIOCO
 18  3 LA "SOCIETÀ PER AZIONI" AL TAVOLO VERDE
 33  4 LE CARTE SEGNATE
 44  5 LE ADOCCHIATE
 50  6 LE SEPARAZIONI
 53  7 I FALSI MISCUGLI
 67  8 I POSIZIONAMENTI
 80  9 ANNULLARE IL TAGLIO
 96 10 LE FALSE DISTRIBUZIONI
108 11 SOTTRARRE LE CARTE (L'IMPALMAGGIO)
126 12 GLI SCAMBI DI CARTE
146 13 I CAMBI DI MAZZO
154 14 STRATEGIE SPECIALI PER I VARI TIPI DI POKER
165 15 IL POKER ALLA TEXANA
190 16 RUBARE LE FICHES
194 17 IL POKER IN INTERNET
220 18 BARARE CON LA PAROLA

224    RIFLESSIONI CONCLUSIVE
225    GLOSSARIO DI BASE
228    BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA
231    SITI INTERNET


 

 

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Pagina 5

PREFAZIONE


Il poker è un gioco d'azzardo, lo è sempre stato e così sarà sempre.

Perché il poker sia interessante bisogna che si scommettano soldi, altrimenti diventa un gioco banale e chiunque andrebbe a vedere le carte degli altri, se non gli costasse nulla. Se non ci fosse la scommessa non esisterebbero il bluff, il rischio e le emozioni... insomma, non esisterebbe il poker. Non importa se poi sono state create situazioni che lo vogliono rendere una cosa diversa, quasi un gioco di calcolo che qualcuno vorrebbe equiparare agli scacchi. La sua vera natura è un'altra: un gioco in cui c'è chi guadagna denaro a scapito di altri giocatori.

Per molti giocare a poker è un'attività quasi trasgressiva, e questo libro ne descrive appunto l'aspetto più trasgressivo: barare! Perciò, chi lo legge potrebbe anche perdere parte della sua innocenza, ma chi non lo leggesse rischierebbe di pagare a caro prezzo la sua scarsa conoscenza sull'argomento.

In ogni caso, dopo averlo letto gli appassionati di poker guarderanno alle partite con occhi diversi.

Un ex giocatore di poker

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Pagina 7

1 Il BARO NELLA SOCIETÀ


«Tutti i giocatori sono onesti, se possono permetterselo.» (Antico detto dei giocatori)


Un vecchio adagio recita: «Subito dopo l'invenzione delle carte da gioco sono nati i bari con le carte e, assieme a loro, i "polli"!». Lo specifico «bari con le carte» è necessario, perché i truffatori al gioco sono sempre esistiti e il loro terreno d'azione erano i giochi con i dadi, le scommesse da strada (come le tre campanelle o i gusci di noce) e tutte quelle attività dell'azzardo dove i soldi sono coinvolti. Con la nascita delle carte, nel XIV secolo, si è aperto un mondo nuovo, sia per i giocatori onesti che per i truffatori. Stiamo parlando, quindi, di una pratica che si è evoluta per più di seicento anni e che è ancora in evoluzione, con metodi sempre più raffinati. Probabilmente, i primi stratagemmi sono stati i semplici segni tra compari, seguiti dai primi rudimentali metodi per segnare il dorso delle carte o per adocchiarne le facce, grazie a superfici riflettenti. Solo in seguito sono nate le tecniche di manipolazione alle quali tutti, chi più chi meno, facciamo riferimento quando si parla di truffe al tavolo da gioco.

Il mondo dei bari incuriosì subito la società dell'epoca, così come la incuriosisce oggi. Già nel XVI secolo furono pubblicati libri che trattavano, in alcune loro parti, dei metodi per imbrogliare al gioco. Pubblicazioni al riguardo le dobbiamo al matematico Girolamo Cardano, al girovago e giramondo Horatio Galasso, al celebre scrittore Pietro l'Aretino. Nei secoli seguenti furono prodotti numerosi altri testi sullo stesso argomento, per opera dei prestigiatori Robert-Houdin, Harry Houdini e John Nevil Maskeline. A questi si aggiunsero schiere di sedicenti "bari pentiti" e parecchi autori anonimi che, occasionalmente, scrissero libri analoghi; fra tutti, il più importante rimane S.W. Erdnase, padre del celeberrimo L'esperto al tavolo da gioco. Il nome S.W. Erdnase era uno pseudonimo dell'autore e, nonostante le numerose ricerche, ancora non è stata accertata la sua reale identità.

La letteratura non è la sola ad aver contribuito alla diffusione della figura del baro. Il fenomeno interessò anche i pittori, alcuni dei quali dipinsero opere che immortalavano situazioni di truffa al gioco. Il più celebre di tali dipinti è I bari del Caravaggio, considerato uno dei suoi lavori di maggior spicco. Conservato al Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas, il quadro rappresenta una situazione in cui il truffatore prende di nascosto una carta, che teneva dietro la schiena, e approfitta anche del fatto che un suo compare gli segnala le carte dell'avversario. Di questo quadro sono state fatte diverse versioni ad opera di altri artisti, come Valentin de Boulogne, Jacob Van Oost, Jan Steen. Molto celebri sono i rifacimenti di Georges de La Tour, chiamati Baro con l'Asso di Fiori e Baro con l'Asso di Quadri. Anche in tempi recenti, il tema dei pirati al tavolo verde ha interessato famosi pittori, come Balthus (Il gioco di carte, 1950) e Botero (I giocatori di carte, 1996), a testimonianza di un argomento che suscita sempre curiosità.

Del mondo dei bari si interessò anche il teatro italiano, basti ricordare La bottega del caffè di Carlo Goldoni e, soprattutto, la rappresentazione in atto unico di Eduardo de Filippo intitolata Quei figuri di trent'anni fa, dove si narrano le (dis)avventure di un gruppo di truffatori in una bisca clandestina. Addirittura troviamo la figura dell'imbroglione al poker perfino in un'opera lirica di Giacomo Puccini: La fanciulla del West.

Ovviamente, anche nel cinema il baro è stato rappresentato molte volte. Tra le opere più significative è bene ricordare: Il romanzo di un baro di S. Guitry; Un dollaro d'onore di H. Hawks; Posta grossa a Dodge City di E Cook; La stangata di G.R. Hill; Cincinnati Kid di N. Jewison; Maverick di R. Donner; La casa dei giochi di D. Mamet; e il più recente Shade di D. Nieman. In Italia, memorabili sono rimaste le partite a poker di Terence Hill in Continuavano a chiamarlo Trinità di E.B. Clucher, e quelle di Diego Abatantuono in Regalo di Natale e La rivincita di Natale, entrambi di Pupi Avati. Recentemente, sempre in Italia, ha goduto di un discreto successo un film intitolato Il passato è una terra straniera, tratto dall'omonimo romanzo di Gianrico Carofiglio: il tema centrale del film è, ancora una volta, il mondo dei truffatori al poker.


Sebbene molte delle tecniche dei bari ci siano state tramandate attraverso i libri, occorre tuttavia ricordare che questi sono stati per secoli pubblicazioni "di nicchia", anche perché, nei secoli passati, chi viveva di espedienti solitamente non aveva una grande istruzione, anzi: molti erano semianalfabeti. Così l'altra via, forse la più battuta, consisteva nel tramandare certe informazioni oralmente. Come ci racconta Alan Wikes, durante il XVIII secolo venne fondata in Inghilterra una scuola per bari, dove i più esperti davano lezioni ai principianti e l'alunno si impegnava a barare solo se aveva poche probabilità di vincere! Solitamente gli allievi facevano pratica come "assistenti" del maestro durante le partite.

Oggi le cose sono cambiate e le informazioni viaggiano non solo nei libri ma anche in Internet, e il poker gode di una nuova vitalità a tutti i livelli. Nel panorama odierno il gioco ha conquistato una popolarità sempre maggiore, anche grazie alla sua visibilità televisiva. Programmi che trasmettono partite di poker, finali di torneo e approfondimenti sul gioco sono diventati abituali, sia nei canali satellitari sia in quelli trasmessi "in chiaro". Ciò ha portato a un fiorire non solo dell'interesse del pubblico ma anche della letteratura specifica: si stampano libri che spiegano la storia del poker, strategie di gioco, calcoli di probabilità, svolgimento e analisi di partite interessanti. Il risultato di questa situazione è uno "sdoganamento" del gioco, da sempre visto come un'attività adatta a stanze fumose o bische clandestine, per portarlo alla luce, nei saloni dei grandi alberghi, sotto i riflettori e le telecamere televisive, per il piacere di un pubblico interessato. Nonostante tutto, però, l'argomento di questo libro è ancora tabù, salvo rare eccezioni; perciò ho sentito il bisogno di offrire ai lettori uno studio approfondito su tale aspetto importante del gioco del poker, perché è ancora poco conosciuto dalla maggior parte degli appassionati: situazione paradossale se si pensa che, intorno alla metà dell'Ottocento, il poker era soprannominato "il gioco dei bari".


Alcuni degli stratagemmi spiegati nel libro sono classici delle truffe al tavolo da gioco. Già Pietro l'Aretino, all'interno del suo Le carte parlanti (1543), cita tecniche come l'impalmaggio, gli specchi riflettenti, l'aggiunta di soldi alla puntata dopo una mano vincente (per far credere di aver puntato di più ed essere pagati di conseguenza), codici verbali per segnalare le carte ai compari, metodi per spiare il punto dell'avversario, fino a raccontare di un attrezzo usato per scambiare le carte, che molti credono inventato nell'Ottocento, e invece esisteva già trecento anni prima! Dunque, non è questo il primo libro che parla degli stratagemmi dei bari e non sarà nemmeno l'ultimo. L'idea base è di offrire il più completo e approfondito trattato su questa materia mai pubblicato in italiano, con due capitoli su temi decisamente attuali: il poker alla texana e il poker on line. Parecchi stratagemmi descritti sono qui pubblicati per la prima volta in assoluto, perché frutto di mie idee e personali ricerche.

Il testo affronta in modo chiaro molti aspetti delle truffe al poker e le spiega con dovizia di particolari. Chi legge potrà usare tali informazioni per difendersi dai bari, ma se volesse servirsene per intraprendere un'attività illecita deve sapere che andrebbe contro la legge e che l'autore di questo lavoro non si sentirà responsabile per qualsiasi conseguenza causata da tali pratiche. La domanda che ci si pone è sempre la stessa: è etico spiegare quali sono le tecniche dei bari e come si eseguono? La classica risposta è che tutto ciò serve a capire se c'è un pirata al tavolo: ci vuole un baro per riconoscere un altro baro. In pratica: l'etica è decisa dall'uso che se ne fa. Voglio sottolineare, però, che qui l'intenzione principale non è nemmeno quella di voler difendere i giocatori contro i truffatori: sarebbe una dichiarazione ipocrita. Lo scopo è contribuire a portare alla luce, e analizzare, un aspetto del mondo del gioco d'azzardo che si conosce poco, ma che tuttavia esiste, e sarebbe un errore ignorarlo. Ciò che il lettore deciderà di fare, una volta entrato in possesso di certe informazioni, sarà una sua scelta.


Durante la stesura del libro ho dovuto affrontare un dilemma linguistico: "fiche" o "chip"? In Italia il nome più comune del gettone che si usa per puntare è il termine francese fiche, che essendo invariabile nella forma italianizzata rimane così anche al plurale. Il problema è che scrivere, ad esempio, «dieci fiche» porterebbe a un evidente doppio senso che, sebbene possa sembrare divertente, esula dall'argomento. Per risolvere la questione avrei potuto adoperare la parola chip che, pur essendo meno usata, è la più moderna e internazionale; ma in tal caso mi sarei scontrato con il cip, che è il termine comune per denominare l'invito prima di iniziare una mano. È vero che si scrive diversamente, senza l'acca, ma temevo fraintendimenti. Così, dopo averci riflettuto, ho deciso che avrei usato "fiche" per il singolare e "fiches" per il plurale poiché, curiosando nei siti Internet, ho notato che si tratta del termine ancora più diffuso tra i giocatori.

Un altro termine del quale vorrei chiarire l'uso è "scala reale". In Italia, da sempre, indica una qualsiasi sequenza di cinque carte in scala e dello stesso seme; nel caso in cui i valori delle carte siano quelli che vanno dal Dieci all'Asso la si chiama "scala reale massima". Con la diffusione del poker alla texana e la globalizzazione di molti termini che fanno parte del mondo del poker, le cose sono cambiate: per "scala reale" si intende solo quella che va dal Dieci all'Asso, mentre in modo più generico tutte le altre sono indicate come "scala colore". Poiché la differenza non è essenziale ai fini di questa trattazione, il cui scopo è solo spiegare come fa un baro a ottenere punti vincenti, comunque li si voglia chiamare, indicherò tale punto sempre come "scala colore", per non usare un termine che rischia di essere desueto tra qualche anno.


Un ultimo dettaglio: questa era l'introduzione. Di solito i lettori tendono a saltare le introduzioni dei libri: per fare in modo che venisse letta l'ho intitolata come Capitolo 1. Benvenuti nel mondo dei bari!

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Pagina 15

I bari spesso lavorano in gruppo. A volte viaggiano in comitiva e si spostano sempre, di città in città, alla ricerca di nuovi "polli" da spennare. Uno di essi ha il compito di agganciare la vittima, magari dopo averne fatto la conoscenza in un bar e averla sentita parlare di poker con particolare interesse. Casualmente gli presenterà un paio di amici che giocano, si incontreranno un paio di volte per fare la conoscenza e bere qualcosa insieme, poi qualcuno proporrà di fare la classica "partitina amichevole a poker".

Nelle organizzazioni, ognuno ha un compito ben preciso.

• Il primo è il "mazziere" (chiamato anche, in gergo, "meccanico" o semplicemente "baro"): è colui che fa le manipolazioni più complicate. Quasi tutto ruota intorno alla sua persona ed è lui che decide quando è il momento di colpire durante la partita. Di solito, non vince, poiché le carte vincenti vanno a un compare, e spesso perde l'equivalente di quanto ha perso il "pollo": psicologicamente, per la vittima è un fatto quasi consolatorio e al baro serve per allontanare i sospetti da sé. Il "mazziere" è abile ma non mostra mai la sua abilità, né cerca di impersonare la parte dell'incapace (questo succede nei film!): qualsiasi cosa attiri l'attenzione va evitata.

• Il "vincente" è la persona destinata a ricevere le carte migliori; può anche sapere poco delle tecniche di manipolazione usate per barare, ma sicuramente conosce i metodi di collusione, spiegati nel prossimo capitolo. In ogni caso, il suo compito principale consiste nel giocare e vincere con le carte che gli arrivano.

• I "giocatori di supporto" sono coloro che partecipano all'imbroglio in modo attivo, ad esempio tagliando nel punto desiderato o distraendo la vittima quando il baro deve fare una mossa pericolosa.

• Con la definizione "uomo all'interno" di solito si intende colui che fa da padrone di casa per la partita e procura che tutto sia predisposto per l'occasione. A volte, ma raramente, prende parte a un momento truffaldino (vedi il "cambio con il vassoio", nel capitolo sui cambi di mazzo). Nell'ambiente del casinò, l'uomo all'interno è una figura fondamentale; solitamente si tratta di un croupier che è d'accordo con qualche giocatore, al fine di truffare la casa da gioco per far vincere il suo compare. Sovente non è solo il croupier l'elemento interno: anche gli addetti alla sorveglianza fanno in modo di "chiudere gli occhi" di fronte a certe situazioni. A volte, gli addetti alle carte possono essere responsabili di mazzi fatti uscire per essere segnati, rimessi al loro posto e poi utilizzati nella sala da gioco.

• Nelle organizzazioni più avanzate e professionali troviamo spesso la figura del "coordinatore": in genere è colui che finanzia il progetto, mette insieme gli elementi e decide la ripartizione delle vincite.

Raramente le figure suddette si trovano tutte quante insieme: nella maggior parte dei casi agiscono in piccoli gruppi formati solo da due o tre individui, ognuno dei quali svolge i compiti necessari.

Inoltre, è bene sapere che anche una giocatrice donna può essere un'abile truffatrice: spesso i team di pirati del tavolo sono composti da ambo i sessi.

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9 ANNULLARE IL TAGLIO


«Fidati del tuo prossimo, ma taglia sempre le carte.» (Antico detto dei giocatori)


Le regole del gioco stabiliscono che dopo il miscuglio le carte vanno tagliate, e deve farlo il giocatore alla destra del mazziere perché si procede in senso orario, come avviene quasi sempre nei giochi d'azzardo più praticati. Il baro deve quindi evitare che il lavoro fatto durante i miscugli possa essere vanificato dal taglio. A tale scopo può usare vari metodi, validi secondo la situazione che c'è al tavolo, dove i casi possibili sono due:

1) Il giocatore alla destra del baro (colui che deve tagliare) è un suo compare.

2) Il baro lavora da solo; oppure, se un compare è presente, non è quello che deve tagliare.

Nella prima situazione, in cui chi taglia è il socio del baro, ci sono altre due possibilità:

a) Il compare taglia in un punto preciso indicato dal mazziere.

b) Il compare esegue un falso taglio.

Nelle descrizioni che seguono, il miscuglio nel cavo della mano è solo quello con le carte trasferite.


IL COMPARE TAGLIA IN UN PUNTO PRECISO

Per fare in modo che il taglio avvenga dove desiderato, il mazziere deve dare al suo complice un'indicazione adeguata. Vediamo alcuni dei metodi usati, in una situazione in cui il baro abbia posizionato un tris, pronto per essergli servito; bisogna, perciò, che le prime dodici-quindici carte tornino in cima dopo il taglio.


Il ponte

Uno degli stratagemmi più diffusi è chiamato "il ponte": consiste nel curvare una porzione di carte, in modo che possa essere facilmente localizzata. Prendiamo in esame le tecniche necessarie alla sua esecuzione, secondo il miscuglio usato.


Con miscuglio nel cavo della mano

Dopo aver portato a termine il posizionamento, il baro inizia un ultimo miscuglio, prendendo col pollice sinistro circa venti carte (di sicuro saranno presenti tutte quelle "sistemate"). Sotto la copertura della mano destra, che si avvicina con le altre carte da mescolare, la mano sinistra si chiude arcuando la porzione che sta tenendo e rendendola leggermente concava (fig. 1). Sempre senza fermarsi, il baro prosegue nel miscuglio normalmente fino all'esaurimento del mazzo, poi squadra il tutto e offre da tagliare. A causa della curvatura, ci sarà una leggera separazione fra le carte interessate e quelle sopra (fig. 2). Al compare non resta che riconoscere al tatto dove le due metà si separano leggermente e tagliare lì: le carte posizionate saranno di nuovo in cima, pronte per essere servite.


Con miscuglio all'americana

Il ponte può essere fatto anche mescolando all'americana, durante un'azione di tagli in sequenza dopo i miscugli (per la descrizione dei tagli in sequenza, rimando al settimo capitolo).

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Pagina 101

Il SERVIZIO DAL FONDO

Secondo la maggior parte dei bari, questa è la tecnica più utile al tavolo da poker. Consiste nel prendere l'ultima carta al posto della prima.

È un servizio particolarmente adatto quando, durante il miscuglio, il mazziere è riuscito a mantenere in fondo alcune carte e, dopo aver annullato il taglio, intende riservarsele nella distribuzione. Nel poker classico, è usato soprattutto al cambio delle carte, perché eseguendolo con un mazzo di spessore ridotto rispetto al mazzo completo c'è meno discrepanza tra dove viene presa la carta e dove si dovrebbe prenderla. Inoltre, se le carte da prendere fossero più di una, sarebbe molto più comodo fare due o tre servizi dal fondo consecutivi, piuttosto che farli in tre momenti diversi durante la distribuzione delle prime cinque carte.

Il mazzo è tenuto come spiegato nel paragrafo sul servizio di seconda con scivolata. Mentre le due mani si avvicinano, il medio e l'anulare della sinistra, all'altezza della congiunzione tra la prima e la seconda falange, premono sul lato lungo destro del mazzo, incurvando leggermente l'ultima carta e separandola così dalle altre (fig. 17); ciò serve ad avere meno attrito al momento di estrarla (se anche si incurvassero più carte non sarebbe un problema). La contrazione di medio e anulare deve essere minima, per evitare che si notino la pressione e la conseguente curvatura. Contemporaneamente, il pollice sinistro spinge la prima carta come per offrirla alla mano destra. Il medio della mano destra si infila sotto il mazzo, a contatto con la faccia dell'ultima carta, mentre il pollice contatta l'angolo della prima (fig. 18). Appena le due mani si allontanano, il medio destro estrae l'ultima, mentre la prima è riportata indietro, e alla pari con le altre, dal pollice sinistro (fig. 19).


A palmo in giù

La mano sinistra tiene il mazzo come nel caso precedente, ma in modo molto morbido, senza alcuna forzatura. La destra si porta sul mazzo a palmo in basso; le dita vanno sulla prima carta senza toccarla e il pollice si posiziona dietro il mignolo della mano sinistra, entrando in contatto con l'ultima carta (fig. 20). Per facilitarne l'estrazione si fa in modo che ruoti leggermente, facendo perno con l'indice sinistro (fig. 21 e 22). Un altro metodo poco conosciuto è quello di servire dal lato frontale (quello corto esterno): descrivo prima il servizio normale e poi quello falso. Le carte sono tenute come al solito, con la sola differenza del mignolo sinistro che deve essere situato all'altezza dell'angolo inferiore destro (fig. 23); il mazzo è leggermente inclinato con il lato esterno verso l'alto (ma non troppo: chi sta di fronte al mazziere non deve vedere la carta di fondo). La mano destra si porta sul mazzo e con le dita trascina in avanti la prima carta, girandola a faccia in alto (fig. 24 e 25). Per il servizio dal fondo con questa modalità, la mano sinistra tiene il mazzo come descritto ma, in realtà, solo il mignolo effettua la presa, mentre le altre dita non esercitano nessuna pressione rimanendo solo appoggiate. Quando la mano destra si porta sul mazzo il pollice si infila davanti al medio sinistro (fig. 26). Le dita della mano destra sono posizionate in modo da creare sul davanti una copertura per ciò che sta per compiersi (fig. 27). Ora avvengono due movimenti simultanei: il pollice destro fa pressione sulla faccia dell'ultima carta per portarla via, mentre l'intera mano si gira a palmo in alto, e nello stesso istante l'indice sinistro si allunga per consentire l'uscita dell'ultima carta (fig. 28). Appena questa è stata estratta dal mazzo, l'indice sinistro torna al suo posto e la carta viene servita. Se eseguita con la giusta velocità, la mossa del baro sarà stata del tutto invisibile.

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Pagina 108

II SOTTRARRE LE CARTE (L'IMPALMAGGIO)


«Durante una partita di poker un giocatore si alza gridando: - Qui qualcuno sta barando: avevo tre Assi nella mia manica e sono spariti!» (Vecchia barzelletta sui bari)


La sottrazione di carte dal mazzo in uso è uno stratagemma molto praticato dai bari e può riservare all'esecutore diversi vantaggi.

Un primo giovamento, molto semplice, viene già dal sapere che il mazzo è incompleto: conoscendo quali carte mancano, il truffatore può decidere eventuali strategie di gioco conseguenti. Si tratta di un vantaggio indiretto, ma è sempre meglio di niente.

Un altro beneficio è poter usare la carta (o le carte) sottratta per scambiarla con un'altra che è in gioco.

La pratica più frequente sta nel portare via alcune carte, quindi dare il mazzo da tagliare e poi aggiungergli ciò che è stato sottratto: è un modo per evitare l'ostacolo del taglio.


La tecnica regina per questo espediente è l'impalmaggio, ossia l'azione di portare via una o più carte nascondendole nel palmo della mano. Possono essere sottratte dalla cima del mazzo, dal fondo o (raramente) dal centro. Altre volte, una o più carte possono essere sottratte dalla mano stessa con cui si sta giocando, soprattutto quando non si ha un buon punto e si decide di passare, depositando le rimanenti nel mucchietto degli scarti: ciò che è stato sottratto tornerà utile dopo.

Vediamo ora i vari tipi di impalmaggio, come si eseguono e come il baro gestisce la carta impalmata (nelle descrizioni che seguono si tratta quasi sempre di una sola carta impalmata, per chiarezza espositiva; ma le carte possono anche essere più di una, sebbene quasi mai più di cinque).


I VARI TIPI DI IMPALMAGGIO

Impalmaggìo classico o "a mano piena"

La carta è tenuta nel palmo della mano come in fig. 1. Nella figura, il pollice è aperto solo per mostrare meglio la presa, ma nella realtà va tenuto chiuso in posizione naturale. La presa è fornita dalla pressione del mignolo sull'angolo con cui è in contatto e dalla base del pollice sull'angolo opposto: è lungo questa diagonale che si esercita il controllo della carta impalmata. Le altre dita partecipano solo come copertura e devono essere unite, distese e rilassate (fig. 2).


Impalmaggio laterale

La carta è tenuta agli angoli esterni, tra la prima falange del medio e la base dell'indice (fig. 3). Il pollice esercita una leggera pressione, che aiuta a mantenerla in quella posizione e, incurvandola leggermente, ne facilita l'occultamento; per impedire a chi sta di fronte di vederne la parte sporgente verso l'interno, la mano deve stare appoggiata sul tavolo, come mostrato nella fig. 4 (vista frontale).

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Pagina 220

18 BARARE CON LA PAROLA


«Verba volant, scripta manent.» (Caio Titus)


Questo capitolo riguarda un aspetto tutto sommato "leggero", dal punto di vista della pericolosità, ma interessante per la sua natura: barare a poker con la parola, ossia ottenere qualche piccolo vantaggio giocando da soli, senza compari, senza manipolare le carte o altro, ma solo parlando in modo (in)opportuno.


Il desiderio ad alta voce

Supponiamo che il baro stia giocando a telesina e che la sua carta coperta sia un misero Cinque. Mettiamo il caso che, oltre a quella carta, ne abbia altre tre scoperte: un Dieci, un Fante e una Donna. Il mazziere deve servire la quinta carta. Prima che abbia inizio l'ultimo giro di distribuzione, il pirata del tavolo si rivolge al mazziere, con un tono tra il supplichevole e lo scherzoso, dicendo che deve servirgli un bel Re. In questo modo fa credere che la sua carta coperta sia un Asso o un Nove e che ricevendo un Re potrebbe chiudere una scala. Se la quinta carta che gli viene servita non fosse un Re, poco male: non aveva nulla comunque. Se invece fosse un Re, avrebbe tra le mani il bluff più convincente che ci sia.

Questa strategia è applicabile anche al poker alla texana, quando resta da servire il river.


Parlare prima del tempo

Un'altra strategia applicabile consiste nel parlare prima del tempo. Supponiamo che il truffatore sia l'ultimo a dover scommettere e che abbia in mano un punto forte. Dopo che il primo giocatore ha parlato, il baro annuncia parole (o check, dipende dal tavolo e dal gioco) anticipando tutti quelli prima di lui. Gli verrà detto che non era il suo turno e lui si scuserà per la "distrazione". Quindi tocca agli altri parlare, che però avranno sentito ciò che il baro ha detto. Se hanno un punto di medio valore punteranno, perché dicendo «paròl» il pirata del tavolo avrà fatto credere di non avere buone carte. Appena tutti gli altri giocatori hanno puntato, il baro rilancia, sorprendendo gli avversari che ormai hanno messo i soldi nel piatto e non li possono più ritirare. Se qualcuno gli chiedesse spiegazioni per il precedente paròl, affermerà che era sua intenzione cominciare a parlare facendo slow play.

Lo stessa strategia si può applicare al contrario, cioè annunciando un rilancio prima del proprio turno a parlare; poi si chiede scusa della "disattenzione", ma è probabile che il preannuncio induca gli altri giocatori a passare. Se uno di loro puntasse, significherebbe che ha delle carte talmente buone da non temere un rilancio: allora, se il baro avesse un punto medio saprebbe che deve passare.

In teoria certi stratagemmi non si potrebbero applicare nei tornei di Texas Hold'em, perché in quel contesto le dichiarazioni e i comportamenti di gioco dovrebbero essere vincolanti, anche se eseguiti quando non è il proprio turno a parlare. A volte, però, la realtà supera regole e fantasia, e nel 2010 si sono verificate a pochi giorni di distanza due controversie che hanno destato molto scalpore.

Nella prima, avvenuta alle World Series of Poker, Prahalad Friedman ha atteso il conteggio del tempo per prendere la sua decisione e ha pronunciato il call proprio alla fine del conto alla rovescia, mentre il dealer dichiarava fuori gioco la sua mano. Friedman ha ignorato la frase del dealer e ha proseguito come se niente fosse, salvo poi buttare via le sue carte dopo essersi accorto che erano perdenti. Gli organizzatori si sono difesi affermando che per loro la mano era già fuori gioco: non si saprà mai come si sarebbero comportati se l'autore del gesto avesse avuto le carte migliori e avesse preteso la vincita.

La seconda è avvenuta a Cannes ed è stato un giocatore italiano a subirne le conseguenze: un suo avversario ha lanciato le carte oltre la linea delle scommesse, facendo chiaramente fold, salvo poi riprenderle dopo aver scoperto che erano vincenti. I responsabili del torneo glielo hanno permesso e lo hanno dichiarato vincente, infischiandosene delle proteste dell'italiano e degli altri giocatori seduti al tavolo.

In entrambi i casi, risulta evidente che giocare nelle sale da gioco ufficiali non è affatto una garanzia dell'assoluto rispetto delle regole, e ciò alimenta i sospetti su organizzatori e dealer non sempre imparziali. Per i giocatori onesti, il consiglio è di aspettare sempre a mostrare le carte, se non si è certi della situazione al tavolo.


Il giocatore disinteressato

Dopo aver affrontato, nel corso di tutto il libro, le tecniche e le strategie dei bari, mi attrae l'idea di concludere spiegando un'astuzia assolutamente regolare, ma che per sua natura è simile agli stratagemmi appena descritti e perciò ritengo giusto inserirla. Supponiamo che si giochi da circa un paio d'ore e al tavolo ci sia un giocatore (non è più un baro, stavolta) che, durante le mani precedenti, abbia avuto quasi sempre un atteggiamento disinteressato ogni volta che stava per passare: guardava in giro per la stanza, si lamentava delle sue carte mettendole da parte, si versava da bere e non prestava attenzione alle puntate che gli altri giocatori facevano. Mettiamo il caso che quel giocatore riceva poi una mano ottima e che sia l'ultimo, oppure il penultimo, a dover parlare. Non dovrà fare altro che comportarsi come quando riceveva brutte carte, assumendo gli stessi atteggiamenti: tutti gli altri giocatori al tavolo, che hanno seguito il suo modo di giocare, saranno convinti che stia per passare e metteranno dei soldi sul piatto: sarà grande la loro sorpresa quando, arrivato il suo turno, quel giocatore farà un bel rilancio! In realtà, ci si aspetta sempre che un avversario simuli una mano buona, perciò durante la partita dovranno esserci stati dei precedenti chiari per mostrare che quello è il suo modo di fare prima di passare la mano, convincendo gli altri della sua spontaneità. Se avesse attuato la stessa tattica alla prima occasione, non avrebbe ingannato nessun giocatore con un briciolo di esperienza; è ovvio che deve saper recitare bene ed evitare, al momento opportuno, di lanciare altri "segnali" utili a far capire che finalmente ha un buon punto.

Questo è solo un esempio di come si possano ingannare gli avversari con metodi regolari, anche se considerati "poco eleganti".

C'è però un altro motivo per cui ho deciso di concludere con l'esempio di un inganno legittimo: per ricordare che, contrariamente a ciò che si può credere dopo aver letto tutto il libro, a poker si può anche vincere giocando onestamente...

Buona fortuna!

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