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| << | < | > | >> |Pagina 5Capitolo primoHazard era seduto da pochi istanti davanti a un bicchiere di limonata quando un personaggio, vecchio quasi come lui e col naso tendente al viola, mise a sedere la fatiscenza del suo corpo ricurvo su una sedia lí accanto e ordinò una Chartreuse tiepida. - Tiepida, mi raccomando! - insistette col cameriere e, voltandosi verso Hazard. - La voglio tiepida, assolutamente. - Chartreuse tiepida! Che razza di abitudini! - Ah, signore! Che storia triste. Volevo farvi ridere. Figuratevi, signore, io sono un clown, un clàun, sissignore, che misera sorte dover sempre scherzare, anche quando il cuore è triste. - Sicché avete delle noie? - Mi chiamo Calvario Mùffola. Silenzio. Il vecchio scienziato, stiamo parlando di Hazard, soleva guardarsi le suole e, scorgendo un insetto che zampettava lungo la caviglia rugosa, lo raccolse e lo depose in una scatola di fiammiferi. - È un Elephas antiquus, - disse. - Un esemplare raro. Un insetto con un comportamento singolare, con degli strani istinti, capace di depistare i nemici strappandosi le zampe posteriori per non farsi riconoscere. Ma dovete scusarmi, forse vi sto annoiando. Che ci volete fare, da quando nei romanzi ha fatto la sua comparsa lo scienziato, questi è costretto a fare il botanico, il geologo o lo zoologo, in poche parole deve occuparsi soprattutto di storia naturale. È piú facile. Un romanziere non concepisce mai un matematico. Ed ecco perché io, che sono un geometra, sono obbligato per il fatto stesso di apparire in quest'avventura, sono obbligato, dicevo, a rassegnarmi a fare soltanto, quantomeno in apparenza e, come si suol dire, per la causa, l'entomologo. Capito? - Quale avventura? - chiese il clown, rispondendo a una domanda con un'altra domanda. - L'avventura delle quindici piovre di Guinea. - Non la conosco. Di nuovo il vecchio scienziato tacque. Poi pagò la sua limonata, salutò Mùffola e se ne andò a pranzo. Passavano dei ragazzini. - È proprio una pizza quello li?! - fu il loro apprezzamento sul clown. Una lacrima imperlò i suoi occhi. - E dire che quel farabutto dell'autore ha fatto di me una specie di pagliaccio ridicolo. Quell'imbecille odia i clown. Ma gliela farò pagare, gli manderò a monte i capitoli piú avvincenti. E quel Lazzaro che crede che io non lo abbia riconosciuto! E che io non conosca la storia delle piovre! Che stupido! Ah! Ah!! Ah!!! A noi due, Funesto Agrippa!!!! Ma nel frattempo, Funesto Agrippa leggeva con occhio distratto i listini di Borsa. Quando ebbe finito, telefonò all'hotel Parizo dove alloggiava Minoff. - Pronto, pronto. Lo sapevate? È appena arrivato il vecchio Mùffola. State in guardia -. Poi riagganciò. Il banchiere, intento a studiare il Dogma e rituale dell'alta magia di Eliphas Lévi, interruppe la lettura per riflettere su quella telefonata misteriosa - tanto piú che non conosceva Funesto Agrippa. | << | < | > | >> |Pagina 14Capitolo quartoMentre Riuscí si faceva ghermire da una piovra, morendo cosí simultaneamente per immersione e suzione del sangue, Minoff continuava a preoccuparsi della presenza di Mùffola. Aveva forse scoperto la ragazza? Desiderava ancora vendicarsi? A ogni modo, Mùffola doveva sparire, e il banchiere era risoluto a farlo ammazzare. Al momento di uscire dall'albergo si accorse che alcuni gendarmi sorvegliavano l'uscita. Il direttore, che aveva il cranio molle, gli spiegò con dovizia di particolari che il famoso detective francese Florentin Rentin aveva appena fatto arrestare un certo Adrien, con l'accusa di aver assassinato il suo padrone, Pierre Riuscí, a mezzo d'una piovra sistemata a tale scopo dietro uno scoglio. A conferma delle parole del direttore, apparve Adrien con le manette ai polsi, circondato da gendarmi e preceduto dal detective zoppicante. Quest'ultimo aveva un'aria di trionfo, benché gli sanguinasse un orecchio. In quel momento Minoff divenne pallidissimo. Aveva appéna scorto... Jacqueline scendere le scale... - La figlia di Mùffola! - balbettò tra sé. - La figlia di Mùffola è qui. Ah! Calvario Mùffola, tra poco le tue vecchie ossa serviranno per i sortilegi di Jim Jim. E usci, deciso piú che mai a far fuori il vecchio clown. Due ore dopo, era in un bar di Marsiglia in compagnia di Jim Jim, il pugile negro. Sulla vita di Jim Jim si potrebbero scrivere pagine e pagine. Non era forse stato a Hollywood? Non aveva forse fatto parte della setta vudú? Non era forse stato reverendo in Louisiana, soldato nella Gran Gueguerra, fuochista su una nave tra Aden e Singapore, campione del mondo di boxe? Non aveva forse tagliato la gola di suo padre con un rasoio dopo essersi passato la lama sulla lingua? Non aveva forse ucciso sua madre a martellate? Strangolato la zia con un lazo? Tramortito sua moglie con un fornellino a gas? Violentato sua figlia con il suo membro virile? A questo personaggio si rivolgeva Minoff per la sua sinistra impresa. - Ecco di cosa si tratta, - gli spiegava. - Voglio far sparire un vecchio semidecrepito che mi vuole male. Scegli qualunque mezzo e non farti beccare. Arrangiati. - Zi può fare, ma le svanzike? - disse Jim, che aveva l'accento alsaziano. - Eccole qua, - e Minoff gli allungò qualche banconota. - Comunque sali in macchina immediatamente, perché voglio che stasera stessa i miei progetti vengano attuati.
I due uscirono dal bar e poco dopo l'auto filava in
direzione di... Ma poco prima di quella città, la macchina rimase in panne e
quindi Jim arrivò solo a notte inoltrata.
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