Copertina
Autore Gianfranco Ravasi
Titolo Qohelet
SottotitoloIl libro più originale e "scandaloso" dell'antico Testamento
EdizioneSan Paolo, Cinisello Balsamo, 2001 [1988] , pag. 469, dim. 140x215x35 mm , Isbn 978-88-215-4470-5
LettorePiergiorgio Siena, 2002
Classe classici ebraici , filosofia , religione
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Indice

Prefazione                                                 5
Abbreviazione dei libri biblici                            9


UN IMMENSO VUOTO, TUTTO E VUOTO!

1. L’enigma dell’autore                                   13
   L’enigma del nome «Qohelet»                            13
   L’enigma della biografia di Qohelet                    17
   «Hebel», l’enigmatico stemma di Qohelet                21

2. L’enigma del libro                                     29
   Diversi inchiostri nel libro di Qohelet                30
   «L’enigma della Sfinge: la struttura del
        libro di Qohelet»                                 32

3. L’enigma delle interpretazioni                         36
   Qohelet scettico, deluso, disperato?                   37
   Qohelet, filosofo dell’«aurea mediocritas»?            40
   Qohelet, «predicatore della gioia»?                    42

4. L'enigma del messaggio                                 46
   Qohelet, così pacato e così tormentato                 47
   In un mondo di apparenze, di domande, di ripetizioni   49
   Qohelet, «parola di Dio»?                              54

   Appendice bibliografica                                58


PAROLE DI QOHELET, FIGLIO Dl DAVIDE, RE DI GERUSALEMME

1. Un immenso vuoto (1,1-3)                               63

2. «Assolutamente niente di nuovo sotto il sole» (1,4-11) 73
   Sui giri del vento (1,4-7)                             77
   Tutte le parole sono logore (1,8-11)                   84

3. Sapienza e piacere: vuoto e vento (1,12-2,26)          95
   Nella prima tavola, il sapere e il capire (1,12-18)   101
   Nella prima tavola, il godere e il fare (2,1-i i)     109
   Nella seconda tavola, la crisi del sapere e
        del capire (2,12-16)                             118
   Nella seconda tavola, la crisi del godere e del fare
        (2,17-26)                                        123

4. «Tempo di nascere, tempo di morire» (3,1-15)          136
   La sfilata dei ventotto tempi (3,1-9)                 138
   Un tempo inafferrabile ed intoccabile (3,10-15)       147

5. Uomini come bestie (3,16-4,3)                         155
   Primo movimento: delitto e morte (3,16-22)            158
   Secondo movimento: lacrime e morte (4,1-3)            170

6. «... Anche questo è fame di vento (4,4-16)»           175
   Lavorare stanca (4,4-6)                               179
   Faticare per gli altri... (4,7-8)                     181
   «Guai a chi è solo!» (4,9-12)                         183
   L’illusione della rivoluzione (4,13-16)               186

7. «Dio è nei cieli e tu stai sulla terra...» (4,17-5,6) 192
   Né troppo zelo né troppe parole con Dio (4,17-5,2)    194
   «Quando fai un voto a Dio...» (5,3-6)                 198

8. «Chi ama il denaro mai di denaro è sazio» (5,7-6,12)  203
   La piramide burocratica (5,7-8)                       208
   Di denaro mai si è sazi (5,9-11)                      211
   La ricchezza in fumo (5,12-16)                        213
   «Il bene più bello è mangiare, bere, godere...»
        (5,17-19)                                        216
   Meglio l’aborto che viene e va nel vuoto! (6,1-9)     218
   Chi sa che cosa è bene (6,10-12)                      225

9. «Meglio la tristezza del riso» (7,1-14)               229
   La casa in lutto e la casa in festa (7,1-8)           231
   L’ombra della sapienza e l’ombra del denaro (7,9-14)  238

10.Il sapiente, la donna, il re, il delinquente
        (7,15-8,15)                                      244
   «Ho deciso: Voglio essere sapiente!» (7,1 5-24)       248
   «Più tragica della morte è la donna» (7,25-29)        257
   «La parola del re è sovrana» (8,1-8)                  264
   I funerali dei delinquenti (8,9-15)                   270

11.«Si affatichi pure a cercare, nulla scoprirà»
        (8,16-9,12)                                      276
   «L’uomo non può scoprire il senso» delle cose
        (8,16-17)                                        279
   L’uomo non conosce il suo destino (9,1-10)            281
   «L’uomo ignora anche la sua ora» (9,11-12)            293

12.I proverbi di Qohelet (9,15-11,6)                     296
   La piccola città assediata e l’uomo povero ma sapiente
        (9,13-18)                                        301
   La stupidità è come una mosca morta... (10,1-3)       306
   La stupidità al potere (10,4-7)                       308
   Il rischio è sempre in agguato (10,8-11)              311
   Lo stupido chiacchiera senza limite» (10,12-15)       314
   «Guai a te, nazione governata da un ragazzo!»
        (10,16-20)                                       317
   «tu ignori l’azione di Dio che fa tutto» (11-1,6)     321

13.Il canto supremo dei giorni orribili (11,7-12,8)      328
   La dolce luce e gli infiniti giorni tenebrosi (11,7-8)332
   «Godi, ragazzo, perché la giovinezza è un soffio»
        (11,9-10)                                        335
   D’inverno, in un castello in sfacelo (12,1-8)         339

14.Postfazione a Qohelet (12,9-14)                       361
   Il ritratto di Qohelet sapiente di professione
        (12,9-12)                                        363
   «La conclusione di tutto» (12,13-14)                  370


   I MiLLE QOHELET

   I Qohelet egizi e mesopotamici                        378
   Il Qohelet greco e latino                             383
   I fratelli ebrei di Qohelet                           389
   Il Qohelet cristiano                                  408
   Un Qohelet arabo?                                     417
   Tolstoi, Qohelet russo                                421
   Il Qohelet «anonimo» italiano                         425
   Qohelet nella lingua più usata del mondo              440
   Qohelet, «un Montaigne giudaico»?                     449
   Spagnolo o tedesco o ceco o rumeno,
        sempre l’unico Qohelet                           454
   «Mi procurai cantori e cantatrici»,
        attori e pittori...                              461

 

 

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Pagina 51

L’ENIGMA DEL MESSAGGIO

Qohelet è, perciò, l’unico autore che abbandona la visione biblica della storia intesa come un progetto divino in progressivo sviluppo lineare, «messianico». Con buona pace di Hertzberg che ha tentato di vedervi un altro «messianismo», Qohelet vede la storia senza direzione; è come un carcere da cui è impossibile evadere. Esemplare per descrivere questa visione ciclica della storia è il paragrafo di 3,1-15, scandito da sette coppie di «tempi» che si ripetono perennemente senza varianti e novità: «tempo di nascere, tempo di morire... tempo di amare, tempo di odiare...». Dio «nel cuore umano ha posto anche il senso dell’eterno, ma l’uomo non riesce ad afferrare l’inizio e la fine della creazione divina» (3,1-i), cioè il destino e il senso dell’esistere. Dio ha dato all’uomo azione e intelligenza, eppure ha già strutturato tutto la storia in maniera definitiva così da «non potervi aggiungere nulla e nulla togliere»

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Pagina 54

Qohelet, «parola di Dio»?

Il Dio di Qohelet è veramente un Deus absconditus nel senso pieno del termine. «L’immensità di Dio non ha per Qohelet nulla di rallegrante; meravigliosa in sé, resta pura impenetrabilità». I buoni motivi che egli può avere sono privi di valore per noi perché ci restano sconosciuti. Sulla visione qoheletica di Dio, chiamato piuttosto genericamente ha-’elohim, «il Dio» (32 volte su 40 presenze), fondamentali sono i passi di 3,14 e 4,17ss a cui rimandiamo, unitamente al commento che li accompagna. Per ora accontentiamoci solo di ricordare con A. Barucq che «il problema di Dio non interessa l’autore in quanto tale ma solamente in quanto esso interferisce con quello dell’uomo». Dio è riconosciuto come creatore e giudice (3,17; 11,9; 12,1) ma la sua opera contiene in sé un’incomprensibilità tale da rendere vana non solo la contestazione ma qualsiasi tentativo di decifrazione. Infatti, «Dio è nei cieli e tu stai sulla terra...» (5,i) e l’uomo «non può contendere con chi è più forte di lui» (6,10).

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Pagina 63

I.
UN IMMENSO VUOTO
    1 Parole di Qohelet, figlio di Davide
            re di Gerusalemme.
    2 Un immenso vuoto - dice Qohelet -
            un immenso vuoto, tutto è vuoto!
    3 Quale valore ha tutta la fatica
            che affatica l’uomo sotto il sole?
La prima riga del libro è naturalmente un titolo modellato da un redattore su una ben nota formula fissa usata per altri libri biblici: l’esempio più antico è Amos (1,1: «Parole di Amos, pecoraio di Teqoa...» il più recente tra i profeti è Geremia (1,1: «Parole di Geremia, figlio di Helkia, sacerdote in Anatot, nella regione di Beniamino»). Ma non mancano esempi anche per opere di sapienti: è il caso della piccola collezione proverbiale di Agur (Pr 30,1: «Parole di Agur, figlio di Jaké, da Massa») o delle memorie personali di Neemia (1.1: «Parole di Neemia, figlio di Alkalià») o dell’altra piccola collezione proverbiale di Lemuel (Pr 31,1: «Parole di Lemuel, re di Massa...» Anche il testamento di Davide inizia con la stessa formula: «Parole ultime di Davide» (2Sam 23,1). E con una formula analoga si concluderanno altri libri come la sezione dibattimentale di Giobbe (31,40) o come il Siracide (51,30) e lo stesso Qohelet (12,13). Siamo, quindi, di fronte ad un modulo editoriale escogitato dagli scribi per la pubblicazione di un libro.

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Pagina 276

II.
«SI AFFATICHI PURE A CERCARE,
NULLA SCOPRIRÀ»
8 16
    Mi sono consacrato alla conoscenza della
                                       sapienza
    considerando le affannose attività
    che si compiono sulla terra:
    gli occhi dell’uomo non hanno tregua
    né di giorno né di notte.

  17
    Ho considerato anche tutte le opere di Dio:
    l’uomo non può scoprire il senso
    di tutto quanto si compie sotto il sole.
    Si affatichi pure a cercare,
    nulla scoprirà.
    Ed anche se un sapiente pretendesse di
                                       saperlo,
    in realtà non potrebbe scoprirlo.

9  1
    Mi sono consacrato alla riflessione
    e su tutto questo ho concluso.
    I giusti e i sapienti con le loro opere
    sono nelle mani di Dio.
    Ma l’uomo non sa
    se Dio prova per lui amore o odio.
    Tutto ciò che l’uomo ha davanti è vuoto.

   2
    Unico è il destino di tutti,
    del giusto e del malvagio,
    del puro e dell’impuro,
    di chi offre sacrifici e di chi non li
                                         offre,
    dell’onesto e del peccatore
    di chi giura e di chi teme di giurare.

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Pagina 309

Ma c’è un’altra sciagura che Qohelet vuole denunziare all’interno del palazzo del potere. Le autorità supreme tendono a promuovere alle alte cariche figure mediocri, grigi adulatori, modesti esecutori mentre gli intelligenti sono retrocessi, penalizzati, emarginati (vv. 5-6). Qohelet descrive questa piaga, che colpisce costantemente la gestione di ogni tipo di autorità, politica, economica e religiosa, con sottile ironia: infatti il termine con cui si definisce la «cecità» dei capi nella scelta dei collaboratori è segagah che in ebraico significa «incoscienza» ma anche «peccato di inavvertenza», quasi fosse una cosa da nulla. È con questa «banalità» che si perpetua la perversa gerarchia del potere (5,7), sempre alimentata dalla mediocrità dei vari anelli, dei gradi, delle responsabilità. Per non dire poi che «a re malvagio, consiglier peggiore», come afferma il Tasso nella Gerusalemme liberata (II, 2).

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