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| << | < | > | >> |IndiceVIII Ringraziamenti X Elenco delle illustrazioni Cartografie del tempo 2 I. Il tempo in stampa 20 II. Tavole del tempo 74 III. Transizioni grafiche 102 IV. «Una nuova carta della Storia» 170 V. Linee di frontiera 206 VI. Un'arte da bricoleur 248 VII. Fuori e Dentro 288 VIII. Tempi d'oro 302 Note 311 Bibliografia selezionata 312 Indice analitico |
| << | < | > | >> |Pagina XElenco delle illustrazionipp. II-III Richard Cunningham Shimeall, Complete Ecclesiastical Chart from the Earliest Records, Sacred and Profane, Down to the Present Time, 1833, particolare.
New York, The Burke Library, Union Theological Seminare, per gentile concessione.
Capitolo primo. 1. Saul Steinberg, Untitled, inchiostro, collage e matite colorate su carta, 1970. New Haven, Yale University, Beinecke Rare Book and Manuscript Library. The Saul Steinberg Foundation / Artists Rights Society (ARS), New York. 2.-3. Annali di San Gallo, metà dell'XI secolo. San Gallo, Stiftsbibliothek, ms 915, pp. 196-97. Per gentile concessione. 4. Marmor Purim, 264-263 a.C. Oxford, Ashmolean Museum, per gentile concessione. 5-6. La copia del Merton College della Cronaca di Eusebio, tradotta e adattata in latino da san Gerolamo, trascritta in Italia a metà del V secolo in inchiostro rosso, verde e nero su 156 fogli. È rilegata insieme alla Cronaca del conte Marcellino. Oxford, Merton College, ms 315, f61v, f62r. Per gentile concessione del Warden and Fellows of Merton College. 7. La caduta di Troia, dalla Cronaca di Eusebio, XV secolo. Princeton, Princeton Universitv Library, Department of Rare Books and Special Collections, per gentile concessione. 8. Diagramma da J. Priestlev, The History and Present State of Discoveries Relating to Vision, Light and Colours, Johnson, London 1772. Ibidem. 9. Laurence Sterne, Vita e opinioni di Tristram Shandy, pubblicato negli anni Settanta del Settecento Ibidem. 10. Sezione trasversale di una sequoia gigante in una fotografia degli anni Cinquanta. New York, American Museum of Natural History, per gentile concessione. 11 . Charles Joseph Minard, Carte figurative des pertes successives en hommes de l'armée française dans la campagne de Russie 1812-1813 comparées a celle d'Hannibal durant la 2ème guerre punique, 1869. Parigi, Bibliothéque Nationale de France. 12. Charles Renouvier, Uchronie, Fayard, Paris 1876. Parigi, Bureau de la Critique philosophique, per gentile concessione. 13. Manoscritto della linea del tempo del classico della fantascienza di O. Stapledon, Infinito, 1930. Liverpool, University Library, Special Collection and Archives. Per gentile concessione di John Stapledon. 14. Scale comparative del tempo secondo il concetto di Long Now (Lungo Presente). San Francisco, The Long Now Foundation, per gentile concessione. [...] Capitolo ottavo. 1-3. Harriett and Robert Heilbrunn Cosmic Pathway, Rose Center for Earth and Space, American Museum of Natural History, New York 2000. New York, American Museum of Natural Historv, per gentile concessione. 4-5. Metropolitan Museum of Art, Timeline of Art History, sito web inaugurato nel 2000. New York, Metropolitan Museum of Art, per gentile concessione. 6. Sarah Fanelli, veduta dell'allestimento della Tate Artist Timeline, London 2006. 2009 Tate, Londra. 7. 2000 Years: History by the Meter. MeterMorphosen z000, www.metermorphosen.de. 8. Giovan Battista Piranesi, Fasti consulares romanorum a Romulo rege usque ad Tiberiurn Caesarem, Roma 1761. 9. Albrecht Dürer, Ehrenpforte Kaiser Maximilians I, 1516 circa. Da Maximilians Triumpban Arch: Woodcuts by Albrecbt Dürer and Otbers, Dover, New York 1972. Per gentile concessione Dover Publications. 10. Francisco Assensio, Chronologie des rois de France, et ans de leur mort selon le calendrier royal de Paris, de l'an 1790. Fac-simile et copie en grand de l'inscription d'une bague dediée à Louis XVI, 1790 circa. Parigi, Bihliothéque Nationale de France, per gentile concessione. 11. Saul Steinberg, Untitled, 1965. The Saul Steinberg Foundation, New York. The Saul Steinberg Foundation / Artist Rights Society (ARS), New York. 12. La mode, da J.-J. Grandville, Un autre monde; transformations, visions, incarnations... et autres choses, Fournier, Paris 1844. Princeton, Princeton University Librare, Department of Rare Books and Special Collections, per gentile concessione. | << | < | > | >> |Pagina 2Il tempo in stampaChe aspetto ha la Storia? Come disegnereste il tempo? Mentre i testi storici sono stati per lungo tempo oggetto di analisi critica, i problemi formali e storici posti dalle rappresentazioni grafiche del tempo sono stati largamente ignorati. Non è una questione da poco: la rappresentazione grafica è uno dei nostri principali strumenti di organizzazione dell'informazione. Tuttavia la bibliografia sui grafici e sui diagrammi storici è piuttosto scarsa. A paragone della quantità di eccellenti lavori pubblicati in tempi recenti sulla storia e la teoria della cartografia, possiamo contare soltanto su pochi esempi di lavoro critico nell'ambito di quelle che Eviatar Zerubavel ha definito mappe del tempo. Questo libro è un tentativo di rimediare a tale lacuna. Per molti versi quest'opera è una riflessione sulle linee: che siano rette o curve, diramate o intersecate, semplici o arzigogolate, tecniche o artistiche, esse sono le componenti fondamentali dei diagrammi storici. Il nostro assunto è che la linea è una configurazione molto piú complessa e ricca di sfumature di quanto si pensi di solito. Probabilmente gli storici di professione apprezzeranno con facilità questo aspetto del nostro libro. Tutti noi storici usiamo semplici diagrammi lineari nelle nostre lezioni - sono quelle che solitamente chiamiamo «linee del tempo» - e li troviamo molto efficaci. Noi le comprendiamo, i nostri studenti le comprendono; le linee trasformano meravigliosamente i ponderosi e analitici libri di storia in narrazioni emozionanti. Tuttavia, per quanto possano sembrare semplici e intuitive, queste linee del tempo hanno anch'esse, a loro volta, una storia. Non sono sempre state lí, a nostra disposizione, per aiutarci nelle nostre lezioni, e non hanno sempre assunto la forma che noi, senza pensarci troppo, attribuiamo loro.
Sono una componente talmente familiare del nostro bagaglio culturale che a volte è
difficile ricordare che è esistito un tempo in cui anche noi le abbiamo acquisite per la prima
volta. Eppure l'abbiamo fatto. Vale la pena di raccontare come ciò sia avvenuto, perché
è una storia che ci aiuta a comprendere la provenienza delle concezioni della Storia a noi
contemporanee, il modo in cui tali concezioni operano e, specialmente, quanto si basino su
formule visive. Vale la pena di raccontarlo anche perché è una bella storia, piena di colpi di
scena e personaggi inaspettati, che presto vi presenteremo.
Un'altra ragione che sta alla base della lacuna nella nostra comprensione storica e teoretica delle linee del tempo è lo status relativamente modesto che noi attribuiamo alla cronologia come disciplina di studio. Anche se facciamo continuamente ricorso alle cronologie, né potremmo farne a meno, dal punto di vista tipologico le consideriamo soltanto distillati di complesse narrazioni e idee storiche. Le cronologie funzionano e tanto basta, almeno per la maggior parte della gente. Tuttavia, come mostreremo in questo libro, non sempre è stato cosí: dall'età classica al Rinascimento europeo la cronologia era tra le piú rispettate conquiste degli studi avanzati. Per certi aspetti raggiungeva uno status perfino piú alto dello stesso studio della Storia. Mentre la Storia si occupa di storie, la cronologia si occupa di fatti. Inoltre, i fatti della cronologia avevano significative implicazioni esterne allo studio accademico della storia. Per i cristiani indovinare la cronologia era la chiave per molte questioni pratiche, come sapere quando celebrare la Pasqua, e per altre molto piú ponderose, come prevedere l'avvicinamento dell'Apocalisse. Tuttavia, come ha notato lo storico Hayden White, a dispetto della manifesta importanza culturale della cronologia, solo con difficoltà gli storici occidentali si sono convinti a considerarla qualcosa di piú rilevante di una rudimentale forma di storiografia. La versione tradizionale della nascita del pensiero storico moderno traccia un sentiero che, dagli elenchi medievali di date (enumerate, ma non ancora narrate), chiamati «annali», passa per le esposizioni narrate (ma non ancora narrative) chiamate «cronache», fino a giungere alle forme di storiografia pienamente narrative, che emergono con la modernità stessa. Secondo tale versione, perché qualcosa possa qualificarsi come storiografia non è sufficiente che «si occupi di eventi reali e non di eventi puramente immaginari; e non è abbastanza che il resoconto rappresenti gli eventi nel suo ordine di discorso secondo la sequenza cronologica in cui originariamente essi accaddero. [...] Deve essere rivelata una struttura, un ordine di significato che gli eventi possiedono non come semplice sequenza». A lungo considerate «semplici sequenze» nelle nostre Storie della Storia, le cronologie sono state di solito trascurate. Tuttavia, come nota White, non vi è nulla di «semplice» nel problema di assemblare cronologie coerenti, o i loro analoghi visivi. Come i loro moderni successori, le forme cronografiche tradizionali svolgevano insieme il meccanico compito storico e il laborioso lavoro concettuale. Assemblavano, selezionavano e organizzavano sparsi frammenti di informazione storica nella forma degli elenchi di date. Inoltre le cronologie di un dato periodo possono raccontarci della visione del passato e del futuro propria di quel periodo tanto quanto lo fanno le sue narrazioni storiche. | << | < | > | >> |Pagina 7La linea del tempo sembra essere una delle metafore piú ineludibili che possediamo. Tuttavia, nella sua forma moderna, con un singolo asse e una regolare e misurata distribuzione di date, essa è un'invenzione relativamente recente. Intesa in senso stretto, la linea del tempo esiste da meno di duecentocinquant'anni. Il soggetto di questo libro è come siamo arrivati ad essa, quali alternative esistevano in precedenza e quali di queste, in competizione con la linea del tempo per la rappresentazione della cronologia storica, siano giunte fino a noi.Va detto fin dall'inizio che questa relativa novità della linea del tempo ha poco a che fare con le limitazioni tecnologiche. Per quanto la tecnologia giochi un ruolo importante in questa nostra storia, non è lei a condurre il gioco. Le istanze principali sono di tipo concettuale. Nel tardo Settecento, quando la linea del tempo iniziò a essere di moda in Europa, erano da tempo disponibili sofisticate tecnologie di incisione e stampa, cosí come lo erano tecniche di costruzione e proiezione geometrica molto piú complesse di quanto era necessario per diagrammi cosí semplici. Inoltre, a quei tempi, la questione della rappresentazione visiva dei dati cronologici era ormai dibattuta da molto, moltissimo tempo. Dall'Antichità all'Età moderna ogni concezione della Storia ha escogitato i propri meccanismi di selezione ed elencazione degli eventi significativi. Ebrei e Persiani avevano le loro liste di re; i Greci, le tavole delle Olimpiadi; i Romani, le liste dei consoli e cosí via. La piú antica tabella cronologica greca giunta fino a noi, una lista di sovrani, eventi e invenzioni tecniche, fu incisa nel marmo nel 264-263 a.C. (Figura 4). La piú elaborata tra quelle romane, un insieme di elenchi di consoli e di trionfi creato sotto il regno di Augusto, era collocata nel Foro. Lakoff e Johnson vorrebbero farci credere che in tutti questi manufatti la linea appaia sia come forma visiva sia come metafora verbale; tuttavia, in tutte queste culture, fra tutte queste forme visive, la linea del tempo semplice, regolare e misurata, che oggi ci appare connaturata, rimane dietro le quinte. In quanto norma, in quanto standard ideale dell'aspetto visivo della Storia, la linea del tempo non compare fino alla modernità. Gli storici antichi e medievali avevano le loro tecniche di notazione cronologica. A partire dal IV secolo, in Europa, la piú efficace e tipica di tali tecniche era la tabella o tavola. Per quanto le antiche cronologie venissero scritte in molte forme diverse, fra i letterati la tabella aveva una qualità normativa paragonabile a quella che ha oggi la linea del tempo. In parte l'importanza rivestita dalla tabella cronologica dopo il IV secolo può venir attribuita al letterato romano cristiano Eusebio (Figure 5-6). Già nel IV secolo Eusebio aveva sviluppato un'elaborata struttura tabellare per organizzare e conciliare le cronologie tratte da fonti storiche di ogni parte del mondo. Per presentare chiaramente le relazioni tra le Storie pagane ebraiche e cristiane, Eusebio dispose le rispettive cronologie in colonne parallele che iniziavano con il patriarca Abramo e con la fondazione dell'Assiria. Il lettore che percorreva la Storia di Eusebio, pagina dopo pagina, vedeva sorgere e cadere imperi e regni, fino a quando tutti, anche il regno degli Ebrei, vennero sottomessi al dominio universale di Roma, giusto in tempo per rendere accessibile il messaggio del Salvatore all'umanità intera. Comparando le Storie individuali tra loro e la progressione uniforme degli anni, il lettore poteva vedere all'opera la mano della Provvidenza. Eusebio creò la sua Cronaca, visivamente perspicua, proprio quando lui e altri cristiani iniziavano a adottare il codice, o libro legato, in sostituzione del rotolo. Come altre innovazioni apportate dal cristianesimo nella confezione del libro, le tabelle parallele e il chiaro ordine, anno per anno e decade per decade, della Cronaca riflettevano il desiderio dei primi letterati cristiani di rendere disponibili e immediatamente accessibili per la consultazione rapida la Bibbia e le fonti indispensabili alla sua comprensione. La Cronaca fu ampiamente letta, copiata e imitata nel Medioevo ed esaudí un desiderio di precisione che altre forme, pur popolari (come l'albero genealogico), non erano in grado di soddisfare. Le tavole cronologiche di Eusebio si dimostrarono piuttosto durevoli e, quando gli umanisti del XV e XVI secolo si interessarono nuovamente alla definizione degli intervalli cronologici, esse furono di nuovo al centro dell'attenzione (Figura 7). Alcune moderne edizioni di Eusebio furono tra i primi libri a essere stampati e figuravano tra le piú importanti opere di consultazione nelle librerie di ogni letterato umanista della prima Età moderna. Vespasiano da Bisticci, libraio fiorentino del XV secolo, brillante impresario di un atelier di copisti, lanciò sul mercato una versione riveduta dell'opera di Eusebio che incontrò un grande successo tra gli specialisti e il pubblico dei lettori generalisti. Umanisti come Petrarca furono affascinati dalla distanza storica e culturale che li separava sia dagli scrittori antichi che ammiravano sia dai loro stessi posteri. Petrarca indicava scrupolosamente la data nelle lettere che indirizzava agli antichi Cicerone e Virgilio, ma anche ai lettori futuri, per mettere in evidenza la lunghezza dell'intervallo che da essi lo separava: «Dal mondo dei vivi sulla destra riva dell'Adige in Verona città dell'Italia oltre Po ai 16 di giugno dell'anno dalla nascita di quel Dio che tu non conoscesti 1345». Per stabilire queste distanze cronologiche Petrarca trovò un appoggio nell'antico modello di Eusebio. | << | < | > | >> |Pagina 15La riflessione sulla questione del tempo profondo diede luce anche a forme di mappatura del tempo consapevolmente stranianti, come la linea del tempo della storia futura lunga alcuni miliardi di anni usata dal filosofo e scrittore di fantascienza Olaf Stapledon per la sua parabola metastorica Infinito (1930) (Figura 13).13. Manoscritto della linea del tempo del classico della fantascienza del 1930 Infinito. Il libro di Stapledon traccia una storia evolutiva dell'umanità che copre due miliardi di anni e diciotto grandi rivoluzioni biologiche e culturali. Il libro include un insieme di linee del tempo su diverse scale, da quella storica a quella cosmica. La linea del tempo manoscritta opera allo stesso modo: le linee verticali rappresentano il tempo. Quella all'estrema sinistra è tracciata a una scala di quattrocento anni per pollice [2,54 cm]; quella successiva a una scaladi quattromila anni per pollice e così via: ogni scala ha un valore decuplo rispetto alla precedente. Le linee diagonali colorate sono proiezioni di ciascuna scala nella successiva. Le strisce vertivali viola rappresentano le aree temporali prive di civiltà umane. Le strisce verticali verdi indicano le successive razze di uomini. Stapledon sapeva che è difficile avere una veduta d'insieme della storia umana in termini di miliardi di anni. Sapeva però anche che, proiettata su una linea del tempo, la sua visione sarebbe apparsa quasi naturale. Stapledon impiegò la forma intuitiva della linea del tempo per scuotere le certezze del lettore sui valori impliciti nella stessa scala temporale delle nostre narrazioni storiche. In anni recenti simili invenzioni sono state usate da gruppi ambientalisti come la Long Now Foundation (Figura 14). Lungo i due ultimi secoli, da Francis Picabia a On Kawara e da J. J. Grandville a Saul Steinberg, gli artisti visivi hanno messo in questione e sbeffeggiato i nostri preconcetti sulla rappresentazione grafica del tempo storico. Opere come le loro mettono in rilievo i cambiamenti e le persistenze nel problema della rappresentazione cronologica: la vitalità delle formule create da Eusebio e Priestley e le difficoltà concettuali che esse continuano a presentare. In Cartografie del tempo offriamo un breve resoconto di come sono apparse le moderne formule di rappresentazione cronologica e di come si sono profondamente inserite nell'immaginazione moderna. Nel fare ciò speriamo di gettare un po' di luce sulle concezioni occidentali della Storia, di chiarire la complessa relazione tra idee e modalità di rappresentazione e di offrire una grammatica introduttiva agli aspetti grafici della rappresentazione storica. | << | < | > | >> |Pagina 20Tavole del tempoLa storia della linea del tempo inizia nel mondo antico (Figura 1). I letterati greci e romani tracciavano liste di sacerdoti, vincitori delle Olimpiadi e magistrati; alcune di esse erano incise nella pietra, altre registrate nei libri. Ma fu il teologo del IV secolo Eusebio di Cesarea a progettare e comporre la Cronaca, che divenne il modello per le linee del tempo dei secoli successivi. Eusebio iniziò con lo stabilire il ruolo del cristianesimo nella Storia universale parzialmente narrata dalle Sacre Scritture; progettò tuttavia anche di sincronizzare con questa narrazione centrale le Storie di alcune altre civiltà che avevano mantenuto la loro documentazione e possedevano proprie convenzioni di cronologia, e che svolgevano un ruolo di primo piano nella Storia dell'antico Israele o della Chiesa moderna. Eusebio, che aveva letto la Bibbia in greco, conosceva e impiegò la Hexapla, una Bibbia multilingue scritta su sei colonne compilata da Origene, un altro autore cristiano, nel III secolo. Collazionando parola per parola l'originale ebraico con una traslitterazione greca e con quattro diverse traduzioni, sempre in greco, Origene permise ai lettori cristiani di notare le differenze tra la Bibbia greca, ereditata dagli Ebrei di lingua greca di Alessandria, e la Bibbia ebraica, in uso presso gli Ebrei di Palestina. Quest'edizione, molto lunga e molto famosa, occupava probabilmente venti manoscritti completi. Essa rivelò il potenziale critico delle righe e delle colonne: due strutture che difficilmente si potevano impiegare nei rotoli (i «libri» dell'antichità), mentre si adattavano meglio ai codici, il formato librario preferito dal cristianesimo. Tale formato forní a Eusebio, come già a Origene, un metodo semplice per processare informazioni complesse. Diciannove colonne parallele, una per ciascun impero, riportavano l'ascesa e la caduta degli antichi Assiri, Egizi e Persiani, e anche dei Greci e dei Romani, che ancora dominavano il mondo. Eusebio coordinò tutte quelle Storie, rendendo evidente, per esempio, che il filosofo greco Talete e il profeta ebraico Geremia erano quasi contemporanei. Percorrendo con lo sguardo gli assi orizzontali e verticali delle tabelle, il lettore poteva individuare esattamente quali eventi della storia biblica erano contemporanei a particolari avvenimenti dell'antichità pagana greca o egizia. I lettori dell'antichità, che avevano familiarità con testi illustrati di ogni sorta, dai poemi epici ai trattati matematici, identificarono questa come la caratteristica distintiva dell'opera di Eusebio. Nel VI secolo Cassiodoro, un letterato della tarda romanità, descrisse la Cronaca come «un'immagine della Storia»: un genere che combinava in maniera inedita forma e contenuto, l'aspetto grafico della pagina e la trasmissione di informazioni. L'immagine della Storia di Eusebio impartí un insegnamento fondamentale. Con il trascorrere del tempo i molteplici regni che avevano dominato diverse parti del mondo erano scomparsi. Tutta la Storia confluiva in un'unica storia, che raccontava come Roma avesse unificato il mondo appena in tempo per consentire al Messia di rivelarsi a tutte le popolazioni. In altre parole, la Cronaca non era soltanto un documento altamente intellegibile: essa era anche un geroglifico dinamico della Storia provvidenziale. Tradotta in latino e adattata da san Girolamo, la Cronaca ebbe una lunga serie di copisti, continuatori e imitatori nella tarda Antichità e nel Medioevo (Figura 2). I letterati aggiornavano continuamente il contenuto della Cronaca, mentre gli scrivani ne adattavano il formato. L'umanista fiorentino quattrocentesco Matteo Palmieri è ora piú noto per il trattato De vita civili ma ai suoi tempi, come ricorda il grande libraio Vespasiano da Bisticci, «Latine agiunse a sancto Girolamo nel libro di Eusebio De temporibus, che ripigliò dove lascia sancto Girolamo et Prospero, et iscrisse piú d'anni mille, che si vede durò grandissima fatica a trovare quelle cose che furono in quegli tempi, per la oscurità degli iscrittori. È stata questa sua opera et è in grandissima riputatione, et esserne fatte infinite copie, in modo che lega per tutto il mondo [...]».
Nel Quattrocento e nel Cinquecento gli stampatori aggiunsero caratteristiche che
mancavano nelle versioni manoscritte. Nella prefazione alla prima edizione dell'opera di Eusebio
l'editore Bonino Mombrizio si vantò che nessuno scrivano poteva copiare accuratamente
un'opera tanto lunga e intricata, mantenendo l'ordine delle tavole e collocando tutti i re
al posto giusto. Erhard Ratdolt, che diede alle stampe la sua edizione a Venezia nel 1483,
aggiunse uno speciale accorgimento reso possibile dalla paginazione uniforme dei libri a
stampa: l'indice dei nomi. Nei versi di una poesia del correttore che redasse l'indice:
| << | < | > | >> |Pagina 25Alcune delle cronache composte dopo l'invenzione della stampa, tuttavia, come il grande successo editoriale del certosino Werner Rolevinck Fasciculus temporum («Fascio di date») del 1474 oppure la Cronaca di Norimberga, composta nel 1493 dall'umanista norimberghese Hartmann Schedel e riccamente illustrata, offrivano immagini del passato piú complesse e vivaci. Schedel e Rolevinck sapevano, come anche i lettori di Eusebio, che «le storie universali venivano concepite come imprese grafiche sin dal loro inizio». Entrambi fecero ricorso a un'ampia gamma di accorgimenti grafici vecchi e nuovi per raffigurare il corso della Storia.Il Fasciculus temporum, un diagramma lineare di cinquanta pagine che andava dalla Creazione al tempo presente, voleva offrire ai lettori una veduta d'insieme della storia universale: una presentazione visiva leggibile che potevano impiegare sia come sistema mnemonico sia per incoraggiare la meditazione religiosa (Figura 11). Rolevinck usava un sistema di cerchi coordinati tra loro per localizzare sovrani e scrittori del mondo biblico, classico e moderno nel tempo storico: un sistema talmente complicato che il primo stampatore che lo affrontò produsse un lavoro raffazzonato, rendendo il testo illeggibile, tanto che gli stampatori successivi rassicurarono i lettori di aver seguito il manoscritto dell'autore. I risultati furono ammirevoli: una nitida linea del tempo poderosamente orizzontale, che correva diritta dalla Creazione al tempo presente. Intorno, ordinatamente disposte e coordinate tra loro, nuvolette con nomi ed estratti da testi storici mettevano polpa alle ossa numeriche del libro. Al contrario, Schedel raffigurava molti dei suoi attori (che ammontavano ad alcune centinaia) come se fossero, letteralmente, i frutti di elaborati alberi genealogici (Figure 12-13). Illustrò il suo libro con una mappa tolemaica del mondo, con vertiginose vedute prospettiche di città antiche e moderne, e perfino con belle immagini degne di un fumetto delle selvagge razze di cannibali e cinocefali che sin dai tempi antichi si diceva vivessero in India. Per quanto il suo libro non potesse competere con quello di Rolevinck quanto a nitore visivo e precisione, offriva tuttavia descrizioni del passato molto piú dettagliate, sia dal punto di vista visivo sia da quello verbale. | << | < | > | >> |Pagina 62| << | < | > | >> |Pagina 69L'astronomo gesuita Giambattista Riccioli, che insegnò a Bologna per molti anni, redasse nel 1651 l' Almagestum novum, un manuale di astronomia antica e moderna talmente preciso che sir Isaac Newton lo usava come testo di riferimento standard. Nel 1669 Riccioli pubblicò poi una Chronologia che superava le mille pagine in-folio. L'antiporta ci mostra come i creatori di linee del tempo concepivano la propria arte: ai lati dell'immagine compaiono le personificazioni della Cronologia e della Storia. Clio, la musa degli storici, si erge appoggiando le piante dei piedi sul basamento, con la tromba in una mano e una fioca candela nell'altra, con un'espressione un po' depressa. La Cronologia, al contrario, calpesta fieramente le ossa dei «morti illustri». Il raggio luminoso che promana dalla sua torcia si innalza in un arco che, volgendosi indietro, rivela magnifici gigli storici, mentre piccole e indaffarate api gesuitiche ronzano intorno, al servizio della famiglia dei Farnese, che ha supportato la ricerca (Figura 76).Il corsetto della Cronologia è scivolato, rivelando il seno. Non è un fatto casuale, né un donchisciottesco tentativo di conferire un appeal erotico al piú arido dei soggetti. I vestiti in disordine della Cronologia fanno intravedere il sole e la luna (e dunque l'astronomia, la scienza che studia i loro movimenti) come fonte naturale della sua superiore potenza scientifica. Sarebbe difficile immaginare una dichiarazione piú emblematica della stima di cui la cronologia godeva nell'Italia barocca, eccettuato forse lo stesso formato del libro di Riccioli, che venne stampato in un periodo in cui era divenuto notevolmente difficile finanziare la pubblicazione di poderosi in-folio scientifici. Tuttavia, Riccioli ammise di non essere in grado di tracciare un'unica linea di date dalla Creazione al tempo presente. Le versioni bibliche differivano tra loro, e l'astronomia non poteva decidere in favore dell'una o dell'altra. Il testo di Riccioli non manteneva l'orgogliosa promessa della sua antiporta. Nei fatti, profonde crepe fecero la loro comparsa nelle fondamenta della cronologia. Nel 1655 un protestante francese chiamato Isaac de la Peyrère aveva messo in crisi sia la cronologia sia la teologia, sostenendo, in un serio trattato latino, la tesi secondo la quale la Genesi racconta in realtà due storie: quella dell'intera razza umana e quella, piú breve, degli Ebrei. Notava come i Cinesi, gli Egizi e altri popoli possedessero una cultura ben piú antica di quella ebraica. In aggiunta presentava il Diluvio non come una catastrofe universale, ma come un evento di portata locale. La Peyrère si ritrovò agli arresti domiciliari e venne costretto a convertirsi al cattolicesimo; dozzine di letterati, sia cattolici sia protestanti, facevano a gara nel demolire la sua opera. Appena un paio d'anni dopo, tuttavia, un altro gesuita, Martino Martini, portò agli Europei la notizia che davvero la storia dei Cinesi era iniziata prima del Diluvio. Martini aveva studiato a Roma con Athanasius Kircher, il quale riteneva, seguendo tacitamente il calvinista Scaligero, che l'Egitto esistesse prima del Diluvio. Quando arrivò in Cina e lesse gli annali di quel regno, Martini non fu dunque troppo sorpreso nello scoprire che anche i Cinesi avevano avuto inizio troppo presto per combaciare con la storia della Genesi. A differenza degli Europei, inoltre, i Cinesi avevano conservato le osservazioni delle eclissi che confermavano l'antichità della loro Storia. La certezza, e insieme ad essa una linea del tempo coerente ed esaustiva, sembrava sempre piú lontana. Il magnifico appello visivo di Riccioli in favore del potere della cronologia e della sua torcia sembrava soltanto un disperato tentativo di puntellare una struttura che appariva prossima al collasso. | << | < | > | >> |Pagina 109Altri letterati e incisori settecenteschi seguirono percorsi grafici ancora piú avventurosi. Nel 1718 l'incisore tedesco Johann Georg Hagelgans pubblicò un Atlas historicus («Atlante storico») politico e militare che riservava al formato eusebiano un trattamento nuovo e immaginoso (Figura 11). Come aveva fatto Lenglet du Fresnoy, Hagelgans ingrandí la pagina oltre il formato in-folio. Poi, sulla matrice creata dal tradizionale formato a righe e colonne, disegnò migliaia di piccole immagini di soldati, uomini di Stato e personaggi politici dai tempi biblici al tempo presente. Le tavole di Hagelgans erano piene di colpi di scena visivi. Le linee della griglia cronologica incorniciano rappresentazioni prospettiche di scene bibliche o storiche, e, ovunque, squarci in trompe-l'il rivelano scene dettagliate nascoste sotto la superficie del grafico. Nonostante le grandi dimensioni dell'opera, Hagelgans mirava alla massima efficacia visiva possibile. Il suo Atlas era accompagnato da un elenco di ottanta simboli che indicavano dettagli quali il modo in cui i sovrani erano morti e come avevano ricevuto la corona. Questo sistema gli permetteva quasi di fare a meno del testo, mantenendo e ravvivando l'antica matrice eusebiana.Altre opere, come le «carte istoriche» del poeta e letterato italiano Girolamo Andrea Martignoni, facevano totalmente a meno del formato eusebiano (Figure 12-14). In alcuni diagrammi splendidamente incisi pubblicati nel 1721 Martignoni propose un'efficace analogia visiva tra lo spazio geografico e il tempo storico. Anche se, in definitiva, le opere di Martignoni non sono mappe storiche nel senso convenzionale di istantanee geografiche di diversi momenti storici: sono piuttosto diagrammi cronologici presentati in forma cartografica. Se, a un primo sguardo, sembrano raffigurare un territorio circolare con un grande lago al centro e fiumi che scorrono nei due sensi, a un esame piú attento quei fiumi e quelle masse di terra si rivelano metafore temporali, anziché elementi paesistici: territori della Storia, fiumi del tempo. Gli affluenti nella parte superiore del diagramma rappresentano le nazioni conquistate dall'impero romano; quelli nella parte inferiore le nazioni che da esso sono nate; infine, il grande lago al centro è l'impero medesimo. Come Hagelgans, Martignoni tentò, per quanto possibile, di eliminare dai suoi diagrammi il testo. Il suo obiettivo era quello di condurre il lettore a un'esperienza di apprendimento delle informazioni di tipo prettamente visivo. Proprio come nell'opera di Hagelgans, i risultati sono misti: i diagrammi sono pesantemente simbolici soprattutto quando vengono combinate icone codificate. Quando un sovrano muore mentre è ancora sul trono l'evento è rappresentato con un piccolo teschio; quando due troni vengono uniti da un matrimonio lo si segna con un anello; quando muore un re e gli succede una regina troviamo un teschio a fianco di un anello, con un effetto un poco sinistro. Ma le vere difficoltà del diagramma di Martignoni sono di altro ordine. Appare chiaro che lo spazio geografico obbedisce a leggi diverse da quelle del tempo storico. Le conquiste di terre lontane, le complicate alleanze dinastiche, i matrimoni, le seconde nozze eccetera pongono alla metafora geografica problemi complicati. Nella mappa di Martignoni i fiumi spesso valicano altri fiumi, oppure curvano all'indietro, le forme dei territori si ripetono, le leggi della gravità e della meccanica dei fluidi vengono continuamente sfidate.
L'opera di Martignoni offri una delle prime visualizzazioni sistematiche della metafora
del corso del tempo, ma certo non sarebbe stata l'ultima. I cronografi successivi avrebbero
seguito un approccio piú semplice, utilizzando l'immagine del fiume soltanto per mostrare
i piú grandi movimenti della Storia, e non i dettagli minuti che obbligarono Martignoni a
ricorrere a quella grande quantità di mulinelli e riflussi. Con questo non vogliamo sminuire
il suo tentativo. Al pari di Hagelgans, Martignoni spostò i limiti di ciò che si poteva
scorgere in una singola veduta. La sua opera, nonostante il risultato finale comportasse una
ridda di contraddizioni visive, suggeriva le possibilità che si sarebbero aperte qualora una
mappa del tempo fosse stata disegnata in maniera coerente.
13-14. Le «carte istoriche» pubblicate dal poeta e letterato italiano Girolamo Andrea Martignoni nel 1721 imitavano le formule della cartografia. Quelle che a prima vista appaiono come mappe del mondo sono in realtà grafici ibridi, che combinano informazioni geografiche e cronografiche. I larghi fiumi sono qui i fiumi del tempo. Il modello di Martignoni non venne largamente copiato, ma illustra in modo brillante la ricerca settecentesca di un nuovo vocabolario visivo per le mappe del tempo. Il problema della normalizzazione e della misurazione dominò le nuove rappresentazioni cronografiche per tutta la parte rimanente del XVIII secolo. Non tutti i tentativi ebbero successo. Una delle opere piú ambiziose di quel periodo fu la lineare Chronographie universelle («Cronografia universale») pubblicata nel 1753 da Jacques Barbeu-Dubourg (un amico di Benjamin Franklin, nonché collega degli Enciclopedisti), che allargò l'approccio tabulare di Eusebio fino alla sfera grafica degli incisori settecenteschi. Seguendo la logica della cartografia, Barbeu-Dubourg adottò per il suo diagramma una scala grafica rigorosamente uniforme, scandita da segmenti lineari che avevano l'aspetto di asticelle di misurazione. La regolarità visiva in sé non era nulla di nuovo; alcune opere del Cinquecento e del Seicento, quali per esempio quella di Gerardo Mercatore e di Ubbone Emmio, si erano avventurate nella direzione della linea graduata. Entrambe le opere erano molto belle e semplici dal punto di vista tipografico; entrambe proseguivano per pagine e pagine presentando soltanto una scala temporale, priva o quasi di informazioni di contorno. Tuttavia, fra quei libri e l'opera di Barbeu-Dubourg esisteva un'importante differenza. Per quanto le cronografie piú antiche definissero uno spazio grafico lineare, esse restavano ancorate ai rudimentali confini della tipografia. Il diagramma inciso da Barbeu-Dubourg, al contrario, permette al lettore di misurare il tempo con grande precisione; la seconda edizione dell'opera, apparsa nel 1838, venne corredata da un piccolo strumento d'ottone adatto proprio a quello scopo (Figure 15-17). Il diagramma di Barbeu-Dubourg condusse alle loro logiche conseguenze i principi della regolarità e dell'enciclopedismo: il suo diagramma era immenso. In effetti, con i suoi 16,5 metri di lunghezza era molto difficile che venisse mostrato nella sua totalità in un'unica volta. Ma Barbeu-Dubourg fece di necessità virtú. Anche se la Chronographie universelle poteva venire acquistata come un libro a fisarmonica, che si poteva dispiegare per tutta la sua lunghezza, venne progettato per poter essere srotolato e visionato sezione per sezione. Per fare ciò andava montato su un apparato che Barbeu-Dubourg chiamò «macchina cronografica», cioè un astuccio su misura provvisto di cilindri di metallo e manovelle. La macchina del tempo di Barbeu-Dubourg era incernierata al centro, in modo da poterla appoggiare su qualunque superficie, per controllarne liberamente lo scorrimento, cosí che il lettore potesse muoversi con agio avanti e indietro tra grandi porzioni della storia universale. Anche se non conobbe mai il successo commerciale, raggiunse tuttavia l'onore piú alto a cui in quel periodo si poteva aspirare: una voce a lei dedicata nell' Encyclopédie di Diderot e D'Alembert. Gli anni Cinquanta del Settecento videro la pubblicazione di altre importanti cronografie. In Inghilterra, circa nello stesso momento in cui apparve la macchina di Barbeu-Dubourg, il cartografo Thomas Jefferys pubblicò A Chart of Universal History («Una carta della storia universale»), un'opera che tentava, in altro modo, di risolvere le difficoltà insite nell'approccio cartografico (Figura 18). Il Chart of Universal History prende le mosse da una premessa convenzionale. Come nelle tavole di Eusebio, nel diagramma di Jefferys le nazioni sono elencate su una riga nella parte superiore della pagina, mentre le date scendono in colonna sul lato verticale. Proprio come nelle tabelle piú antiche, gli eventi possono essere individuati incrociando la data e il luogo. Ma qui si arrestano le somiglianze. In primo luogo il diagramma di Jefferys è sinottico: espone tutti i dati in un unico piano continuo, visibile nella sua interezza. Certo è possibile racchiudere una singola tavola eusebiana in una sola pagina, come aveva fatto Boulaese quando condensò e adattò il formato di Eusebio a un manifesto, ma, a parte il risparmio di spazio, la maggior parte di tali sforzi non offriva veri vantaggi funzionali rispetto al formato del codice. A differenza di Boulaese - e di Helwig, e di altri che avevano prodotto codici di cronache con pagine uniformi - Jefferys non suddivise i suoi dati in celle separate e indicizzate, ma fece dello spazio occupato dal diagramma una superficie continua. In questo modo, sebbene il contenuto del diagramma sia quello di una tavola tradizionale, il senso della dimostrazione viene fondamentalmente invertito: la formula precedente concentra la nostra attenzione sul contenuto storico di uno spazio/tempo dato, mentre il nuovo approccio di Jefferys la concentra sull'estensione temporale di entità ed eventi storici. Chiaramente, alcuni vantaggi del formato eusebiano vengono sacrificati nel metodo di Jefferys. Essendo il suo diagramma continuo, anziché diviso in celle separate, non è facile suddividerlo; e dunque, mentre funziona egregiamente come diagramma, è piú difficile tradurlo nella forma di un libro rilegato. Il suo diagramma è fatto per essere ispezionato visivamente come una carta geografica, non indicizzato in righe e colonne. Ma i vantaggi dell'approccio di Jefferys restano ugualmente evidenti. Al contrario delle tavole eusebiane, esso non si limita a fornire le date ma le fa vedere, in un formato molto intuitivo. Gli imperi quali quello di Alessandro Magno, vasto ma di breve durata, sembrano dei pancakes, bassi e larghi. Altri, come quello bizantino, che erano compatti dal punto di vista geografico e molto duraturi, sembrano cannucce, lunghe e strette. Gli imperi che erano insieme vasti e di lunga durata, come quello romano o quello ottomano, appaiono come grandi blocchi colorati. Frammenti dello stesso colore sparsi qua e là indicano regioni appartenute a un singolo impero. Tuttavia, poiché il diagramma di Jefferys non è una carta geografica, le collocazioni relative possono trarre in inganno: la Francia e la Germania sono separate dall'Italia; l'Egitto è schiacciato tra la Cina e il Sudamerica come in un panino. In molti casi è ingannevole anche la dimensione: Jefferys dedica tanto spazio all'Italia quanto all'India, e piú alla Spagna che al Nordamerica e al Sudamerica messi insieme. Il diagramma è orgogliosamente romanocentrico e colloca l'impero romano esattamente nel cuore della Storia e della geografia universali. Anche cosí, tuttavia, raggiunge il potente effetto di dimostrare la transitorietà di tutti gli imperi. Nei termini del suo diagramma, le nazioni geografiche continuano a esistere attraverso la Storia, ma tutti gli imperi (perfino l'imponente impero di Roma) sono isole o arcipelaghi nel tempo. Per quanto notevole, il Chart of Universal History scomparve velocemente com'era apparso: nella British Library se ne conserva oggi un'unica, solitaria copia. Il grande impatto che suscitò non fu diretto, ma piuttosto mediato dall'influenza esercitata sullo scienziato e teologo Joseph Priestley, uno degli autori piú rinomati del suo tempo. Quando apparve il diagramma di Jefferys, Priestley aveva vent'anni ed era agli inizi della sua carriera. Non si era ancora imbarcato nella ricerca che l'avrebbe condotto alla scoperta dell'«aria deflogistizzata» nel 1774, e alla controversia che ne segui, che lo oppose allo scienziato francese Antoine-Laurent de Lavoisier, il quale aveva una spiegazione alternativa alla scoperta di Priestley, e anche un termine alternativo: «ossigeno».
Priestley lavorava come insegnante in un'accademia dissenziente dove teneva corsi su
molti argomenti, inclusa la Storia. A tale scopo leggeva una gran quantità di testi storici e
consultava tutte le buone opere di riferimento che trovava, tra le quali quelle di Thomas
Jefferys, Nicolas Lenglet du Fresnoy e Francis Tallents. Dagli anni d'insegnamento nacquero
importanti opere di storia, politica e educazione, alcune delle quali erano ampiamente
lette: tra queste le
Lectures on History and Generai Policy
(«Lezioni di storia e politica generale»). Due delle piú durevoli furono i suoi diagrammi
cronologici stampati su doppio formato in folio, intitolati
Chart of Biography
(«Diagramma di biografia»), del 1765, e
A New Chart of History
(«Una nuova carta della storia»), del 1769. Chiunque avesse visto in
precedenza il diagramma di Jefferys non sarebbe rimasto sorpreso dalla nuova concezione di
Priestley (Figure 19-20). Priestley fece sua la struttura della disposizione grafica di Jefferys
e alcuni dei suoi concetti visivi, ma apportò alcune innovazioni cruciali. Al progetto di
cronografia Jefferys aveva applicato la prospettiva dell'incisore: il suo diagramma aveva
mostrato tutto ciò che era possibile realizzare entro i confini della pagina singola. Priestley,
al contrario, vi apportò la visione dello scienziato: fu il primo cronografo a concettualizzare
i suoi diagrammi in termini simili a quelli dell'illustrazione scientifica, e il primo a esporre
principi sistematici per il trasferimento dei dati storici in un medium visivo.
20. Nel 1769 Joseph Priestley pubblicò A New Chart of History, in cui abbozzava un diagramma storico più vicino al modello di Thomas Jefferys. Priestley regolarizzò la distribuzione delle date sul diagramma e lo orientò in senso orizzontale per enfatizzare il continuo flusso del tempo storico. I due diagrammi di Priestley sottostavano alla stessa scala, in modo che i dati contenuti in uno dei due potessero venir prelevati e virtualmente spostati nell'altro. I diagrammi di Priestley erano grandi ed eleganti - circa un metro di lunghezza per sessanta centimetri di altezza. Il Chart of Biography era abbastanza ampio da registrare le nascite e le morti di duemila personaggi storici famosi, quasi tutti di sesso maschile, lungo tremila anni del «tempo universale»; il New Chart of History mostrava i destini di settantotto regni e imperi importanti nello stesso lasso di tempo. Entrambe le opere si potevano acquistare come manifesti o come rotoli montati su cilindri girevoli, e vennero lanciate sul mercato con una strategia piuttosto aggressiva da parte dell'editore londinese di Priestley. Questi aveva progettato le sue carte per la curiosità e il piacere del lettore generalista, ma l'intento era anche quello di essere utile agli studiosi: egli era convinto che lo stesso approccio potesse funzionare bene per entrambi gli scopi. Di fronte a quei diagrammi, sosteneva Priestley, anche un bambino avrebbe potuto riconoscere l'errore del «cronologista privo di tatto» che, attraverso sofferte computazioni, aveva fatto di tutto per separare gli innamorati Didone ed Enea ponendo tra loro oltre trecento anni. Secondo Priestley, una semplice dimostrazione era sufficiente a mettere fine a una controversia che aveva tormentato gli esegeti di Virgilio almeno a partire dai tempi di Petrarca. I diagrammi di Priestley sono capolavori di economia visiva. Sia il Chart of Biography che il New Chart of History sottostanno a rigide convenzioni grafiche: lungo i margini superiore e inferiore essi sono scanditi da intervalli di cento anni; tra l'una e l'altra di queste tappe secolari i puntini indicano i decenni; le date scritte in alto e in basso sono connesse da una griglia di linee verticali per facilitare la lettura del diagramma. In aggiunta, il Chart of Biography è suddiviso in sei bande orizzontali che rappresentano le aree di attività. La piú alta è dedicata a storici, antiquari e uomini di legge; quella successiva a oratori e a critici; poi artisti e poeti; matematici e fisici; sacerdoti e metafisici; infine, nel gradino piú basso, uomini di Stato e guerrieri. L'interno del Chart of Biography è occupato da circa duemila piccole linee piene orizzontali che rappresentano le vite degli individui famosi. Quando Priestley era certo delle date di vita e di morte iniziava e terminava tali linee nitidamente, collocandole nei punti appropriati del diagramma; quando non lo era iniziava o terminava la linea con un'ellissi, che era tracciata con molta attenzione: «Quando è detto che uno scrittore fiorí in o intorno a un dato momento, una breve linea piena viene tracciata a circa due terzi prima e un terzo dopo quel particolare momento, con tre puntini prima e due dopo; poiché generalmente si dice che gli uomini fioriscono molto piú in prossimità della loro morte che della loro nascita». Il diagramma biografico mostra una sorprendente semplicità formale. Priestley voleva che esso fosse una «dimostrazione oculare» dei principi matematici che Isaac Newton aveva applicato nei suoi scritti di argomento cronologico (pubblicati postumi). In essi Newton sosteneva che molte controversie cronologiche avrebbero potuto essere risolte se soltanto si fosse determinata la distanza tra le generazioni tramite le medie matematiche. Un suo seguace, John Craig, aveva perfino cercato di elaborare delle regole per esprimere il tasso di perdita di affidabilità delle fonti storiche con il trascorrere del tempo. Nel diagramma di Priestley tali medie appaiono ovunque, proprio «come richiede l'uniformità del corso della natura». Il New Chart of History è identico, come formato e come scala, al Chart of Biography e inizia e finisce alle stesse date; lungo il margine inferiore mostra il medesimo elenco di sovrani, che parte con gli Ebrei e culmina nei re dell'Inghilterra moderna. Priestley sperava che l'adozione di una scala comune facilitasse l'utilizzo simultaneo dei due diagrammi. Per quanto non fossero letteralmente sovrapponibili, li si poteva affiancare per compararli e, come nota lo stesso Priestley, i lettori avrebbero potuto facilmente trascrivere sull'uno informazioni provenienti dall'altro. Come già aveva fatto per il Chart of Biography, Priestley pubblicizzò il New Chart of History come strumento che si rivolgeva all'intelletto attraverso i sensi. Al contrario dei libri di cronologia, che richiedevano una grande fatica mentale, il New Chart of History era pensato per dare agli studenti l'impressione di vedere la Storia in azione. Scrive Priestley: Se il lettore muove l'occhio verticalmente, vedrà lo stato contemporaneo di tutti gli imperi esistenti al mondo, in ogni momento scelto. Potrà osservare quali stavano sorgendo, quali fiorivano e quali stavano invece declinando. Spostando l'occhio un poco su ciascun lato della linea verticale, vedrà quali imperi erano appena usciti di scena, e quali stavano per entrarvi. Priestley insiste sul fatto che è possibile fare tale esperienza senza leggere. Egli fa un'unica concessione significativa alle limitazioni del semplice grafico lineare: sulla scia di Jefferys, aggiunge il colore al New Chart of History; tale innovazione gli permette di mostrare l'unità di quegli imperi che «non può venir rappresentata da spazi continui». Entrambi i diagrammi di Priestley raggiungono notevoli risultati di condensazione. Di fatto, sono talmente densi che diventa difficile darne una buona riproduzione. Quando sono mostrati una sezione per volta (elettronicamente, su pellicola o a stampa) l'effetto d'insieme del lavoro si perde facilmente. Secondo Priestley i diagrammi possiedono la speciale caratteristica di trasmettere le relazioni cronologiche «in un solo sguardo»; in tal modo essi esprimevano il potenziale dell'immagine grafica e magnificavano le virtú dello stesso studio della Storia. Nei diagrammi, come anche nella Storia, «l'intero complesso è di fronte a noi. Vediamo uomini e cose in tutta la loro lunghezza, per cosí dire; li vediamo come in generale, attraverso un mezzo meno parziale di quanto non lo sia l'esperienza». | << | < | > | >> |Pagina 158Nel 1849 il filosofo positivista Auguste Comte apparve alla ribalta con un altro schema storico audace. Il suo Calendrier positiviste («Calendario positivista») di tredici mesi non era inteso essenzialmente come grafico (Figure 43-44). Era esattamente ciò che diceva il suo nome, un calendario progettato per organizzare la riflessione e la memoria storica e per rimpiazzare i calendari religiosi esistenti: per Comte il positivismo era una religione. Tuttavia, se il calendario prescriveva un ciclo annuale di ricorrenze, proprio come quelli cattolici e protestanti che si proponeva di sostituire, esso seguiva anche l'ordine lineare della Storia. Il primo dei tredici mesi, che prendeva il nome da Mosè, commemorava gli antichi eroi del Positivismo quali Licurgo, Zoroastro e Confucio; il tredicesimo mese (dedicato all'anatomista francese Marie-François-Xavier Bichat) era riservato agli eroi dell'Età moderna, come Copernico, Newton e Priestley. Come il sistema di Fourier, quello di Comte dimostrava l'eterogeneità delle visioni cronografiche nella modernità e la persistenza delle tradizionali strutture temporali in un'età di progresso.Anche in Germania e in Austria l'incessante insistenza di Priestley sulla cronologia a intervalli regolari incontrò qualche resistenza. Nel 1804, per esempio, il cronologista austriaco Friedrich Strass pubblicò un diagramma intitolato Strom der Zeiten («La corrente del tempo»), che esercitò una grande influenza (Figura 45); l'opera venne tradotta in numerose lingue, tra cui l'inglese e il russo, e venne citata in svariate opere di cronologia. Al pari di Priestley, Strass era convinto che una rappresentazione grafica della Storia presentasse molteplici vantaggi rispetto a una testuale: metteva in luce l'ordine, la scala e i sincronismi in modo immediato, senza richiedere la fatica dei calcoli e della memorizzazione. Tuttavia, secondo William Bell, il traduttore inglese di Strass, la scansione «equisecolare», geometricamente regolare, proposta dai diagrammi di Priestley implicava un'uniformità nei processi storici che, semplicemente, era fuorviante. In accordo con la retorica della storiografia romantica, Strass insisteva ancora nell'equiparare l'ordine e la misurazione. Come scriveva Bell, per quanto possa essere naturale aiutare la facoltà percettiva nella sua appercezione del tempo astratto, con l'idea di una Linea [...] stupisce che [...] l'immagine di una Corrente non si sia mai presentata ad alcuno [...] Le espressioni «scorrere» o «incalzare»; oppure quella della «rapida corrente» applicate al tempo ci sono altrettanto familiari di quelle di «lunghezza» o «brevità». Né occorre molto acume per ritrovare [...] nell'ascesa e caduta degli Imperi un riferimento alla sorgente di un fiume, e alla rapidità crescente della sua corrente in proporzione al declivio dei canali verso l'Oceano che li accoglie. Ebbene, questa metafora [...] conferisce grande vividezza alle idee e imprime i fatti nella mente piú energicamente di quanto lo faccia la rigida regolarità della linea retta. Similmente il diversificato potere di separare le varie correnti in ramificazioni subordinate, oppure di unirle in un unico vasto oceano di Potenza [...] tende a rendere l'idea piú attraente grazie alla sua bellezza, piú perspicua grazie alla semplicità, e piú coerente grazie alla somiglianza. La Storia, per Strass e Bell, era un modo di conoscere il passato, e non soltanto i fatti documentati. Di conseguenza, mentre la cornice del diagramma di Strass mantiene il tono generale di Jefferys e Priestley, la sua rappresentazione della Storia in sé ha un aspetto completamente diverso. La Strom der Zeiten nasce da una tempesta in cima al grande manifesto; sulla sua superficie gli eventi scorrono e rifluiscono, si biforcano e si avvitano, incalzano e rombano. Mercatore sarebbe rimasto affascinato nel vedere che i suoi modesti sforzi per modificare la portata del passaggio del tempo erano stati trasformati in una metafora visiva tanto flessibile e grandiosa. Strass non era l'unico creatore di diagrammi a seguire quell'indirizzo. Che la forma fosse quella della corrente (di solito discendente) o quella dell'albero (di solito ascendente), simili schemi visivi nell'Ottocento apparivano ovunque. Appena pochi anni dopo la prima pubblicazione della Strom der Zeiten due importanti inventori del New Jersey, i fratelli Daniel e Stephen Dod, realizzarono un diagramma simile, anche se basato sulla forma ad albero (Figure 46-47). I diagrammi americani come quello dei Dod erano piú effimeri rispetto ai loro corrispondenti europei e piú rozzi nella definizione dei margini. Nonostante la sua bellezza intrinseca, il diagramma dei Dod non viene ricordato per le sue qualità, ma per la fama dei suoi creatori. Stephen e Daniel Dod erano figli dell'orologiaio americano Lebbeus Dod, che durante la Rivoluzione si riconverti alla fabbricazione di armamenti. Stephen era un noto agrimensore e ricopri la carica di sindaco di Newark; Daniel progettò e costruí il motore a vapore del Savannah, la prima nave a vapore ad attraversare l'Atlantico. Tuttavia il diagramma dei Dod ebbe una certa influenza negli Stati Uniti, e nel 1813 il rinomato stampatore del Vermont Isaac Eddy, insieme al fabbricante di mappamondi James Wilson, ne produsse una nuova versione. | << | < | > | >> |Pagina 197Nel 1874 Robert Henlopen Labberton, professore di storia al Barnard College e specialista di greco antico, pubblicò un noto atlante storico e insieme un ennesimo diagramma grande e sgargiante, intitolato History Taught by the Eye (« La storia insegnata con l'occhio») (Figura 25). Il diagramma di Labberton copriva quarantatre secoli in 2,73 metri18. Come molti realizzatori di diagrammi dell'Ottocento, Labberton sottolineava il carattere neutrale e «scientifico» della sua opera. Al contrario dei tradizionali libri di storia, sosteneva, i suoi diagrammi mantenevano «quell'unità che si imprime nell'attenzione che presenta la vicenda dei secoli come un ampio, continuo e armonioso complesso». Date tali caratteristiche, continuava, quegli stessi diagrammi sarebbero stati un'utile difesa contro i sofismi degli «astuti giornalisti, conferenzieri "brillanti" e politici di mestiere».Ciascuno di questi diagrammi era notevole a suo modo, ma il Synchronological Chart del pioniere e pastore dell'Oregon Sebastian C. Adams (che in seguito conobbe molte edizioni con titoli diversi) rappresentò un risultato prodigioso dell'America ottocentesca in termini di complessità e potenza di sintesi (Figure 26-27). Adams era stato per tutta la prima parte della sua vita, trascorsa al confine estremo del territorio degli Stati Uniti, un insegnante e uno dei fondatori del primo collegio biblico dell'Oregon. Nato in Ohio nel 1825 e educato negli anni Quaranta nell'allora nuovissimo Knox College di Galesburg, Illinois, uno dei centri del movimento abolizionista americano, Adams era uno che pensava in grande, un lettore vorace e un indefesso perfezionista. Il Synchronological Chart è una grande opera di pensiero anticonvenzionale e un'armatura per lo studio autodidatta; il suo obiettivo è quello di innalzarsi rispetto allo status di semplice sommario storico e di servire da autonomo libro di testo. Anche se negli anni seguenti si distaccò dalla religione organizzata, all'inizio Sebastian Adams aveva per la cronologia un interesse che era insieme scientifico e teologico. Alexander Campbell, fondatore dei Discepoli di Cristo e prima fonte di ispirazione spirituale per Adams, aveva scritto che si potevano interpretare i «segni dei tempi» soltanto comprendendo «la loro posizione nel diagramma degli sviluppi profetici». Il Synchronological Chart di Adams mirava a facilitare tale comprensione: al pari dei diagrammi di Lyman e Willson era grande (5,20 metri di lunghezza per oltre 60 centimetri di altezza), ma era visivamente piú ricco dei contemporanei. Adams l'aveva concepito nella lontana Salem, Oregon, ma viaggiò a est per affidarne la realizzazione a Strobridge & Co, una ditta di provetti litografi di Cincinnati che produceva carte topografiche, incisioni dettagliate di scene della Guerra Civile, libri di viaggio illustrati e pubblicità a colori per clienti paganti, tra cui circhi e teatri. Il diagramma di Adams, nella sua forma definitiva, incorporava caratteristiche di tutti quei generi: era enorme, dettagliato, strapieno di informazioni e coloratissimo.
Nel suo concetto generale, il
Synchronological Chart
paga molti debiti alla tradizione
della «corrente del tempo» e in qualche modo era una sorta di anacronismo già alla sua
prima apparizione. Molti elementi sembrano puntare al passato anziché al futuro, come
l'impiego della data canonica del 4004 a.C. per la Creazione (un termine stabilito
dall'arcivescovo Ussher), la transizione senza alcuna cesura dalla storia sacra a quella secolare
e il ricorso a molti espedienti della tradizione millenarista, come l'immagine della Bestia
dell'Apocalisse. Tuttavia il diagramma di Adams era anche una forte rivendicazione del
potere esercitato da una linea del tempo ad asse unico, regolare e misurata, e dell'importanza
degli strumenti visivi per l'educazione.
26. I diagrammi del pastore dell'Oregon Sebastian C. Adams erano un caos di colori e dettagli che includeva testo, illustrazioni e mappe disposti intorno a una linea del tempo orizzontale e graduata. Popolare e ben accolto dalla stampa, il diagramma di Adams veniva nella maggior parte dei casi venduto come un libro a fisarmonica, ma lo si poteva anche trovare montato su cilindri a manovella (come in questa terza edizione del 1878), in modo da poterlo appendere al muro. | << | < | > | >> |Pagina 206Un'arte da bricoleurNel mondo occidentale la concezione e l'esperienza del tempo mutarono rapidamente durante gli ultimi decenni dell'Ottocento. In un brevissimo periodo i nuovi sviluppi sociali, tra i quali l'industrializzazione, l'urbanizzazione e la diffusione di nuove tecnologie come la ferrovia e il telegrafo, resero inevitabile il confronto con le nuove convenzioni di misurazione del tempo. Giorno dopo giorno le abitudini quotidiane venivano disciplinate in misura sempre maggiore da orologi fissi e portatili. L'ora esatta non veniva piú stabilita soltanto dalle convenzioni locali. I fusi orari collegavano tra loro luoghi lontanissimi e governavano un sistema globale e interconnesso. Ovviamente questi cambiamenti non furono repentini. Sin dal Rinascimento gli orologi avevano giocato un ruolo sempre piú importante nell'immaginario culturale europeo e già a metà del Seicento seguaci della prima ora come il memorialista inglese Samuel Pepys potevano a stento immaginare di uscire senza il loro orologio da tasca. Un trattato teologico pubblicato in Inghilterra nel 1597 paragonava lo studio della cronologia allo sguardo sulle sabbie di una grande clessidra storica; un altro, pubblicato ottant'anni dopo, lo definiva come un orologio «forgiato ad arte [...] con il martello e la lima per molti anni [...] per svolgere il suo compito in maniera veritiera e affidabile». Altri erano piú scettici, specialmente durante i molti decenni in cui gli orologi fornivano l'ora esatta soltanto per approssimazione. Un detto popolare della prima Età moderna recitava: «Gli orologi e i cronologisti non vanno mai d'accordo». Alla fine, comunque, gli strumenti di misura del tempo raggiunsero un notevole livello di precisione. Durante il Settecento le tecnologie di cronometria avevano compiuto progressi sostanziali, come dimostra il cronometro marino proposto nel 1761 da John Harrison per il concorso del Longitude Prize indetto dal governo britannico. Con il cronometro H4 di Harrison la sincronizzazione globale era divenuta una possibilità pratica, non soltanto teorica. Allo stesso tempo gli orologi fissi e portatili erano divenuti ampiamente accessibili ai consumatori borghesi e venivano integrati nelle pratiche quotidiane, per quanto incontrassero talvolta considerevoli resistenze. Nelle fabbriche, per esempio, venivano utilizzati per imporre una nuova disciplina ai lavoratori riluttanti. Durante l'Ottocento, finalmente, sotto l'influsso dei cartellini nelle fabbriche, degli orari ferroviari e della comunicazione telegrafica a lunga distanza, l'idea del tempo come dimensione unica e uniforme divenne del tutto naturale in Europa e in America. Al volgere del secolo «avere l'ora» non era piú un segno di prestigio, e per sempre piú persone vivere con l'orologio alla mano era diventata una necessità. Come la misurazione del tempo era penetrata progressivamente in molti aspetti della vita culturale, cosí accadde anche per le strutture grafiche della cronografia (Figure 1-2). Il coordinamento dei riferimenti temporali (ottenuto grazie a tecnologie quali il cronometro marino e a convenzioni quali il fuso orario internazionale) introdusse la cronografia anche in diversi nuovi ambiti. Si è molto parlato dell'impatto culturale delle prime fotografie della Terra realizzate negli anni Sessanta del Novecento, e della visione, offerta da quelle immagini, di un mondo unico e interconnesso. Tuttavia già nell'Ottocento le «mappe sincrone», che mostravano letture di dati raccolti nello stesso momento in diverse aree geografiche, rappresentavano un fenomeno concettualmente analogo. Disponendo dati meteorologici codificati temporalmente e raccolti in luoghi diversi su un'unica mappa, per esempio, l'erudito enciclopedico vittoriano Francis Galton (un grande innovatore grafico e insieme un fondatore dell'eugenetica, della psicometria, della scienza forense e della meteorologia) riuscí a creare un'immagine virtuale del mondo che illustrava l'interdipendenza globale dei sistemi meteorologici e la regolarità dell'andamento dei venti. I diagrammi di Galton non sono cronologici nello stesso senso di quelli di Priestley, e tuttavia i loro principi sono molto vicini. In quanto diagrammi sincroni, quelli di Galton sono come delle sezioni verticali di quelli di Priestley: mostrando dati provenienti da luoghi diversi nello stesso momento temporale svolgono una funzione simile, dimostrando le analogie strutturali e i sincronismi. Dopo qualche tempo lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione a lunga distanza come il telegrafo e il telefono fece sí che la coordinazione dei riferimenti temporali divenisse una questione di esperienza pratica, e non solo una proiezione scientifica. Tutto ciò non sfuggiva alle formule grafiche in continua evoluzione. Quando il Titanic salpò per il suo primo e ultimo viaggio il 10 aprile 1912, la sua rotta era conosciuta sia dalla White Star Line, proprietaria della nave, sia dalla Marconi Telegraph Company, che forniva il telegrafista. Ma mentre la compagnia di navigazione tracciò la rotta su una carta nautica convenzionale, la Marconi Telegraph Company impiegò un sistema di rappresentazione più recente, messo a punto negli anni Quaranta per le ferrovie francesi: anziché individuare l'esatta collocazione geografica del Titanic i diagrammi di comunicazione nel Nord Atlantico di Marconi mostravano dove si trovava la nave in ciascun momento del tempo in relazione ad altre navi che trasportavano operatori della Marconi. Questo diagramma permetteva ai telegrafisti di pianificare le comunicazioni da nave a nave, in modo da poter trasmettere i messaggi a distanze lunghissime e in pieno oceano (Figura 3). Il diagramma di Marconi dell'aprile del 1912 divenne un'icona quando venne pubblicato dopo il naufragio del Titanic, uno dei primi grandi avvenimenti mediatici che vennero vissuti in tutto il mondo quasi in tempo reale. Come indica il diagramma, quando il transatlantico colpi l'iceberg alle 23.40 del 14 aprile 1912, dieci navi che avevano a bordo operatori della Marconi, tra le quali l' Olav, la Niagara, la Mount Temple, la Carpathia e la Californian, erano a portata telegrafica; e quest'ultima distava appena diciannove miglia; tuttavia, questa nave si era disconnessa dalla rete telegrafica alle 23.30. La Carpathia ricevette la notizia alla prima chiamata, alle 00.15 ma, dal momento che si trovava a cinquantotto miglia di distanza, giunse sulla scena del naufragio soltanto due ore dopo; a quel punto la notizia era già rimbalzata a New York ed era ormai di dominio pubblico. Nei giorni seguenti il senso di tragedia venne amplificato dal grafico che mostrava appunto quante navi potevano ascoltare, ma non intervenire. Il pathos fu molto intenso anche due anni dopo, quando lo Scientific American Reference Book pubblicò due diagrammi di comunicazione nel Nord Atlantico nella stessa pagina, uno del dicembre 1904 e l'altro del dicembre 1911, cioè quattro mesi prima dell'affondamento del Titanic, per mostrare il livello di sicurezza raggiunto in teoria dalla navigazione nel Nord Atlantico con lo sviluppo della rete di comunicazione. La didascalia sotto i due diagrammi omise clamorosamente qualsiasi riferimento alla tragedia del 14 aprile 1912, dichiarando semplicemente: «Sette anni dopo le linee che si intersecano ci mostrano la possibilità di intercomunicazione, che ha privato il mare di molti dei suoi terrori. Un aumento fenomenale dell'attività telegrafica» (Figura 4). Quei diagrammi, ovviamente, non servirono in alcun modo a salvare il Titanic, ma fornirono un'impressionante immagine della dimensione temporale interconnessa che la rete telegrafica aveva creato. | << | < | > | >> |Pagina 242I sistemi di diagrammi come quelli di Jaiwinski e di Bem erano concepiti per trasformare gli studenti in cartografi del tempo, ma il territorio di cui dovevano costruire la mappa era astratto e non segnato, come la carta nautica nella Caccia allo Snark di Lewis Carroll (Figura 40).40. Era considerato eccelso quel grande capitano con eterna campana appiccicata in mano: che portamento, che grazia, che naturalezza, e che solennità! È sufficiente rimirarlo in viso per comprenderne l'intima saggezza! Aveva comperato una mappa del mare dove nemmeno un frammento di terra era dato a qualcuno rintracciare; ma l'equipaggio fu lieto nell'apprendere che era cosí piú semplice da intendere. «A che diavolo servono i Poli di quel Mercatore, e i tropici, e le Zone e i Meridiani, per non parlare poi dell'Equatore», argomentava il capo a quei sottili ingegni, e loro a lui: «Soltanto convenzioni, puri segni!» «Tutte le altre mappe hanno forme un po' strane, con quelle isole e quei promontori! Per questo il capo li ha tagliati fuori» osannava la ciurma. «Grazie al suo abile fiuto Ci ha riforniti di un nulla perfetto e assoluto!» L. Carroll, La caccia allo Snark, a cura di R. Sanesi, SE, Milano 2004, p. 35. | << | < | > | >> |Pagina 252Fino a tempi recenti la cronografia era rimasta essenzialmente dominio dello studioso, del tecnico, del dilettante e del visionario: lo storico che non è un artista, il grafico che non è uno storico, oppure il veggente ispirato, che non appartiene né all'una né all'altra categoria ma per qualche ragione si è impadronito di quell'insieme di tecniche grafiche. Molti dei risultati piú interessanti nella cronografia precedente al XX secolo (la statua di Daniele di Lorenz Faust, il Discus chronologicus di Christoph Weigel, l'artigianale Chart for John Dickinson, la Protestant Ladder di Eliza Spalding, le meravigliose matrici puntiniste degli studenti di Elizabeth Palmer Peabody) sono nati da quest'ultima circostanza.Molti dei piú affascinanti diagrammi cronologici sono opera di dilettanti che non avevano una preparazione specifica, né cronologica né artistica. La bella Histomap, per esempio, un grande successo di vendite per l'editore Rand McNally, durato piú di cinquant'anni a partire dalla prima edizione del 1931, non era la creazione di uno storico di professione. Il suo autore, John Sparks, era il direttore di uno stabilimento della multinazionale svizzera Nestlé nel periodo tra le due guerre. Era un appassionato di Storia e, poiché il suo lavoro richiedeva lunghi spostamenti in treno, portava sempre con sé un libro di storia e un taccuino da riempire. Mentre viaggiava annotava velocemente sui fogli nomi e date con una penna a sfera. Quando tornava a casa tagliava a striscioline i suoi appunti e li incollava su un grande diagramma, riservato alla sua consultazione privata (Figure 11-12). Per spiegare i suoi tentativi, Sparks diceva di essere stato influenzato dai filosofi Alfred North Whitehead e Herbert Spencer. Dal primo trasse l'idea che la rappresentazione grafica poteva integrare gli studi qualitativi con quelli quantitativi; dal secondo la convinzione che la vita moderna richiedesse un impegno sempre piú strenuo per organizzare l'informazione. «Se la conoscenza di un uomo non è in ordine, - scriveva Spencer, - piú ne possiede e piú grande sarà la confusione di idee». La notizia che qualcun altro poteva nutrire interesse per l'artigianale diagramma di Sparks venne accolta come una lieta sorpresa, cosí come lo fu il potente effetto visivo che suscitò la sua versione a stampa. Una volta acquisito il gusto per i diagrammi non lo perse mai piú. Successivamente, infatti, ne progettò altri su diversi soggetti; due di essi vennero pubblicati, una Histomap of Religion e un'ancora piú ambiziosa Histomap of Evolution: Earth, Life, Mankind for Ten Thousand Million Years («Istomappa dell'evoluzione: la Terra, la vita e l'uomo in diecimila milioni di anni»). Negli anni Trenta del Novecento Carleton Brown, che si autodefiniva «storico straordinario», venne contagiato dalla malattia dei diagrammi (Figura 13). Sotto gli auspici dell'History Institute of America, che all'epoca produceva lussuose riproduzioni a colori dell'opera Birds of America del naturalista John James Audubon, Brown iniziò a comporre una gigantesca serie di diagrammi cronologici interconnessi tra loro, che doveva coprire l'intera Storia del mondo. La intitolò History on Parade («La parata della storia»). Lunga piú di trenta metri e alta quasi due, la serie, che non fu mai portata a termine, avrebbe fatto sembrare minuscola perfino la Chronographie universelle di Jacques Barbeu-Dubourg. Tuttavia sembra che soltanto uno dei diagrammi della gigantesca serie di Brown sia stato pubblicato: il nono, che riguarda l'Ottocento. Per lo meno, è l'unico di cui rimane traccia nelle biblioteche americane. Nell'opera di Brown confluisce tutto: obiettivi scientifici, ambizioni da dilettante, grafica inventata da un non-inventore e una grande, irrealizzata fascinazione enciclopedica. Qui il diagramma temporale incontra il suo Achab, il suo Eiffel e il suo Ogden Nash, tutti in una sola persona. La cronologia iniziò a insinuarsi nel territorio dell'arte propriamente detta negli anni Trenta. Nel 1936 Alfred H. Barr Jr, direttore e fondatore del Museum of Modern Art (MoMA) di New York, pubblicò il suo autorevole libro Cubism and Abstract Art, catalogo della mostra con lo stesso titolo (Figura 14). La mostra fu memorabile sotto molti aspetti: rappresentava la prima esposizione negli Stati Uniti per molte opere seminali dell'arte modernista; chiarí l'importanza del cubismo nello sviluppo del modernismo e, infine, inaugurò una serie di mostre su differenti aspetti dell'arte moderna che contribuivano alla definizione della missione del Museum of Modern Art. Ancora piú importante, quella fu la prima mostra americana a offrire una visione complessiva del modernismo europeo in un contesto consapevolmente storico. Segnò uno spartiacque non solo nella storia del modernismo novecentesco, ma anche nella sua storiografia. Tutto ciò è clamorosamente evidente nel diagramma delle influenze artistiche che venne esposto alla mostra e successivamente apparve sulla copertina del catalogo di Barr, che consiste in una proiezione dell'argomento della mostra in una formula stilizzata e sintetica. Sul diagramma il cubismo appare come uno snodo fondamentale nella storia dell'arte. | << | < | > | >> |Pagina 288Tempi d'oroNell'anno 2000 due grandi linee del tempo pubbliche vennero inaugurate a New York, su due lati opposti di Central Park: lo Harriet and Robert Heilbrunn Cosmic Pathway («Sentiero cosmico Harriet e Robert Heilbrunn»), all'American Museum of Natural History, e la Timeline of Art History («Linea del tempo della storia dell'arte») al Metropolitan Museum of Art. Per quanto i due progetti fossero stati elaborati separatamente e indipendentemente l'uno dall'altro, non è del tutto casuale che siano apparsi nello stesso periodo: erano entrambi frutto di donazioni di beneficenza fatte dalla famiglia Heilbrunn durante gli anni Novanta, e quale momento potrebbe essere piú propizio di un anno di fervore millenaristico per l'inaugurazione di un grande progetto sul tempo? Le due linee del tempo si differenziano profondamente tra loro: il Cosmic Pathway ripercorre la storia dell'universo dal Big Bang al presente; la Timeline of Art History quella della civiltà partendo dai dipinti delle grotte di Lascaux. Il primo è una struttura ciclopica, una rampa pedonale lunga oltre cento metri sospesa a una certa altezza sul pavimento dell'American Museum of Natural History; la seconda è invece uno spazio virtuale che consiste di oltre ventimila pagine di informazione, accessibile da qualsiasi parte del mondo tramite una connessione internet ( http://www.metmuseum.org/toah/ ). Difficilmente la differenza potrebbe essere piú pronunciata e piú tipica del momento che stiamo vivendo: da un lato il vetro e l'acciaio, dall'altro i byte e i pixel. Ciò nonostante i due progetti sono tra loro cugini, come lo sono le istituzioni che li ospitano. Proprio come nessun visitatore avrebbe alcuno scrupolo a riconoscere in quanto museo il Metropolitan Museum of Art o l'American Museum of Natural History, allo stesso modo nessuno esiterebbe a definire come una «linea del tempo» ciascuno di questi due progetti: entrambi sono cronologie visuali regolari e graduate; entrambi sottolineano l'importanza della scala, della sequenzialità e della simultaneità; entrambi incorporano enormi quantità di fatti in una singola struttura unificata; entrambi proiettano un'immagine di obiettività, neutralità e semplicità. La cosa piú importante è che sia il Cosmic Pathway sia la Timeline of Art History hanno come oggetto un immenso intervallo cronologico, dal momento che la storia dell'universo risale fino a tredici miliardi di anni fa e quella dell'arte a venticinquemila anni: proprio il tipo di sintesi grandiosa che ci aspetteremmo da grandi musei e grandi linee del tempo. Tuttavia, se entrambe le opere ne presentano molte caratteristiche, nessuna delle due può considerarsi un tipico esempio di linea del tempo (Figure 1-3). In primo luogo, esse sono enormi perfino rispetto ai sovradimensionati modelli ottocenteschi. In realtà nel Cosmic Pathway il formato e la scala sono il vero punto focale della fruizione: all'inizio il percorso è pensato in modo da trasmettere un senso di sgomento per la sua vastità. Anche solo per avvicinarvisi, i visitatori devono prima confrontarsi con la grandezza dell'Hayden Planetarium, una massiccia sfera di metallo sospesa a due piani di altezza dal suolo all'interno di una struttura in vetro di dimensioni ancora maggiori. Il Cosmic Pathway è progettato per fare in modo che lo spettatore percepisca l'immensità della Storia, oltre che vederla. All'inizio i suoi passi non si misurano nello spazio, ma nel tempo. Con un passo un adulto medio percorre circa sei milioni di anni ma, dal momento che la falcata di ciascuno è leggermente diversa, ogni visitatore del museo avanza tra i millenni seguendo un proprio ritmo storico. In mezzo a tutte le meraviglie digitali del museo, questa passeggiata nella Storia dell'universo è ristoratrice perché è analogica. Se non c'è troppa folla e il tempo è bello, i visitatori possono muoversi con calma e assorbire informazioni dagli istruttivi pannelli didascalici, mentre si godono il sole che entra dal gigantesco cubo di vetro all'interno del quale è racchiuso il planetario. Si può imparare molto dal Cosmic Pathway: a ogni punto, i pannelli identificano un momento nella Storia cosmica, da tredici miliardi di anni fa fino al presente; e alla fine, sotto l'ultimo pannello, ecco una sorpresa: un capello umano è esposto teso orizzontalmente, e la sua ampiezza rappresenta trentamila anni, il periodo di tempo compreso fra la piú antica pittura rupestre europea conosciuta e la data di inaugurazione del Pathway. Dall'altro lato di Central Park troviamo qualcosa di diverso (Figure 4-5). In quel luogo la questione circa la quantità di spazio fisico da accordare al tempo e alle sue epoche è stata ampiamente dibattuta. Per rappresentare un catalogo di oltre due milioni di preziosi manufatti provenienti da tutto il mondo, il Met ha deciso che la sua Timeline of Art History dovesse essere completamente elettronica. Anche se lo staff della linea del tempo del Met ha un proprio ufficio, occultato ai piani alti del leviatanico museo, la Timeline stessa è ovunque e in nessun luogo: decine di migliaia di immagini e pagine informative navigabili in dozzine di modi diversi. In questo caso, attraversare la storia con il proprio ritmo assume un significato completamente diverso. Al pari del Cosmic Pathway, l'interfaccia del Met utilizza la cronologia storica come indicazione primaria; ma qui il tempo è soltanto una delle possibili strutture di organizzazione e di proiezione visiva della Storia. Gli utenti si muovono attraverso la Timeline of Art History anche percorrendo mappe geografiche o ricercando nomi e soggetti. Di fatto il sito web del Met è una linea del tempo soltanto se e quando lo si guarda sotto quella prospettiva. Come sottolineano i suoi ideatori, esso è in realtà una banca dati di informazioni. Le sue dimensioni continueranno a crescere e nel tempo si arricchirà di nuove opzioni di ricerca e nuovi schemi di visualizzazione. Quando la Timeline divenne esecutiva fu guardata con trepidazione dai curatori del museo. Convincere tutti i dipartimenti a parlare con una sola voce e attraverso un unico canale era un incarico gravoso, ma secondo tutte le testimonianze fu anche uno sforzo utile e istruttivo. Divenne subito evidente che la metafora della linea del tempo era connaturata al progetto stesso del museo; di fatto, anzi, apparve talmente radicata nell'essenza dell'istituzione che diventò difficile capire come mai si fosse deciso di esplicitarla solo allora. Ma le linee del tempo non sono popolari solo nei musei tradizionali, né soltanto in Occidente. Anche per un visitatore che non possieda alcuna nozione di Storia o arte cinesi è facile seguire e comprendere la Timeline of Chinese Art nel National Palace Museum di Taipei. Lo stesso si può dire della giocosa linea del tempo dell'arte moderna ideata da Sarah Fanelli per la Tate Modern di Londra (Figura 6). La linea del tempo di Fanelli è disponibile anche come grazioso libretto a fisarmonica, rosa e marrone, che permette al visitatore curioso di portarsi a casa un pizzico di «Stile Tate» e un po' di nozioni cronologiche in un solo colpo. Anche qui, in uno degli epicentri della rappresentazione postmoderna, la linea del tempo grafica non soltanto sopravvive, ma addirittura prospera; e anche le linee del tempo alla vecchia maniera, quelle «soltanto-i-fatti», se la passano piuttosto bene, anche se oggi le si tratta con un poco di ironia, che è perfino diventata una caratteristica tipica del genere. Oggi, in quasi tutti i bookshop dei musei, si può trovare una copia della History by the Meter («Storia al metro»), una completa ed elementare linea del tempo cronologica argutamente stampata su un metro pieghevole. Al pari del libretto di Fanelli, il valore di cross over si è rivelato enorme: non è sufficiente che la grafica storica entri nei musei; la gente vuole addirittura portarsela a casa. Naturalmente qualche cosa si perde (o almeno cambia) quando delle consistenti linee del tempo vengono trasformate in oggetti tascabili (Figura 7). Nelle linee del tempo l'interfaccia visiva è tutto. I teorici della cibernetica amano ripetere che «la quantità fa la differenza». Nell'ambito della linea del tempo, è la grandezza che fa la differenza. Dal momento che la linea del tempo è pensata per essere sinottica, quante piú cose il lettore vede, tanto meglio essa raggiunge il suo scopo. Ecco perché le versioni da asporto di quelle grandi installazioni si possono piegare, arrotolare o comunque comprimere in qualche modo: perché una volta arrivati a casa sia di nuovo possibile dispiegarle sul pavimento del salotto e ritrovare in parte l'effetto delle grandi dimensioni. Il dirigente di Madison Avenue, Manly M. Gillam, realizzatore ottocentesco di linee del tempo, utilizzò proprio questa argomentazione nella causa che intentò quando l'Ufficio Brevetti rifiutò il suo progetto: l'Ufficio, sostenne Gillam durante l'appello che poi vinse, non era riuscito a riconoscere il valore intuitivo del suo sistema di linee del tempo perché i regolamenti gli avevano imposto di presentarne soltanto una versione in miniatura. Il suo sistema di diagrammi, che assomiglia a un antenato delle torpedini di Barr, venne approvato il 21 febbraio 1893. Questi progetti sono soltanto alcuni esempi recenti dell'ingigantirsi della linea del tempo. I progenitori delle moderne linee del tempo (antiche liste di re e consoli, rotoli genealogici medievali) erano spesso di proporzioni ingenti, in modo che si potessero gloriosamente esporre in pubblico. I Fasti consulares, fatti scolpire da Augusto nel 18-17 a.C. su un arco all'estremità orientale del Foro romano, elencavano coloro che a rotazione avevano rivestito la carica consolare nel governo romano. Al pari di molte altre azioni, la canonizzazione della Storia romana precedente venne presentata come restauro di un'antica tradizione. Negli ultimi secoli le liste consolari pubbliche mostravano il calendario nel suo ciclo annuale, con le festività e i giorni di mercato, e insieme presentavano la storia di Roma, dal momento che due nuovi consoli, eletti annualmente, distinguevano ogni anno. Secondo la tradizione i Romani, per datare un evento nella storia antica o per ricordare i felici giorni della loro giovinezza, facevano riferimento a un particolare consolato. Augusto apportò comunque cambiamenti vitali ai fasti: collegò infatti gli anni consolari alla storia di Roma sin dalla sua fondazione, rivoluzionando cosí l'ordine del tempo quale veniva pubblicamente percepito e indicando che in realtà il tempo di Roma aveva avuto inizio con la monarchia, a cui la repubblica era succeduta. Il nome di Augusto appariva cosí spesso nella lista che i consoli capirono che il loro status era cambiato, e cosí la loro relazione con il tempo. Le incisioni settecentesche di Giovan Battista Piranesi che raffigurano le rovine di quei giganteschi monumenti sono un efficace promemoria non solo della caducità di ogni impresa umana, ma anche del potere culturale esercitato dalle formule di cronografia di dimensioni gigantesche (Figura 8). Come Piranesi ci mostra con le sue incisioni delle rovine dei Fasti consulares, il Foro era, tra le altre cose, anche uno spazio cronografico. | << | < | |