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| << | < | > | >> |Indice3 1. Il presente 60 2. Sotto l'incantesimo 120 3. Il cervello di Amy 165 4. Il mio cervello 187 5. Momenti di follia |
| << | < | > | >> |Pagina 31. Il presenteNon andavo a New York da undici anni. Tolta una visita a Boston per l'asportazione di una prostata cancerosa, in quegli undici anni non mi ero mai allontanato dalla mia strada di montagna nei Berkshire e, ciò che piú conta, avevo di rado aperto un giornale o ascoltato le notizie alla radio dopo l'11 settembre, tre anni prima; senza alcun senso di perdita - ma semplicemente, all'inizio, con una sorta di aridità interiore - avevo smesso di vivere non soltanto nel gran mondo ma nel presente. Da molto tempo avevo soffocato l'impulso di starci dentro e di farne parte. Ma ora avevo preso la macchina e mi ero spinto per duecento chilometri verso sud fino a Manhattan per farmi visitare al Mount Sinai Hospital da un urologo specializzato nell'esecuzione di una procedura destinata ad aiutare le migliaia di uomini come me resi incontinenti dall'asportazione della prostata. Inserendo un catetere nell'uretra per iniettare una forma gelatinosa di collagene là dove il collo della vescica incontra l'uretra, questo specialista otteneva miglioramenti significativi in circa il cinquanta per cento dei suoi pazienti. Le probabilità non erano molte, perché «miglioramento significativo» voleva dire solo parziale attenuazione dei sintomi: la «grave incontinenza» diventava una «moderata incontinenza», e la «moderata» diventava «leggera». Tuttavia, poiché i suoi risultati erano piú soddisfacenti di quelli ottenuti da altri urologi usando all'incirca la stessa tecnica (non c'era niente da fare per l'altro rischio della prostatectomia radicale al quale io, come decine di migliaia d'altri, non avevo avuto la fortuna di sfuggire: i danni ai nervi che avevano provocato l'impotenza), mi recai a New York per un consulto, molto tempo dopo che avevo immaginato di aver fatto l'abitudine agli inconvenienti pratici delle mie condizioni. Negli anni successivi all'intervento credetti addirittura di aver vinto la vergogna di farsi la pipi addosso, e di essere uscito dalla forma acuta di disorientamento che era stata particolarmente esasperante nei primi diciotto mesi, quando il chirurgo mi aveva fatto credere che l'incontinenza sarebbe scomparsa a poco a poco nel corso del tempo, come accade in un numero limitato di casi fortunati. Ma a dispetto del trantran quotidiano indispensabile per tenermi pulito e per non emanare odori sgradevoli, io non dovevo in realtà essermi mai veramente abituato a portare le mutande speciali e a cambiare i pannoloni e ad affrontare gli «incidenti» che potevano capitarmi, non piú di quanto avessi sopportato l'umiliazione che questo comportava, perché ero là di nuovo, a settantun anni, nell'Upper East Side di Manhattan, a non molti isolati da dove abitavo una volta, quando ero piú giovane, sano e vigoroso, e poi nella sala della reception del dipartimento di urologia del Mount Sinai Hospital, in procinto di sentirmi dire che con l'aderenza permanente del collagene al collo della vescica avrei avuto la possibilità di esercitare sul flusso dell'urina un controllo un po' piú stretto di quello di un poppante. Mentre aspettavo là seduto, immaginando la procedura e sfogliando le copie di «People» e «New York» ammucchiate le une sulle altre, pensai, Ma non è questo il punto. Gira sui tacchi e tornatene a casa. Negli ultimi undici anni ero vissuto da solo in una casetta su una strada sterrata in aperta campagna, avendo deciso di vivere cosí, appartato, un paio d'anni prima che mi diagnosticassero il cancro. Vedo poca gente, io. Dal giorno della morte, l'anno precedente, del mio vicino e amico Larry Hollis, possono passare anche due o tre giorni senza che io parli con nessuno, nessuno tranne la signora che ogni settimana viene a fare le pulizie, e tranne suo marito, che è il custode. Non vado a mangiare fuori, non vado al cinema, non guardo la televisione, non possiedo né un cellulare né un videoregistratore né un lettore dvd né un computer. Continuo a vivere nell'Era della Macchina da Scrivere e non ho idea di cosa sia il World Wide Web. Non mi prendo piú il disturbo di votare. Scrivo tutto il giorno e spesso fino a notte fonda. Leggo, in particolare i libri che ho scoperto per la prima volta da studente, i capolavori della letteratura il cui potere su di me non è minore, e anzi in certi casi è maggiore, di quanto lo fosse nei primi elettrizzanti incontri che ho avuto con loro. Negli ultimi tempi ho riletto Joseph Conrad per la prima volta dopo cinquant'anni, e recentemente La linea d'ombra, che mi ero portato a New York per scorrerlo di nuovo, dopo averlo letto tutto in una volta l'altra notte. Ascolto musica, passeggio nei boschi, quando fa caldo nuoto nel mio stagno, la cui temperatura anche d'estate non supera mai di molto i venti gradi. Faccio il bagno senza costume, invisibile a tutti, cosicché, se mi lascio appresso una tenue e fluttuante nuvola di urina che macchia visibilmente le acque circostanti dello stagno, non perdo la calma e non provo l'imbarazzo da cui sarei sicuramente schiacciato se la vescica cominciasse involontariamente a vuotarsi mentre nuoto in una piscina pubblica. Esistono delle mutande di plastica con gli orli fortemente elasticizzati, fatte apposta per i nuotatori incontinenti, che secondo la pubblicità sono stagne, ma quando, dopo molti equivoci, ho proceduto a ordinarne un paio da un catalogo di articoli per piscina e le ho provate nello stagno, ho scoperto che, anche se portare questi calzoncini bianchi piuttosto grandi sotto il costume da bagno alleviava il problema, esso non scompariva abbastanza da consentirmi di vincere l'impaccio. Per non rischiare di sentirmi a disagio e di offendere gli altri, ho rinunciato all'idea di nuotare regolarmente nella piscina del college quasi tutto l'anno (con i calzoncini sotto il costume) per limitarmi a ingiallire sporadicamente le acque del mio stagno nei pochi mesi caldi dei Berkshire, quando, che piova o splenda il sole, faccio le mie vasche ogni giorno per mezz'ora. Un paio di volte alla settimana vado giú ad Athena, a tredici chilometri di distanza, a fare la spesa, portare la roba in lavanderia, e ogni tanto a mangiare al ristorante o comprare un paio di calzini o scegliere una bottiglia di vino o usare la biblioteca dell'Athena College. Tanglewood non è lontana, e durante l'estate ci vado una decina di volte per ascoltare un concerto. Non faccio né letture né conferenze, non insegno all'università e non vado in Tv. Quando escono i miei libri, mi tengo in disparte. Scrivo tutti i giorni della settimana; se no, me ne sto zitto. Sono tentato dall'idea di non pubblicare affatto: l'unica cosa di cui ho bisogno non è forse il lavoro, il lavoro e il lavorio? Che importanza può avere, ormai, se sono incontinente e impotente? | << | < | > | >> |Pagina 602. Sotto l'incantesimoMentre andavo dall'albergo fino in West 71st Street mi fermai in un negozio di liquori a comprare due bottiglie di vino per i padroni di casa e poi mi rimisi svelto in cammino per vedere i risultati elettorali di una campagna della quale, per la prima volta da quando avevo cominciato a interessarmi di politica - al tempo in cui Roosevelt aveva sconfitto Willkie nel 1940 -, non sapevo quasi niente. Ero stato un avido elettore per tutta la vita, uno che non aveva mai tirato una leva repubblicana per qualunque carica in qualunque ballottaggio. Da studente universitario avevo partecipato alla campagna pro-Stevenson e le mie aspettative giovanili erano state spazzate via quando Eisenhower lo sbaragliò, prima nel '52 e poi ancora nel '56; e non credetti ai miei occhi quando un uomo cosí radicato nella sua spietata patologia, cosí apertamente disonesto e maligno come Nixon, sconfisse Humphrey nel '68, e quando, negli anni Ottanta, un idiota baldanzoso caratterizzato da insuperabile vanità, trito sentimentalismo e assoluta cecità davanti a ogni complessità storica diventò oggetto di venerazione nazionale e, giudicato nientemeno che un «grande comunicatore», vinse trionfalmente ognuno dei suoi due mandati. E c'è mai stata un'elezione come quella di Gore contro Bush, decisa nel modo ambiguo in cui è stata decisa, fatta apposta per annullare l'ultimo vergognoso avanzo di candore nel cittadino ligio alle leggi? Io non avevo mai mantenuto la distanza dagli antagonismi della politica di parte, ma ora, dopo essere stato per quasi tre quarti di secolo ammaliato dall'America, avevo deciso di non lasciarmi piú sorprendere ogni quattro anni dalle emozioni di un bambino: le emozioni di un bambino e i dolori di un adulto. Almeno, non finché fossi rimasto rintanato nella mia capanna, dove potevo restare in America senza piú assorbire l'America dentro di me. A parte la scrittura e la rilettura, per un ultimo giro di giostra, dei primi grandi autori che avevo affrontato, tutto il resto, un tempo della massima importanza, ora non ne aveva piú nessuna, e io mi ero liberato di una buona metà, se non piú, dei vincoli di fedeltà e degli obiettivi di una vita. Dopo l'11 settembre avevo staccato la spina alle contraddizioni. Altrimenti, mi dissi, diventerai il classico schizzato che scrive lettere ai giornali, il brontolone del villaggio che mostra la sua sindrome in tutta la sua furente assurdità: facendo fuoco e fiamme mentre legge il giornale e la sera, al telefono con gli amici, sfogando la sua indignazione per il modo pernicioso in cui il sincero patriottismo di una nazione ferita stava per essere sfruttato da un re imbecille, e in una repubblica, un re in un paese libero con tutti gli slogan sulla libertà con cui vengono allevati i bambini americani. Lo sdegno permanente che caratterizza il cittadino coscienzioso nel regno di George W. Bush non faceva per chi aveva sviluppato un forte interesse a sopravvivere in uno stato d'animo di ragionevole serenità, e cosí cominciai a soffocare il costante desiderio di scoprire. Annullai abbonamenti a riviste, smisi di leggere il «Times», smisi persino di comprare ogni tanto una copia del «Boston Globe» quando andavo giú al bazar. L'unico giornale che vedevo regolarmente era il «Berkshire Eagle», un settimanale del posto. Usavo la Tv per guardare il baseball, la radio per ascoltare musica, e questo era tutto.
Sorprendentemente, ci volle solo qualche settimana per
spezzare l'abitudine che ispirava la maggior parte delle mie
riflessioni non professionali e per sentirmi completamente
a mio agio anche se non sapevo niente di quel che succedeva. Avevo messo al
bando il mio paese, essendo stato io
stesso bandito da ogni contatto erotico con le donne, e il
trauma da combattimento mi aveva estraniato dal mondo
dell'amore. Avevo inflitto un'ammonizione. Mi ero scrollato di dosso la mia vita
e il mio tempo. O forse ne ero rimasto schiacciato. Se la mia capanna fosse
andata alla deriva in alto mare, non sarebbe stato diverso dal fatto che
invece si trovava a quattrocento metri d'altezza su una
strada di campagna del Massachusetts che era a meno di
tre ore di macchina dalla città di Boston a est e quasi alla
stessa distanza da New York a sud.
Quando arrivai la televisione era accesa, e Billy mi assicurò che avevamo in tasca l'elezione: era in contatto con un amico al quartier generale democratico nazionale, e i loro exit poll indicavano che Kerry stava conquistando tutti gli stati di cui aveva bisogno. Billy accettò graziosamente il vino e mi disse che Jamie era andata a comprare della roba da mangiare e sarebbe tornata da un momento all'altro. Era ancora una volta simpatico ed espansivo ed emanava una molle giovialità, come se non fosse ancora, e probabilmente non potesse mai essere, molto esperto nell'esercizio dell'autorità. E l'espressione di un regresso filogenetico, mi chiesi, o ce ne sono ancora, di questi ragazzi ebrei della media borghesia tuttora marchiati dai segni dell'empatia famigliare che, nonostante la soddisfazione senza pari dei sentimenti con cui ti culla, può lasciarti impreparato alla cattiveria di anime meno gentili? Soprattutto nell'ambiente letterario di Manhattan, mi sarei aspettato qualcosa di diverso dagli occhi castani pieni di tenerezza e dalle gote paffute da cherubino che gli davano l'aria, se non piú di un bimbo ben protetto, del giovanotto generoso assolutamente incapace di ferire o di scoppiare in una risata sprezzante o di sottrarsi alla minima responsabilità. Immaginavo che Jamie fosse ben piú di quanto poteva gestire il dolce altruismo di uno i cui gesti e parole erano tutti permeati di correttezza. L'innocenza e la fiducia, la mitezza, l'affettuosa comprensione... che pacchia per la canaglia che avesse intenzione di rubargli la moglie, la cui infedeltà sarebbe stata per lui inimmaginabile. Il telefono squillò nel preciso momento in cui Billy si preparava ad aprire una delle bottiglie di vino, e allora me la porse da stappare mentre afferrava la cornetta e diceva: - E adesso? - Dopo un attimo alzò lo sguardo per dirmi: - Il New Hampshire è nel sacco. E il District of Columbia? - chiese poi all'amico che stava telefonando. A me disse ancora: - Nel District of Columbia danno Kerry otto a uno. E la chiave: i neri vanno a votare in massa. Okay, magnifico, - disse Billy al telefono, e mentre riattaccava mi disse allegramente: - Dunque viviamo in una democrazia liberal, dopotutto, - e per brindare alla buona notizia riempi due grossi bicchieri di vino. - Questa gente avrebbe devastato il paese, - disse, - se avesse ottenuto il secondo mandato. Abbiamo avuto dei cattivi presidenti e siamo sopravvissuti, ma questo è il peggiore di tutti. Gravi deficienze cognitive. Dogmatico. Un ignorante terribilmente limitato pronto a distruggere una cosa grandissima. In Macbeth c'è una descrizione che gli sta a pennello. L'abbiamo letta ad alta voce insieme, Jamie e io. Stiamo facendo le tragedie. E nella scena del terzo atto con Ecate e le streghe. «Un figlio perverso, - dice Ecate, - maligno e rabbioso». George Bush in sei parole. E tutto cosí orribile. Se ami i tuoi figli e credi in Dio, sei repubblicano... e intanto la truffa piú grossa l'ha subita la sua base. È sorprendente che ce l'abbiano fatta anche per un solo mandato. È terrificante pensare a quello che avrebbero fatto con un secondo. Questi sono uomini terribili, malvagi. Ma la loro arroganza li ha fregati: le bugie hanno le gambe corte. | << | < | > | >> |Pagina 107LEI Capisco perché lei torna a New York, ma perché se n'era andato?LUI Perché avevo cominciato a ricevere con la posta una serie di minacce di morte. Cartoline con minacce di morte da un lato e un ritratto del papa dall'altro. Sono andato all'Fbi, e l'Fbi mi ha detto cosa fare. LEI Hanno mai trovato il responsabile? LUI No, mai. Ma io sono rimasto dov'ero. LEI Allora... dei pazzoidi che inviano minacce di morte agli scrittori. Al master di scrittura non ci hanno messo in campana. LUI Be', non sono il primo, anche negli ultimi anni, ad avere ricevuto minacce di morte. Il piú famoso è il caso di Salman Rushdie. LEI È vero. Certo. LUI Non voglio paragonare la mia situazione alla sua. Ma a prescindere da Salman Rushdie, non posso immaginare che quello che mi è capitato sia capitato solo a me. Bisogna chiedersi se la minaccia è provocata dalle cose che lo scrittore scrive o se ci sono delle persone che si infiammano sentendo certi nomi e obbediscono a impulsi che sono estranei al resto di noi. Forse per infiammarsi gli è bastato vedere una foto sul giornale. Pensa a cosa potrebbe succedere se arrivassero ad aprire uno dei suoi libri! Perché quelli percepiscono le parole dello scrittore come malevole, come un insopportabile incantesimo gettato su di loro. E capitato anche a persone civili di tirare contro il muro un libro che odiano. Ma per chi non riesce a frenarsi, c'è solo un piccolo passo da lí all'atto di caricare una pistola. Oppure, forse loro odiano sinceramente quello che uno è, il modo in cui lo percepiscono... come sappiamo dai moventi dei terroristi delle Torri Gemelle. C'è un bel po' di rabbia, là fuori. LEI Sí, c'è rabbia, una rabbia pazzesca e senza pari. LUI E questa rabbia la sta facendo morire di paura. LEI Sí. Sono molto agitata. Essere sempre nervosi e spaventati... e la vergogna che provi per questo. In casa sono diventata taciturna e narcisista, e sono ossessionata dalla mia sicurezza, e le cose che scrivo sono orribili. LUI Ha sempre avuto paura di questa rabbia? LEI No, è una cosa recente. Sono totalmente sfiduciata. Oggi non hai solo dei nemici. Le persone che dovrebbero difenderti sono diventate il tuo nemico. Le persone che dovrebbero prendersi cura di te sono diventate il tuo nemico. Non è Al Qaeda che mi spaventa... è il mio governo. LUI Al Qaeda non la spaventa? Non ha paura dei terroristi? LEI Sí. Ma la paura piú profonda è suscitata dalle persone che dovrebbero essere al mio fianco. Là fuori, sulla terra, ci saranno sempre dei nemici, ma... Quando lei si è rivolto all'Fbi, se a un certo punto avesse cominciato a sentire, non che era l'Fbi a proteggerla dalla persona che le inviava le minacce di morte, ma che a metterla in pericolo era l'Fbi stessa, questo avrebbe conferito al terrore una profondità completamente nuova. Ecco perché oggi io mi sento come mi sento. Lui E lei crede che non avrà queste paure là dove sto io? LEI Io credo che vivere lassú calmerà le mie ansie piú ragionevoli togliendo l'aspetto del pericolo materiale, e credo che questo mi tranquillizzerà un po'. Non credo che mi libererà della mia rabbia - della rabbia che mi fa il governo - ma in questo momento non posso farci niente, perché ho i nervi troppo tesi. Poiché non riesco nemmeno a capire cosa devo fare, devo andare via. Posso farle una domanda? (Ridendo educatamente, in anticipo, della propria presunzione). LUI Certo. LEI Lei crede che sarebbe andato via comunque se non avesse ricevuto quelle minacce di morte? Crede che a un certo punto sarebbe andato via in ogni caso? LUI Francamente non lo so. Io ero solo. Ero libero. Posso portarmi dietro il mio lavoro. Avevo raggiunto un'età alla quale non cercavo piú certi tipi d'impegno. LEI Quanti anni aveva quando è partito? LUI Sessanta. Le sembrerà un'età molto avanzata. LEI Si. Si, è vero. LUI Quanti anni hanno i suoi genitori? LEI Mia madre ha sessantacinque anni e mio padre sessantotto. LUI Ero solo un po' piú giovane di sua madre quando me ne sono andato. LEI È diverso da quello che stiamo per fare noi adesso. Billy non è troppo contento di tutta questa storia. O di quello che questa storia ha svelato su di me. LUI Be', potrà scrivere anche là. LEI Io credo che ci farà bene, a tutt'e due, e credo che col tempo lo capirà anche lui. Tanto per cominciare, Billy è piú adattabile. LUI C'è qualcosa che vorrebbe non lasciarsi dietro? Che le mancherà? LEI Mi mancheranno certi amici. Ma non sarà male stare per un po' senza di loro. Lui Lei ha un amante? LEI Perché dice questo? Lui Per come dice che le mancheranno certi amici. LEI No. Sí. LUI Allora ce l'ha. Da quanto tempo è sposata? LEI Cinque anni. Eravamo giovani. LUI Billy sa che lei ha un amante? LEI No, non lo sa. LUI Lo conosce, Billy, il suo amante? LEI Sí. LUI Cosa pensa il suo amante del fatto che lei se ne va? Lo sa che lei va via? È arrabbiato per questo? LEI Ancora non lo sa. LUI Non gliel'ha detto? LEI No. LUI Sta dicendo la verità? LEI Sí. LUI Perché dice la verità? LEI Perché in lei c'è qualcosa di affidabile, mi pare. Ho letto i suoi libri. Lei non si scandalizza facilmente. Da quello che ho letto del suo lavoro immagino che lei sia un uomo curioso, piú che uno che si abbandona a giudizi superficiali. Credo che faccia piacere essere presi di mira dalla curiosità di un curioso. LUI Sta cercando di farmi ingelosire? LEI (ridendo) No. Lei è geloso? LUI Sí. LEI (un po' sorpresa) Davvero? Del mio amante? LUI Sí. LEI Com'è possibile? LUI Le sembra tanto impossibile? LEI Mi sembra molto strano. LUI Veramente? LEI Veramente. LUI Lei non ha idea di quanto è attraente. LEI Perché è venuto qui, oggi? LUI Per stare solo con lei. LEI Capisco. LUI Sí, per stare solo con lei. LEI Perché vuole stare solo con me? LUI Devo essere sincero? LEI Io sono stata sincera con lei. LUI Perché mi eccita, stare solo con lei. LEI Bene. Credo che stare sola con lei ecciti anche me. Forse per ragioni diverse. Probabilmente un po' di eccitazione potrebbe farci bene. LUI Non la procura il suo amante, l'eccitazione? LEI Era entrato da un pezzo nella mia vita. Essere il mio amante è uno sviluppo relativamente recente. Non c'è nulla di nuovo. LUI Era il suo amante all'università. LEI Ma poi non lo è piú stato per tanti anni. Con lui è come fare un passo indietro. La passione è finita da un pezzo. È una regressione, ormai. LUI Dunque, il suo amante non la eccita. E il suo matrimonio non è eccitante. Si aspettava che lo fosse? LEI (ridendo) Sí. LUI Davvero? LEI Sí. LUI A Harvard non le hanno insegnato nulla? LEI (ride ancora, sommessamente) Eravamo innamoratissimi quando ci siamo sposati, e la prospettiva del futuro, la semplice prospettiva di averne uno, sembrava meravigliosa. Sposarsi sembrava la piú grande avventura possibile. La cosa piú nuova che potevamo fare. Il grande passo. (Silenzio). Lei è contento di essere andato via? È contento di aver fatto ciò che ha fatto? LUI Avrei risposto diversamente qualche settimana fa. Avrei risposto diversamente qualche ora fa. LEI Cos'ha cambiato quella risposta? LUI Incontrare una ragazza come lei. LEI Cosa le interessa tanto di me? LUI La sua bellezza e la sua gioventú. La velocità con cui siamo entrati in comunicazione. L'atmosfera erotica che lei crea con le parole. LEI New York è piena di belle ragazze. LUI Sono stato per molti anni senza la compagnia di una donna e di tutto ciò che l'accompagna. Questo è un colpo di scena sorprendente e non necessariamente nel mio interesse. Qualcuno ha scritto, non ricordo chi: «Un grande amore arrivato troppo tardi è fonte di infiniti malintesi». LEI Un grande amore? Può spiegarsi meglio, per piacere? LUI È una malattia. È una febbre. È una specie di ipnosi. Posso spiegarlo solo dicendo che voglio stare solo con lei in una stanza. Voglio trovarmi sotto il suo incantesimo. LEI Be', mi fa piacere. Mi fa piacere che lei abbia ciò che vuole. È una buona cosa. LUI È straziante. LEI Perché? LUI Cosa pensa? Lei è una scrittrice. Vuole fare la scrittrice. Perché un uomo di settantun anni dovrebbe trovarlo straziante? LEI (con delicatezza) Perché lei ha di nuovo tutto questo sentimento e non può fare il passo successivo. LUI Esatto. LEI Ma questo le fa piacere, no? LUI Un piacere straziante. LEI (ha imparato qualcosa) Hmmm. (Dopo una lunga pausa, con finta teatralità) Oh, che fare? LUI Ha qualche suggerimento? LEI No. Non so che fare, davvero. Vado via perché non so piú che fare riguardo a niente. LUI Sembra sempre che lei stia per piangere. LEI (ridendo) Be', questo non mi aiuta, glielo garantisco. LUI (Ride anche lui, ma rimane in silenzio. Il corteggiamento è infernale, l'uomo dentro l'uomo è in fiamme). LEI È uscito, lei, oggi? L'intera città ha le lacrime agli occhi. Sí, sí, ho le lacrime agli occhi. È molto importante per me, può immaginare. Se l'immagina come ci siamo sentiti ieri sera quando... LUI Ero qui. Ho visto. Ha notato che ero qui? LEI E ovviamente lei avrà notato me. Qualcosa, però, doveva essersi impossessato di lei prima che mi incontrasse. Non io. Lei ha deciso di venire a vedere il nostro appartamento. Qualcosa si era impossessato di lei... cos'era? Sa, le minacce di morte non spiegano la drastica svolta che lei ha impresso alla sua vita. Per quanto lei cerchi di spiegarlo dicendo, Sono uno scrittore che ha ricevuto queste minacce di morte, è stata una cosa estrema da fare, andare a vivere come ha fatto lei. Non posso smettere di chiedermi, Qual è la storia vera, qui? Ci sono state queste cartoline, dunque. E allora? Le cartoline sono un pretesto. Lei va via per un anno, se sono le cartoline, e ha amici e amiche, e col tempo le cartoline cessano e lei torna indietro. Ma un uomo che si apparta, che si isola come ha fatto lei, lo fa per un motivo molto piú importante. La gente non rinuncia alla vita per un motivo del tutto esterno e secondario come una minaccia di morte. LUI Quale potrebbe essere questo motivo? LEI Fuggire il dolore. LUI Che dolore? LEI Il dolore di essere presente. LUI Non sta descrivendo se stessa? LEI Forse. Il dolore di essere presente nel presente. Sí, si potrebbe dire cosí per descrivere molto da vicino la cosa estrema che voglio fare io. Ma per lei non è stato solo il presente. Era l'essere presente e basta. Era l'essere presente alla presenza di ogni cosa. LUI Ha mai letto un romanzo breve intitolato La linea d'ombra? LEI Di Conrad? No. Ricordo che un amico una volta me ne parlò, ma non l'ho mai letto. LUI La prima riga dice: «Soltanto i giovani hanno momenti simili». Sono quelli che Conrad descrive come «momenti di follia». Nelle prime pagine spiega tutto. «Momenti di follia»: tre parole per una frase intera. E continua: «Parlo di quei momenti in cui chi è ancora giovane è portato a compiere azioni avventate, come sposarsi all'improvviso o abbandonare un lavoro senza motivo». Dice cosí. Ma questi momenti di follia non capitano solo quando si è giovani. Venire qui ieri sera è stata un'azione avventata. Trovare il coraggio di tornare, un'altra. Anche da vecchi si compiono azioni avventate. La mia prima è stata partire, la seconda tornare. LEI Billy è convinto che questo, per me, sia un momento di follia, ma lo sopporta perché teme che, se non facesse cosí, io sarei travolta dalla depressione e dalla paura. Però è convinto che sia un momento di follia. Io non mi sono mai considerata una donna disperata. Mi rifiuto di credere che sto compiendo un atto disperato. LUI Io credo che le piacerà, da quelle parti. Sentirò la sua mancanza. LEI Be', è la sua casa. Può venirci a trovare. Potrebbe aver dimenticato qualcosa e venire su. Possiamo mangiare insieme. LUI Anche lei potrebbe aver dimenticato qualcosa e venire giú. LEI Certo. LUI Bene. La trovo meno brusca di ieri sera. Il fatto che io non abbia badato alle bugie di Bush non dovrebbe fare di me un antagonista. LEI Sono stata villana? LUI Non ho avuto l'impressione che badasse molto a me. A meno che io la intimidissi. LEI Certo che mi intimidiva. Ho letto tutti quei libri, all'università, e tutti quelli dopo. Forse lei non se n'è accorto, chiuso in casa là nei Berkshire, ma ci sono molte persone come me, persone della mia età, e piú vecchie (ridendo) e piú giovani, per le quali lei soddisfa un bisogno importante. Ha tutta la nostra ammirazione. LUI Be', da molti anni non mi vedo nello specchio del pubblico. Non lo so. LEI Gliel'ho appena detto. LUI Continuo a non saperlo. Ma è magnifico scoprire la sua ammirazione, perché io ho fatto presto ad ammirarla. LEI (stupita) Ha fatto presto ad ammirarmi? Perché? LUI Detesto esprimermi in questo modo, ma «un giorno capirà». (Lei ride). LUI Voi postmoderni ridete parecchio. LEI Rido perché trovo le cose divertenti. LUI Sta ridendo di me? LEI Sto ridendo della situazione. Lei mi parla come se fosse mio padre. Un giorno capirò. Il piacere è nel farlo o solo nell'averlo fatto? Scrivere, intendo. Sto cambiando discorso. LUI Nel farlo. Il piacere di averlo fatto dura poco. È piacevole tenere in mano il fascio di pagine, ed è piacevole quando arriva la prima copia. La prendo cento volte e cento volte la metto giú. Mangio tenendola vicino. L'ho portata a letto con me. LEI Lo so. Quando hanno pubblicato il mio racconto, ho dormito con la copia del «New Yorker» sotto il cuscino. LUI Lei è una ragazza molto affascinante. LEI Grazie, grazie. LUI Ecco perché vivo in campagna. LEI Capisco. LUI È stato piuttosto penoso per me tornare a New York, e anche questo è piuttosto penoso. Meglio che vada. LEI Okay. Forse ci rivedremo a quattr'occhi e parleremo ancora. LUI Questo mi distruggerebbe, amica mia. LEI Mi piacerebbe essere sua amica. LUI Perché? LEI Perché non ho nessuno come lei. LUI Non mi conosce. LEI È vero. Non ho interazioni come questa. LUI Deve proprio usare questo linguaggio? Lei è una scrittrice... lasci perdere le «interazioni». LEI (ridendo) Non faccio mai delle conversazioni come questa. Non ho delle situazioni come questa. LUI Non intendevo correggerla. Non sono affari miei. Se ora vuole scusarmi. LEI Capisco. Se vuole che ci vediamo per fare altre due chiacchiere, il mio numero è il suo numero. Può sempre telefonarmi. LUI Non è come se avessi risposto all'annuncio di una casa da affittare. È come se avessi risposto a un annuncio personale. «Molto attraente, colta, occasionalmente disponibile per conversazioni intime...» Ho ottenuto qualcosa di piú di un nuovo appartamento, no? LEI Forse anche un'amica. LUI Ma questa non è un'amicizia che mi posso permettere. LEI Cosa si può permettere? LUI Non molto, a quanto pare. Il fatto che certe cose preziose mi siano state portate via ha creato una difficoltà che non si può superare col duro lavoro, eccetera. Mi segue? LEI Non capisco bene. Allude solo al problema della vecchiaia, o c'è qualcos'altro di particolare? LUI (ridendo) Solo al problema della vecchiaia, immagino. LEI Ora capisco. LUI È una tortura, meglio andare via. Non seguirò la mia inclinazione e non tenterò di baciarla. LEI Okay. LUI Non andremmo da nessuna parte. LEI Ha ragione. Ma sono contenta che sia venuto, oggi pomeriggio. Sono molto contenta. LUI Lei è una seduttrice? LEI No, no, assolutamente no. LUI Ha un marito, ha un amante, e ora vuole avermi come amico. Colleziona uomini? O sono gli uomini a collezionare lei? LEI (ridendo) Immagino di averne collezionati, e che loro abbiano collezionato me. LUI Lei ha appena trent'anni. Ne ha collezionati molti? LEI Non so cosa significa «molti». (Ride ancora). LUI Da quando ha lasciato il college, volevo dire, tra la festa di laurea e oggi pomeriggio, che si è concluso con l'ultimo pezzo della collezione, me, raccolto in virtú del suo potere di seduzione... Ma ora lei si comporta in modo puerile, come se non avesse questo potere. Nessuno gliene aveva mai parlato? LEI Me ne hanno parlato. Ridevo perché, se lei si mette nella collezione, non saprei contare gli uomini che ho collezionato. LUI Ha collezionato anche me. LEI Eppure lei non mi telefonerà piú. E non mi bacerà. Forse non ci vedremo neanche piú, se non con mio marito, quando ci scambieremo le chiavi, dunque non vedo come posso averla aggiunta alla mia collezione. LUI Perché per un uomo come me un incontro come questo è devastante. LEI Non voglio devastarla di sicuro. Se l'ho fatto, mi spiace. LUI A me spiace non aver potuto devastare lei. LEI Mi ha dato piacere. LUI Come dicevo, questa è una tortura, dunque devo andare.
LEI Grazie per essere venuto.
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