Copertina
Autore Sheldon Rampton
CoautoreJohn Stauber
Titolo Fidati! Gli esperti siamo noi
SottotitoloCome la scienza corrotta minaccia il nostro futuro
EdizioneNuovi Mondi Media, San Lazzaro di Savena, 2004, , pag. 296, cop.fle., dim. 174x210x18 mm , Isbn 978-88-89091-08-1
OriginaleTrust us, we're experts! How Industry manipulates science and gambles with your future [2001]
TraduttoreEva Milan
LettoreRiccardo Terzi, 2005
Classe politica , alimentazione , marketing , comunicazione
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Indice

Prefazione
Il test olfattivo                             9


PARTE PRIMA - L'ETÀ DELL'ILLUSIONE


Capitolo 1 - Il testimonial                  15

Fidatevi, siamo anti-antitrust               16
Gli esperti Potemkin                         18
Sulla bocca degli altri                      23
Fare gli interessi degli interessati         26
Creare le notizie                            27
Realtà virtuali                              29
L'industria del "disinfotainment"            31

Capitolo 2 - La nascita della manipolazione  35

Galileo contro i Tutori                      37
La "scienza del governare" arriva in America 40
Il mago della manipolazione                  42
La scienza e l'"intelligenza dei pochi"      44
Il primo gruppo in prima linea               45
I cinquant'anni della lampadina              47
La parola agli esperti                       51

Capitolo 3 - Chi decide la nostra dieta
           - L'esperto a tavola              53

Scienza solida e verità liquida              55
Siete stupidi e puzzate                      58
Manipolare i limiti dell'etica               60
Linguaggio dolce                             62


PARTE II - AFFARI RISCHIOSI                  69


Capitolo 4 - Morire per vivere               71

Cattiva igiene                               73
La scoperta dell'acqua calda                 77
Altra malattia, stessa storia                78
Il piombo e la "casa delle farfalle"         82
Dio, la benzina e la civilizzazione          85
Automobili più veloci, bambini più lenti     87
Vincitori e perdenti                         89

Capitolo 5 - Confezionare la bestia          91

Ambientalismo moderato                       93
Calcolare l'indignazione                     95
Giocando a dadi                              97
Quando il rischio diventa crisi             102
Prove generali di un disastro               105

Capitolo 6 - Prevenire le precauzioni       108

Meditare prima di agire                     111
La fine di tutto ciò a cui teniamo          114
Difendere il sistema della libera impresa   117
La guerra del cloro                         121
Cloro e carbonio                            123
Non dire forse, baby                        124
La cura della prevenzione                   126
Prima le donne e i bambini                  129
Amo il pericolo                             131

Capitolo 7 - Attacco alle patate assassine  134

Il caso "Con A"                             137
Grandi scommesse per piccole patate         141
Mutatis Monsanto                            143
Niente etichetta? Nessun problema!          148
L'impero colpisce ancora                    151
L'inferno negli integratori alimentari      154
Terminator                                  156
La minaccia delle regolamentazioni          157
Contenimento della crisi                    160
Pressioni a tutto campo                     163


PARTE TERZA - L'INDUSTRIA DELLA COMPETENZA  167


Capitolo 8 - La scienza migliore
             che si possa comprare          169

Pubblicazioni tendenziose                   172
Il denaro conta?                            177
Pazzi per il nucleare                       180
Dai segreti militari ai segreti commerciali 181
Primo, non fare pubblicità dannosa          185
Risultati predeterminati                    187

Capitolo 9 - I cani da guardia
             della "scienza spazzatura"     191

Le nebbie dell'Alar                         194
La scienza del tabacco contro
la "scienza spazzatura"                     197
Stanze fumose                               199
Prendersela per nonnulla e fumarsi una Camel201
Arrivano i camici bianchi                   204
Euro TASSC                                  207
La TASSC: sotto l'ala della ACSH            209
Quattro chiacchiere sull'immondizia
con lo spazzino                             212
Junk Bonds                                  215
Esperti nell'essere esperti                 219
Il lascito                                  221
Amici e nemici                              223
La definizione dei termini                  226

Capitolo 10 - Il riscaldamento globale
              ti fa bene!                   229

Lobbismo per il letargo                     231
Al principio c'era l'ICE                    233
Fumo e specchi                              235
Raccolte di autografi                       236
A qualcuno piace caldo                      238
Chiamati alle armi                          242
Accesi dibattiti, lento cammino             242
Tempo di burrasca                           244

Capitolo 11 - Contestare l'avidità          247

Riconoscere la propaganda                   249
Crescita guidata                            254
Incertezze scientifiche                     255
Il principio di precauzione                 257
La pista del denaro                         258
Il diavolo nei dettagli                     261
Pretendere responsabilità                   262
Invito alla partecipazione pubblica         263
Attivarsi                                   265

Appendice                                   269
Ringraziamenti                              272
Note                                        273
 

 

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Pagina 9

Prefazione

Il test olfattivo


Questo mondo è governato da persone che sanno cosa fare.
Sanno come funzionano le cose. Sono preparate.
Lassù, c'è un gruppo di persone che decide tutto.
Ma noi - noi siamo solo dei bifolchi.
Noi non comprendiamo cosa succede, e non possiamo farci nulla.
(Doris Lessing, da "Il buon terrorista")



Questo libro ha avuto il suo vero inizio durante le ricerche per il nostro primo libro, "Toxic Sludge Is Good for You!". Durante quelle ricerche, ci siamo imbattuti in un incredibile documento, pubblicato dall'Agenzia di Protezione per l'Ambiente Usa (EPA), sulla strategia delle relazioni pubbliche per la commercializzazione dei fanghi residui come fertilizzanti agricoli. Nel documento si osservava che ci si trovava di fronte a un "ostacolo rappresentato dal rifiuto della maggioranza dei cittadini" verso tale pratica, ovvero: "la percezione diffusa dei fanghi residui come maleodoranti, dannosi per la salute o per diversi aspetti ripugnanti... Esiste una componente irrazionale nella posizione predominante sui fanghi residui che fa presupporre il parziale insuccesso della campagna d'informazione".

In altre parole, la gente sarebbe irrazionale perché sostiene che i residui chimici puzzano.

Abbiamo trovato un brano sorprendentemente simile, mentre scrivevamo il nostro libro successivo "Mad Cow Usa", durante le ricerche sul discutibile impiego dei rifiuti nell'industria della carne. Il metodo, detto "rendering", si basa sulla triturazione e la cottura di parti animali non commestibili e carcasse di animali infetti, che spesso arrivano allo stabilimento di lavorazione in avanzato stato di decomposizione. Si tratta di un processo maleodorante quanto, se non peggio, quello che avviene negli stabilimenti che trattano i residui chimici. Siamo rimasti nuovamente sorpresi dal modo in cui l'industria ha affrontato il problema dei reclami per il cattivo odore.

L'industria del "rendering" ha persino escogitato uno strumento chiamato "olfattometro" un "piccolo contenitore rettangolare con due cannule da inserire nelle narici". Mediante queste cannule, il direttore dello stabilimento aspira aria filtrata e teoricamente inodore per confrontarla con gli "odori circostanti". Basandosi su questo metodo pseudo-scientifico, l'industria si è convinta che questi odori fossero inesistenti o irrilevanti. Un consulente dell'industria ha definito le lamentele del vicinato una forma di "follia Parkinsoniana".

Ancora una volta, se la gente percepiva odori sgradevoli, era matta. Ciò che percepivano i nasi degli abitanti non era attendibile. I loro reclami erano "favole", in confrorto agli indiscutibili dati scientifici prodotti dall'"olfattometro".

La cosa sorprendente di questi documenti era il tono serio e autorevole in cui erano scritti. Sembrava che gli autori scherzassero e invece erano convinti. Semplicemente non pensavano di stare compiendo un imbroglio bell'e buono. Credevano letteralmente che la loro "analisi" fosse razionale, obiettiva ed equilibrata, mentre coloro che li criticavano erano illusi, naligni e persino squilibrati. Gli esperti erano loro, e il pubblico aveva assoluto bisogno di essere "informato".

Nell'immaginario collettivo, gli scienziati sono ricercatori di verità imparziali e obiettivi. Tale stereotipo presume che uno scienziato sia qualcuno che ricerca la verità partendo da una scoperta indipendente, attenendosi a revisioni scientifiche, a pubblicazioni riconosciute, e che la impieghi per il bene comune.

Negli ultimi anni, tuttavia, questa immagine idealizzata è stata contestata da più parti. La maggior parte dei critici accademici della scienza si concentrano sui fattori strutturali ed economici che generano un pregiudizio inconscio, mentre i movimenti di attivisti - sia gli attivisti ambientali che quelli a favore delle multinazionali, che agiscono contro la "scienza spazzatura" - rivolgono l'attenzione alle manipolazioni ingannevoli delle "prostitute della grande industria" o degli "allarmisti ambientalisti". I pregiudizi inconsci esistono, indubbiamente, cosi come esistono gli inganni intenzionali. Eppure nessuna di queste spiegazioni è sufficiente. Per comprendere le manipolazioni che vengono oggi praticate nel nome della scienza, è necessario capire anche determinate consuetudini e metodologie operative, care a una ben determinata classe di esperti specializzati nella gestione della percezione stessa, ovvero, il settore delle relazioni pubbliche.

"Le percezioni rispecchiano la realtà", proclama il sito web della Burson-Marsteller, la più grande agenzia PR del mondo. "Colorano ciò che vediamo... ciò in cui crediamo... il modo in cui agiamo. Possiamo governarle... per stimolare un comportamento... per creare risultati economici positivi".

Questo "credo" inevitabilmente non ci dice molto altro di ciò che sostiene la Burson-Marsteller. Proprio come gli avvocati vengono assunti per sostenere il punto di vista dei loro clienti, la Burson-Marsteller non si preoccupa di sostenere le proprie opinioni ma di promuovere quelle dei suoi clienti. E altre compagnie, come la Burson-Marsteller sono divenute importanti arbitri nel decidere quali esperti far apparire sulla scena pubblica. La Burson ha avuto tra i suoi clienti la compagnia del tabacco Philip Morris, per la quale ha creato la National Smokers' Alliance, e la Union Carbide che ha assistito nel recupero della reputazione in seguito al disastro di Bhopal. Come gli esperti che la Burson-Marsteller assiste e istruisce per sostenere dibattiti pubblici, gli esperti di gestione della percezione interni alla B-M medesimi ritengono che il pubblico abbia bisogno di essere manipolato nel suo stesso interesse.

James Lindheim, direttore internazionale per gli affari pubblici della B-M, ha offerto un esempio del suo ragionamento durante un discorso tenuto alla British Society of Chemical Industry. La chiave, disse, si trova in "una ricerca psicologica e sociologica molto interessante sulla percezione del rischio", secondo cui "un'impostazione logica e razionale non ha grande probabilità di successo... Infatti, la ricerca ci dice che le percezioni della gente sull'entità dei diversi rischi e sulla loro accettabilità si basano su fattori emotivi e non razionali... I risultati di questa ricerca sono utili per delineare una strategia in favore dell'industria chimica e dei suoi prodotti. Suggeriscono, ad esempio, che una strategia basata sulla logica e l'informazione è destinata a fallire. Ci troviamo nella dimensione dell'irrazionalità e dell'emotività, entro la quale è necessario rispondere con gli strumenti più opportuni a nostra disposizione per gestire gli aspetti emozionali della psiche umana... L'industria deve comportarsi come uno psichiatra: trovando razionalmente il modo di offrire al pubblico una prospettiva, ma sapendo che il dialogo può iniziare soltanto con la fiducia del pubblico riposta in persone che prendano sul serio le sue preoccupazioni".

In che modo Lindheim può proporsi come "psichiatra" del pubblico? Come fa a conciliare il suo ruolo professionale di manager della percezione con il suo desiderio di "fiducia del pubblico"? Queste sono domande interessanti, ma è ancor più interessante chiedersi perché egli crede che il pubblico sia emotivo e incapace di affrontare un discorso razionale. Tale supposizione è alla base non solo del pensiero degli esperti di relazioni pubbliche, ma anche di quello degli esperti interpellati per promuovere il consumo.

Sebbene quest'idea sia, sotto certi aspetti, sorprendente, non è del tutto falsa. In essa si riflettono una serie di valori elitari divenuti molto comuni nella società contemporanea. Applicata a livello filosofico e psicologico, equivale a un pregiudizio antipopolare che intacca pericolosamente i valori democratici. Abbiamo scritto questo libro sia per denunciare le strategie impiegate dalle pubbliche relazioni nel creare molti dei cosiddetti "esperti", i cui volti appaiono nei programmi televisivi d'informazione e nei comitati scientifici, sia per esaminare il pensiero di base sottostante che rende possibili tali manipolazioni.

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Pagina 16

Fidatevi, siamo anti-antitrust


Nell'aprile 1998, mentre le indagini antitrust condotte dal Dipartimento della Giustizia sulla Microsoft iniziavano a trasformare una passata violazione in un grave ostacolo al futuro della compagnia, nelle mani della redazione del Los Angeles Times arrivò un grosso fascicolo di documenti aziendali riservati.

Trapelati da fonte anonima, i documenti descrivevano una campagna mediatica di milioni di dollari progettata per la Microsoft dalla Edelman Public Relations Worldwide, una delle maggiori agenzie PR del mondo. Il progetto aveva lo scopo di deviare le indagini antitrust dei procuratori generali di undici stati Usa. Il Times descriveva il progetto della Edelman come "una massiccia campagna mediatica destinata a influenzare le indagini statali mediante la creazione di un'ondata di sostegno pubblico alla compagnia". Si prefiggeva di assumere in subappalto agenzie locali di relazioni pubbliche in Arizona, California, Florida, Michigan, New York, North Carolina, Ohio, Pennsylvania, Texas, Virginia e Wisconsin. Si sarebbero inoltre incaricati degli scrittori freelance della pubblicazione di articoli d'opinione sui giornali contattati dalle agenzie locali. "L'elaborato progetto... si basava su ben precise tattiche, inconsuete e, secondo alcuni, scorrette", osservavano i redattori del L.A. Times Greg Miller e Leslie Helm, "ad esempio, piazzare articoli, lettere ed editoriali commissionati dai manipolatori della Microsoft, ma che le agenzie locali presentavano come dichiarazioni spontanee". Secondo gli stessi documenti, lo scopo era quello di produrre "strumenti affinché i lobbisti della multinazionale esercitassero la loro influenza", ovvero, rassegne stampa favorevoli che i "consulenti politici statali potessero impugnare per sostenere il "caso" Microsoft".

Con i documenti alla mano, i giornalisti hanno giocato al gatto col topo con il portavoce della Microsoft Greg Shaw, il quale negò di essere a conoscenza del piano finché non seppe che i giornalisti erano in possesso di documenti interni, nei quali il suo nome era ampiamente citato. Di fronte all'evidenza, cambiò tranquillamente la sua versione, ammettendo che il piano della Edelman esisteva, ma descrivendolo soltanto come una proposta. L'idea che avremmo assunto persone le quali avrebbero tenuto nascosti i loro rapporti con la Microsoft è del tutto falsa", disse Shaw. "In realtà, la proposta che abbiamo ricevuto è piuttosto usuale".

Dopo alcuni giorni in cui apparvero imbarazzanti editoriali nelle riviste specializzate di computer, il piano della Edelman venne in gran parte dimenticato. Un anno dopo, la vicenda passò sotto silenzio quando le cronache riportarono di una "Lettera aperta al Presidente Clinton di 240 economisti" apparsa in formato pubblicitario a tutta pagina sul Washington Post e sul New York Times. L'inserzione era stata pagata da un gruppo non profit de la California, l'Independent Institute, un'organizzazione conservatrice che era stata uno dei maggiori sostenitori della Microsoft sin dai primi tempi in cui era divenuta bersaglio degli investigatori federali. "Non sono stati i consumatori a richiedere misure antitrust ma le aziende concorrenti", si dichiarava nella lettera aperta. "Molte delle misure proposte indeboliranno aziende di successo statunitensi e ostacoleranno la loro competitività all'estero... sollecitiamo le autorità a rinunciare al protezionismo dell'antitrust" dichiaravano gli economisti, esponenti di diverse istituzioni prestigiose come l'Università della California, la Johns Hopkins, l'Università di Miami, l'American University, la Loyola, l'Ohio State, la Dartmouth, la Northwestern, la Columbia University, la Stanford e la Cornell.

In fondo alla lettera, vi era un paragrafo in cui si avvisavano i lettori che per ulteriori informazioni avrebbero dovuto leggere un nuovo libro dal titolo "Winners, Losers and Microsoft: Competition and Antitrust in High Technology", pubblicato dall'Independent Institute e scritto da due suoi membri ricercatori, gli economisti Stan Liebowitz e Stephen Margolis. Il libro stava ottenendo critiche favorevoli su alcune pubblicazioni come l' Economist di Londra e la rivista Wired. "D'ora in poi, qualunque giudice, economista, esperto o giornalista che tratti il caso Microsoft... senza aver prima consultato il saggio di Liebowitz e Margolis, dovrebbe ricevere una tirata d'orecchi", dichiarava il Wall Street Journal.

La rivista Newsbytes, appartenente un'agenzia stampa del settore informatico, osservò che la posizione dell'Independent Institute "sembra una sfrontata difesa della Microsoft", ma riportò anche le dichiarazioni di un portavoce dell'Independent Institute secondo cui la Microsoft non aveva pagato né per lo spazio pubblicitario della Lettera aperta, né per la pubblicazione di "Winners, Losers and Microsoft". Il portavoce ammetteva che la Microsoft era membro dell'Institute, "riferendo che la quota per le aziende parte approssimativamente da 1.000 dollari, senza precisare la somma devoluta da Microsoft all'istituto", scrisse Newsbytes:

Nel settembre 1999, tuttavia, un altro fascicolo di documenti interni capitò tra le mani di un giornalista, Joel Brinkley del New York Times, il quale rivelò che la Microsoft era il maggiore donatore esterno dell'Independent Institute. Durante l'anno fiscale 1999, scrisse Brinkley, Microsoft aveva contribuito al 20% del budget operativo dell'istituto. Oltre a finanziare la pubblicazione di "Winners, Losers and Microsoft", la compagnia informatica aveva pagato gli spazi dei giornali in cui era apparsa la Lettera aperta. I documenti in possesso di Brinkley indicavano una parcella pagata al presidente dell'Independent Institute, David Theroux, dall'avvocato di Microsoft John Kelly, pari alla somma di 153.868,67 dollari - una cifra corrispondente al costo degli spazi a tutta pagina sui giornali, oltre a 5.966 dollari di rimborsi spese di viaggio per la partecipazione di Theroux e di un suo collega a una conferenza stampa tenuta contemporaneamente alla pubblicazione della Lettera aperta.

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Pagina 39

La scienza, lontana dall'essere solo un metodo di studio del mondo fisico, ha subito una profonda trasformazione. La rigida scienza della fisica, con le sue precise misurazioni e le sue leggi meccaniche esatte, era divenuta una metafora, un modello di razionalità e disciplina che si cercava di imitare nello studio di materie più delicate come la biologia, le lingue, il comportamento umano e persino il comportamento di intere società. Non sembrava importante che alcuna di queste materie si prestasse a precise misurazioni e previsioni. La scienza ha cessato così di essere semplicemente una metodologia, divenendo anche un'ideologia.

Come ideologia, si presta a diversi e opposti utilizzi politici. In Inghilterra, gli utilitaristi adottarono un atteggiamento di rigore scientifico nel raccogliere dati per l'abolizione della British Poor Law, il sistema previdenziale di allora. In sostituzione, imposero un sistema di case di accoglienza più "efficiente" (ovvero, più economico), in cui il malvagio sfruttamento dei poveri sarebbe stato in seguito raccontato, con terribili particolari, nei romanzi di Charles Dickens. Più tardi, i socialisti fabiani avrebbero aperto la strada allo stato sociale inglese mediante la stessa assidua raccolta di dati statistici, attraverso cui si proponevano come "esperti 'assistenti' ufficiosi di tutti quei politici in difficoltà, bisognosi della consulenza di esperti". L'ossessione degli utilitaristi nella raccolta di dati portò, inoltre, alla creazione dei famosi "libri blu" vittoriani, la più ampia documentazione di statistica sociale della storia, che a sua volta divenne la fonte a cui attinse Karl Marx nella sua denuncia del capitalismo. La "scienza" marxista sulla storia e la lotta di classe ispirò la rivoluzione bolscevica in Russia, con le sue idee incentrate sul potere razionale dello stato avanzate dagli intellettuali militanti. Come i giacobini, i bolscevichi credevano nella manipolazione scientifica delle "leggi obiettive della storia" per creare una società ideale. Ancora una volta, questi ideali degenerarono nella pratica in un nuovo sistema di tirannia burocratica e terrore repressivo.


La "scienza del governare" arriva in America

Negli Stati Uniti, il programma tecnocratico trovò la sua principale espressione nel movimento progressista che stava emergendo alla fine del diciannovesimo secolo. Herbert Croly, fondatore della rivista The New Republic, era profondamente influenzato dalla filosofia di August Comte, come lo era Walter Lippmann. Nel frattempo, sul fronte politico conservatore, Frederick Taylor stava sviluppando le sue teorie sul "management scientifico". Mediante studi di cronotecnica sugli operai, cercò di progettare le fabbriche e i processi di lavorazione affinché venisse massimizzata la produzione. La sua impostazione non attirò solo l'interesse dei capitalisti, ma anche del leader rivoluzionario russo Lenin, che spinse le fabbriche sovietiche a "organizzarsi in base allo studio e all'insegnamento del sistema Taylor", da lui definito uno dei "maggiori progressi scientifici nel campo dell'analisi dei processi del lavoro meccanico, nell'eliminazione del lavoro superfluo e inefficiente, nell'elaborazione di metodi di lavoro appropriati, nell'introduzione del migliore sistema di contabilità e controllo".

"Le funzioni della gestione scientifica erano duplici", osserva Fischer. "Per prima cosa, intendevano introdurre sul posto di lavoro (attraverso gli studi cronotecnici) l'insegnamento di ciò che gli operai già sapevano: come pianificare e dirigere le fasi del processo lavorativo. Seconda cosa, mediante analisi e progetti di gestione, i seguaci di Taylor avrebbero impiegato questa nuova conoscenza per riorganizzare 'in modo efficiente' il processo produttivo sotto il controllo dei superiori... Tra gli operai, la suddivisione del lavoro veniva incrementata assegnando ai lavoratori compiti più specializzati e meno complessi. Come accorgimento per la riduzione dei costi, fu possibile sostituire i lavoratori meno efficienti con altri più qualificati. Il lavoro era meno interessante e più ripetitivo per l'operaio, ma più redditizio per i dirigenti. Per contrastare la resistenza, la strategia di Taylor introduceva inoltre alcune modifiche tecniche. Ad esempio, il lavoro veniva impostato in modo che il processo produttivo apparisse incomprensibile agli operai... Secondo Taylor, 'tutto il lavoro d'intelletto dovrebbe essere trasferito dal settore operaio ai dipartimenti di gestione e pianificazione'".

Non solo venne proibito agli operai il controllo sul loro stesso processo operativo, ma vennero anche dichiarati psicologicamente incapaci di pensiero razionale. A questo punto, un impulso provenne dagli ampiamente citati "studi di Hawthorne", che restano probabilmente gli esperimenti più approfonditi e discussi nella storia delle scienze sociali. Battezzati con il nome dello stabilimento della Western Electric in cui furono condotti, gli studi di Hawthorne vennero svolti dal professor Elton Mayo dell'Harvard University su gruppi di operaie, per determinare quali fattori le rendessero più produttive. Gli studi di Hawthorne divennero influenti non sulla base di ciò che "provavano", ma perché le conclusioni di Mayo trovarono ascolto nella comunità imprenditoriale. Egli sosteneva che esistesse una differenza psicologica fondamentale tra gli operai e la classe dirigente. Laddove la classe dirigente opera in base alla logica e alla razionalità, affermò, gli operai sono mossi dall'emotività.

Il periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale fu definito l'"Era della macchina". Fu durante questo periodo che le tecnologie meccaniche si diffusero in tutta la società. L'automobile divenne di moda. Le macchine divennero simbolo di razionalità, ordine, efficienza, potere e progresso. Negli Stati Uniti nacque un nuovo "movimento tecnocratico" che vedeva la "scienza scongiurare lo spreco, la disoccupazione, la fame e l'insicurezza economica per sempre... vediamo la scienza sostituire un'economia di povertà con un'era di abbondanza... vediamo un'efficienza razionale sostituire una grottesca e dispendiosa incompetenza, i fatti sostituire il disordine, l'organizzazione industriale sostituire il caos". Chiamandosi talvolta 'Technocracy, Inc.", il movimento mostrò tendenze protofasciste: "Organizzati in una rigida struttura gerarchica, i membri della tecnocrazia portavano uniformi grigie con particolari distintivi, guidavano automobili grigie e si salutavano tra loro con un saluto speciale", osserva Fischer.

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Capitolo 3

Chi decide la nostra dieta

L'esperto a tavola


Tutto è possibile, ma niente è reale.
(testo di un brano dei Living Colour)



Nel 1992, l'International Food Information Council (lFIC), organizzazione non profit sulla sicurezza alimentare, rinnovò l'incarico del dottor G. Clotaire Rapaille, "un esperto di ricerche di mercato internazionali", a svolgere un'indagine sulla "posizione degli americani nei confronti della biotecnologia e dell'ingegneria genetica alimentare". L'IFIC, una lobby di relazioni pubbliche a favore delle biotecnologie agricole, voleva capire come superare le preoccupazioni dei consumatori sulle nuove tecnologie. Venne costituito un "gruppo centrale" (Core Team) di sostegno alla ricerca, formato da rappresentanti di Monsanto Agricultural Company, NutraSweet, Kraft General Foods, Ajinomoto, DuPont e Calgene. Tra gli altri sponsor, vi erano Frito-Lay, Coca-Cola, Nestlé, Procter & Gamble e M&M/Mars. Lo scopo del gruppo di ricerca era "sviluppare strategie praticabili, messaggi e linguaggi per trasmettere informazioni favorevoli sul processo e i prodotti, senza suscitare timori o giudizi negativi".

Il dottor Rapaille è uno psicologo junghiano che impiega una tecnica da lui denominata "Studi sull'Archetipo", per analizzare a fondo le "origini primordiali di... opinioni, comportamenti e motivazioni". Come spiegava il suo rapporto all'IFIC, "per ogni elemento del mondo, vi è una prima esperienza significativa detta 'momento dell'imprinting'. L'Archetipo è il modello soggiacente al momento dell'imprinting. Esso è completamente preordinato da fattori culturali, ed è comune a tutti in un dato contesto culturale... L'Archetipo è la Logica dell'emozione che forma l'inconscio collettivo". Scoprendo tali archetipi, afferma la teoria di Rapaille, "i consumatori saranno 'leggibili' come un libro aperto, e sarà possibile comprendere la loro 'logica' inconscia".

Il metodo di individuazione degli archetipi di Rapaille era simile per molti aspetti alla formazione di ciò che un pubblicitario o professionista PR chiamerebbe un "focus group", ma Rapaille preferiva riferirsi a questi gruppi come a "gruppi d'imprinting". Ciascun gruppo era formato da 20/30 americani medi, che venivano esaminati da una squadra di "Archetipologi" mediante una serie di "esercizi di rilassamento e di visualizzazione" tesi a suscitare i loro sentimenti più reconditi verso le biotecnologie.

Il risultato di questi esercizi, concluse la squadra, fu che l'industria biotech si trovava a un bivio. "Da un lato, abbiamo un grande sostegno pubblico - possiamo esser visti come agricoltori che offrono ai consumatori nuove varietà e alimenti di miglior qualità. Ma se non ci poniamo correttamente rispetto ai nostri prodotti, possiamo essere facilmente considerati alla stessa stregua di Hitler e Frankenstein". La differenza dipendeva dall'"imprint", o impressione, che veniva trasmessa all'archetipo per la percezione pubblica dei nuovi alimenti. E il pubblico sceglieva il proprio archetipo soprattutto in base al linguaggio usato dall'industria alimentare.

"Nella comunicazione sugli alimenti biotecnologici e geneticamente modificati, ora conosciamo una serie di 'parole chiave' che spingeranno i consumatori a guardare a questi prodotti con lo stesso stato d'animo con cui vedono la coltivazione, l'incrocio delle varietà e la crescita naturale, anziché come un cibo Frankenstein", concludeva lo studio. Nella categoria delle "parole da adottare", Rapaille consigliava termini come bellezza, generosità, bambini, scelte, incrocio, diversità, terra, coltivatore, fiori, frutta, generazioni future, duro lavoro, eredità, migliore, biologico, purezza, qualità, terreno, tradizione e genuino. Le "parole da eliminare" includevano: biotecnologia, sostanza chimica, DNA, redditizio, esperimenti, industria, laboratorio, macchine, manipolazione, denaro, pesticidi, profitto, radiazione, sicurezza e scienziati.

In un promemoria allegato allo studio, Libby Mikesell e Tom Stenzel dell'IFIC riepilogavano i risultati ottenuti. "La biotecnologia ha implicazioni 'inquietanti' connesse alla vita in tutte le sue forme... Biotecnologia può non essere il termine ottimale da usare in questa analisi", scrissero. "Clotaire consiglia l'introduzione della parola 'genetico' tra altri termini che creano un'associazione con tradizione e natura. Altre parole possibili che egli suggerisce sono 'coltivazione biogenetica', 'genetica naturale' o 'coltivazione genetica naturale'. Compose la seguente espressione come esempio dell'uso dei termini: le nuove scoperte genetiche ci consentono di essere coltivatori di successo del ventunesimo secolo e di realizzare incroci a livelli altamente sofisticati, realizzando la visione dei coltivatori del diciannovesimo secolo".

Vale la pena osservare che molti dei termini inclusi nell'elenco "parole da eliminare" di Rapaille caratterizzano apertamente l'attuale processo scientifico impiegato nello sviluppo degli alimenti geneticamente modificati, mentre molte delle "parole da adottare" sono eufemismi vaghi e accattivanti, tesi a oscurare aspetti nuovi e singolari. Rapaille ha conseguito un dottorato di ricerca alla Sorbona, ma il suo metodo analitico non lo richiede necessariamente.

William Lutz, docente alla Rutgers University e autore del libro "Doublespeak", ha catalogato numerosi esempi simili nella formulazione del linguaggio governativo e industriale, molti dei quali provenivano da persone con nessuna cognizione dell'archetipologia junghiana. L'Amministrazione Reagan, ad esempio, inventò l'espressione "aumenti delle entrate" in sostituzione del termine "imposte". Le case da gioco d'azzardo preferiscono definirsi "industria del gioco". Le multinazionali si riferiscono alle imprese fallite come ad "attività inadempienti". L'esercito fa riferimento alle morti dei civili come a "danni collaterali", alle bombe come a "dispositivi antiuomo schierati verticalmente" e all'uccisione del nemico come a "bersaglio centrato".

È importante anche notare l'ironia nella scelta di qualcuno come Rapaille, da parte dell'IFIC, per progettare la sua strategia in difesa della biotecnologia. Qualunque pericolo implichi la biotecnologia per i cittadini, si tratta indubbiamente di un esempio di scienza moderna in azione. Quando parlano tra loro, i sostenitori del biotech invocano spesso il nome della scienza, definendo i loro oppositori come dei tecnofobi irrazionali e paranoici. "Siamo molto delusi dalla reazione emotiva della gente verso alcune questioni scientificamente dimostrate" dichiarava il rapporto dell'IFIC. Eppure l'indicazione di Rapaille all'IFIC non era soltanto mirata a evocare una reazione emotiva ed evitare qualunque accenno alla scienza; la sua metodologia di analisi è, nella migliore delle ipotesi, una parodia del metodo scientifico. Il suo tentativo implacabile di indagare sulla mente irrazionale della gente è un esempio attuale dell'eredità di Edward Bernays e del suo famoso zio, Sigmund Freud.

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Siete stupidi e puzzate

L'era della manipolazione ha inoltre sminuito la pratica della democrazia, come ammette tristemente Scott Cutlip, professore emerito alla facoltà di giornalismo dell'Università della Georgia. Cutlip è stato un PR professionista per lungo tempo e uno dei maggiori storici del settore. Il suo "battesimo nelle relazioni pubbliche", come lui lo definisce, iniziò nel 1936, quando lavorava come addetto stampa per un candidato democratico alle primarie governatoriali del West Virginia. "La propaganda politica era semplice in anni in cui i budget per le campagne erano ridotti: niente TV, niente sondaggi, niente manipolatori, niente consulenti elettorali", ricorda. "I candidati di tutto lo stato potevano solo affidarsi ai discorsi nei palazzi di giustizia o nelle scuole delle contee, alle strette di mano su e giù per le vie principali, e alla pubblicità che si poteva spremere da una dichiarazione sui giornali locali e possibilmente da un'intervista in qualche radio locale. Tutto ciò portava il candidato faccia a faccia con gli elettori, ad ascoltare le loro lamentele, i loro bisogni e le loro aspirazioni. Oggi, al contrario, i principali candidati a presidente, a governatore, a senatore - vengono attentamente protetti dal contatto con gli elettori, salvo per le consuete calche negli aeroporti o nei ricevimenti da 1.000 dollari a biglietto d'ingresso". Le campagne multimilionarie di oggi, osserva, sono "soggette agli ultimi sondaggi di opinione, spinte da sfarzosi spot televisivi che trasmettono ombre, non sostanza e gestite da consulenti porta borse... Questo è il progresso? Questo favorisce il processo democratico? La mia risposta è no". Il risultato di tutte queste sofisticate relazioni pubbliche è che, sebbene gli americani continuino a offrire solenne devozione alla democrazia, il concetto di democrazia ha perso gran parte del suo significato. Infatti, è divenuto noioso e insignificante nella vita della maggior parte della gente.

Il nostro sistema politico funziona formalmente nel modo in cui crediamo debba funzionare: ci sono le campagne, gli elettori votano, e qualcuno finisce con il prestare giuramento ufficiale ma la cruda realtà, come tutti sappiamo, è che le promesse delle campagne elettorali sono vuota retorica e soprattutto non sono basate su ciò in cui credono i candidati, ma su ciò che secondo i loro analisti di sondaggi noi vogliamo sentire. Se chiediamo agli organizzatori di queste campagne di propaganda, sempre più dispendiose, come mai abbiano svilito così il sistema democratico, spesso diranno che il problema non sono loro ma gli elettori, i quali sono troppo "irrazionali", "ignoranti", o "apatici" per poter rispondere a qualunque altro tipo di richiamo. Come Clotaire Rapaille, sono giunti alla conclusione che ci sono parole che non si devono usare e concetti che non si possono esprimere. A quanto pare, la gente oggi è meno affamata di dibattiti seri e meno in grado di comprenderli rispetto agli elettori semi-istruiti di mezzo secolo fa, che scendevano in piazza a migliaia e passavano ore ad ascoltare i dibattiti tra Abramo Lincoln e William Douglas.

"Dal momento in cui inizi a vedere il pubblico come qualcosa che non funziona razionalmente, il tuo lavoro di pubblicista o giornalista cambia", osserva Ewen. "Il momento cruciale fu quando coloro che servivano l'intelligenza del pubblico smisero di ritenere che il pubblico avesse un'intelligenza".

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L'inferno negli integratori alimentari

Bea Stefani sa per esperienza diretta cosa significa essere una cavia umana. Stava solo cercando di smaltire qualche chilo quando, dietro suggerimento del suo medico, iniziò ad assumere L-triptofano (Levo-triptofano), nell'estate del 1989.

L'L-triptofano è un aminoacido essenziale che si trova naturalmente nella carne, nei fagioli, nel lievito di birra e nel burro d'arachidi. Alla fine degli anni '80, si guadagnò la reputazione di integratore alimentare "naturale", consigliato non solo come supporto alla dieta, ma anche come trattamento naturale per insonnia, sintomi premestruali e depressione. Per la signora Stefani, inizialmente, sembrò funzionare in modo quasi miracoloso, aiutandola a perdere 11 chili in due mesi. Poi iniziarono i problemi, a partire da una sensazione di prurito.

"Mi venne un forte prurito in testa e alle orecchie", raccontò la Stefani. "Poi si diffuse per tutto il corpo. Pensai di essere allergica a qualche detergente. Cambiai tutti i saponi per il bucato e tutti i miei saponi da bagno, ma non servì. Il prurito era talmente forte che mentre dormivo mi grattavo le orecchie fino a sanguinare".

Dopo il prurito, la Stefani iniziò ad avere dolori e crampi in tutto il corpo. Iniziò a perdere i capelli. La sua pelle scottava. Iniziò ad avere forti spasmi muscolari e venne ricoverata in ospedale. I dottori inizialmente erano sconcertati. Si trattava di una delle migliaia di persone in tutti gli Stati Uniti ad avere contratto una malattia sino ad allora sconosciuta, che venne infine chiamata "sindrome mialgica eosinofila" o EMS. Delle 5.000 persone affette dalla malattia, 37 morirono e 1.500 restarono permanentemente disabili con sintomi che comprendevano paralisi e disfunzioni neurologiche, gonfiore, dolore e lacerazioni della pelle, deficit di memoria e cognizione, mal di testa, sensibilità alla luce, debolezza e problemi cardiaci. Bea Stefani ha ancora forti dolori, non può più giocare a golf o andare in bicicletta e dovrà prendere dei farmaci probabilmente per tutta la vita. Rispetto a molte vittime dell'EMS, è stata anche relativamente fortunata. Il suo cuore almeno ha resistito e può respirare senza l'aiuto di un respiratore.

Ciò che, soprattutto, scioccò le vittime fu scoprire che la causa della malattia proveniva dal loro negozio di alimentari. Si scoprì che l'L-triptofano non era così "naturale" come suggeriva l'etichetta. Si trattava, infatti, di uno dei primi prodotti dietetici geneticamente modificati che raggiungeva i consumatori.

Molte compagnie producono L-triptofano, ma le persone che hanno sviluppato l'EMS avevano usato una marca particolare della Showa Denko, la terza maggiore compagnia chimica del Giappone. La Showa Denko aveva prodotto L-triptofano in tutta sicurezza per molti anni mediante il processo di fermentazione, sviluppando cioè grandi quantità di batteri in una sostanza nutriente, allo stesso modo in cui si produce lo yogurt. Poi, per aumentare la produzione, aveva iniziato a introdurre batteri geneticamente modificati che producono maggiori quantità di L- triptofano. Sfortunatamente, tale processo ha presumibilmente creato un derivato dell'L-triptofano altamente tossico.

Secondo uno studio pubblicato su Science, il prodotto della Showa Denko è stato contaminato da un "nuovo aminoacido" assente nell'L-triptofano tradizionale. Il contaminante era presente in quantità minime e, data la sua somiglianza con l'L-triptofano stesso, era difficile da individuare o eliminare attraverso il filtraggio. Tuttavia, una volta ingerito, si presume che esso stimoli eccessivamente il sistema immunitario, portandolo ad attaccare i tessuti nervosi e altri tessuti dell'organismo. Questa reazione del sistema immunitario era la causa di uno dei sintomi più gravi della malattia: la "paralisi ascendente", a causa della quale una persona perde prima il controllo dei nervi dei piedi, poi delle gambe, quindi del torace e dei polmoni, richiedendo infine l'uso di un respiratore per sopravvivere.

L'FDA rispose all'emergenza EMS vietando i prodotti da banco contenenti L-triptofano non solo quello della Showa Denko, ma tutte le marche. Le vittime dell'EMS denunciarono la compagnia per 2 miliardi di dollari di danni e la Showa Denko risolse i casi in sede extragiudiziale. In diverse occasioni, i funzionari dell'FDA hanno sottovalutato o negato le prove che collegavano gravi problemi di salute all'ingegneria genetica. Se interpellati, hanno spesso risposto che tali collegamenti non erano dimostrabili. Eppure, non è mai stato dimostrato neanche il contrario.

Supponiamo per un momento che, mediante l'ingegneria genetica, qualcosa di simile al contaminante L-triptofano finisca nel nostro pane o nei pomodori della nostra insalata. Se ciò accadesse, le analisi standard sul cibo non lo rileverebbero. È possibile rilevare la presenza di tossine solo in base a proprietà note di alimenti preesitenti. Il "nuovo aminoacido" dell'L-triptofano geneticamente modificato non era una tossina nota. Secondo lo standard usato dall'FDA per regolare gli alimenti geneticamente modificati, i nostri pomodori assassini risulterebbero "sostanzialmente equivalenti" a quelli sani.

Inoltre, il rifiuto da parte dell'industria di etichettare i cibi geneticamente modificati comporta un ulteriore rischio. L'etichettatura e il confezionamento dell'L-triptofano consentì al Center for Disease Control di individuare il collegamento tra il contaminante dello Showa Denko e la sindrome mialgica eosinofila. In assenza di etichettatura per gli OGM, tuttavia, è impossibile individuare chi abbia mangiato soia GM e chi abbia mangiato soia naturale. Se una sostanza tossica viene introdotta nella catena alimentare, rintracciarne la provenienza sarà difficile, se non impossibile.


Terminator

Per loro stessa natura, i forti investimenti nell'ingegneria genetica riflettono e accrescono la tendenza al monopolio delle multinazionali in agricoltura. "Negli Stati Uniti, durante la scorsa metà del secolo, in agricoltura abbiamo assistito non solo a un massiccio flusso di popolazione dalle fattorie alle città, ma anche a un flusso d'informazione - con le sue potenzialità economiche e tecnologiche - dagli agricoltori alle compagnie agroindustriali", osservava Verlyn Klinkenborg, del New York Times, in un articolo del 1997. "L'introduzione delle colture geneticamente modificate, e le licenze impiegate per la loro protezione, è una delle fasi finali del processo che ha portato gli agricoltori a ciò che viene chiamata 'bioschiavitù', che li ha visti divenire null'altro che manodopera". Con l'avvento dei manipolatori genetici che dominano e monopolizzano il mercato globale delle sementi e dei farmaci, l'antico mestiere dell'agricoltore, tuttora praticato con successo in molte parti del mondo mediante mezzi anche preistorici, si sta trasformando in un "agro-business" ad alta tecnologia, che deve innanzitutto sottostare alle imposizioni del "libero mercato" e poi agli arcani precetti dei sacerdoti della neo-scienza a venire. Anziché essere produttori di cibo e tessuti, gli agricoltori di questo nuovo ordine mondiale non diverranno altro che riproduttori delle proprietà intellettuali della Monsanto, come i commessi di catena di servizi in franchising.

"Uno degli aspetti più ironici dello sviluppo di questo processo è la contraddizione che sorge quando i produttori alimentari, per ottenerne il brevetto, sostengono la differenza e l'unicità dei loro prodotti GM e poi, al momento di etichettarli, con la stessa entusiastica convinzione cercano di farli passare come uguali in tutto e per tutto agli altri alimenti" osserva Julian Edwards, direttore generale di Consumers International. Dal punto di vista di compagnie come DuPont, Novartis e Monsanto, la possibilità di brevettare e quindi esercitare il controllo sulla vita stessa costituisce la vera e propria magia che valorizza le biotecnologie. L'ingegneria genetica trasforma i semi stessi in "proprietà intellettuale", cosicché gli agricoltori che usano questi semi non possono conservarne una parte e riutilizzarli per le successive coltivazioni. La Monsanto usa l'analogia del noleggio di automobili: alla fine del periodo di noleggio, l'automobile viene restituita.

Questo nuovo sistema rende illegale la vecchia pratica della conservazione delle sementi da parte degli agricoltori, pratica molto diffusa specialmente nel Terzo Mondo. Negli Stati Uniti e in Canada, la Monsanto è arrivata al punto di assumere investigatori privati per sottrarre campioni dei raccolti agli agricoltori che non acquistavano le sue sementi e vedere se stavano usando le varietà transgeniche di proprietà Monsanto. La Monsanto ha anche incoraggiato i suoi agricoltori a rubare nei campi dei vicini sospettati di coltivare varietà transgeniche senza averle pagate. In Canada, la Monsanto denunciò Percy Schmeiser, un anziano agricoltore, per abuso di proprietà intellettuale. L'agricoltore giura di non aver mai piantato sementi GM della Monsanto, eppure queste erano cresciute nel suo campo, molto probabilmente attraverso il trasporto dei geni - ovvero, la contaminazione delle sue colture attraverso polline geneticamente modificato.

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