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| << | < | > | >> |IndicePrefazione xiii Capitolo 1 Lo scambio comunicativo 1 1.1 Un primo accostamento al concetto 1 1.2 Comunicazione, comunità e cultura 4 1.3 Comunicazione e società civile 7 1.4 Comunicazione verbale e tradizione delle scienze linguistiche 10 Capitolo 2 Verso un modello della comunicazione verbale 15 2.1 I primi modelli 16 2.2 La prospettiva pragmatica 20 2.3 L'atto comunicativo come evento 23 2.3.1 Uno scambio di segni che produce senso 24 2.3.2 Comunicare è agire 26 2.4 I fattori della comunicazione verbale 28 2.5 Semiosi 28 2.5.1 Significante e significato 30 2.5.2 Il segno come institutum di una comunità: la convenzionalità 34 2.5.3 Trasmettere la lingua: insegnare a parlare 39 2.5.4 I sistemi semiotici 41 2.6 Deissi 43 2.7 Ostensione 45 2.8 Inferenza 47 2.9 I soggetti implicati nella comunicazione: principio di interesse e di pertinenza 50 2.10 Il senso come habit change 52 Capitolo 3 Problemi di epistemologia e di metodo 57 3.1 Il discorso scientifico 57 3.2 L'oggetto 59 3.3 I dati sono indizi 61 3.4 Dati, ipotesi, esperimenti e teoria 62 3.5 Scienze descrittive e scienze empirico-deduttive 64 3.6 Natura del sistema linguistico 66 3.7 Il metodo 67 3.8 I livelli dell'astrazione 69 Capitolo 4 Linguaggio e ragione 77 4.1 Il lógos 77 4.2 I sensi come organi percettivi relativi a dimensioni particolari e la ragione come organo relativo alla realtà nel suo insieme 79 4.3 Platone e l'"intreccio" di nomi e verbi 81 4.4 Composizionalità e virtualità 89 4.5 Grammaticalità, congruità e coerenza 92 4.6 La natura del significato 94 4.7 Senso, non-senso, controsenso 106 4.8 Coerenza e contraddizione 107 4.8.1 L'indeterminatezza dell'articolazione categoriale: l'esprit de finesse tra flessibilità e confusione 111 4.9 Oltre la razionalità 116 Capitolo 5 Le strutture intermedie 127 5.1 La lingua, sapere non saputo 128 5.2 Quali sono le strutture intermedie 129 5.3 I tratti che caratterizzano le strutture intermedie 133 5.3.1 Polisemia (molteplicità di funzioni) 133 5.3.2 Varianza (molteplicità delle strategie di manifestazione di una stessa struttura intermedia) 136 5.3.3 Preferenzialità o naturalità 139 5.3.4 Endolinguisticità 140 5.4 Perché intermedie? 141 Capitolo 6 Il lessico 147 6.1 La parola 148 6.2 I processi di strutturazione del lessico 152 6.3 I processi di formazione: derivazione, composizione, combinazione e alterazione 158 6.4 Processi fraseologici: sintema e funzioni lessicali 169 6.5 All'uscita del componente lessicale 172 Capitolo 7 La morfologia 173 7.1 Lessico e morfologia 173 7.2 Morfologia e tipologia delle lingue 177 7.3 Categoria morfematica, morfema e morfo 179 7.4 Categorie morfematiche e classi del lessico 179 7.5 Il calcolo delle forme di parola 180 7.6 Morfemi fissi e liberi 182 7.7 Strategie di manifestazione dei morfemi 182 7.7.1 Il morfo zero 182 7.7.2 L'amalgama morfematico 183 7.7.3 Il sincretismo 183 7.7.4 Il morfo discontinuo 189 7.7.5 Il suppletivismo morfologico 190 7.7.6 L'allomorfía 191 7.8 Funzioni dei morfemi: morfemi intrinseci (semantici) ed estrinseci (sintattici) 192 7.9 Gli ornitorinchi del sistema linguistico ovvero nota sui morfolessemi 194 7.10 La polisemia del morfema 196 Capitolo 8 Il "potere" comunicativo delle parti del discorso 199 8.1 Le parti del discorso in italiano 201 8.2 Il nome 203 8.2.1 Tipologia dei nomi 207 8.2.2 Gli usi del nome 210 8.3 L'articolo 213 8.3.1 Tipologia degli articoli 215 8.3.2 Funzione logica e funzione comunicativa dell'articolo 216 8.3.3 L'articolo come determinante 220 8.3.4 La semantica dell'uso categoriale dell'articolo 223 8.4 L'aggettivo 224 8.4.1 Tipologia degli aggettivi 224 8.4.2 Funzioni dell'aggettivo 232 8.4.3 Funzione e posizione dell'aggettivo qualificativo in italiano 234 8.5 Il pronome 239 8.5.1 Tipo1ogia dei pronomi 240 8.6 Il verbo 246 8.6.1 Confronto tra la semantica del verbo e la semantica dell'aggettivo 253 8.7 L'avverbio 254 8.7.1 Tipologia degli avverbi 257 8.8 La congiunzione 264 8.9 La preposizione 268 8.10 L'interiezione 270 Capitolo 9 Aspetti e procedimenti della sintassi 273 9.1 I nessi sintattici: dipendenze e costituenti 277 9.1.1 La grammatica delle dipendenze e il concetto di valenza 282 9.1.2 I costituenti 284 9.2 Strategie di manifestazione dei nessi sin tattici 286 9.3 La congruità morfo-sintattica 288 9.4 Funzioni semantiche e pragmatiche 292 9.5 Le relazioni interfrastiche 293 Capitolo lO Conclusioni 297 10.1 Per un bilancio 297 10.2 Dopo questo libro 300 Riferimenti bibliografici 305 Indice dei nomi 321 Indice analitico 325 |
| << | < | > | >> |Pagina XIIIPrefazioneNel titolo di questo libro compare il termine comunicazione verbale, che ricorre piuttosto di rado, come emerge anche solo consultando i cataloghi delle biblioteche. Con una frequenza decisamente maggiore compare invece in molti titoli il termine di comunicazione non verbale. E questo dovrebbe sorprenderci non poco, non fosse altro che per il fatto che la comunicazione verbale - ossia quella costruita perlopiù con le parole e con gli altri strumenti espressivi delle lingue storico-naturali - rappresenta la porzione decisamente più cospicua dell'attività comunicativa. E questo senza nulla togliere alla rilevanza indiscussa della comunicazione non verbale! Il fatto è che, di regola, le trattazioni concernenti la comunicazione non-verbale danno frequentemente per scontato, se non lo dichiarano esplicitamente, che alla comunicazione verbale si sia già dato adeguato spazio. Gli autori di questo volume sono naturalmente di diverso avviso. [...] La dominanza dichiarata ed effettiva della dimensione comunicativa nell'approccio al linguaggio dipende da due fattori: l'orientamento degli autori e i contesti accademici in cui essi hanno svolto e svolgono la loro attività. Il loro lavoro teorico ha privilegiato in più ricerche (sia orientate alla teoria linguistica che alla filosofia del linguaggio) la dimensione comunicativa. Il volume intende appunto delineare un quadro teorico generale di questa impostazione. Sono qui ripresi i risultati soprattutto di tre filoni di ricerca: l'impegno alla costruzione di un modello della comunicazione verbale come momento strutturante dell'interazione umana (si vedano in particolare i capitoli 1 e 2); lo studio dell'organizzazione comunicativa e logico-semantica del testo (capitolo 4 e lO); l'analisi della portata comunicativa della strumentazione linguistica (si veda il capitolo 8). Il contesto scientifico e didattico in cui il volume è stato elaborato ha evidenziato la pertinenza anzi la necessità della presenza delle scienze del linguaggio fra le scienze della comunicazione. Questo ha comportato anzitutto una riflessione epistemologica di cui nel volume c'è larga traccia. Ma il contesto accademico ha favorito la percezione della grande rilevanza di questo settore scientifico anche per la formazione di nuove professionalità dove diverse specializzazioni nell'area linguistica diventano essenziali? Accenniamo brevemente a una serie di compiti professionali: * analisi semantica e argomentativa per l'individuazione delle manipolazioni ideologiche e il superamento dei conflitti; * analisi ai diversi livelli linguistici per l'elaborazione di strumenti informatici soprattutto nel campo delle tecnologie della comunicazione (interfacce, web semantico, information retrieval, traduzione automatica e assistita, piattaforme di collaborazione on-line ecc.); * valutazione della qualità comunicativa e informativa dei testi; * trattamento dei corpora a diversi fini; * analisi del contenuto di corpora della comunicazione massmediale; * elaborazione delle politiche linguistiche, compiti professionali diversi nei contesti plurilingui; * comunicazione interculturale. In effetti questo volume è stato pensato in particolare per un accostamento alle scienze del linguaggio in corsi di studio dove il tema della comunicazione è rilevante. | << | < | > | >> |Pagina 6A ben vedere il nesso tra comunicazione e comunità è mediato dal concetto di cultura. Si tratta di una nozione centrale dell'antropologia, non meno dibattuta entro le scienze sociali della nozione di comunità. Qui ci limitiamo a metterne a fuoco tre aspetti significativi per il "funzionamento" della comunicazione, evidenziati nella tradizione culturologica russa, con altrettante definizioni.1. La cultura è l'insieme dell'informazione non genetica che passa attraverso le diverse generazioni. 2. La cultura è la "grammatica" di una comunità, ossia una configurazione di sistemi segnici mediante i quali una comunità interpreta e comunica l'espenenza. 3. Una cultura è un insieme di testi cioè di conoscenze e credenze, principi e valori, la cui condivisione condiziona l'appartenenza alla comunità. Tutte e tre le definizioni da una parte evidenziano aspetti costitutivi dell'identità comunitaria, dall'altra ne manifestano la natura comunicativa. La stessa tradizione russa evidenzia che la cultura non vive soltanto di identità, ma di differenze, di confini. Quasi a dire che la comunicazione è sempre in qualche modo interculturale. Teoricamente, lo "scambio di beni" che si verifica nell'interazione comunicativa è tanto maggiore quanto maggiore è la diversità tra coloro che interagiscono. La diversità tra le identità in gioco comporta un potenziale alto di arricchimento; ma, allo stesso tempo, comporta il rischio che la comunicazione non abbia successo, perché diminuisce il "condiviso" (common ground) che costituisce la base dello scambio. Presiedono al successo della comunicazione due principi apparentemente contrastanti: 1. solo se ci conosciamo la comunicazione è possibile; 2. la comunicazione implica novità, quindi differenza fra la cultura del mittente e del destinatario. | << | < | > | >> |Pagina 101.4 Comunicazione verbale e tradizione delle scienze linguisticheTema del presente volume è, come recita il titolo, la comunicazione verbale. Non si affronta quindi tutta la comunicazione, né, tanto meno, la comunicazione in tutti i suoi aspetti, ma la comunicazione che si realizza in testi o messaggi linguistici, ossia in testi che si costruiscono con strutture linguistiche. Il riferimento all'uso delle strutture linguistiche non esclude dalla considerazione i testi, peraltro assai frequenti, che utilizzano anche strutture semiotiche diverse, per esempio visive o gestuali, ma viene anche in questi casi privilegiata l'attenzione al segno verbale. Va peraltro sottolineato che l'aspetto specifico non sono qui le lingue, ma l'uso delle lingue nella comunicazione. L'approccio è inevitabilmente multidisciplinare perché coinvolge la costellazione delle scienze della comunicazione. Intendiamo di quelle scienze che puntano a dar ragione di quel fatto estremamente complesso che è la comunicazione: 1. scienze che analizzano l'organizzazione interna dei messaggi (linguistica, semiotica, teoria dell'argomentazione,... logica); 2. scienze che studiano i soggetti individuali e collettivi che sono coinvolti e le loro comunità di riferimento (psicologia, sociologia, antropologia ecc.); 3. scienze che mettono a tema le sfere di interesse che sono all'opera nell'interazione comunicativa (economia, politica, religione, arte ecc.); 4. scienze che analizzano le diverse organizzazioni, e in generale i diversi luoghi di interazione, in cui la comunicazione si realizza (teoria delle organizzazioni, economia aziendale, marketing, istituzioni pubbliche e private, teoria dei media ecc.); 5. scienze che studiano le tecnologie della comunicazione tradizionali (stampa, radio, telefono, televisione) e nuove (le diverse forme di utilizzo di internet, le nuove tecnologie della telefonia e della televisione e i diversi assetti comunicativi sia interpersonali - collegamento telefonico a due o più interlocutori, messaggio telefonico, posta elettronica ecc. - sia massmediatiche - stampa, radio, televisione, internet). | << | < | > | >> |Pagina 342.5.2 Il segno come institutum di una comunità: la convenzionalitàTra le scienze che si riferiscono alla comunicazione, una prima caratterizzazione della linguistica riguarda dunque l'oggetto di cui questa scienza si occupa: i messaggi verbali. L'insieme dei messaggi verbali costituisce il linguaggio verbale. Le lingue storico-naturali sono sistemi che consentono di formulare messaggi verbali, sono cioè sistemi semiotici o segnici. Già Ferdinand de Saussure spiega la correlazione semiotica, facendo ricorso all'esempio di albero. Possiamo dire che in italiano il significato (o senso o contenuto, o valore) del suono ['a l b e r o] è quel concetto che abbiamo rappresentato con un disegno nella parte superiore del cerchio nella figura 2.8. Nella figura, la linea rappresenta la barra della semiosi, o barra semiotica. La struttura linguistica "albero", formata da una correlazione semiotica, ha due facce: una fonica (o fonetico-articolatoria), l'altra concettuale. Qui naturalmente l'accezione in cui il termine albero viene utilizzato è quella, convenzionale e canonica, stabilita nella lingua italiana. Non vi è nessuna connessione reale, naturale, esistenziale, tra la strategia di manifestazione della lingua italiana ['a l b e r o] e il valore che vi è connesso. L'unica ragione per cui questa connessione sussiste è, appunto, la convenzione tra i parlanti: in effetti si dice che questa connessione è arbitraria, in quanto non esiste alcuna ragione per cui a un certo valore debba essere connessa una certa strategia (e viceversa). Tale connessione è valida all'interno del sistema linguistico che è appunto il sistema convenuto o istituito: in latino institutum. È quanto dire che la lingua è una realtà di tipo sociale. La connessione è arbitraria ("arbitrario" deriva dal latino arbitrium, volontà, cioè capacità di decidere), ma non soggettiva: è solo grazie a una larga e stabile condivisione dell'insieme delle correlazioni semiotiche dette complessivamente lingua italiana che ci capiamo. Per questo diciamo anche che la connessione è convenzionale. | << | < | > | >> |Pagina 382.5.3 Trasmettere la lingua: insegnare a parlareIl segno, come unione di significante e significato, nasce strutturalmente sociale: esso si costituisce e funziona grazie al fatto che viene adottato da una comunità di parlanti - non, dunque, una "società" astratta, ma dalla comunità concreta in cui ciascuno impara a parlare. La barra della semiosi ha incuriosito molti personaggi, che si sono posti il problema della "lingua originale" (la lingua di Adamo) e hanno cercato in vari modi di scoprire quale fosse questa lingua che inevitabilmente "esprime meglio" la realtà che significa. Un esempio famoso è quello narrato da Salimbene da Parma nelle sue Cronache: Federico II di Svevia volle fare un esperimento per stabilire quale fosse la lingua originaria. A questo scopo tolse dei bambini appena nati alle madri e li affidò a delle nutrici, a cui era stato ordinato di accudirli in tutto ma senza mai parlare. Salimbene racconta che i bambini dapprima intristivano, e poi morivano. Questa vicenda, effettivamente crudele, fa capire che il linguaggio è una dimensione davvero essenziale nella vita di un uomo. E il compito di insegnare il nome delle cose è un po' un accompagnare alla prima conoscenza della realtà: "dare" (insegnare) a un bambino i nomi delle cose è "dargli" (mettergli in mano) la realtà. E qui la dimensione affettiva è rilevante. Un caso famoso che permette di capire l'importanza della dimensione del linguaggio nello sviluppo naturale dell'uomo è la vicenda di Victor dell'Aveyron, un ragazzo allevato dai lupi e ritrovato, all'età di circa 16 anni, nei boschi del sud della Francia. Vietar, affidato alle cure del giovane medico Jean Itard, non recuperò mai la capacità di esprimersi, di utilizzare il linguaggio come sistema semiotico. Ma dalle descrizioni di Itard emerge soprattutto il fatto che Victor non riusciva a distinguere come significativi gli oggetti che lo circondavano, non solo - banalmente - perché non li aveva mai visti prima, ma perché nessuno l'aveva "accompagnato" a prendere possesso della realtà e a penetrarne il significato umano, cioè il significato per l'uomo, nessuno l'aveva accompagnato a "riconoscere" le cose dando loro un nome. Perciò nulla suscitava il suo interesse. Niente lo toccava davvero: in questo la sua umanità era profondamente danneggiata, perché deprivata della sua "naturale" implementazione culturale. La lingua, in effetti, fa parte della benevolenza con cui un essere umano viene accolto nella vita. La stabilità del rapporto semiotico di una lingua garantisce che la convenzione sia rispettata e che la comunicazione possa avvenire senza disturbi. Ci sono in effetti casi in cui tale stabilità risulta sconvolta, come in quello della patologia psichica in cui il malato agisce in base a "equazioni simboliche", collocando significanti e significati in un'unica classe di eventi. La glottodidattica (disciplina linguistica e psicopedagogica insieme che si occupa delle tematiche connesse con l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue) ha segnalato già da tempo che passare a un'altra lingua significa passare ad altri affetti. Questa prospettiva si collega in modo coerente con l'idea di comunità linguistica intesa come comunità concreta di parlanti che realizzano scambi comunicativi effettivi utilizzando una lingua. In un certo senso si può comprendere anche il nazionalismo - qui inteso come ideologia e pertanto come forma deteriore del patriottismo - come "paura di tradire la propria lingua": quando un popolo comincia a vedere nelle altre culture e nelle altre lingue una minaccia per la propria identità pone le premesse per sviluppare un atteggiamento di difesa che degenera facilmente in ostilità verso lo straniero (xenofobia). E d'altra parte l'appartenenza a una cultura è condizione inevitabile e necessaria per aprirsi alle altre culture: il dialogo presuppone l'esistenza di almeno due dialoganti distinti. Quanto maggiore è la differenza, tanto maggiore possibilità di scambio offre la comunicazione. Se per certi aspetti la lingua va distinta dalla cultura, per altri ne è un momento: in particolare lingua e cultura hanno la stessa modalità di trasmissione attraverso le generazioni, come dicevamo nel primo capitolo. | << | < | > | >> |Pagina 663.6 Natura del sistema linguisticoAlla base del messaggio verbale si trovano le lingue storico-naturali. Se riprendiamo l'esempio di segno proposto da Saussure (quello di "albero"), sottolineiamo che l'importanza della sua scoperta sta nell'aver capito che la lingua funziona grazie a una serie di correlazioni stabili fra significanti e significati, per cui ogni volta che i parlanti pronunciano una certa parola vi associano un certo concetto. Nella mente di ciascuno dei parlanti, dunque, c'è una correlazione permanente tra suoni e concetti. E tuttavia la presenza nella mente dei suoni è, in ben due sensi, solo virtuale. Anzitutto strutture e regole linguistiche restano sullo "sfondo" della coscienza (nella cosiddetta memoria a lungo termine) e vengono attivate in base a una selezione definita dai bisogni comunicativi. In effetti non ho presenti nella mente in ciascun momento tutte le parole di una lingua. Inoltre questa presenza virtuale nella memoria non consta di rappresentazioni e immagini foniche concrete - non ho presente, per esempio, la o concretamente pronunciata nella parola rosa da Andrea, ma un modello a cui riconduco la sua o nell'interpretazione e su cui modello la mia o parlando. La lingua pertanto non è un dato, perché non la si riscontra come esistente e osservabile in qualche luogo - è solo ipotizzabile nella mente dei parlanti. I dati linguistici con cui abbiamo a che fare sono gli eventi comunicativi verbali, che sono usi delle lingue, non le lingue stesse. Tutti gli eventi comunicativi verbali reali, concretamente attuati dai parlanti, nel passato e nel presente, costituiscono l'insieme dei dati linguistici. Ma che cos'è, allora, una lingua? La lingua è un sistema segnico di cui si ipotizza l'esistenza nella mente dei parlanti (un modello) per spiegare il comportamento linguistico di una comunità di parlanti, che eseguendo certi suoni veicolano determinati significati e costruiscono, a partire da questi, dei messaggi; si tratta pertanto di scoprire il permanere psichico di un rapporto che lega due classi di modelli o patterns (intesi come "procedimenti produttivi" relativi alle strategie di espressione e alle funzioni). La lingua è "astratta", così come è astratto il modello di un'automobile. Il modello di un'automobile disegnato al computer, per esempio, non ha ruote, né fili, né tubi, ma rappresentazioni di ruote, fili, tubi... Noi non andiamo in giro con un modello di automobile, bensì con un esemplare, un esemplare realizzato in base a quel modello. Allo stesso modo, la lingua non è un insieme di esemplari del modello (suoni particolari, rappresentazioni reali...: queste cose le troviamo nei testi), ma è un sistema di correlazioni tra immagini di suoni (o modelli o patterns) e schemi concettuali (o modelli o patterns), o anche tra ipotesi di suoni e ipotesi di pensieri. Si può dire, in effetti, che la lingua è un'organizzazione semantica mentale destinata a supportare i bisogni comunicativi all'interno di una certa comunità. | << | < | > | >> |Pagina 29710. Conclusioni10.1 Per un bilancio In questi nove capitoli abbiamo delineato gli aspetti fondamentali della comunicazione verbale. Siamo partiti da un modello generale della comunicazione verbale, mettendo a fuoco la rilevanza vitale di questa dimensione della vita umana e accennando agli innumerevoli contesti della vita sociale - pubblici e privati - in cui la "buona salute" o qualità della comunicazione viene a coincidere con la "buona salute" o qualità della vita stessa. Si è cominciato a sottolineare in questo primo capitolo che il termine stesso "comunicazione" rimanda alla corresponsabilità dei soggetti rispetto all'interazione e comporta un cambiamento per ciascuno di essi. Questo cambiamento si delinea come bene ricevuto e come compito assunto. Non è semplice rendere conto del dibattito che si è andato sviluppando nel corso del ventesimo secolo - entro ambiti disciplinari diversi per metodo e per obiettivi - intorno alla comunicazione verbale e del resto non sarebbe stato nemmeno particolarmente significativo ricostruirne tutte le articolazioni: ci è sembrato più utile puntare alla presentazione di un modello originale e costruirlo insieme al lettore, ripercorrendo solo gli apporti, a nostro avviso, teoricamente più significativi di tale dibattito. Così partendo dalle prospettive elaborate dapprima entro la linguistica strutturale e poi entro la linguistica pragmatica, abbiamo puntato a cogliere la natura di evento dell'atto comunicativo, cioè il suo carattere di "novità nella realtà" e, in particolare, di "novità rispetto agli interlocutori": l'evento comunicativo cambia gli interlocutori. Emergono in effetti, entro la mappa dei fattori della comunicazione verbale, le soggettività implicate (figura 2.7), cioè i concreti soggetti che si coinvolgono nella comunicazione e modificano il loro atteggiamento. L'evento comunicativo si colloca entro una precisa interazione: è lo sguardo sull'interazione ciò che ci permette di capire "che cosa sta succedendo" nel momento in cui due soggetti comunicano e, pertanto, qual è il senso delle parole che essi si scambiano. Gli atti linguistici, cioè i messaggi, coinvolgono diversi fattori: fondamentalmente la semiosi - categoriale e deittica -, l'ostensione e infine l'inferenza. Entro la semiosi sono riconoscibili le strutture intermedie, cioè i "semilavorati" che stanno a metà strada tra la lingua e il testo, pronti per fungere da costituenti testuali, ma ancora bisognosi di specificazione. Prima di soffermarci su questo aspetto, tuttavia, abbiamo approfondito in modo abbastanza sistematico il ruolo della dimensione inferenziale, in due direzioni. In un primo momento abbiamo affinato le categorie epistemologiche: una volta messo a fuoco il quadro generale della comunicazione verbale, occorre in effetti chiedersi qual è il metodo scientifico più adeguato per affrontare l'oggetto, quali domande dobbiamo fargli e come possiamo ottenere risposte, che tipo di conoscenze scientifiche possiamo raggiungere in questo ambito... Il capitolo dedicato all'epistemologia articola questo insieme di problematiche e delinea una serie di risposte. Si tratta di un capitolo decisivo in quanto pone le premesse dell'argomentazione scientifica e cioè esplicita l'impegno di coerenza che gli autori si assumono per tutto il volume. Mentre questo terzo capitolo contiene un discorso che per larga parte è "meta-comunicativo", il capitolo successivo mette a tema direttamente il nodo centrale della comunicazione verbale: il rapporto tra linguaggio e ragione, cioè il rapporto tra linguaggio e realtà. Il discorso si articola sul fatto centrale della congruità: ricorrendo a Platone, abbiamo introdotto la symploké- composizionalità, di cui abbiamo poi delineato il fondamento nell'articolarsi reciproco dei predicati e degli argomenti. L'articolazione predicativo-argomentale è virtualità - sta cioè all'origine dell'enorme potenziale di espressione del linguaggio umano - e al tempo stesso rispecchia l'articolarsi della realtà nelle sfumature che ogni lingua storico-naturale ne coglie. Mentre il libro era in preparazione, questo quarto capitolo - in particolare il paragrafo 4.6 dedicato alla natura del significato - già era stato battezzato "La mini-semantica". La congruità sta a fondamento della sensatezza del messaggio, distinguendosi dalla non-contraddittorietà, che rimanda piuttosto all'infrazione di precise regole comunicative, ma non ne stravolge la sensatezza. Ancora, abbiamo messo a fuoco la capacità del soggetto umano di tenere conto di un insieme di elementi molteplici ed eterogenei: il capitolo 4 si chiude con alcuni spunti significativi relativamente a eventi comunicativi di natura argomentativa e manipolatoria. Abbiamo poi iniziato a trattare più specificamente la semiosi verbale: l'aspetto più rilevante a livello generale è la natura "intermedia" delle strutture linguistiche, che si specifica in polisemia, varianza, preferenzialità ed endolinguisticità. Le strutture linguistiche si presentano appunto con una natura ambivalente: le troviamo nei testi, e questo è il dato di partenza di cui occorre tenere conto. Quando però "astraiamo" queste strutture dai loro contesti d'uso per descriverle e classificarle, ci rendiamo conto che esse conservano un potenziale semiotico e addirittura comunicativo estremamente vivo. E ciononostante si tratta di strutture flessibili, non di segnali rigidi che associano un'unica funzione a un'unica manifestazione: esse si adattano con una certa "agilità" a contesti diversi da quelli a cui sembrano essere naturalmente predisposte. Strutture intermedie, appunto. È a partire da questa considerazione che abbiamo studiato i diversi "generatori" o livelli di elaborazione del messaggio, passando in rassegna lessico, morfologia, sintassi e classi del lessico: i loro rapporti reciproci sono sintetizzati nella figura 5.4. Il lessico è stato pensato come un generatore (cfr. figura 6.3), cioè come un reparto di produzione in cui il messaggio viene elaborato proprio dal punto di vista delle "parole" che lo costituiscono: si tratta di capire appunto i processi di strutturazione del lessico e l'apporto semantico o "effetto di senso" che essi comportano (piuttosto vistoso per esempio nei processi di derivazione semanticamente marcata, nell'alterazione, nelle funzioni lessicali). Le parole variabili richiedono poi un trattamento nel reparto della morfologia (la figura 7.1 riassume schematicamente la tipologia di funzioni e manifestazioni dei morfemi), che dà origine alle forme di parola (cfr. figura 6.2 per la visione d'insieme). La morfologia caratterizza le parti del discorso variabili e determina con la sua presenza/assenza diverse configurazioni delle lingue storico-naturali. A questo punto emerge la caratterizzazione delle parti del discorso intese come strutture semiotiche. Il concetto stesso di "parte del discorso" rimanda a un "potere" comunicativo, alla predisposizione a svolgere determinate funzioni entro il messaggio, predisposizione che le parole presentano grazie alle proprie diverse caratteristiche morfologiche, sintattiche e semantiche. Il nome suggerisce esistenza, il verbo attività, l'aggettivo una qualità, la congiunzione l'articolarsi di un nesso...
Abbiamo lasciato per
ultimo il capitolo sulla sintassi, che ha la funzione di riprendere, per molti
aspetti, i fili del discorso: da una parte la sintassi è presentata in modo
complementare rispetto alla descrizione del potere comunicativo delle parti del
discorso, quasi a dire che questo potenziale comunicativo delle singole "parti"
si attualizza quando le parole si legano le une alle altre per formare il
messaggio. Questo legame è affidato proprio alla sintassi che, nei suoi
procedimenti concreti (come struttura intermedia), altro non rappresenta che
l'attualizzazione del principio di composizionalità: le parole stanno insieme e
insieme significano perché sono congrue e la nostra ragione, riconoscendone la
congruità, è in grado di interpretarle come significative. Proprio in
quest'ultimo capitolo abbiamo sottolineato che l'enunciato - cioè la struttura
intermedia che si colloca all'uscita del generatore sintattico - è naturalmente
predisposto a funzionare come costituente testuale: questo ci consente di
chiudere il cerchio, ricollegandoci all' "atto linguistico", o messaggio, o
testo. Il passaggio dall'enunciato al testo non è immediato, ma rappresenta - a
livello di strutture intermedie, cioè di elaborazione del sistema linguistico -
il prodotto semilavorato più prossimo. Devono a questo punto intervenire altri
tipi di elaborazione, che nel libro non abbiamo trattato esplicitamente, ma a
cui abbiamo in più occasioni rimandato.
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