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| << | < | > | >> |IndicePrefazione di Carlo Cannella e Giovanni Carrada vii Introduzione xvii Capitolo 1 Affrontare gli attuali sconvolgimenti alimentari 1 Uscire da un ambiente calorico artificiale 1 Un'offerta alimentare guidata da una logica di produzione industriale 15 Un'alimentazione spesso sottovalutata 22 Il diritto a una corretta alimentazione 37 Capitolo 2 Gestire meglio la salute attraverso l'alimentazione 59 Che cosa devo mangiare? 59 Glucidi e salute: un traguardo ancora lontano 64 Apporti proteici: un controllo non ancora ottimale 81 Grassi a profusione 92 Tutti i vantaggi delle fibre alimentari 107 Il mondo dei micronutrienti 126 Alimentazione preventiva: una scelta di vita 136 Capitolo 3 Adattare l'alimentazione ai bisogni dell'uomo 161 La piramide alimentare 161 Prodotti cerealicoli di qualità 172 Il ritorno dei vegetali 185 Dire basta al modello occidentale di elevato consumo di proteine di origine animale 200 Un'alimentazione migliore e più sicura 207 Capitolo 4 Realizzare una nuova catena alimentare 221 Un'agricoltura sostenibile al servizio dell'uomo 221 Dal campo alla tavola: circuiti abbreviati 239 I legami fra città e campagna 242 Quale alimentazione per il futuro? 251 Conclusioni 263 Glossario 267 |
| << | < | > | >> |Pagina VIIPREFAZIONEDai bisogni oggettivi ai bisogni soggettivi Se si misura il tempo con il metro della storia anziché con quello della cronaca, è facile rendersi conto che fino a ieri la produzione di cibo è stata una delle attività principali di qualsiasi società umana, e il fattore cruciale dello sviluppo come del declino demografico. Ma è stata soprattutto una delle preoccupazioni principali. Se si fa eccezione per una ristrettissima minoranza di ricchi e potenti, infatti, il cibo è sempre stato scarso e prezioso, e la fame la compagna pressoché inseparabile della vita di uomini, donne e bambini. Solo l'età industriale è riuscita a mettere fine a questa millenaria condizione, creando le condizioni per un aumento senza precedenti della produzione di cibo. Nel giro di alcuni decenni, i paesi industrializzati sono così passati dalla malnutrizione al cibo sufficiente per tutti, un fattore importantissimo anche se spesso trascurato che ha contribuito al miglioramento delle condizioni sanitarie e all'allungamento dell'aspettativa di vita di cui oggi godiamo. Quindi, anche più rapidamente, una percentuale importante delle popolazioni degli stessi paesi è passata addirittura alla malnutrizione per eccesso, cosa che ha provocato il diffondersi di malattie metaboliche come il diabete e i disturbi cardiovascolari. Secondo una stima dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, questo problema interessa ben 1,2 miliardi di persone. Nello stesso periodo, l'urbanizzazione e l'evoluzione dell'economia hanno allontanato la maggior parte delle persone dai luoghi di produzione degli alimenti, portandole a dipendere sempre più dai sistemi di distribuzione. Si sono così modificati i consumi. Le scelte si orientano verso ciò che il mercato offre, a seconda dell'efficienza e rapidità dei trasporti, delle reti di distribuzione e dell'efficacia delle tecnologie di conservazione, e diventano sempre più slegate dalla stagionalità, dai gusti personali, dalla tradizione e persino dalle disponibilità economiche. Così l'alimentazione, una volta raggiunto il suo scopo primario, che è quello dell'accrescimento corporeo e del mantenimento della salute, ha acquistato significati nuovi. Ieri erano importanti qualità oggettive che il consumatore non è in grado di valutare e controllare al momento dell'acquisto e che venivano garantite dal marchio del produttore o riportate in etichetta almeno per quanto riguarda la composizione e le modalità di conservazione. Oggi si mangia invece guardando non tanto al valore nutritivo degli alimenti, quanto soprattutto alle loro qualità soggettive: gusto, appetibilità, reperibilità e prontezza d'uso. Non solo. Mangiare è diventato anche un modo per raggiungere il benessere psico-fisico in senso lato, cosa che ha portato alla recente diffusione degli alimenti funzionali, alimenti cioè naturalmente ricchi o arricchiti di taluni componenti cui vengono attribuite funzioni benefiche per il nostro organismo, e a prospettare l'utilizzo dell'alimento — opportunamente integrato e/o arricchito — come strumento terapeutico anche nei confronti dell'invecchiamento. Non c'è alcun dubbio che, nonostante le ricorrenti nostalgie per il buon cibo genuino di una volta, al consumatore sia oggi garantita una qualità media infinitamente più alta rispetto al passato. Basti pensare che cento anni fa, in Italia, le malattie gastrointestinali (in genere dovute a cattiva qualità e peggiore stato di conservazione degli alimenti) erano la seconda causa di morte. Oggi tuttavia ci confrontiamo con straordinarie preoccupazioni nei confronti della qualità e della sicurezza degli alimenti che arrivano sulla nostra tavola, stimolate da alcuni fatti di cronaca come la crisi della "mucca pazza", il più recente scandalo della diossina, la paura dell'influenza aviaria. Tanta preoccupazione per fatti per fortuna così limitati può anche sembrare paradossale, se questi non fossero spie che da una parte ci avvertono di aspetti nuovi e potenzialmente pericolosi nei processi di produzione alimentare, dall'altra di un fondamentale mutamento nell'atteggiamento dei consumatori con la comparsa di atteggiamenti "ortoressici". Com'è avvenuto negli stessi anni un po' in tutti i settori economici, infatti, parallelamente all'aumentare della disponibilità economica nella popolazione, anche l'industria alimentare ha dovuto confrontarsi con aspettative non solo crescenti ma anche diverse rispetto al passato. E in quanto settore fortemente soggetto alle scelte dei consumatori, sempre più dovrà farlo in futuro. [...] Quale futuro per gli alimenti "biologici"? Una risposta alle preoccupazioni sulla sicurezza degli alimenti è stata la nascita e lo sviluppo della produzione alimentare cosiddetta "biologica". Purtroppo, esistono buoni motivi per dubitare che il successo di queste produzioni possa aver cominciato a risolvere il problema dell'inquinamento chimico delle campagne. Manca infatti in Europa un sistema di certificazione controllato e garantito per questo settore. Il settore "biologico" non potrà dunque continuare a godere ancora a lungo del favore dei consumatori, a meno che non venga introdotto un sistema di certificazione che garantisca effettivamente mediante controlli analitici che sul prodotto non sono presenti contaminazioni da agrofarmaci.
Una valida alternativa resta sempre l'applicazione, sia pure tardiva, del
"quaderno di campagna", il registro sul quale gli agricoltori devono segnare le
quantità di antiparassitari utilizzati e i periodi di utilizzazione, al fine di
evitare gli eccessi e di ridurre gli usi scorretti degli agrofarmaci e/o dei
prodotti chimici in generale. Oppure occorre richiedere alle società che
producono fertilizzanti e antiparassitari il versamento di un contributo per la
sicurezza alimentare proporzionale al loro fatturato e destinato a finanziare lo
sviluppo dell'agricoltura biologica. È chiaro però che, se calerà l'uso di
agrofarmaci nell'agricoltura "tradizionale", se questa diventerà cioè più
"biologica", sarà sempre più difficile giustificare l'attuale differenziale nei
prezzi.
L'uomo nella rete (alimentare) Gran parte delle preoccupazioni sulla qualità e la sicurezza del cibo che arriva sulla nostra tavola sono nate da una serie di episodi di cronaca, dalla crisi della "mucca pazza" allo scandalo della diossina, il cui terreno di coltura sono alcuni aspetti dell'attuale sistema di produzione alimentare. La situazione di forte concorrenza che caratterizza il mercato alimentare spinge le aziende del settore all'ottimizzazione sempre più spinta di ogni momento del processo produttivo, esponendole così al rischio di imboccare scorciatoie che nella maggior parte dei casi sono innocue, ma che in alcuni possono invece avere conseguenze negative, anche imprevedibili. Bisogna in altre parole prendere in considerazione il contesto più ampio nel quale il problema si colloca. Spesso infatti si dimentica che l'uomo è parte della rete alimentare alla quale appartengono le coltivazioni e gli animali da allevamento, ed essendo anzi al vertice della piramide non può non risentire degli interventi cui questi vengono sottoposti. Alterazioni compiute in un punto qualsiasi della rete, per esempio sui mangimi degli animali da allevamento, prima o poi raggiungono anche il consumatore finale, cioè tutti noi. Lo stesso vale per le "scorciatoie" che spesso si percorrono per cortocircuitare i cicli biologici dell'organicazione e della mineralizzazione. Per questo il modello intensivo di sviluppo finalizzato all'aumento della produzione tramite l'uso massiccio di fertilizzanti, pesticidi e zoofarmaci si è dimostrato potenzialmente pericoloso se finalizzato al solo scopo di massimizzare i profitti. Di qui la necessità di limitare l'uso dei prodotti chimici in agricoltura con la registrazione dei trattamenti e delle quantità impiegate e potenziare i mezzi di lotta biologica ai parassiti e alle erbe infestanti. L'agricoltura è di per se stessa biologica ed è illusorio che etichettando con l'attributo di biologico le produzioni agro-alimentari si riesca a contenere l'uso delle sostanze chimiche senza intervenire sulle stesse industrie chimiche che traggono profitto da questo mercato. Anche nelle produzioni di animali da carne bisogna preoccuparsi di più dei mezzi di produzione, facendo ricorso a mangimi a base di vegetali e a condizioni di allevamento e stabulazione orientati non solo alla ottimizzazione delle produzioni e del profitto, ma che tutelino anche il benessere degli animali. Sono quindi da abbandonare l'uso delle farine animali, degli antibiotici e perfino degli escrementi nei mangimi degli animali e per i ruminanti recentemente anche l'integrazione con le alghe.
La nostalgia del sapore e della consistenza della carne del pollo ruspante
privo di residui tossici e la sapidità di una bistecca di manzo con tutto il suo
contenuto di grassi saturi, proteine e ferro – che ne hanno fatto il cibo
emblematico della salute – saranno sicuramente i binari per orientare le
produzioni di animali da carne per ottenere alimenti più salubri e sicuri.
Globalizzazione gastronomica? Adesso che abbiamo esaminato le preoccupazioni sulla qualità e sicurezza vere e proprie, per rispondere alla domanda "che cosa mangeremo" occorre prendere in considerazione un'altra dimensione, per così dire "culturale", di queste due caratteristiche. Com'è facile notare osservando l'attuale dibattito sull'alimentazione tra innovazione e tradizione, questi due piani vengono spesso confusi e percepiti come una cosa sola. Il domani si apre infatti con un grande smarrimento collettivo, spesso impersonato nella globalizzazione, il nuovo fenomeno economico e culturale di quest'ultimo decennio, che per quanto riguarda l'alimentazione viene vista come perdita del controllo sulla materia prima e perdita della diversità gastronomica del mondo, in primo luogo del proprio paese. Si mangeranno ovunque le stesse cose? I cibi avranno sempre lo stesso sapore? | << | < | > | >> |Pagina XVIIINTRODUZIONELa luce dell'estate si diffondeva scivolando lentamente nel mattino. Il bambino stupefatto scopriva le nuove forme del carro per il trasporto dei covoni. I gesti degli uomini sembravano vivi e lievi. Il frumento sarebbe maturato lentamente prima dell'ultima fase della battitura. L'uomo scorse il figlio e andò ad abbracciarlo. Per il bambino non esisteva lavoro più bello di quello di suo padre, un mestiere che serviva a nutrire, a condividere, a vivere; un lavoro per tutti i giorni, per tutte le stagioni, un lavoro per tutte le età, per tutti i gusti, un lavoro svolto per amore. Conservo un ricordo intenso di quel momento di partecipazione, il sentimento dello scorrere del tempo tranquillo come una brezza rinfrescante prolungata all'infinito, un'impressione di pace profonda al riparo da qualsiasi caos, un desiderio di vivere, di perpetuare il lavoro paterno, la forza serena di una verità naturale, l'amore per una vita autentica, la prospettiva di un lungo cammino da percorrere: tutte sensazioni che si sono impresse definitivamente nella mia memoria. Eppure fu un cammino difficile: un ambiente umano limitato a un piccolo paese di campagna, una formazione scolastica lontana dalla vita "reale", studi universitari troppo teorici. Sebbene avessi la fattoria di famiglia a disposizione, scelsi la ricerca agronomica con l'obiettivo di aiutare il mondo rurale. Povero mondo rurale! Quante trasformazioni male assimilate, quante sparizioni, quanti vincoli, quante minacce alla natura ma, nonostante ciò, pur sempre un mondo portatore di vita e d'avvenire. Come tanti altri, ho partecipato agli sconvolgimenti del mondo agrario, ai suoi progressi, al miglioramento delle sue prestazioni, alla deriva di un'agricoltura produttivistica, troppo lontana dalla natura per risultare durevole e promotrice di benessere. Desideroso di abbandonare il terreno di un approccio agronomico spesso poco rispettoso dell'ambiente e di una catena alimentare poco equilibrata, mi sono orientato con convinzione verso ricerche destinate a valutare il ruolo chiave dell'alimentazione nella salvaguardia della salute. Cinquant'anni dopo attingo a quel ricordo d'infanzia per far luce sul cammino percorso attraverso la foresta dei dati scientifici accumulati. Che enorme distanza tra la passione paterna nel coltivare con accanimento una varietà di prodotti alimentari, nel raccogliere con amore tutti i frutti della terra, e il freddo linguaggio scientifico di calorie, nutrienti e micronutrienti. Nei primi anni in cui il progresso scientifico incalzava trionfante, non avevamo più bisogno di alimenti, bensì di glucidi, proteine, lipidi, minerali e vitamine. Frutta e verdura, alimenti ricchi d'acqua ma con uno scarso apporto energetico, non erano che una fonte limitata di vitamine! Che contrasto con gli odori dell'infanzia, il profumo della cantina dove venivano conservate le mele, la cura infinita nel coltivare gli alberi da frutta o i legumi, nell'allevare i rumorosi animali da cortile, nel foraggiare le mucche nella stalla. Che senso avevano allora quelle attività rurali se alla fine avevamo solo bisogno di una quantità limitata di nutrienti che poche derrate ben scelte erano sufficienti a fornire? Il duro lavoro dei contadini si poneva come unico obiettivo di soddisfare gusti sottili (e tutto sommato inutili) attraverso una vasta gamma di alimenti prodotti in una fattoria del sud-ovest che praticava la policoltura? Non sarebbe forse stato possibile nutrire i futuri cosmonauti o l'uomo del domani con una polvere energetica equilibrata accompagnata da vitamine e minerali selezionati? Indubbiamente esisteva un ampio divario tra il sentimento infantile da cui avevo assorbito la ricchezza infinita delle relazioni tra l'uomo e la natura attraverso le attività rurali, i frutti del lavoro millenario dei contadini e le nuove conoscenze scientifiche trionfanti (e, al contempo, limitanti). La complessità degli alimenti ridotta a un manipolo di nutrienti o micronutrienti indispensabili; la campagna, un semplice spazio da sfruttare razionalmente per incrementare la produzione agricola; il pane, un prodotto secondario se messo a confronto con gli alimenti ricchi di proteine; il vino, una volgare fonte di alcol. Quanta poca immaginazione in quegli anni gloriosi, interamente rivolti all'eccellenza della produzione agricola, che avevano generato un discorso scientifico totalmente separato dalla vita! In seguito, sarebbe sembrato naturale e logico pensare che i numerosi progressi scientifici registrati nel campo dell'alimentazione e della salute, grazie ai quali la nostra visione del processo nutrizionale umano si è notevolmente arricchita, potessero servire come guida per concepire una catena alimentare di alta qualità al servizio dell'uomo. È invece necessario constatare l'esistenza di un diverso scenario, qualificato con pudore con l'espressione "transizione nutrizionale", quando in realtà si tratta di un vero e proprio sconvolgimento delle modalità del consumo alimentare. Nell'arco di trent'anni un insieme di prodotti lavorati ha invaso le cucine dei consumatori sostituendo gli alimenti naturali che servivano a preparare i nostri pasti: si sarebbe potuto parlare di un progresso concreto se la composizione di questi nuovi alimenti fosse stata perfettamente calibrata sulla fisiologia umana o se la percentuale di materie grasse, zuccheri e altri ingredienti di scarsa qualità nutrizionale non fosse risultata in netto aumento. È indispensabile riconsiderare la situazione attuale, cercando di concepire un diverso tipo di catena alimentare, più adatta all'uomo e legata alla tutela della salute e della natura. | << | < | > | >> |Pagina 59CAPITOLO 2
Gestire meglio la salute attraverso l'alimentazione
Che cosa devo mangiare?
Mai come oggi l'alimentazione umana ha suscitato un così vivo interesse, e
tuttavia l'approccio al tema nutrizionale finisce per essere troppo incentrato
sulle risposte alle inquietudini dei consumatori. È vero che esiste un diffuso
disagio sociale causato dalla marcata alterazione del nostro paesaggio
alimentare; l'estrema diversificazione dell'offerta, la scoperta di pratiche
sconcertanti, la paura di essere avvelenati, l'alterazione del gusto di
determinati prodotti, la perdita dell'antica saggezza culinaria e dei punti di
riferimento culturali si traducono nel quesito ripetuto incessantemente: "Che
cosa devo mangiare?", oppure in un disincantato disinteresse. Le informazioni
che riguardano l'alimentazione sono ancora troppo spesso contraddittorie, mentre
il pubblico necessita di chiarezza su una questione di cui inizia a comprendere
l'importanza per quanto riguarda la prevenzione delle patologie. I consumatori
vengono costantemente sollecitati da nuovi prodotti e le spiegazioni che
ricevono sono spesso parziali e confuse. È quindi importante promuovere uno
sforzo di chiarificazione e di divulgazione affinché tutti possano fare
affidamento su linee guida sicure.
Il concetto di nutrizione a scopo preventivo Tenuto conto dell'inestimabile valore che la salute ha per la vita umana, l'esplorazione delle relazioni tra alimentazione e salute costituisce una delle condizioni con maggiori potenzialità di mobilitazione a livello di ricerca e uno dei dibattiti che più coinvolgono la società. Queste relazioni sono oggetto di una nuova disciplina, la nutrizione a scopo preventivo, che descrive le modalità alimentari grazie alle quali è possibile soddisfare lo sfaccettato panorama dei bisogni nutrizionali, garantire il buon funzionamento dell'organismo e prevenire o ritardare la comparsa di un elevato numero di patologie. Il campo della nutrizione a scopo preventivo non si è ancora sufficientemente sviluppato, dal momento che è difficile spiegare l'influenza dell'alimentazione su processi patologici a lungo termine. Inoltre, il ruolo dei fattori genetici, spesso determinante, rende oltremodo complessa l'interpretazione delle relazioni che legano alimentazione e salute. Se non conosciamo le nostre imperfezioni genetiche, se non sappiamo quali organi o tessuti ci tradiranno, perché parlare di prevenzione nutrizionale? Una prima risposta a questa domanda emerge dal fatto che la prevenzione nutrizionale è, nella maggioranza dei casi, efficace di fronte a numerose patologie. Sebbene la risposta individuale davanti al rischio di malattia sia soggettiva, abbiamo tutti le stesse caratteristiche "energetiche" e possiamo beneficiare degli stessi fattori di protezione. È chiaro che la qualità dei nutrienti e dei micronutrienti che arrivano alle nostre cellule ha ripercussioni non solo sul buon funzionamento del nostro organismo ma anche su eventuali disfunzioni nel corso del processo di invecchiamento. Sebbene sia giunto il momento in cui la nutrizione a scopo preventivo trovi un posto di rilievo nell'elaborazione di una società moderna, la sua genesi, la sua attuazione e la sua applicazione continuano a rivelarsi molto difficili. È opinione comune considerare che la gestione della salute sia in primo luogo una questione di pertinenza medica e che tutti gli operatori "a monte" non debbano interferire con questa missione. Ciò sarebbe stato possibile fintantoché alimenti e regimi dietetici fossero stati scarsamente considerati nell'ottica del loro impatto sulla salute, fintantoché non fosse stato dimostrato in ogni dettaglio che l'alimentazione, considerata nel suo insieme, influisce sull'incidenza di malattie cardiovascolari, tumori e altre patologie. Fino a qualche tempo fa, non era necessario occuparsi della qualità nutrizionale di tutti gli alimenti consumati, poiché si finiva per attribuire efficacia preventiva a fattori nutrizionali relativamente semplici. Per combattere le malattie cardiovascolari era necessario limitarsi a ridurre colesterolo e acidi grassi saturi e, in un passato non così remoto, per lottare contro il diabete era considerata sufficiente la riduzione dei glucidi. Tenuto conto che tutti gli alimenti, in realtà, concorrono allo sviluppo di una sana condizione nutrizionale e ai meccanismi di prevenzione, oggi non è più possibile considerare separatamente la gestione della salute da quella dell'alimentazione, e tale gestione si spinge ben oltre la supervisione dei medici che, peraltro, non la rivendicano. Il controllo permanente della catena alimentare, con l'obiettivo di garantire il benessere e la salute della popolazione, è affidato a nutrizionisti troppo lontani, purtroppo, dalla realtà dei fatti. Da un lato, gli operatori che gravitano attorno al settore salute hanno una conoscenza molto approssimativa della complessità degli alimenti, dei loro meccanismi d'azione e, soprattutto, di come vengono prodotti: costoro risultano quindi nella posizione meno idonea per esercitare un'influenza sull'elaborazione della qualità nutrizionale, per esempio per ciò che riguarda il pane. D'altro canto, il vasto settore che comprende agricoltura e alimentazione non dispone di una cultura sufficiente in materia di nutrizione umana. Ne consegue che tale settore potrebbe essere notevolmente potenziato se solo disponesse di direttive chiare da parte dei nutrizionisti. In mancanza di un corpo di esperti e professionisti della nutrizione sufficientemente organizzati e competenti, è realmente difficile stabilire a quali punti saldi affidarsi per concepire la produzione alimentare in funzione dei bisogni nutrizionali dell'uomo. Anche la definizione di tali necessità non è stata semplice e, in ultima analisi, non è mai stato davvero possibile valutare fino a che punto l'alimentazione è in grado di esercitare effetti di protezione sull'organismo umano o di prevenzione dei tumori o dell'osteoporosi. Le incertezze sull'efficacia della nutrizione a scopo preventivo costituiscono un freno all'adozione di un'alimentazione dalle finalità protettive. Sul campo, è realmente difficile mostrarne i vantaggi, dal momento che una vasta percentuale della popolazione consuma pane bianco e quantità eccessive di zucchero, grassi o sale. In un contesto così poco favorevole, le indagini epidemiologiche hanno tuttavia evidenziato l'interesse per il consumo di frutta e verdura con l'obiettivo di proteggere l'organismo da tumori e da altre patologie, il ruolo dell'equilibrio degli acidi grassi polinsaturi nella protezione a livello cardiovascolare, i rischi legati a un consumo smodato di sale nell'insorgere dell'ipertensione. Per la maggior parte delle popolazioni, è comprensibile che, con un'alimentazione approssimativa e numerosi errori commessi nell'arco di tutta la vita, sia molto difficile confermare le potenzialità della nutrizione a scopo preventivo e, in questo modo, i possibili benefici di un'alimentazione aderente ai bisogni dell'uomo finiscono per essere sistematicamente sottovalutati. | << | < | > | >> |Pagina 125I rischi della monotonia alimentareSe l'alimentazione è monotona e ricca di prodotti con una scarsa densità di minerali, si sviluppa una condizione nutrizionale carente, poco favorevole a promuovere uno stato ottimale di forma e di salute. Esiste un'importante percentuale della popolazione che presenta deficit di numerosi minerali. In queste condizioni, la tentazione di ricorrere agli integratori è forte, per combattere di volta in volta la carenza di magnesio o di zinco o di ferro, sulla base di impressioni o di diagnosi spesso troppo affrettate. In realtà, nella maggior parte dei casi, non esiste un'unica carenza ma un'insufficienza generale nell'insieme dei minerali e delle vitamine. Questi problemi nutrizionali potrebbero essere risolti in modo più sicuro adottando comportamenti alimentari equilibrati. La copertura del fabbisogno di magnesio o di altri oligoelementi richiede un consumo adeguato di pane o di cereali poco raffinati come complemento di diversi alimenti. In realtà, esistono pochi rischi, tranne in casi patologici concreti, che un'alimentazione complessa non sia in grado di soddisfare tutti i fabbisogni nutrizionali a livello di minerali.
Anche il consumo di diverse acque con un buon livello di mineralizzazione
(le acque ricche di sodio dovrebbero essere evitate dal momento che molti degli
alimenti che consumiamo abitualmente sono già di per sé ricchi di sale) gioca un
ruolo non trascurabile nel garantire un'adeguata presenza di tutti i minerali
essenziali per l'organismo. È tuttavia bene ricordare ancora una volta che
l'effetto positivo di queste acque viene potenziato da un'alimentazione
bilanciata in sé, ricca di frutta e verdura. Quindi la regola migliore
è senza dubbio attenersi il più possibile a un regime alimentare equilibrato.
Il mondo dei micronutrienti Il nostro modo di percepire gli alimenti è globale e implica sistemi di riconoscimento complessi seppure limitati: in realtà, la nostra capacità di distinguere ciò che mangiamo riguarda essenzialmente la matrice alimentare, la sua consistenza, il colore, il gusto, ma in ultima analisi la composizione dei più piccoli costituenti di un alimento ci sfugge, per quanto il nostro palato sia in grado di rilevarne le caratteristiche organolettiche. Accanto ai composti energetici e ai minerali esiste un mondo a se stante: quello dei micronutrienti, incredibilmente complesso e sotto costante studio da parte dei nutrizionisti. Il fatto che i nostri sensi non riescano a discernere del tutto questi composti ha sollevato numerosi problemi nell'elaborazione della qualità nutrizionale degli alimenti e solo il riconoscimento del loro aspetto più nascosto e, se vogliamo, misterioso consentirà di dimostrarne appieno il valore nutrizionale. Si tratta di un'implicazione nuova e decisiva per caratterizzare la qualità di frutta, verdura e latticini, per comprendere l'influenza delle modalità di coltivazione sulla composizione dei prodotti vegetali o per garantire che le proprietà dei micronutrienti rimangano intatte durante le varie fasi dei processi di conservazione e trasformazione degli alimenti. Questi ultimi sono stati classificati e descritti molto tempo fa tramite una serie di tabelle alimentari: natura degli apporti energetici e calorici, presenza di fibre alimentari, tenore di minerali e vitamine. Tale approccio non tiene tuttavia conto della specificità e della complessità dei diversi alimenti (in particolare quelli vegetali). I vegetali, oltre alle vitamine, comprendono infatti anche una gamma di microcostituenti in grado di essere assorbiti e di esercitare numerosi effetti biologici. Alcuni di questi composti, come per esempio i polifenoli, i carotenoidi e i fitosteroli, sono presenti in molti prodotti vegetali, mentre altri micronutrienti appartengono a specie botaniche specifiche: gli isoflavoni della soia, che svolgono il ruolo di fito-estrogeni, i glucosinolati delle crocifere come il cavolo, i composti solfati degli agliacei. Numerose indagini epidemiologiche hanno mostrato l'importanza del consumo di frutta e verdura o di cereali poco raffinati nella prevenzione di gravi patologie come tumori, malattie cardiovascolari, osteoporosi e malattie neurodegenerative. Per capire quale sia l'effetto dei prodotti vegetali sulla salute, è necessario conoscerne la composizione nei minimi dettagli. Le vitamine non sono quindi sufficienti a descrivere l'insieme delle biomolecole presenti negli alimenti: i moderni nutrizionisti hanno raggruppato le vitamine e queste diverse molecole naturali, in grado di esercitare i propri effetti sull'organismo, indicandole con il termine "micronutrienti" o "fitomicronutrienti" per specificarne l'origine vegetale. La nozione di micronutrienti fa quindi riferimento a un insieme molto eterogeneo e complesso di composti, la cui biodisponibilità e i cui meccanismi d'azione non sono sempre noti. A differenza di vitamine e oligoelementi, per i quali esistono apporti nutrizionali consigliati ben precisi, gli altri fitomicronutrienti non beneficiano di suggerimenti di utilizzo e consumo specifici. Per migliorare l'efficacia dell'alimentazione nella prevenzione di svariate patologie, è importante controllare e conoscere approfonditamente l'apporto di tali biomolecole, obiettivo ampiamente semplificato dall'adozione di un'alimentazione equilibrata e ricca di prodotti vegetali. | << | < | > | >> |Pagina 161CAPITOLO 3
Adattare l'alimentazione ai bisogni dell'uomo
La piramide alimentare La diversificazione dell'alimentazione è indubbiamente uno dei progressi più evidenti della catena alimentare attuale, tuttavia il consumatore si trova ad affrontare la necessità di scegliere tra una miriade di prodotti. L'impatto delle scelte alimentari è basilare per la prevenzione di numerose malattie e per la lotta contro il processo di invecchiamento. La comprensione del consumatore (nell'insieme male informato) delle basi dell'alimentazione a scopo preventivo è spesso insufficiente; inoltre, poiché l'offerta alimentare dei supermercati è poco equilibrata, egli si trova a confrontarsi con influenze di natura diversa (cultura, gusto, pubblicità, motivazioni salutistiche, facilità di utilizzo, limiti di budget) che non lo portano necessariamente ad adottare le scelte nutrizionali migliori. Spesso il consumatore non dispone di punti di riferimento chiari per comprendere appieno il valore della complementarità degli alimenti, per riconoscere che un alimento ha sempre tutto da guadagnare dall'essere associato a uno o più prodotti con una composizione complementare in modo da esercitare effetti pienamente benefici. Il concetto di corrette associazioni alimentari non è altrettanto diffuso tra i consumatori quanto quello dell'equilibrio alimentare, spesso troppo vago per chiarire in che cosa consista un corretto comportamento nutrizionale. La descrizione della piramide alimentare costituisce un procedimento pedagogico efficace per presentare gli alimenti nella loro diversità, necessaria allo sviluppo di una sana alimentazione a scopo preventivo. In tale modello, la base della piramide è rappresentata dagli apporti energetici (circa il 60% dei fabbisogni totali), costituiti da prodotti vegetali complessi (prodotti cerealicoli, legumi secchi, patate, farinacei, frutta e verdura, frutta secca eccetera). Tali alimenti servono a soddisfare il fabbisogno di glucidi, ma forniscono all'organismo anche proteine vegetali, complementari a quelle animali, e una grande varietà di composti non energetici (fibre alimentari, minerali, micronutrienti). L'apporto di prodotti di origine animale (che rappresenta dal 20 al 25% del fabbisogno energetico totale), sotto forma di carni, uova, salumi e pesce, è ideale per equilibrare gli apporti energetici di origine vegetale. I grassi aggiunti devono essere costituiti in primo luogo da oli vegetali con un buon equilibrio in termini di acidi grassi essenziali. Il vertice della piramide è occupato dalla percentuale di calorie, che deve risultare il più ridotta possibile: le calorie vuote contenute in zucchero, alcol, grassi saturi, amido raffinato. Non si tratta di eliminare sistematicamente qualsiasi fonte di tali calorie, rinunciando a consumare pasti gustosi e soddisfacenti anche per il palato, bensì di avvalersi di un regime di base caratterizzato da una buona densità nutrizionale.
Nel corso della giornata o nell'arco dell'intera settimana l'alimentazione
dovrebbe rispettare questa suddivisione di prodotti e ingredienti, anche se già
durante i pasti è molto importante associare gli alimenti in modo corretto,
poiché ognuno di essi presenta una composizione specifica che merita di essere
equilibrata con l'aggiunta di prodotti complementari. La natura della
complementarità e delle sinergie d'azione tra alimenti non è stata
sufficientemente messa in rilievo nell'ambito delle raccomandazioni nutrizionali
attuali, anche se è vero che numerosi piatti e modalità alimentari tradizionali,
seppur elaborati empiricamente, beneficiano dei vantaggi offerti da tali
associazioni.
Le associazioni alimentari corrette La complementarità più importante in termini di alimentazione umana, su scala mondiale, è quella tra cereali e legumi secchi. Tale associazione consente infatti di coprire correttamente il fabbisogno di proteine, perché la composizione degli aminoacidi delle proteine dei cereali (poveri di lisina e ricchi di aminoacidi solfati) è complementare a quella dei legumi secchi (ricchi di lisina e poveri di metionina). I cereali hanno in più una percentuale modesta di proteine (dal 10 al 14% della materia secca), mentre quella dei legumi secchi risulta molto elevata (circa il 20%). Anche gli apporti glucidici di questi due tipi di prodotti vegetali sono complementari: l'amido dei prodotti cerealicoli risulta altamente digeribile dopo la cottura e, in alcuni casi, può condurre a un eccessivo aumento dell'indice glicemico (consumo di pane bianco e riso bianco), mentre i legumi secchi hanno un tenore piuttosto ridotto di amido (circa il 50% della materia secca) che, circondato da un reticolato fibroso e proteico, risulta relativamente resistente alle aggressioni degli acidi pancreatici. I prodotti cerealicoli a base di riso e di frumento (grano tenero o grano duro) sono spesso sottoposti a processi di raffinazione intensivi e beneficiano quindi enormemente di un apporto complementare di fibre derivanti dai legumi secchi, mentre altri cereali (segale, avena, orzo), naturalmente ricchi di fibre solubili fermentabili, non ne richiedono quantità supplementari.
I prodotti cerealicoli raffinati offrono modeste quantità di potassio, di
oligoelementi e di vitamina B, mentre i legumi secchi ne sono adeguatamente
provvisti. Nei preparati culinari si può quindi consigliare di associare il più
spesso possibile prodotti cerealicoli e legumi secchi, come del resto si è
sempre fatto in varie parti del mondo con piatti a base di mais-fagioli,
riso-soia, riso-lenticchie, cuscus-ceci. Per andare incontro alle esigenze dei
consumatori, potrebbe persino essere utile mettere in commercio preparati in cui
cereali e legumi secchi siano già mescolati insieme.
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