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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione 5 I 11 II 26 III 38 IV 49 v 53 VI 59 VII 65 VIII 78 IX 82 X Il primo dell'Anno Uno del nuovo secolo 93 XI 95 Principali fonti 99 |
| << | < | > | >> |Pagina 38Il 4 febbraio la Congregazione si ritrovò a San Pietro, alla presenza del Papa. per fare il punto sul caso Bruno. Decise che le famose Otto proposizioni sottoposte a Giordano Bruno erano condannate dai Santi Padri della Chiesa, e che il prigioniero avrebbe dovuto condannarle come tali, eretiche sin dalle origini. Bellarmino e un padre commissario proposero di concedere al prigioniero quaranta giorni di tempo per riflettere. I padri teologi avrebbero spiegato al prigioniero tale scelta: o l'abiura e le penitenze o... il verdetto al termine dei quaranta giorni di riflessione.E immediatamente diedero corso a quanto deciso. Chi stava arrivando? Chi avanzava nella penombra? Si udirono dei passi nel corridoio, vicino alla cella. Strider di chiavi. Bruno alzò la testa per meglio porgere orecchio: una visita. Il padre Beccaria, generale dei domenicani, entrò da lui. Posò sul tavolo lo scapolare di lana, gesto inaspettato. Era un uomo piuttosto alto e di buona complessione, con un po' di calvizie e la voce bassa, che sembrava sorgere dalle profondità del ventre. Bellarmino lo aveva incaricato di presentare una volta ancora al Nolano un riepilogo dei suoi propositi ed eresie contrari alla fede cattolica. A Bruno sarebbe bastato approvare l'elenco, abiurare e la cosa si sarebbe presto conclusa. Giordano Bruno si alzò (le ginocchia gli scrocchiarono), avvicinandosi al Padre. Questi gli formulò il suo rincrescimento per il fatto di trovare un fratello domenicano in una situazione simile. Gli conferma la propria volontà di tirarlo fuori, era possibile, a condizione che lui facesse, per parte sua, uno sforzo di contrizione. — Fratello, — aggiunse — l'ora della scelta è arrivata. E la scelta è semplice: o tu rinneghi le otto proposizioni eretiche oppure il tribunale emetterà una sentenza severissima. Tu conosci la sorte riservata agli eretici impenitenti. Ti consegno nuovamente le Otto proposizioni, e ti domando, in nome della Congregazione, di riflettere bene in queste ore, di considerare l'arroganza e la debolezza delle tue argomentazioni. Come hai potuto, Bruno, metterti in testa di essere più saggio e più grande di tutti quelli che aspettano la venuta del Cristo, di tutti i Dottori della Chiesa, sin dall'inizio dei tempi? Bruno, sei pronto a divenire umile, a rinnovarti, pronto a riconoscere per eretiche le tue folli opinioni? — Il rogo, Padre: è questo che mi promettete? — Sei dinanzi a una scelta. E conosci bene la sorte... — Immagino che mi sottoponiate questo testo per mettermi alla prova. Vi ho già aperto il mio animo, manifestandovi la mia volontà di vivere in perfetta intesa con la santa Chiesa. Una buona morte vale più di una vita mal vissuta, non credete? Ed io non morirò della paura di morire. Se abiurassi quale sarebbe la mia sorte? — Deciderà il Tribunale, dopo la tua abiura. Di certo vivrai tra i tuoi fratelli — nella penitenza, naturalmente. — Dunque non ho alcuna ragione di sperare. Perché dovrei vivere ancora tanto tempo? Non ho mai voluto una vita lunga. L'ho voluta piena. | << | < | > | >> |Pagina 65Bisognava farla finita con quel processo. Farla finita assolutamente. Il Santo Padre Clemente, prefetto del Sant'Uffizio, esigeva una pronta risposta. La suprema Sacra Congregazione riprese l'esame del caso Bruno nel palazzo di Montecitorio, il 6 settembre, con la partecipazione di una decina di cardinali. Se Bruno non avesse voluto pentirsi totalmente, come fare per vincere la sua ostinazione?Certo, in un primo tempo il frate napoletano aveva abiurato le sue eresie, ma su parecchie di esse aveva poi fatto marcia indietro. Così tutto restava in una vaghezza intollerabile. Non se ne usciva. Occorreva che abiurasse le otto proposizioni eretiche nella loro interezza, e loro avrebbero dovuto interrogarlo ancora sulle sue tergiversazioni. Qualsiasi nuovo cavillo rischiava di dispiacere al Santo Padre. Lo avevano ben visto, il mese passato, per il caso Cenci, molto meno importante di questo. Clemente aveva condannato, con un motu proprio, i "sotterfugi che prolungavano indefinitamente una procedura e creavano gravi danni all'esercizio della giustizia". Aveva preteso che quest'altro processo, che durava da nove mesi soltanto, finisse rapidamente. Del pari, il Papa desiderava che Bruno venisse condannato prima del Giubileo e, con lui, la sua terribile storia del cielo infinito e del moto della terra; sì, bisognava farla finita e dimenticare per sempre questo Bruno, causa di tanti scombussolamenti e orrori. Ma come procedere? La discussione si prolunga per due ore. La Congregazione non ha la vocazione al dibattito, ma al mantenimento dell'integrità della fede. Tuttavia... qualsiasi decisione è ardua. Lo scaltro prigioniero non ha mai smesso di formulare tesi perverse che esigono l'esame collegiale dei più alti teologi, al fine di enunciare delle risposte perfette. Bruno vuole certo guadagnare tempo usando dei sotterfugi. Lo si è ben visto quando gli sono stati rimproverati i suoi dubbi: si è difeso riparando all'ombra di San Tommaso, al quale, dice, accadeva di incontrare il dubbio; egli affermava che tutte le volte in cui siamo nel dubbio siamo obbligati a seguire l'opinione più sicura. Simili schivate sono insopportabili! Bruno afferma anche di non temere la morte. Ma disprezzare così la minaccia di morte non significa peccare mortalmente? E ciò non gli impedisce ragionamenti devianti, inauditi, quando dice, ad esempio, che "Chi perde i beni di questo mondo non deve sperarne nell'altro [...]". Perfidie del genere non possono seguitare, o mineranno la serietà della Congregazione. I cardinali concludono con la decisione di ascoltare il prigioniero il giovedì successivo. E il Papa fa sapere che sarà presente. | << | < | > | >> |Pagina 95Il 4 febbraio Keplero parlò di Bruno a Tycho Brahe, nel castello di Benatek.L'8 febbraio il Nolano venne condotto alla presenza del Papa, del governatore di Roma e di tutti i cardinali e inquisitori generali riuniti, del consigliere Benedetto Mandina, vescovo di Caserta, Francesco Pietrasanta, vicecommissario, e Pietro Millini, referendario delle segnature. Qui avrebbe ascoltato la sentenza. La scena si svolse in casa del cardinal Mandruzzi, presso Santa Agnese, in piazza Navona. Il notaio Flaminio Adriani lesse la sentenza al prigioniero in ginocchio: "[...] dicemo, pronuntiamo, sententiamo e dichiariamo te, fra Giordano Bruno predetto, essere heretico impenitente, pertinace [et ostinato], et perciò essere incorso in tutte le censure ecclesiastiche et pene [dalli sacri] Canoni, leggi et constitutioni così generali come [particolari, a] tali heretici confessi, impenitenti, pertinaci et ostinati imposte; et come tale te degradiamo verbalmente et dechiaramo dover essere degradato, sì come ordiniamo et comandiamo che sii attualmente degradato da tutti gl'ordini ecclesiastici maggiori et minori nelli quali sei constituito, secondo l'ordine dei sacri Canoni, et dover essere scacciato, sì come ti scacciamo, dal foro nostro ecclesiastico e dalla nostra Santa e immaculata Chiesa, della cui misericordia ti sei reso indegno; et dover esser rilasciato alla Corte secolare [...]. Di più, condannamo, riprobiamo et prohibiamo tutti gli sopradetti et altri tuoi libri et scritti come heretici et erronei et continenti molte heresie et errori, ordinando che tutti quelli che sin'hora si son havuti, e per l'avvenire verranno in mano del Santo Offitio siano publicamente guasti et abbrugiati nella piazza di San Pietro, avanti le scale, et come tali che siano posti nell'Indice de' libri prohibiti [...]" | << | < | > | >> |Pagina 98Giunse in Campo de' Fiori dopo aver disceso la Via papalis. E gli misero un morso di ferro, per impedirgli di dire una sola parola. Fu legato nudo al palo del rogo.Quando le fiamme lambirono il suo corpo, i boia gli presentarono il Crocifisso. Stornò il viso, per affermare nell'ultimo istante che aveva lasciato del tutto la finzione ai teologi. La Compagnia dei religiosi non smise di cantare litanie, invitando il grande peccatore ad abbandonare le sue folli idee.
Così sparì tra le fiamme Giordano, l'artista-filosofo più geniale
della sua epoca, a cinquantadue anni compiuti, di cui otto
trascorsi in carcere.
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