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| << | < | > | >> |Pagina 5Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano. Il signor Dursley era direttore di una ditta di nome Grunnings, che fabbricava trapani. Era un uomo corpulento, nerboruto, quasi senza collo e con un grosso paio di baffi. La signora Dursley era magra, bionda e con un collo quasi due volte più lungo del normale, il che le tornava assai utile, dato che passava gran parte dei tempo ad allungarlo oltre la siepe del giardino per spiare i vicini. I Dursley avevano un figlioletto di nome Dudley e secondo loro non esisteva al mondo un bambino più bello. Possedevano tutto quel che si poteva desiderare, ma avevano anche un segreto, e il loro più grande timore era che qualcuno potesse scoprirlo. Non credevano che avrebbero potuto sopportare che qualcuno venisse a sapere dei Potter. La signora Potter era la sorella della signora Dursley, ma non si vedevano da anni. Anzi, la signora Dursley faceva addirittura finta di non avere sorelle, perché la signora Potter e quel buono a nulla del marito non avrebbero potuto essere più diversi da loro di così. I Dursley rabbrividivano al solo pensiero di quel che avrebbero detto i vicini se i Potter si fossero fatti vedere nei paraggi. Sapevano che i Potter avevano anche loro un figlio piccolo, ma non lo avevano mai visto. E il ragazzino era un'altra buona ragione per tenere i Potter a distanza: non volevano che Dudley frequentasse un bambino di quel genere. Quando i coniugi Dursley si svegliarono, la mattina di quel martedì grigio e coperto in cui inizia la nostra storia, nel cielo nuvoloso nulla faceva presagire le cose strane e misteriose che di lì a poco sarebbero accadute in tutto il paese. Il signor Dursley scelse canticchiando la cravatta da giorno più anonima del suo guardaroba, e la signora Dursley continuò a chiacchierare ininterrottamente mentre con grande sforzo costringeva sul seggiolone Dudley che urlava a squarciagola. Nessuno notò il grosso gufo bruno che passò con un frullo d'ali davanti alla finestra. Alle otto e mezzo, il signor Dursley prese la sua valigetta ventiquattr'ore, sfiorò con le labbra la guancia della moglie, e tentò di dare un bacio a Dudley, ma lo mancò perché, in quel momento, in preda a un furioso capriccio, il pupo stava scagliando i suoi fiocchi d'avena contro il muro. «Piccolo monello!» commentò ridendo il signor Dursley mentre usciva di casa. Salì in macchina e percorse a marcia indietro il vialetto del numero 4.
Fu all'angolo della strada che notò le prime avvisaglie
di qualcosa di strano: un gatto che leggeva una mappa. Per
un attimo, il signor Dursley non si rese conto di quel che
aveva visto; poi girò di scatto la testa e guardò di nuovo.
C'era un gatto soriano ritto sulle zampe posteriori,
all'angolo di Privet Drive, ma di mappe neanche l'ombra. Ma
che diavolo aveva per la testa? La luce doveva avergli
giocato qualche brutto tiro. Si stropicciò gli occhi e
fissò il gatto, che gli ricambiò l'occhiata.
Mentre l'auto girava l'angolo e percorreva un tratto di
strada, il signor Dursley tenne d'occhio il gatto nello
specchietto retrovisore. In quel momento il felìno stava
leggendo il cartello stradale che indicava
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