|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 7
Dove siamo quando leggiamo?
In quale tempo e in quale spazio ha propriamente luogo il
singolare, fragile evento della lettura?
Qual è lo statuto della nostra soggettività mentre sul libro, di frase in frase,
si mobilitano insieme l'orecchio e lo
sguardo, l'immaginazione e la voce?
|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 11
[...] Non c'è dubbio che quando leggiamo le parole di un testo le riempiamo
della nostra esperienza. Nel momento in cui
leggo, è vero, sono come sospeso in
un altrove tessuto di ombre e di fantasmi. Leggendo, calati nella logosfera
del testo, ci si può persino sentire, a
occhi aperti, immersi in un sogno più
vero e più vivo della realtà circostante.
E tuttavia questo spazio sono io a costruirlo, per animarlo lo reinvento di
continuo partecipando del suo movimento nello specchio attivo
dell'immaginazione, come invece non può avvenire con le immagini dello schermo
televisivo, implacabilmente imposte a
un occhio passivo. Allo stesso modo,
mentre percorro le frasi di un libro,
pur leggendo in silenzio investo la
mia voce, ossia qualcosa che viene dal
profondo dell'intimità corporea, anch'essa, come il volto, espressione
inviolabile della mia singolarità e diversità: e nel momento in cui si
trasforma, quasi sdoppiandosi, per mettersi alla
prova della parola altrui, ecco che la
voce può scoprire un nuovo aspetto di
sé, una forza che non si riconosceva.
|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 29
Anche l'esperienza letteraria ha infatti una sua interna scientificità. Non
per nulla, se si resta nel mondo degli
scrittori, anche se in questo caso in
abito di professore, Vladimir Nabokov
dichiarava nelle sue scintillanti
Lezioni di letteratura
che un buon lettore «è una combinazione tra il temperamento
artistico e quello scientifico» e che egli
deve saper unire in sé «la passione di
un artista» e «la pazienza di uno scienziato».
|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 49
Il libro non informa soltanto né solo intrattiene: è
una creatura, che non posso ridurre a
una superficie discontinua di stimoli
eccitanti quanto effimeri, di istanti
consumati in se stessi. Essa anzi attinge il proprio volto più vero se ci
si impegna nella continuità organica
di un dialogo che cresce nel tempo,
sempre sulla traccia di un'origine da
riscoprire nel futuro: attraverso la differenza si illumina una affinità, una
corrispondenza di forme e di gesti interiori, se si percorre il testo non come
un turista, ma come un pellegrino, che
nel compiere il suo viaggio cerca anche se stesso e indaga il proprio caos
sentendosene responsabile.
|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 65
A ben guardare, proprio per non
essere illusorie, le fragili certezze della letteratura equivalgono sempre a
un'apertura di rapporto, a una saggezza interrogativa
che, dall'interno del testo e delle sue
vie sempre di ritorno su se stesse, rimanda a una dialogicità che continua
anche nel silenzio, nella ricerca di un
senso da dare al proprio passato capace di convertirsi in progetto, in decisione
del futuro. Così si ritorna alla
ricerca, alla co-creazione libera e responsabile del lettore. Nell'esperienza
del leggere e nella sua immediatezza fluida
ma sempre problematica si
mette alla prova con la propria voce
anche la propria singolarità, chiamata dalla parola dell'altro a scrutare
nell'oscurità della sua storia. E tra le parole, attraverso l'interazione,
il rapportarsi reciproco dei loro singoli tratti sensibili, si annuncia la
figura profonda su cui si interrogava
Wittgenstein, quando, in uno dei suoi
frammenti di lettore speculativo, affermava che i problemi della vita restano
insolubili finché si pensa di coglierli alla superficie: essi devono essere
afferrati nella profondità. Forse
leggere e interpretare significa veramente attingere faccia a faccia con il
volto percettibile di un testo la sua
«cosa interna», il suo progetto di colloquio immerso nel flusso dell'esperienza
e dell'esistere.
|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 67
[...] Armato solo di istinto esplorativo,
con la coscienza della propria fallibilità, egli sceglie per sé l'ordine sempre
imperfetto e congetturale delle
certezze parziali, delle verità che sono
tali proprio per rinviare a un punto di
vista che si riconosce limitato nel suo
stesso impulso a autotrascendersi, e
la cui sola possibilità di convalida e di
crescita, di significazione, resta quella
del rapporto con l'altro. Così ancora
una volta l'estetica della parola si integra e si adempie nell'etica del
lettore.
|
<< |
< |
|