Copertina
Autore Norma Rangeri
Titolo Chi l'ha vista?
SottotitoloTutto il peggio della televisione da Berlusconi a Prodi (o viceversa)
EdizioneRizzoli, Milano, 2007, 24/7 , pag. 316, cop.fle.sov., dim. 13,5x21,5x2,1 cm , Isbn 978-88-17-01782-4
LettoreFlo Bertelli, 2008
Classe media , paesi: Italia: 2000
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Indice

Introduzione                                              9


                    La tv in mutande


1.  Il Peep Show del varietà                             13

    L'esercito di colf in lingerie                       13
    La vecchia talpa del «Financial Times»               13
    Le veline della notizia                              15
    Il mercatone di Miss Italia                          16
    Vallettopoli, il postribolo di Alleanza nazionale    17
    Bruno Vespa, il sarto delle veline                   19
    La pletora di Unomattina                             20
    Elisabetta Gregoraci, lo scandalo d'oro              21
    La scuderia del vecchio satrapo                      22
    Corona's band                                        24
    Come nasce il porno-soft                             25
    Le quote rosa                                        26
    Sedotte e abbandonate                                27
    Le miracolate                                        28
    Le pallonare                                         30
    Giarrettiere e mezzecalze                            31
    Conduttori di peluche                                32
    Gli art director del Peep Show                       34
    Il sabato del villaggio                              36
    Evviva la mossa dell'ereditiera                      37
    La via scosciata alla televisione                    38

2.  Un reality al giorno toglie la realtà di torno       39

    La vita è un palinsesto                              40
    Insieme al Cavaliere scende in campo il dottor
    Stranamore                                           41
    La metamorfosi del cuore televisivo                  43
    Le lacrime argentine di Raffaella                    44
    I promessi sposi                                     47
    La vita per un provino                               49
    Forum, re dei falsi                                  51
    La fata ignorante e imbrogliona                      52
    Maria De Filippi, regina del buco della serratura    54
    Daria Bignardi, la new age dei soft hard             57
    Sulla scia di Beautiful                              57
    La nuova generazione dei vanity-reality              58
    La linea americana                                   59
    Il Bisturi della Pivetti                             60
    L'overdose del format globale                        61
    La pupa e il secchione, le virgolette al populismo
    televisivo                                           63
    SuperSimo non brilla più                             64
    Il Grande Fratello europeo                           66
    I prototipi                                          66
    Il Dio della visibilità                              68
    Il Grande Fratello italiano                          70
    La sinistra affratellata                             71
    Petruccioli, un, due, tre: stalla!                   73
    Dalla famiglia Benvenuti alla famiglia Berlusconi    74


                        Zapping


3.  TeleVaticano                                         79

    Una cruenta valle di lacrime                         79
    Raidue in ginocchio da padre Pio                     80
    L'anticorpo della satira                             81
    La carovana cubana                                   83
    Mediaset rompe il monopolio della fede               85
    Ettore Bernabei, l'industriale di Dio                87
    Siamo preti con furore                               88
    Vaticanisti con il rosario incorporato               89
    Fatima più importante del genoma                     91
    La crociata contro il canone                         92
    La fede in diretta                                   93
    L'attrice e la nobildonna con l'aureola              94
    Lo spettacolo dell'agonia del papa                   95
    Ratzinger urbi et orbi                               96

4.  Cogne                                                99

    Risate amare al teatrino dei mostri                  99
    L'assedio di Cogne                                  100
    La compagnia di giro                                101
    Nessuna notizia, monta lo show                      103
    Tutto in famiglia                                   104
    Mediaset si schiera con Annamaria                   105
    Ornar ed Erika                                      106
    In coma dal Cavaliere                               108
    Il cucciolo malformato                              108
    Raiuno balla sulla tragedia di Foggia               110
    Gli amanti di Montecastrilli                        110
    Accendi la tv c'è il pedofilo                       111

5.  Guerra                                              114

    11 settembre, la morte invisibile                   114
    L'orrore è già un video-clip                        115
    Il Big Brother è cieco                              116
    La troupe di Bin Laden                              117
    Al Jazeera, la tv dell'emiro                        118
    Foxnews, l'esercito di Murdoch                      119
    Una guerra mai vista: l'informazione embedded       120
    La guerra è uno sport da uomini                     121
    Gino Strada, un medico del Costanzo Show            122
    Le frontiere della paura                            123
    Metti un Adel nel cannone                           123
    God bless America                                   124
    Casa Ferrara                                        125
    I patrioti di Domenica in                           126
    Si gioca al Risiko                                  127
    Giornaliste in trincea                              128
    Cade Baghdad, finisce il Risiko                     129
    Il dopoguerra negato                                130
    Il fuoco amico di Nassiriya                         131
    I terroristi della Rai                              131
    Ostaggio della cinica tv                            132
    Ostaggi della politica                              133
    Giuliana Sgrena, il giorno più lungo                134
    Muore Nicola Calipari, il Tg1 arriva ultimo         135
    Sul fronte della fiction                            136


            Primum auditel, deinde informare


6.  Dai divani di Montecitorio al divano di casa        141

    Bruno Vespa e l'editore di riferimento              142
    Il Psi scompare ma il Tg2 non ci crede              144
    Muore Giovanni Falcone e il Tg1 non se ne accorge   145
    Immagini dal Parlamento: si elegge il presidente
    Oscar Luigi Scalfaro                                146
    Il Paese sussulta, ma il Tg1 difende le pellicce    147
    TeleCraxi è sotto schiaffo                          149
    Il narcisismo del Tg3                               150
    Nascono le notizie del Biscione: il Tg4 e il Tg5    150
    Gianfranco Funari e la politica del tortellino      152
    Epilogo 1992                                        154

7.  Qualcosa è cambiato                                 156

    Giuliano Ferrara e il Nientologo di Balzac          157
    Va in onda la Sondaggiomania                        159
    L'iperdemocrazia del sondaggio                      160
    La vera gogna di Tangentopoli                       161
    Dalla padella di Bruno Vespa alla brace
    di Albino Longhi                                    163
    Il trash del maggioritario                          164
    Sulla tavola apparecchiata del Nuovo                167
    Se ne va anche la Dc, tra le bombe di Roma e Milano 168
    La Rai dei «professori», onesti incompetenti        169
    I consiglieri danno i numeri                        171
    Il cartello Rainvest, una proposta indecente        172
    Demetrio Volcic alla guerra di Russia               173
    Gli ultimi fuochi di TeleKabul                      174
    I sindaci e il Grillo parlante                      175
    Il Biscione si prepara alla discesa in campo.
    Fede è pronto                                       176
    Enrico Mentana e Paolo Liguori seguono              177
    Epilogo 1993                                        179

8.  Il partito è un medium secondario                   180

    All'auditel ci pensa lady Moratti                   181
    Il grande show elettorale                           182
    L'appello al popolo via vhs                         184
    Il Milan, supposta del regime                       185
    Enrico Mentana e la diceria del partito-azienda     186
    Rossella e Mimun, il canone dei berlusconiani       188
    Sgarbi, manganello del Cavaliere,
    beniamino della Rai                                 189
    La sbornia dura pochi mesi                          190
    Epilogo 1994                                        191

9.  La par condicio sullo stomaco                       193

    Enzo Biagi muove il panorama televisivo             193
    Il ribaltone di Bossi muove il panorama politico    195
    Berlusconi spegne i megafoni,
    il Pds vince le elezioni                            195
    Come faccio lo shampoo al referendum                197
    Il gran varietà della politica                      201
    La sinistra va a Canossa                            201
    Il telegiornale delle tette                         203
    Tutti dentro la tv, il patto Bertinotti-D'Alema     204
    Epilogo 1995                                        206

10. Il Clark Gable con le tette                         207

    Vigorelli-Rossella-Fede-Liguori.
    I caporali di giornata                              208
    Lo Stranamore di Massimo D'Alema                    209
    Vince Prodi e la Rai si ammala di Ulivite           211
    Epilogo 1996                                        211

11. L'Ulivite                                           213

    Walter e Fausto, star della telepolitica            214
    Cda, dilettanti allo sbaraglio                      215
    L'onorevole abbuffata                               215
    Il benaltrismo della sinistra                       217
    Anche la fiction vota a sinistra                    218
    Epilogo 1997                                        219

12. I centrosinistri al governo della Rai               221

    Il cancro a Domenica in                             221
    Altro Cda, altro giro di Ulivite                    222
    La dalemite, sottospecie dell'Ulivite               223
    La Rai di Pier Luigi Celli vende telespettatori     225
    Diessini in picchiata                               226
    Non è la Bbc, è la Raitivvì                         227
    Con Zaccaria la cultura vola via                    228
    La breve stagione di Gad Lerner                     229
    Nonno Libero toglie il sonno al Cavaliere           230
    Paolo Franchi chiede scusa                          231
    Katia e Livia                                       231
    Walter e Gavino                                     233
    Celli se ne va, attacco a Santoro                   233
    La satira alza il morale                            235
    Carlo Freccero ne paga il prezzo                    236
    Epilogo                                             237

13. I centrodestri bulgari                              240

    Una ministra di cuore                               240
    Tra Bobo e Fausto vince il Polo                     241
    Panariello, comico del nuovo ciclo                  241
    Il Previti show                                     242
    Il Tg5 sorpassa il Tgl                              243
    Cofferati, chi era costui?                          244
    L'editto bulgaro                                    245
    Baldassarre e Saccà non fanno prigionieri           246
    La via crucis di Zanda e Donzelli                   248
    In un dossier riservato i contratti da favola       249
    La stagione dei girotondi                           250
    Ciampi, un messaggio nel vuoto                      252
    Antonio Marano, l'affossatore                       253
    Epilogo 2002                                        254
    La spada spuntata di Excalibur                      254
    Socci e la pantomima ulivista                       255
    Ballarò e il fantasma di Santoro                    256
    Zanda e Donzelli liberi, in Cda restano i giapponesi258
    Ma la diretta no                                    259
    Via i «giapponesi», arriva Paolo Mieli              259
    Annunziata in coro                                  260
    Il restyling delle annunciatrici                    261
    Flavio Cattaneo, l'uomo del nord                    262
    Un fallimento annunciato                            262
    Fassino e Rutelli al dibattito che non c'è          264
    Tg1 e Tg2, veline di regime                         265
    Epilogo 2003                                        267
    Manipolare, meglio che informare                    267
    Bonolis, antiberlusconiano per un giorno            269
    I ravanelli di Tremonti                             270
    Cinquant'anni portati male                          271
    Da Biagi ai globetrotter del Cavaliere              271
    Il virus italiano                                   272
    Giovanni Masotti. Punto e a capo                    273
    Anna La Rosa, bi-conduttrice e bi-partisan          275
    Epilogo 2004                                        277

14. Un presidente bi-partisan                           278

    Muore il papa: Berlusconi e Vespa
    non se ne accorgono                                 278
    Dimissioni parola proibita                          279
    Referendum, la tv si astiene                        279
    Petruccioli for president                           280
    Matrix riaccende la sfida                           282
    Santoro da Celentano                                283
    Piero Fassino sul pouf di Maria De Filippi          285
    Epilogo 2005                                        285

15. La notte del caimano                                287

    Un pomeriggio in mutande                            287
    Un uomo solo al comando                             287
    Un popolo di coglioni                               288
    La notte del caimano                                289
    La vittoria virtuale                                290
    Calciopoli, crolla il mito biscardiano              291
    Gli amici degli amici                               293
    L'incompatibile Meocci                              294
    Epilogo 2006                                        295

16. Rai, si cambia?                                     296

    Riotta al Tg1. Una camicia non fa primavera         296
    Torna Michele, il biondo                            297

Elenco delle trasmissioni citate                        301

Ringraziamenti                                          307

 

 

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Il Peep Show del varietà



L'esercito di colf in lingerie

Al mattino soffritti, soap, oroscopi e massaggi con fondoschiena in primo piano. Nel pomeriggio cronaca, tanga e starlet. Di sera la grande fiera del silicone. In questo sommario percorso nel porno-soft della tv nazional-popolare, stordisce la quantità. Non tanto le tette e le cosce serali che condiscono il varietà, ma il totalitarismo dell'inquadratura ginecologica, autonoma e autosufficiente, presente come «punteggiatura» di ogni discorso, dalla riforma costituzionale alla pubblicità alle previsioni del tempo. La non-stop delle pin-up che vede impegnati tanti uomini del palinsesto (autori, direttori, produttori), ama rappresentare l'altra metà del cielo come un esercito di colf in lingerie. A forza di vedersi disegnate così, molte donne finiscono per credere che quelle macchiette televisive corrispondano davvero a un modello culturale e sociale.


La vecchia talpa del «Financial Times»

«Fratellli d'Italia, la patria s'è desta, col macho italiano s'è cinta la testa.» Siamo cittadini di una Repubblica retriva e misogina. La vecchia talpa del femminismo ha scavato troppo poco. Lo scrisse l'inglese Tobia Jones («Financial Times» del 2003) in un articolo («L'inferno della tv italiana»), annotando che il femminismo era forgotten, dimenticato. Seguirono seminari, riti di contrizione e sgangherate difese della dittatura del trash. Le cose proseguirono come e peggio di prima. Confermando le tesi di Jones: «L'unico dovere della tv italiana è vendere: vendere spazi pubblicitari che poi vendono prodotti». E il corpo della donna, quando non è esso stesso merce, è la moneta con cui la pubblicità promuove i prodotti. Così, quest'anno, l'autorevole quotidiano è tornato sull'argomento con la copertina del suo patinato supplemento (Naked ambition, La nuda ambizione). Quattro pagine di analisi ricche di esempi sul modo in cui i nostri media rappresentano le donne. Nel patetico campionario ci sono i manifesti pubblicitari e le ragazze della televisione. Con un'ipotesi: che la quantità di vallettume sia direttamente proporzionale alla penuria di donne nelle istituzioni politiche, alla scarsità di servizi sociali. Lo stupore del «Financial Times» si capisce e si spiega anche guardando la Bbc. Una donna in mutande accanto a un uomo in giacca e cravatta, come succede da noi, è impensabile.

Del resto basterebbe solo confrontare i prodotti seriali della tv anglosassone con i nostri. Sex and the City, Desperate Housewives, Ugly Betty: donne vincenti, sofisticate, disinibite, aperte a ogni esperienza, in cerca di un riscatto professionale, sempre forti di una relazione al femminile che traduce in linguaggio comune il pensiero di genere. Noi alla prese con commesse, poliziotte, avvocatesse che appena si dedicano al lavoro con impegno, magari trascurando la cura della famiglia, o hanno figli che scappano, o madri che muoiono o mariti che tradiscono. E nella fiction italiana le donne almeno lavorano, escono di casa. Nella realtà succede sempre meno.

Siamo campioni d'Europa, ma all'incontrario. In fondo alla classifica europea dell'occupazione femminile, in coda per la rappresentanza nel governo e in Parlamento. E la televisione, che dei partiti è la dépendance, le donne le mette in vetrina.

«L'attenzione al corpo femminile diviene quindi pressoché esclusivamente strumentale, tale da ridurre il corpo stesso a mero accessorio. Diversamente da quanto accade nella fiction, nei programmi di intrattenimento si viene così delineando un'immagine della donna centrata sul corpo che prevale su qualunque altro aspetto». Sono le ultime righe di una poderosa ricerca affidata dal Cnel (Comitato nazionale dell'economia e del lavoro) all'Osservatorio di Pavia su «La rappresentazione della condizione femminile nei programmi di intrattenimento», pubblicato nel 2002. Una diagnosi realistica del trattamento riservato alle donne dal piccolo schermo. La conferma del progressivo, e sempre attuale, degrado alimentato da un voyeurismo ossessivo, nutrito proprio dalla marginalità politica della figura femminile. Nella ricerca si parla di «corpo sponsor» (esempio le veline di Striscia la notizia), di «corpo misurabile», di «corpo domestico», di «corpo fagocitante».

Per scavare quanto servirebbe alla società italiana, il femminismo dovrebbe arrivare alle fondamenta della casa, distruggerla e ricostruirla. Da solo non ce la può fare, non con questa classe dirigente, non finché dura il governo maschile della televisione, rinnovato con la categoria del monosesso anche dall'ultimo governo di centrosinistra.

Le veline della notizia

«La bellezza è il serpente che mostra la ferita dove un tempo era infitta la spina.» Lo scrivevano Theodor W. Adorno e Max Horkheimer («Appunti e schizzi», appendice di Dialettica dell'Illuminismo) e ogni tanto qualche isolata voce femminile protesta e denuncia che la ferita è aperta. Ma non succede nulla, solo silenzio e complicità. A cominciare dalle donne della televisione, giornaliste comprese, spettatrici del Peep Show, a volte complici di una progressiva sudditanza all'immagine della velina. Ne è convinta Chiara Saraceno, sociologa della famiglia tra le più stimate: «Da noi anche le parlamentari e le giornaliste cercano di assomigliare alla pin-up» («Corriere della Sera», luglio 2007).

Tutte sempre più bionde, le scollature che si abbassano, il chirurgo estetico che tira e gonfia, i truccatori che abbondano con il cerone, fino a scivolare dalle news ai reality. Un modo di porsi che ha suscitato la protesta delle pornostar per sleale concorrenza: «La carica con cui le giornaliste leggono le notizie diventa ogni giorno più erotica, di questo passo occuperanno nell'immaginario il posto che un tempo rivestivamo noi pornostar» lamenta Jessica Rizzo («Il Giornale», maggio 2000). Che coglie il punto sottolineato anche dal «Riformista» (agosto 2005): «Attenzione, l'occhio prevale sull'orecchio, quindi sarebbe meglio non dare nell'occhio quando si leggono i notiziari». La controprova è che non esiste da molti anni, dai tempi di Angela Buttiglione, una conduttrice di telegiornale che abbia superato i cinquant'anni, non parliamo di una sessantenne. Non siamo le sole. Le giornaliste dei grandi network americani Courtney Friel (Fox), Diane Sawyer (Abc), Paula Zabn (Cnn), Katie Couric (Cbs) si sono fatte bionde perché così «comunicano al maschio una sensazione di vantaggio evolutivo», secondo Joanna Pitman, autrice di un saggio dal titolo Tutto sulle bionde (Longanesi 2004). Le americane cominciarono a tingersi i capelli nel '96 quando í consulenti iniziano a predicare la necessità di omologare il look dei programmi di intrattenimento con le news. In Italia il telegiornale risponde all'auditel, diventa un programma di intrattenimento, gonfio di cronaca e gossip.


Il mercatone di Miss Italia

Le belle di giorno vengono messe all'incanto 24 ore su 24, tutti i giorni dell'anno. L'appuntamento simbolico che dà inizio all'anno accademico della coscialunga è Miss Italia. Dal 1988 la saga della più bella si ripete ogni anno sulle reti Rai. Insieme al convegno di Cernobbio, alla festa dell'Unità e all'esordio della Nazionale, c'è la proclamazione di miss Italia, inesorabile come i temporali di fine estate. Per alzare il morale del teleutente depresso dalla fine delle vacanze, gli uomini del palinsesto rallegrano la cena degli italiani con un bel carico di fanciulle in costume da bagno.

Il concorso di bellezza, appaltato a Ramno, segna il rientro alla normalità della platea televisiva. Di fronte ai volti omologati da truccatori e parrucchieri (le ragazze firmano un contratto con una clausola in base alla quale l'organizzazione decide colore e lunghezza dei capelli), le gambe sono le più titolate e meritevoli. Un diluvio di volti, corpi e pubblicità per quattro prime serate e dodici-sedici ore di diretta. Un mercato all'ingrosso che apre ufficialmente il reclutamento delle future belle statuine della tv.

Le ragazze sfilano per vendere un corpo, i calciatori sono in prima fila, lo sponsor paga, i testi fanno accapponare le orecchie, il mummificato Enzo Mirigliani offre la materia prima, la Rai incassa al botteghino dell'auditel e la solita compagnia di giro degli ospiti (da Michele Cucuzza a Barbara Palombelli) applaude. Nell'edizione di qualche anno fa tre deputate, di destra e di sinistra, parteciparono alla kermesse, avallando uno dei momenti di più acuta misoginia della tv.

Chi diventa miss vedrà in pochi mesi decuplicare i suoi guadagni: solo contratti pubblicitari di biancheria intima, acqua minerale, scarpe e carta igienica, e si diventa milionarie. Senza contare la carriera di velina.

Se le aspiranti miss siano l'immagine del Paese reale o se sia il piccolo schermo a dipingere così le nuove generazioni, è una falsa domanda perché riflette un dubbio assai debole di chi ancora si attarda a considerare l'esistenza di una realtà extra-televisiva, quanto mai difficile da dimostrare: è vero solo ciò che passa attraverso la telecamera. Specialmente per chi è nato e cresciuto negli ultimi vent'anni.

Una signora dello spettacolo italiano, Franca Valeri, interrogata («Sette», 2002) sul fenomeno delle veline, rispondeva così: «Non so se il vippismo occupa l'immaginario di queste ragazze, ma certamente il lavoro facile sì. Star lì un paio d'anni ben pagata a ballonzolare mezza nuda è molto più semplice che impiegarsi in banca. A me fanno pena, mi si stringe il cuore, ma non mi stupisce che alcune concedano le loro grazie per soldi, almeno lo fanno per qualcosa. Sicuramente hanno bisogno di sopravvivere: è il principio della puttana, nevvero. È sempre il mestiere più vecchio. E il più ambito che c'è».


Vallettopoli, il postribolo di Alleanza nazionale

Dalle vicissitudini boccaccesche di una miss Calabria esplode, nel 2006, lo scandalo di Vallettopoli. Uno squallido scambio tra veline, politici e dirigenti Rai. I retroscena del bordello in realtà sono ampiamente rappresentati, alla luce del sole, nelle trasmissioni che vanno in onda quotidianamente. Quel tanga, quel seno, quei labbroni che il regista ti sbatte in faccia ne sono la prova. Tutti vedono, sanno, ma tutti tacciono. Finché un giorno, il postribolo diventa di pubblico dominio. I giornali iniziano a divulgare stralci di intercettazioni telefoniche e di interrogatori del pubblico ministero di Potenza, John Woodcock. Il magistrato che sta indagando sui loschi affari di Vittorio Emanuele di Savoia si imbatte in un giro di ragazze che allietano le ore dei dirigenti della Rai del centrodestra e, di conseguenza, le giornate dei telespettatori.

Un paffuto signore di mezza età, Salvo Sottile, portavoce dell'allora ministro degli Esteri Gianfranco Fini, usa le auto blu della Farnesina per farsi recapitare in ufficio le ragazze che poi compaiono nei programmi come vallette. I divani del ministero come il vecchio bordello fascista, con il portavoce-gerarca che al telefono saluta il fornitore di ragazze con un virile «ciao frocio». Lorenzo Di Dieco, funzionario Rai, spiffera tutto ai giudici: «Sottile mi usava come procacciatore di donne». Il funzionario non sa precisamente quante: «Credo una decina, lui diceva porta e io portavo». («Dieci ragazze per me posson bastare» di Marco Travaglio, «l'Unità» 2006).

Nello scambio indecente viene coinvolto un alto dirigente Rai, Giuseppe Sangiovanni, vicedirettore delle risorse artistiche: il topo nella dispensa. «Ho parlato oggi con il direttore generale» dice Sangiovanni a Sottile, alludendo a Elisabetta Gregoraci «che mi ha confermato che essendo una grande gnocca per il tipo di trasmissione gli fa anche comodo.» Gli uomini del centrodestra si divertono. Un consigliere di amministrazione di An, Marcello Veneziani, conia il termine «destraccia» e si sfoga: «A che servono le idee quando si pensa agli appalti e alle squinzie?» Parla di «una squinzia connection» («Libero», 20 giugno 2006). Il malcostume è stato già clamorosamente denunciato dall'attore Luca barbarescni durante una riunione di simpatizzanti di An, convocati in un cinema romano nel novembre del 2005. In polemica con la gestione del trio Cattaneo-La Russa-Gasparri (rispettivamente direttore generale della Rai, parlamentare di An e ministro delle Comunicazioni), Barbareschi aveva puntato il dito contro l'indecente traffico di amichette. Come anche Guido Paglia, fascista duro e puro, negli anni Settanta nelle fila di Avanguardia nazionale, e capo delle relazioni esterne della Rai. È uno di quelli che non sopporta il trio Cattaneo-La Russa-Gasparri («hanno fatto impiccetti e cazzetti»). Un tutti contro tutti, al quale si aggrega il leghista Antonio Marano, direttore di Raidue: «Anche Mara Carfagna mi fu segnalata da un politico di Forza Italia» racconta in un'intervista all'«Espresso». Oggi Carfagna, la più ammirata da Silvio Berlusconi («se non fossi già sposato ti sposerei»), siede in Parlamento, dopo una carriera come valletta a I fatti vostri.


Bruno Vespa, il sarto delle veline

Nelle intercettazioni del giudice Woodcock spicca la figura di Bruno Vespa. Anche nel suo caso nulla di inedito sulla qualità di un giornalismo comprato e venduto. Vespa parla con Salvo Sottile della partecipazione di Gianfranco Fini a Porta a Porta. È una conversazione-contrattazione. Il portavoce chiede rassicurazioni sul trattamento che riceverà il politico e Vespa lo tranquillizza: gli «cuciamo addosso» la trasmissione. Così si esprime il giornalista più corteggiato della Raí. Per difendersi dalle critiche, Vespa peggiora la situazione: «Ogni trasmissione viene cucita addosso al protagonista, si chiami Fini, Prodi o Pippo Baudo. E potrei citare infinite testimonianze sui legittimi dissensi che ci sono stati, a destra e a sinistra, sul taglio dell'abito». Così fan tutti, inutile meravigliarsi.

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