Copertina
Autore Ezio Raimondi
Titolo Un'etica del lettore
Edizioneil Mulino, Bologna, 2007, Voci , pag. 78, cop.fle., dim. 11x17,5x0,7 cm , Isbn 978-88-15-12032-8
LettoreRenato di Stefano, 2009
Classe libri , scrittura-lettura
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Pagina 7

Dove siamo quando leggiamo? In quale tempo e in quale spazio ha propriamente luogo il singolare, fragile evento della lettura? Qual è lo statuto della nostra soggettività mentre sul libro, di frase in frase, si mobilitano insieme l'orecchio e lo sguardo, l'immaginazione e la voce?

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Pagina 11

[...] Non c'è dubbio che quando leggiamo le parole di un testo le riempiamo della nostra esperienza. Nel momento in cui leggo, è vero, sono come sospeso in un altrove tessuto di ombre e di fantasmi. Leggendo, calati nella logosfera del testo, ci si può persino sentire, a occhi aperti, immersi in un sogno più vero e più vivo della realtà circostante. E tuttavia questo spazio sono io a costruirlo, per animarlo lo reinvento di continuo partecipando del suo movimento nello specchio attivo dell'immaginazione, come invece non può avvenire con le immagini dello schermo televisivo, implacabilmente imposte a un occhio passivo. Allo stesso modo, mentre percorro le frasi di un libro, pur leggendo in silenzio investo la mia voce, ossia qualcosa che viene dal profondo dell'intimità corporea, anch'essa, come il volto, espressione inviolabile della mia singolarità e diversità: e nel momento in cui si trasforma, quasi sdoppiandosi, per mettersi alla prova della parola altrui, ecco che la voce può scoprire un nuovo aspetto di sé, una forza che non si riconosceva.

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Pagina 29

Anche l'esperienza letteraria ha infatti una sua interna scientificità. Non per nulla, se si resta nel mondo degli scrittori, anche se in questo caso in abito di professore, Vladimir Nabokov dichiarava nelle sue scintillanti Lezioni di letteratura che un buon lettore «è una combinazione tra il temperamento artistico e quello scientifico» e che egli deve saper unire in sé «la passione di un artista» e «la pazienza di uno scienziato».

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Pagina 49

Il libro non informa soltanto né solo intrattiene: è una creatura, che non posso ridurre a una superficie discontinua di stimoli eccitanti quanto effimeri, di istanti consumati in se stessi. Essa anzi attinge il proprio volto più vero se ci si impegna nella continuità organica di un dialogo che cresce nel tempo, sempre sulla traccia di un'origine da riscoprire nel futuro: attraverso la differenza si illumina una affinità, una corrispondenza di forme e di gesti interiori, se si percorre il testo non come un turista, ma come un pellegrino, che nel compiere il suo viaggio cerca anche se stesso e indaga il proprio caos sentendosene responsabile.

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Pagina 65

A ben guardare, proprio per non essere illusorie, le fragili certezze della letteratura equivalgono sempre a un'apertura di rapporto, a una saggezza interrogativa che, dall'interno del testo e delle sue vie sempre di ritorno su se stesse, rimanda a una dialogicità che continua anche nel silenzio, nella ricerca di un senso da dare al proprio passato capace di convertirsi in progetto, in decisione del futuro. Così si ritorna alla ricerca, alla co-creazione libera e responsabile del lettore. Nell'esperienza del leggere e nella sua immediatezza fluida ma sempre problematica si mette alla prova con la propria voce anche la propria singolarità, chiamata dalla parola dell'altro a scrutare nell'oscurità della sua storia. E tra le parole, attraverso l'interazione, il rapportarsi reciproco dei loro singoli tratti sensibili, si annuncia la figura profonda su cui si interrogava Wittgenstein, quando, in uno dei suoi frammenti di lettore speculativo, affermava che i problemi della vita restano insolubili finché si pensa di coglierli alla superficie: essi devono essere afferrati nella profondità. Forse leggere e interpretare significa veramente attingere faccia a faccia con il volto percettibile di un testo la sua «cosa interna», il suo progetto di colloquio immerso nel flusso dell'esperienza e dell'esistere.

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Pagina 67

[...] Armato solo di istinto esplorativo, con la coscienza della propria fallibilità, egli sceglie per sé l'ordine sempre imperfetto e congetturale delle certezze parziali, delle verità che sono tali proprio per rinviare a un punto di vista che si riconosce limitato nel suo stesso impulso a autotrascendersi, e la cui sola possibilità di convalida e di crescita, di significazione, resta quella del rapporto con l'altro. Così ancora una volta l'estetica della parola si integra e si adempie nell'etica del lettore.

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