|
|
| << | < | > | >> |Indice7 Prefazione 13 1. Le origini della crociata 13 La nascita del concetto di crociata 16 La società occidentale alla vigilia della crociata 23 L'Oriente nell'XI secolo 27 Gli Occidentali in Oriente e il pellegrinaggio 31 2. La crociata di Urbano II e Pasquale II 31 L'appello del papa 37 I silenzi di Urbano II 40 La partenza dei crociati: 1095-1096 46 Le partenze successive 49 3. La Prima Crociata alle prese con l'Oriente 49 La via per Costantinopoli 56 La questione bizantina nel 1096-1097 61 La marcia su Antiochia 69 La lunga estate in Siria 76 La conquista di Gerusalemme 82 Le conseguenze della conquista 85 Il disastro della "retro Crociata" 90 4. La Terrasanta, una nuova patria oltremare 91 Le dinastie 100 Un feudalesimo o più feudalesimi? 107 Una società coloniale 114 Gli Orientali nel quadro degli stati franchi 122 Gli stati franchi e la Chiesa latina 129 Una vita religiosa e le sue peculiarità 138 5. Dalla Prima alla Seconda Crociata 139 Vi sarà una nuova crociata? Il nord degli stati franchi fino al 1110 145 Gli stati franchi del nord tra Bisanzio e la riscossa selgiuchide 152 La faticosa costruzione del regno di Gerusalemme e la crociata di Callisto II 160 La Siria franca tra Giovanni Comneno e Zingi: la caduta di Edessa 170 La crociata di Eugenio III 177 Gli insuccessi della Seconda Crociata 184 6. Tra Bisanzio e il Saladino: l'Oriente latino in pericolo 184 Il crollo della Siria del nord e la crociata di Teodorico di Fiandra 191 Il ritorno di Bisanzio e l'appello alla crociata di Manuele Comneno 197 L'Egitto e le crociate di Alessandro III 204 La guerra santa e l'ascesa del Saladino 213 Crociata e successione al trono: un decennio difficile 220 Hattin e il crollo del regno franco 230 7. Le crociate di riconquista (1188-1205) 231 La partenza della Terza Crociata per l'Oriente 238 Le imprese della Terza Crociata: l'assedio di Acri 245 La crociata dell'imperatore Enrico VI 251 La rinascita degli stati franchi 256 La Quarta Crociata 266 Le conseguenze della crociata 272 8. La crociata come istituzione 273 La teoria giuridica della crociata e il voto del crociato 278 Il reclutamento dei crociati 284 Il finanziamento delle crociate 290 La logistica delle crociate 295 La condotta morale dell'esercito 300 Le crociate non istituzionali 308 9. Guerra e diplomazia: ricostituzione del regno di Gerusalemme 309 Innocenzo III e la Quinta Crociata 313 La campagna d'Egitto del legato Pelagio 321 Federico II re di Gerusalemme: in margine alla crociata 327 La Sesta Crociata e il trattato di Giaffa 333 La crociata dei baroni 340 «Il nostro regal trattato» e la fine di una politica 346 10. La svolta del 1250 346 La Terrasanta passa in secondo piano nelle preoccupazioni dell'Europa? 352 La crociata di san Luigi 357 La campagna d'Egitto 364 La permanenza di san Luigi in Siria 370 Alla metà del secolo: una pausa nello slancio della crociata? 375 La teoria giuridica della crociata e la comparsa dell' opera missionaria 383 11. In Terrasanta: una nuova società franca 383 Le conseguenze della conquista del Saladino e la ricostruzione 389 Le trasformazioni dei domini franchi 395 Il commercio nell'Oriente latino 401 I "comuni" e la guerra di San Saba 407 La Chiesa latina nella società franca del XIII secolo 414 Gli ordini militari: una presenza stabile dell'Occidente 423 12. La crociata durante l'invasione mongola 424 Una crociata contro i Tartari 429 L'impero islamico di fronte ai Franchi 435 La prospettiva di alleanza con i Mongoli 439 L'Ottava Crociata 443 La crociata di san Luigi e di Edoardo d'Inghilterra 449 La crociata del papa Gregorio X 457 13. La fine della presenza franca in Terrasanta 457 Il periodo dei trattati impari 461 La Terrasanta assorbita nell'impero angioino 467 I tentativi dei Mongoli 471 I progetti di Carlo d'Angiò e la crociata 475 Il crollo delle ultime piazzeforti franche e la crociata di Niccolò IV 487 Le conseguenze della caduta di Acri 484 Il tempo dei progetti 489 Conclusione 498 Cronologia 502 Tavole genealogiche 506 Fonti e bibliografia 515 Indice dei nomi |
| << | < | > | >> |Pagina 13Il 27 novembre 1095, uscendo dal concilio che aveva appena convocato a Clermont nell'Auvergne, alla presenza di un folto pubblico di laici ed ecclesiastici, il papa Urbano II lanciò al suo uditorio un appello che avrebbe avuto enorme risonanza. Abbiamo fortunatamente il vantaggio di poterci fare un'idea piuttosto precisa del contenuto di quell'allocuzione. Ma la risposta che l'invito del papa ottenne solleva ulteriori problemi, poiché, immediatamente, si produsse un movimento dirompente che avrebbe riversato sulla via dell'Oriente diecine di migliaia di uomini, e avrebbe dato vita a una nuova "nazione" in terra orientale. Questo movimento si sarebbe protratto per due secoli e oltre; l'obiettivo iniziale si trasformò, pur senza mutare realmente natura. Anche dopo l'abbandono dei possedimenti latini in Terrasanta il movimento proseguirà come forma di difesa dell'Europa. La questione della nascita della crociata ha dato luogo, tra gli storici, a un lungo dibattito che rimane tuttora aperto, tanto più che vengono attualmente introdotte prospettive diverse da quelle propriamente storiche. La crociata pone un problema sempre presente alla coscienza degli uomini: quello della legittimità della guerra. Sarebbe facile contrapporre all'appello di Urbano II l'immagine di una cristianità primitiva fondamentalmente contraria a ogni forma di violenza, cosa che non rientra nelle nostre intenzioni. La presenza, nel Decalogo, di un precetto che proibisce l'uccisione di un essere umano non ha mai impedito al popolo d'Israele di condurre guerre ritenute perfettamente legittime. E la Chiesa dei primi secoli ha contato nelle sue file soldati che si rifiutavano di sacrificare agli dèi, ma non di combattere secondo la loro condizione. L'impero romano cristianizzato ha continuato a usare la guerra come un mezzo per perseguire il proprio fine politico e, in primo luogo, la propria difesa. E i teologi si sono dati da fare per conciliare le esigenze della legge divina con gli imperativi del potere. Sia la Chiesa bizantina che la Chiesa romana hanno continuato a ritenere riprovevole l'uccisione di qualsiasi essere umano. La prima esigeva una penitenza dal soldato che aveva ucciso un nemico, e non diversamente si esprime il Penitenziale di Alano di Lille: «Chiunque abbia ucciso un pagano o un giudeo», scrive in sostanza, «dovrà assoggettarsi a una penitenza di quaranta giorni, perché colui che egli ha ucciso è una creatura di Dio che avrebbe potuto essere condotta alla salvezza». Ciò non impedisce che le necessità dello stato possano rendere inevitabile la guerra. La Chiesa ha riconosciuto al sovrano il diritto di ricorrervi e di chiamare i suoi sudditi a parteciparvi, nella misura in cui si trattava di assicurare la propria difesa: dobbiamo a sant'Agostino la definizione di una guerra giusta - che è appunto quella condotta dai cristiani e dalla "patria dei cristiani" contro un ingiusto aggressore. La Chiesa non deve intervenire in ciò che è di competenza del potere sovrano, quello dell'imperatore. Può al massimo ottenere che gli ecclesiastici e i vescovi siano esonerati dall'obbligo di servire in armi, cosa che li costringerebbe a versare del sangue. Ma anche per questo principio vengono fatte delle eccezioni. Gli imperatori hanno spesso incaricato i vescovi di ottemperare a obblighi che erano invece di loro stretta competenza, e questi, assumendo il ruolo di padri del loro popolo, sono stati indotti in alcuni casi a promuovere la difesa della propria città, come accadde ad esempio contro gli Unni e i Vandali. Ciò nonostante, essi preferiscono piuttosto tentare di proteggere le loro pecorelle negoziando con gli avversari: all'inizio dell'invasione musulmana, molti prelati si sono incaricati di condurre le trattative per la resa della loro città. Non abbiamo difficoltà ad ammettere che quando in quello che era stato l'impero romano si insediarono i regni barbarici, società guerriere si sostituirono alla società civile, e che questo portò a un'esaltazione della guerra fino ad allora estranea alla mentalità dei popoli cristiani. Non cercheremo di mettere in discussione questo dato: riteniamo sufficiente ricordare che, secondo molti autori, da qui avrebbe avuto origine la concezione di una "guerra santa", cioè del ricorso alla guerra come mezzo per estendere il regno del Cristo attraverso l'eliminazione fisica o la conversione forzata degli infedeli. E si cita come esempio Carlomagno, che conduce contro i Sassoni una guerra che si conclude solo, secondo quanto dice Eginardo, con la distruzione degli idoli e il battesimo dei pagani. Bisogna inoltre constatare, seguendo lo stesso autore, che i Sassoni erano dei vicini molto scomodi per il popolo dei Franchi e che l'imperatore ha forse obbedito a imperativi di altro tipo oltre al semplice desiderio di imporre a quel popolo la fede cristiana. L'immagine di un Carlomagno «missionario e guerriero», come ha scritto Robert Folz, deve molto a sviluppi e aggiunte di epoca posteriore, di cui si sono alimentati i poemi epici del ciclo di Carlomagno, che si sviluppano intorno al tema principale della lotta di quest'ultimo contro i Saraceni di Spagna o d'Italia. Nella Chanson de Roland vediamo quindi l'imperatore offrire ai vinti la scelta tra la morte e il battesimo. Una scelta che Carlomagno rifiuta di imporre alla regina Bramidonia, che si convertirà solo "per amore". La chanson, genere letterario, quindi opera dell'immaginazione, recupera in questo caso il principio fermamente proclamato dagli uomini di Chiesa. L'adesione alla fede non può essere ottenuta con la forza o con le minacce e un infedele vi può essere condotto solo attraverso l'esempio e la persuasione. La "guerra santa", in quanto operazione che ha lo scopo di ottenere una conversione forzata, viene respinta da tutti i teologi e canonisti. Le crociate hanno in genere rispettato questa norma. Dopo la morte del grande imperatore, si va sempre più affermando il concetto di "guerra giusta", poiché l'Occidente cristiano si trova davvero in stato d'assedio. Dal nord calano le incursioni funeste e devastatrici degli Scandinavi, che si abbattono in modo particolare sulle chiese e sugli ecclesiastici, sia a causa delle loro ricchezze sia per odio contro il cristianesimo. Da est, i cavalieri ungari conducono altre incursioni nelle terre alemanne, italiane e borgognone. E i Saraceni, ricacciati alla fine del IX secolo, dopo cent'anni di lotte, fino al Llobregat, ricompaiono in Provenza, nelle isole, nel sud dell'Italia, giungendo perfino a saccheggiare San Pietro in Roma. L'Occidente cristiano non si era mobilitato contro i musulmani quando questi avevano conquistato l'Africa del nord e la Spagna, e solo i piccoli potentati visigoti, i duchi d'Aquitania e il regno dei Franchi avevano opposto una reale resistenza. Persino i Carolingi si sono accontentati di aver eliminato la marca istituita dagli Arabi a Narbona e di aver protetto la propria frontiera con una marca di Spagna che non andava oltre Barcellona. Le persecuzioni subite dai martiri di Cordova li hanno lasciati indifferenti. Le nuove incursioni saracene, che ebbero inizio con la conquista della Sicilia ad opera degli emiri africani, modificarono la situazione. Il papato considera la difesa del "patrimonio di San Pietro" una imprescindibile necessità. Per questo motivo i papi, abbandonati a se stessi dagli imperatori iconoclasti, avevano chiesto aiuto ai Franchi contro i Longobardi. Nel IX secolo, il papa aveva chiamato in Italia Carlo il Calvo perché lo difendesse dai Saraceni. Dopo la sua morte, Giovanni VIII aveva invitato tutti i guerrieri cristiani a muovere in difesa del patrimonio degli apostoli contro i Saraceni, con una bolla dell'878 nella quale Etienne Delaruelle ha riconosciuto la prima chiara assegnazione di un'indulgenza concessa a questi combattenti, e il primo tentativo di creare un'organizzazione cristiana a scopo difensivo, scavalcando una protezione imperiale dimostratasi carente. L'iniziativa dell'878 è effimera. Imperatori germanici e bizantini ricompaiono in Italia; i Saraceni vengono bloccati in Italia e la Provenza viene liberata. Ma nell'XI secolo, un nuovo pericolo minaccia il "patrimonio", ad opera, questa volta, dei Normanni, che si ritagliano nel sud dell'Italia domini molto inquietanti per i loro vicini. Nel 1053, il papa Leone IX deve quindi fare di nuovo appello ai guerrieri che vorranno combattere quei perturbatori, promettendo loro ricompense di ordine spirituale. Ciò nonostante il suo esercito viene clamorosamente battuto, e il papa cade prigioniero degli stessi Normanni, in grande imbarazzo per il successo ottenuto... Il papa, in ragione delle responsabilità connesse con il suo potere temporale, per assicurarne la difesa, in mancanza dell'aiuto dell'imperatore che ne aveva in linea di principio l'obbligo, è stato quindi indotto a chiedere l'intervento di guerrieri ai quali egli presenta questa difesa come un'opera pia, al servizio della Chiesa, e più precisamente degli apostoli Pietro e Paolo, opera che merita quindi una ricompensa. Non si tratta necessariamente di combattere contro gli infedeli: i cristiani che, come i Normanni, si sono messi fuori legge per le loro usurpazioni e saccheggi, vengono ugualmente presi di mira. Un nuovo passo avanti viene fatto con la riforma detta gregoriana (e Leone IX è già un papa riformatore). I papi della seconda metà dell'XI secolo intervengono in misura sempre maggiore nelle questioni temporali. Alessandro II, per combattere l'"eresia simoniaca", incoraggia i Milanesi a prendere le armi contro coloro che egli considera i loro oppressori. Si fa patrono di Guglielmo il Conquistatore quando questi denuncia lo spergiuro di Aroldo che si rifiuta di riconoscerlo erede di Edoardo il Confessore. Allo stesso modo, lui e i suoi successori incoraggiano i cristiani di Spagna alla reconquista.
E soprattutto, di fronte alla carenza delle autorità secolari, la Chiesa si
impegna nel movimento di "pace" che caratterizza l'XI secolo, la qual cosa
finirà con l'accrescere la responsabilità che il papato si attribuisce nel
governo della cristianità.
|