Copertina
Autore Francesco Ronzon
Titolo Sul campo
SottotitoloBreve guida alla ricerca etnografica
EdizioneMeltemi, Roma, 2008, Universale 45 , pag. 144, ill., cop.fle., dim. 12x19x1,3 cm , Isbn 978-88-8353-613-7
LettoreFlo Bertelli, 2008
Classe etnografia , antropologia
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Indice


  7 Introduzione

 11 Capitolo primo - L'etnografia

 14 1.1. Il metodo
 16 1.2. L'approccio all'oggetto
 18 1.3. La prospettiva verso la teoria
 19 1.4. La riflessione sui metodi di ricerca
 20 1.5. La tematizzazione del ricercatore
 22 1.6. Etica ed epistemologia della ricerca etnografica

 27 Capitolo secondo - Il lavoro di ricerca

 28 2.1. Il progetto
 29 2.2. Il processo di ricerca
 37 2.3. La scelta del campione
 41 2.4. Le principali aree d'indagine

 47 Capitolo terzo - Le tecniche di indagine

 48 3.1. L'osservazione partecipante
 63 3.2. L'osservazione a distanza
 68 3.3. L'intervista
 89 3.4. I focus group

 97 Capitolo quarto - L'analisi dei dati

 98 4.1. Ordinare i materiali
101 4.2. Strutturare le informazioni

113 Capitolo quinto - La scrittura e la valutazione

113 5.1. La scrittura del testo
126 5.2. La valutazione della ricerca


131 Conclusioni

135 Letture consigliate

139 Bibliografia


 

 

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Pagina 7

Introduzione


Immaginatevi d'un tratto di essere sbarcato, insieme a tutto il vostro equipaggiamento, solo, su una spiaggia tropicale vicino a un villaggio indigeno.

Bronislaw Malinowski, Argonauti del Pacifico Occidentale


INFORMATORE: figura amichevole che, tuttavia, sembra avere la costante funzione di ferire il soggetto amoroso dandogli, come se niente fosse, delle informazioni anodine sull'essere amato, il cui effetto è quello di guastare l'immagine che il soggetto ha di esso.

Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso


Si dice che, interpellato da uno studente di Berkeley in ansia per l'inizio di una ricerca su una tribù indiana, di cui non conosceva nemmeno l'ubicazione, Alfred Koeber abbia risposto laconicamente: "Le suggerisco di comprare carta e penna" (Agar 1980, p. 17). Come viene ironicamente sottolineato in questo tipico esempio di gossip accademico, l'etnografia non è un'attività che s'improvvisa su due piedi, ma una pratica complessa che necessita di una guida, di una riflessione e di una formazione specifica.

Questo testo intende, appunto, rappresentare una breve introduzione pratica all'etnografia come metodo di ricerca.

Il termine "etnografia" deriva dal greco ethnos, che significa "razza", "gruppo di persone" o "gruppo culturale", e da graphos, che vuol dire "scrittura". L'espressione allude a un unico metodo di ricerca, ma può riferirsi sia alle attività di indagine sia al testo scritto nel quale si riportano le informazioni raccolte. Per quanto sia ora impiegata da numerose discipline (sociologia, psicologia, ergonomia), l'etnografia nasce e si sviluppa all'interno dell'antropologia culturale, come metodo chiave per indagare gli "usi e costumi" locali dei vari gruppi sociali. Nel suo insieme, l'etnografia è collocabile all'interno della più ampia famiglia dei metodi qualitativi (contrapposti a quelli quantitativi). Le sue peculiarità, infatti, consistono nell'importanza attribuita alla tecnica dell'osservazione partecipante: indagine in loco, interazione con i propri informatori, carattere analitico-descrittivo delle riflessioni.

Per quanto l'antropologia culturale sia oggi inserita in numerosi corsi di laurea, sono ancora pochi i testi in lingua italiana che presentano le logiche e le tecniche dell'etnografia, secondo gli standard analitici e sistematici vigenti all'interno del dibattito metodologico tout court. Vi sono, certo, validi e raffinati lavori che toccano la questione. Di norma si tratta, però, di opere che inquadrano l'etnografia da un punto di vista storico, filosofico, o legato a una specifica agenda disciplinare. All'interno di questo quadro, gli unici testi relativi all'etnografia come metodo di ricerca strictu sensu risultano essere, dunque, opere scritte da "non antropologi", i quali forniscono, spesso, rappresentazioni poco utili, non aggiornate, se non addirittura fuorvianti.

Questo testo è stato pensato, allora, come una risorsa tecnica e didattica per vari tipi di operatori professionali e per l'attuale formazione universitaria. Insegnando in vari corsi di diploma universitario, io stesso ho potuto constatare la difficoltà incontrata dagli studenti nell'assumere un'attitudine empirica e sistematica nell'analisi della vita sociale. Non è sempre facile, infatti, cogliere e trasmettere l'importanza di una ricerca etnografica "sul campo", all'interno di ambiti disciplinari come quelli umanistici, bio-medici, psicologico-assistenziali e progettuali (design, architettura).

L'attuale logica modulare dei corsi universitari pone, inoltre, alla didattica problemi particolari: necessità di sintesi, capacità di coordinamento con altri saperi disciplinari, orientamento verso fini formativi mirati, adattabilità agli specifici contesti lavorativo-professionali. A questo proposito, l'idea di base del volume è quella di presentare le logiche, le pratiche e le tecniche dell'etnografia come un insieme di attrezzi da lavoro – un kit di utensili di ordine generale, attraverso i quali rilevare e monitorare le varie realtà socio-culturali –, piuttosto che ridurle a un rigido elenco di assunti teorici e disciplinari. La mia esposizione non vuole, infatti, legare l'etnografia a specifici temi, luoghi, agende teoriche o prospettive documentarie, ma anzi contribuire a formare un habitus di ricerca, aperto alla varietà di ipotesi analitiche e di prospettive interpretative, presenti all'interno delle discipline etno-antropologiche.

L'uso ideale di questo volume prevede, così, che la sua lettura si accompagni a quella di una monografia specifica e all'attuazione di una breve esperienza di ricerca (anche simulata). Se il presente testo offre in modo agile e pratico le linee guida per un'indagine etnografica, le altre due attività permetterebbero, infatti, allo studente di legare la metodologia a un lavoro pratico e a una reale ed effettiva esperienza di indagine. Le monografie scelte dovrebbero illustrare dettagliatamente come gli aspetti del lavoro etnografico – presentati qui in astratto – siano stati di volta in volta gestiti, in relazione a un caso specifico e particolare. La breve ricerca sul campo dovrebbe, invece, permettere di toccare la densità, corposità e materialità esperienziale di questi stessi aspetti, una volta declinati, nella quotidianità e in termini operativi, come interazioni con persone reali.

Partendo dalle scelte sin qui illustrate e tenendo presenti gli inevitabili rischi a esse legati, ho articolato l'esposizione nel modo più lineare e schematico possibile, evitando note e riducendo al minimo i riferimenti bibliografici. Il capitolo primo illustra le origini dell'etnografia e le sue logiche generali come ricerca qualitativa. Il capitolo secondo espone il processo della ricerca etnografica, nel suo insieme. Il capitolo terzo presenta le varie tecniche di indagine che compongono l'osservazione partecipante (osservazione a distanza, interviste a vario livello di strutturazione, focus group). Il capitolo quarto offre una panoramica sulle varie forme di scrittura etnografica e sui criteri per valutare la qualità del lavoro di ricerca svolto. Infine, per chi fosse interessato ad approfondire i temi individuati nel corso della trattazione, le letture consigliate alla fine del volume offrono un breve quadro dei testi di riferimento.

La sfida di questo volume è quella di introdurre il lettore all'etnografia come metodo di ricerca, senza, da un lato, cadere nel ghetto dello specialismo disciplinare e senza eccedere in troppo astratte o banali semplificazioni, dall'altro. Parafrasando un vecchio adagio da noir poliziesco: scrivere manuali è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare.

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Capitolo primo

L'etnografia


Come ogni metodo, anche l'etnografia ha una sua storia disciplinare (cfr. Stocking, a cura, 1983). In estrema sintesi, la sua nascita e il suo sviluppo possono essere ricondotti a tre tappe.

Agli albori della disciplina (nella seconda metà del XIX secolo), il lavoro svolto dai primi antropologi si limitava a una serie di ricerche a tavolino. In un'epoca in cui le neonate discipline antropologiche erano largamente intrecciate alle istituzioni museali, essi lavoravano, infatti, senza spostarsi dai propri centri universitari, facendo riferimento a reperti museali e resoconti spediti in patria da osservatori non professionisti, operanti come missionari, funzionari o commercianti nelle zone coloniali. In questo periodo, le analisi si basavano, quindi, su materiali di "seconda mano", raccolti, a volte senza criteri scientifici o per finalità differenti (fig. 1).

A partire dagli ultimi anni del XIX secolo, s'iniziarono a sperimentare nuove modalità di ricerca: questi sforzi diedero vita alla cosiddetta "antropologia in veranda". Il ricercatore si recava personalmente dalle persone alle quali era interessato, ma le incontrava al di fuori dei luoghi in cui essi svolgevano le loro attività quotidiane. Di norma, questo incontro avveniva, appunto, sulla veranda delle varie sedi militari, commerciali o missionarie, che costellavano gli imperi coloniali (fig. 2).

I limiti di una tale situazione appaiono evidenti: il luogo dello scambio non è neutro, la situazione non è affatto naturale e, infine, le informazioni sono ricavate unicamente dai racconti degli indigeni (senza alcun tipo o possibilità di controllo).

Col tempo, gli antropologi iniziarono dunque a praticare un tipo di ricerca diversa, che sarebbe stata in seguito definita "sul campo" (fieldwork). La ricerca sul campo implica l'osservazione diretta dei vari gruppi sociali ed è effettuata recandosi di persona e per periodi di tempo estesi nei luoghi in cui essi vivono. Nei primi decenni del XX secolo questa pratica si è diffusa e consolidata come il metodo peculiare delle discipline antropologiche (fig. 3).

Nello specifico – anche se non fu di certo egli il primo a mettere in pratica una ricerca etnografica di tipo "moderno" –, si deve a Bronislaw Malinowski, che lavorò alle isole Trobriand (Melanesia) tra il 1915 e il 1918, l'aver tematizzato in modo esplicito la centralità dell'osservazione partecipante come tipo specifico di metodologia. L'espressione "osservazione partecipante" sintetizza già le modalità di interazione dell'antropologo con i membri del gruppo sociale indagato: egli vive all'interno della loro comunità, assiste alla loro esistenza quotidiana (e, a volte, vi partecipa), padroneggia almeno in parte il loro linguaggio, senza mai però abbandonare il suo intento conoscitivo e la sua collocazione di osservatore esterno. Attraverso l'immersione approfondita in un certo contesto locale, il ricercatore cerca di acquisire un'esperienza e una documentazione utili a illustrare e comprendere il tipo di vita sociale del gruppo studiato.

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