Copertina
Autore Adriano Prosperi
Titolo Livorno 1606/1806
SottotitoloLuogo di incontro tra popoli e culture
EdizioneAllemandi, Torino, 2009, , pag. 494, ill., cop.ril.sov., dim. 21,2x31x4 cm , Isbn 978-88-422-1758-9
CuratoreAdriano Prosperi
LettoreGiovanna Bacci, 2011
Classe citta'
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


 13 Premessa
    ADRIANO PROSPERI

 19 Livorno nell'età moderna: mito e realtà
    ELENA FASANO GUARINI

 31 Tra geografia, enciclopedismo e antiquaria:
    l'immagine di Livorno nel secolo XVIII
    CARLO MANGIO


    Capitolo 1
    La città del principe

 43 La Livornina. Alle origini della società livornese
    LUCIA FRATTARELLI FISCHER

 63 Una città senza diocesi.
    Il governo della Chiesa livornese in età moderna
    VINCENZO LAVENIA

 71 La neutralità del porto di Livorno in età medicea.
    Costume mercantile e convenzione internazionale
    ANDREA ADDOBBATI

 86 L'occhio di Genova.
    Livorno nella corrispondenza dei consoli genovesi nell'età moderna
    CARLO BITOSSI

 95 Il Governo di Livorno: profili politici e istituzionali
    nella seconda metà del Settecento
    MARCELLA AGLIETTI

107 L'organizzazione e l'uso della memoria archivistica.
    Potere e storiografia livornese, dalle origini alla seconda guerra mondiale
    MASSIMO SANACORE

129 Privilegi di stampa e acculturazione:
    editoria ebraica nella Livorno del Settecento
    FRANCESCA BREGOLI


    Capitolo 2
    Società e cultura

149 La popolazione di Livorno nel Sei-Settecento: le componenti toscane
    MARCO DELLA PINA

158 Una finestra mediterranea sull'Europa:
    i «nordici» nella Livorno della prima età moderna
    STEFANO VILLANI

178 Case e famiglie nella Livorno del Settecento
    CHIARA LA ROCCA

187 Rabbini e letterati ebrei nella Livorno del secolo dei Lumi
    ASHER SALAH

211 Le Conversazioni Letterarie Venutiane Liburnensi. Filippo Venuti,
    Anton Francesco Gori e la Colonia Colombaria
    nella Livorno della metà del Settecento
    CRISTINA CAGIANELLI

225 Le note scientifiche, matematiche e geografiche
    delle edizioni lucchese e livornese dell'Encyclopédie
    PAOLO BUSSOTTI

243 Scultori e mecenati a Livorno nel primo Settecento:
    liturgia, spazi del sacro e spazi della corte
    FRANCESCO FREDDOLINI


257 TAVOLE


    Capitolo 3
    L'economia. Il porto e le reti mercantili

291 Considerazioni sull'attività del porto di Livorno
    durante il XVII e il XVIII secolo
    JEAN-PIERRE FILIPPINI

302 Il porto alle origini della «città nuova» di Livorno
    OLIMPIA VACCARI

324 Il porto di Livorno e il commercio mediterraneo nel Seicento
    RENATO GHEZZI

341 Livorno: porto della Toscana?
    GIGLIOLA PAGANO DE DIVITIIS

350 Mercanti inglesi a Livorno (1573-1796)
    MICHELA D'ANGELO

361 Stati, diaspore e commerci mediterranei:
    mercanti ebrei tra Livorno, Marsiglia e Aleppo (1673-1747)
    FRANCESCA TRIVELLATO


    Capitolo 4
    Diversità religiose e culturali

375 Livorno, un centro di qabbalah?
    ALESSANDRO GUETTA

382 Spazi e forme dell'esperienza religiosa femminile
    a Livorno in età moderna
    ELENA BOTTONI

405 Itinerari marrani.
    I portoghesi a Livorno nei secoli dell'età moderna
    GIUSEPPE MARCOCCI

418 Voci dall'Oriente
    Arabi cristiani e musulmani a Livorno in età moderna
    GUIDO BELLATTI CECCOLI

430 Abramo Ecchellense (1605/1664). I maroniti, Livorno e la Toscana
    BERNARD HEYBERGER

438 Per un'identità condivisa: Santa Maria di Negroponte tra Oriente e Occidente
    GIANGIACOMO PANESSA

449 Tollerare e convertire.
    Nota sulle comunità cristiane a Livorno in età moderna (1576-1790)
    RICCARDO BURIGANA

461 L'arte come quotidianità: arredi e immagini sacre e profane
    nelle case di Livorno nel secolo XVII
    ANDREA MENZIONE


493 Nota biografica degli autori


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 13

Premessa

ADRIANO PROSPERI

In questo quarto centenario dalla sua fondazione Livorno si trova al centro di una congiuntura storiografica estremamente favorevole. Gli atti del convegno qui raccolti sono stati preceduti dall'uscita di due volumi molto importanti di due autrici: Lucia Frattarelli Fischer e Francesca Trivellato. L'una e l'altra sono presenti con loro contributi in questo volume. La prima, che è stata anche insieme a Paolo Castignoli la convinta e instancabile animatrice del progetto del convegno, ha pubblicato un'opera che corona le ricerche di una vita sulle condizioni e sulle forme della presenza ebraica tra Livorno e Pisa. La seconda ha dato alle stampe un volume che ricostruisce le dinamiche commerciali di lunga gittata costruite dai mercanti della diaspora sefardita tra Seicento e Settecento partendo da quelle condizioni che si erano offerte loro a Livorno e che fecero allora di Livorno il porto più importante del Mediterraneo. Si tratta di ricerche lunghe e pazienti come sono sempre le indagini storiche autentiche. Ma il fatto che questi frutti siano maturati nello stesso tempo della grande iniziativa cittadina del convegno non è un caso. Quella iniziativa è nata da un preciso interesse politico e civile. Al centro di tutto questo c'è una stessa coscienza storiografica e politica che guarda oggi agli incontri di culture come a una ricchezza civile e a un fattore di progresso e cerca di comprenderne le dinamiche al di fuori di ogni superficiale schematismo. Il fiore della tolleranza non è di quelli che si colgono facilmente. Il successo economico dei mercanti sefarditi di stanza a Livorno chiede, per essere compreso, non solo che siano ricostruite le condizioni politiche e istituzionali che spalancarono loro le porte della città e li sottrassero alle persecuzioni inquisitoriali, ma anche che si analizzino le ragioni di quella modernissima capacità che essi ebbero di costruire reti di fiducia e di affari in grado di superare le più alte e remote barriere culturali. Ecco perché l'attuale fioritura di studi sulla Livorno della prima età moderna non ha niente di quella chiusura localistica che presiede in genere a indagini storiche legate a una città o a un territorio. Al contrario: qui si è fatta strada, per vie diverse ma con singolare coincidenza, la scoperta che la differenza culturale è una ricchezza e che finora non ne abbiamo assunto né come storici né come cittadini una coscienza adeguata. Nella maniera un tempo consueta di raccontare la storia, la prima età moderna era quella dell'espansione europea e della vittoriosa avanzata del cannone e della croce sui mari del mondo. L'Europa protagonista occupava tutta la scena e il resto del mondo entrava nelle narrazioni solo per i riflessi dei pensieri e delle azioni di membri della società europea e di portatori del sapere elaborato nelle università e nelle altre istituzioni europee. Oggi è all'ordine del giorno di una cultura storica del mondo intero la necessità di una narrazione storica diversa che mostri «come certe tendenze storiche e certe sequenze di eventi possano venir collegate, rivelando l'interconnessione e l'interdipendenza dei cambiamenti politici e sociali a livello planetario ben prima della fase contemporanea di "globalizzazione" successiva al 1945». E questo per la realtà economica e culturale della Livorno moderna significa inseguire le dinamiche storiche sulla scala eurasiatica dei movimenti reali di persone e di commerci, per ricostruire finalmente quella «connected history» che storici come Sanjay Subrahmanyam hanno illuminato con indagini fondamentali.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 19

Livorno nell'età moderna: mito e realtà

ELENA FASANO GUARINI

Per introdurre il tema, vorrei richiamare un convegno sulla storia livornese, del quale ho un caldo ricordo personale: quello del 1977, su Livorno e il Mediterraneo nell'età medicea. Io stessa vi ho partecipato (allora relativamente giovane e non provveduta di conoscenze particolarmente approfondite sulla storia di cui si parlava) con una comunicazione sulle esenzioni e l'immigrazione a Livorno tra Cinque e Seicento, che molto dovette all'aiuto dell'allora direttore dell'Archivio di Stato cittadino, Paolo Castignoli. Fu lui, generosamente, a guidarmi tra le fonti e a facilitarmene l'accesso, e mi fa piacere, ora, tornare a ringraziarlo.

Ricordare quel convegno, impegnativamente introdotto da Furio Diaz e concluso da Nicola Badaloni, non significa ovviamente rimuovere la precedente storiografia su Livorno. A essa, sia pure non senza spunti critici, si continua in effetti ad attingere anche oggi. Sono ancora ben presenti agli storici gli Annali ottocenteschi del Vivoli, così come le Curiosità livornesi inedite o rare di Francesco Pera; lo studio redatto in piena era fascista dal Baruchello, così come quelli del prolifico e solido Guarnieri. Vivono ancora le lucide pagine tardo-settecentesche di Riguccio Galluzzi. E non sono certo dimenticati, per altro verso, gli ariosi scorci livornesi aperti da Fernand Braudel nelle due versioni di Civiltà e imperi del Mediterraneo, scorci fondamentali per dilatare le dimensioni di una storia che, come avremo occasione di ripetere, va ben oltre le mura cittadine e trova i suoi confini nel mare su cui si affaccia e nell'economia-mondo, per usare un'espressione cara allo storico francese, di cui fu uno dei poli o almeno uno degli anelli essenziali. Tanto meno è dimenticato lo studio condotto sempre da Braudel insieme a Ruggiero Romano nel 1951, sul traffico portuale e mercantile livornese tra la metà del Cinquecento e gli inizi del Seicento, anche se non sono mancati rilievi sul modo in cui sono state individuate e trattate le fonti statistiche sulle quali esso si fonda, in primo luogo le portate.

Ricordare il convegno del 1977 significa però prendere coscienza della ripresa che allora si è delineata negli studi su Livorno, e della svolta allora emersa nella coscienza che la città ha maturato della sua storia e nell'attività storiografica che le ha dato consistenza. Se prima la storia livornese è stata soprattutto oggetto di opere di singoli autori, nelle quali spesso si manifestava un solido approccio positivistico (insieme, talvolta, a evidenti tendenze celebrative), dopo, in qualche misura, essa è diventata quasi un'impresa collettiva, nella quale spesso si è trasfuso il senso di un'appartenenza, di un orizzonte e di un impegno comune. Non sono ovviamente mancati, allora e in seguito, gli apporti esterni. Già nel convegno del 1977, accanto agli studiosi livornesi e più generalmente italiani, comparivano un autore inglese, Horace Albert Hayward, sia pure soltanto con una breve incursione su fonti edite, e soprattutto un giovane studioso francese, che sarebbe diventato uno dei più noti specialisti di storia livornese nell'età moderna, Jean-Pierre Filippini. Sui rapporti commerciali tra Livorno e Napoli nel Settecento si soffermava ancora Ruggiero Romano. D'altra parte, se alcuni degli studiosi successivi di storia livornese, come Lucia Frattarelli Fischer e lo stesso Paolo Castignoli, pur non essendo livornesi di origine (il loro accento li tradisce), sono ormai profondamente «livornesizzati», altri (si pensi a Michela D'Angelo, a Gigliola Pagano De Divitiis o a Marie-Christine Engels e sempre a Jean-Pierre Filippini) provengono da ambiti abbastanza lontani, italiani o non italiani che siano, e in questi ambiti, per lo più ma non solo mediterranei, hanno trovato i loro primi spunti e orizzonti di ricerca.

| << |  <  |