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| << | < | > | >> |Pagina 828 agosto 2010E' il giorno di un mio "nuovo" importante compleanno! Quello della partenza per un viaggio, forse l'ultimo, sognato per tanto tempo.
Appassionato di vela, avevo molta nostalgia della mia prima
traversata Atlantica. Fu nel 1978, a bordo
dell'indimenticabile "Surprise". Avevamo solo una bussola,
il sestante, il timone a vento e una radio per radioamatori.
L'ho fatta con il mio grande amico Ambrogio Fogar, compagno
di liceo e fratello di Mariagrazia, mia moglie, di cui mi
sono innamorato frequentando casa sua. Insieme avevamo
iniziato ad andar per mare. Il pensiero corre a quei tempi.
Novembre 1978 - È una bellissima nottata. Ricordo come fosse ora. Il Surprise lasciò gli ormeggi da Tenerife nella luce del tramonto. Non so perché dopo tanta attesa partimmo proprio al tramonto, ma Ambrogio ed io ammiccavamo come due complici. Forse Ambrogio, più esperto di me, aveva scelto volutamente il tramonto perché come si dice "ai naviganti intenerisce il core". Beh il mio cuore non aveva bisogno di intenerirsi, era già gonfio di emozione e viveva con grande passione l'intimità di quella partenza.
Stava scendendo il buio, cominciava a far freddo ed io ero
stanco per il lungo e faticoso viaggio fatto per raggiungere
Ambrogio (tre giorni in giro per l'Europa a causa di uno
sfortunato sciopero dei controllorì di volo spagnoli), ma
non riuscivo a staccare gli occhi dalla scia che il Surprise
lasciava dietro di sé. Le luci di Tenerife andavano
spegnendosi all'orizzonte e io non vedevo l'ora che
scomparissero del tutto per sentirmi veramente in Oceano.
Osservavo il lavoro del timone a vento che vedevo per la
prima volta ed il gioco a rimpiattino delle due pale quella
eolica e quella in acqua. Si parlavano: quando la pala
eolica si piegava da un lato per un cambio di vento, quella
in acqua subito le rispondeva piegandosi nella direzione
opposta. Ed il loro duetto era così rapido, ma allo stesso
tempo armonico, che il Surprise continuava inconsapevole
nella sua rotta. Scese la notte e noi non accendemmo neppure
le luci di posizione; non avevamo sistemi per ricaricare le
batterie se non l'uso del motore e non valeva la pena
cercare di farsi vedere da chi, stante la nostra minuscola
dimensione, non ci avrebbe comunque visto. La prima notte in
Atlantico! Non la dimenticherò mai. Ero tutto indolenzito
per la stanchezza, ma non volevo perdere neppure un attimo
di quella notte magica. Ambrogio mi guardava stupito e si
offerse di fare il primo turno di guardia (sotto costa era
meglio stare allerta), ma io rifiutai. Non avrei dormito
comunque, quella notte era mia, doveva essere la "mia"
notte. Sapevo che l'avrei ricordata per tutta la vita e
volevo essere sicuro che si imprimesse bene nella mia
memoria. Feci il primo turno, condivisi il successivo con
Ambrogio, poi toccò di nuovo a me. Quando Ambrogio venne a
darmi il cambio per la seconda volta ero ancora lì. La
stanchezza stava per prendere il sopravvento, ma tenni duro:
avevo assistito al tramonto del sole, volevo rivederlo
sorgere. E venne l'alba, venne in punta di piedi, forse per
non svegliare chi ancora dormiva. Soddisfatto, scesi in
cabina e piombai in un sonno profondo.
Novembre 2010 • È una bellissima nottata. A bordo del "Duale" abbiamo lasciato Gibilterra alle nostre spalle ed abbiamo percorso circa 170 miglia, siamo alla fine del secondo giorno di navigazione per raggiungere Madeira. Non è cambiato niente rispetto alla notte vissuta più di trent'anni fa.
E penso a te Ambrogio, a te che mi hai insegnato che la vita è avventura
e che può esserlo anche senza inseguire straordinarie imprese. Non è necessario
fare il giro del mondo in solitario, basta affrontare il proprio percorso di
vita con fantasia, con la voglia di sperimentare il cambiamento, di superare i
propri limiti, di rimettersi costantemente in gioco.
Ricordi? Eravamo nel pieno della nostra maturità. Ci sentivamo immortali, capaci di conquistare il mondo, felici come "topi nel formaggio". Già, per esprimere il piacere che ti trasmetteva il navigare sul Surprise usavi questa insolita espressione che io, giorno dopo giorno, imparai a condividere. Fu una traversata indimenticabile. Allontanatici dalle coste delle Canarie smettemmo di fare i turni di guardia: troppo faticosi per un equipaggio così modesto. Ma imparammo a svegliarci a tempo: io uscivo ogni ora, dal pozzetto ruotavo lo sguardo attorno per 360 gradi e, tranquillizzato dal nulla, tornavo a dormire. All'alba facevamo il giro della barca per raccogliere i pesci volanti che durante la notte, urtando contro le vele, erano caduti in barca.
All'inizio facevamo questa operazione di controllo per
evitare che qualche pesce restasse in barca ammorbandoci poi
con la sua puzza. Poi scoprimmo che in pratica avevano lo
stesso sapore delle sarde e così cominciammo a far colazione
al mattino con il fritto di pesce. Divenne un rito. Ci
faceva entrare ogni giorno di più nel ruolo di rozzi uomini
di mare dimenticando di essere stati "cittadini" che
facevano colazione con cappuccio e croissant.
Ricordo!
I tuoi tredici anni trascorsi in un letto completamente
paralizzato. I tuoi silenzi, quando la tua mente fuggiva il
presente e si rifugiava in un passato pieno di avventure. La
tua rassegnazione quando dicevi che la vita è come una
partita doppia ed alla fine il dare e l'avere devono
pareggiare: tu avevi avuto molto e quindi, nel tuo tramonto,
dovevi dare molto. Ricordo la tua voglia di tener duro, di
non cedere ad un destino crudele, di combattere anche contro
la sfortuna. Ricordo la pena che mi facevi quando con voce
roca, rotta nel ritmo dalla frequenza del tuo stimolatore
frenico, mi dettavi l'artìcolo che settimanalmente scrivevi
e che il tuo caro amico Candido Cannavò pubblicava sulla
Gazzetta dello Sport. Ricordo il tuo orgoglio che, anche se
avevo intuito la frase che mi stavi dettando, mi impediva di
interromperti. Ricordo quando ti dissi che avevo comprato
una barca e tu deluso, mi dicesti "Ma come, non sei ancora
andato in Atlantico?" Non potevo deluderti. E così, sulla
soglia dei settant'anni eccomi in Atlantico!
28 agosto 2010 - II D-Day E' il giorno tanto atteso della partenza! Duale è bellissimo: tirato a lucido, imbandierato con il gran pavese, ondeggia pigro in attesa degli amici che ci sono venuti a salutare. Abbiamo organizzato una piccola festa: un happy hour che, per esigenze logistiche dei partecipanti, abbiamo anticipato alle ore 13. Ci sono tutti i miei affetti: moglie, figli, nuore, nipoti e tanti amici! Ognuno mi ha portato un pensiero: un porta fortuna, pesto alla genovese fatto secondo la più stretta tradizione, marmellate fatte in casa, vin santo imbottigliato all'origine e tanti libri per passare il tempo quando le giornate si allungano troppo. Quanto tempo che non mi trovavo con una compagnia così numerosa: trentacinque amici con cui ho condiviso il mio giorno più lungo: quello di un sogno iniziato anni fa e che oggi si concretizza: è il 28 agosto, un giorno che ricorderò per sempre. Che strano: è più di un anno che aspetto questo giorno ed ora che è arrivato, dopo solo due ore di navigazione il primo sentimento che affiora è quello della nostalgia. Forse è l'immagine del comandante 2, il mio nipotino di sei anni che mi saluta dal pontile? (le nomine le ha fatte lui: "Tu nonno sei il comandante 1, io il comandante 2"). Forse è la presa di coscienza di tutti gli affetti che per i prossimi mesi perderò di vista? Che invece sia nostalgia per un capitolo, quello bellissimo della progettazione del viaggio, che si è chiuso? Già qualcosa è terminato e come tutti i bei film, quando finiscono, ti lasciano nel cuore un po' di rimpianto! Sto vedendo i titoli di coda del mio progetto: si è conclusa la fase più bella, quella della progettazione, quella in cui il sogno prende forma e, governato dalla fantasia, assume colori e sfumature che a volte la realtà avrà difficoltà a riprodurre. I titoli di apertura del nuovo film, quello del viaggio vero e proprio, non sono ancora comparsi: bisognerà avere un po' di pazienza! Cambiare ruolo, da progettista a navigatore, non è così immediato! | << | < | > | >> |Pagina 6420 ottobre - In navigazione Siamo partiti da Gibilterra il giorno 15 pomeriggio e prevediamo di arrivare a Madeira domani, 21 ottobre, di prima mattina. Siamo a circa 90 miglia da Funchal e stiamo rallentando per non arrivare di notte. Avremo percorso in totale più di 600 miglia, la tratta più lunga fin qui affrontata. Abbiamo percorso le prime 90 miglia a motore, poi si è alzato un vento variabile tra gli 8 ed i 12 nodi che, di lasco, ci ha spinto fin quasi a 100 miglia da Madeira, poi se ne è andato e stiamo proseguendo di nuovo a motore. Sono molto soddisfatto di questo primo test di lunga navigazione. Temevo il possibile handicap degli anni e di non riuscire a reggere la fatica su di un periodo di tempo prolungato. In barca eravamo solo in due e quindi i turni erano frequenti e prolungati. Certo, una volta faticavo di meno, ma ci sono ancora: il fisico non solo regge, ma mi sono convinto che è anche in grado di affrontare situazioni ben più impegnative! Dopo questo test mi sento decisamente più tranquillo. Caraibi, aspettatemi, sto arrivando! 24 ottobre - Madeira Sono le sei del mattino quando ci presentiamo davanti al porto di Funchal. Piove ed in attesa che in capitaneria arrivi qualcuno giriamo in tondo. Ore otto. Sulla torre del porto compare il nostro uomo che in un perfetto inglese ci dice che non c'è posto. Probabilmente è l'unica frase in inglese che conosce bene. A Funchal di ormeggi ce ne sono veramente pochi. Piove ancora mentre dirigiamo su Quinta do Lorde, un porto di recente costruzione non ancora presente su tutti i portolani. Sorpresa: malgrado la pioggia un gommone ci viene incontro fuori dal porto e ci guida direttamente al nostro ormeggio. La stessa cortesia ci verrà usata al momento della nostra uscita. È il porto dove abbiamo in assoluto ricevuto la migliore ospitalità e mi riferisco anche ai servizi a terra, alla cortesia di tutto lo staff ed al paesaggio gradevole in cui il porto è inserito. Che fare a Madeira se non i turisti? La conoscevo già per esserci stato alcuni anni fa ed è stato veramente piacevole riportare alla memoria paesaggi e località che credevo di aver dimenticato. A Funchal all'ingresso del più bel parco di Madeira troneggia la statua di "Enrico il navigatore". Pochi conoscono la sua storia, ma se Vasco de Gama arrivò nelle Indie, se Cristoforo Colombo arrivò in America e Magellano riuscì a fare il giro del mondo gran parte del merito è suo! | << | < | > | >> |Pagina 8417 novembre 2010 - 4 giorni alla partenza della traversata Atlantica Eccomi di nuovo alle Canarie. Eravamo arrivati a Las Palmas nella notte del 7 novembre, giusto in tempo per prendere l'aereo che il giorno dopo mi riportava a Milano. Una "toccata e fuga" per adempiere ad alcuni impegni, ed eccomi di nuovo a bordo di Duale. Questa volta abbiamo anche un simpatico seguito che ci farà compagnia fino alla partenza: mia moglie, la madre e la sorella di Michele. E poi è arrivato anche Paolo, il terzo membro dell'equipaggio per la traversata Atlantica. E' il più emozionato perché, pur avendo navigato spesso in Mediterraneo, non ha alle spalle il rodaggio di 2.300 miglia che Michele ed io ci siamo fatti per arrivare a Las Palmas, né ha mai sperimentato l'onda lunga dell'Oceano. Il "Muelle Diportivo" è tutto uno sventolare di bandiere: tutte le barche in partenza hanno issato il Gran Pavese e la bandiera dell'ARC, alcune anche quella di Las Palmas. Sulle barche le attività si fanno di giorno in giorno più freneriche. Tutti sono impegnati a controllare l'efficienza dell'attrezzatura e, viste le tante barche ormeggiate, c'è sempre qualcuno appollaiato in testa ad un qualche albero. I negozi di nautica stanno facendo affari d'oro, le code si sprecano. Nel vicino cantiere sto tenendo d'occhio una bella barca in secca da alcuni giorni sulla quale i lavori sono veramente frenetici; pur essendo a terra ha issato il Gran Pavese, segno che è teoricamente tra i partecipanti dell'ARC, ma i lavori evidentemente stanno prendendo più tempo del previsto. Ogni giorno, quando passo davanti al cantiere, è sempre lì. Stride il contrasto tra l'allegra baldanza del Gran Pavese e la tristezza di questo invaso a terra che le tarpa le ali. Ormai faccio il tifo perché riesca a partire ed anche domani controllerò se ce l'ha fatta a scendere in mare.
Noi stiamo facendo la nostra parte di lavoro. Abbiamo
controllato in particolare tutta l'attrezzatura di coperta.
Anche noi abbiamo avuto il nostro uomo in testa d'albero per
le ultime verifiche, abbiamo controllato la tensione di
tutte le sartie, abbiamo issato gli stralli, controllato le
draglie, e ... domani cambusa e stivaggio! Come dicevo
fervono i lavori, ma quando scoccano le 17.30 tutto si
ferma: ogni giorno c'è una festa e da quell'ora fino a notte
fonda scorrono fiumi di birra. C'è la festa organizzata
dalla Municipalità di Las Palmas, quella organizzata
dall'ARC, quella organizzata dall'Hallberg Rassy per le sue
quindici barche iscritte ed infine quella che ogni pontile
organizza in proprio. Che atmosfera! Ieri pensavo a quante
persone stanno vivendo questi attimi bellissimi: 250 barche
per una media di 4 persone per barche, ci portano ad un
totale di 1.000 persone che fremono nell'aspettativa di
prendere il mare e che, dimentichi delle tante facilities
delle barche attuali, vivono questa esperienza nei panni di
novelli Ulisse,
18 novembre 2010 Approfittiamo del tempo disponibile per un breve tour nella città di Las Palmas. Ovviamente non poteva mancare la visita alla casa dove Colombo abitò durante il suo primo viaggio e dove sostò per riparare i danni subiti dalla Pinta nella prima parte della navigazione e per riarmare la Nina con vele quadre. Scopriamo così che gli spagnoli si sono appropriati del nostro navigatore ribattezzandolo Cristobal Colòn. La Casa Museo di Colòn è uno degli edifici più importanti della città. Il complesso è formato dall'integrazione di diversi edifici e, nonostante sia stato oggetto di notevoli restauri, conserva tuttora delle parti originali risalenti al XVI secolo. Il museo è suddiviso in quattro aree tematiche: 1. L'America prima della scoperta, 2. Colombo e i suoi viaggi, 3. Canarie: polo strategico e base per le esplorazioni del Nuovo Mondo, 4. Storia e genesi della città di Las Palmas della Gran Canaria. Sembra che Colombo, sebbene sia descritto come persona molto religiosa e credente, non fosse insensibile al fascino femminile. Si racconta che, durante la sosta alle Canarie si dedicasse a un dignitoso corteggiamento nei confronti di Dona Beatrix de Peraza y Bobadilla, la bella e giovane vedova che governava l'Isola di Gormera. | << | < | > | >> |Pagina 21414 dicembre - Terra!Sono le ore 9.30 del mattino, quando, durante il mio turno mattiniero, avvisto terra. E' la Martinica quella che vedo all'orizzonte, più alta sul mare con le sue colline, di St. Lucia. Dista ancora 27 miglia, ma la giornata è limpida e serena. C'è un buon vento che ci spinge di lasco alla velocità di 6-7 nodi. A bordo c'è euforia, dettata anche dal desiderio di abbandonare i faticosi turni al timone. Quanto ci è capitato mi spinge a rivalutare il ruolo di un buon autopilota, in particolare se si naviga con un equipaggio ridotto come il nostro. Ma allo stesso tempo ho imparato qualcosa di nuovo: stare al timone di notte. Non facile! Perché, nel buio ti mancano i riferimenti usuali che di giorno si utilizza per mantenere la rotta. Nell'ordine ho imparato ad usare i seguenti riferimenti: - se c'è luna, è il miglior riferimento, anche se ogni tanto le nuvole ti spengono la luce - in assenza di luna, un buon riferimento è una stella, anche lei spesso però oscurata dalle nubi - se il cielo è coperto, prendo come guida la bussola dell'autopilota, che con i suoi numeri digitali si presta ad una miglior lettura che non la tradizionale bussola posta nella chiesuola - periodicamente butto un occhio sull'indicatore del vento, se non altro per misurarne la forza crescente o decrescente ed interpretare così certi movimenti della barca - ultimo riferimento possibile è la traccia della rotta in essere che appare sul chart plotter. Questa traccia ha però il grave difetto di essere sempre in sostanzioso ritardo sulla reale deviazione della rotta Ore 12 Ora si distingue chiaramente anche St. Lucia e prendiamo il promontorio a Nord come riferimento per raggiungere il porto di Rodney Bay. Ore 14 siamo a ridosso del promontorio ed alle nostre spalle abbiamo un'altra barca che sta completando il suo percorso. Il vento, sotto costa, è girato ed ora viaggiamo al traverso. Ore 14.30 Imbocchiamo la baia di Rodney Bay e, da lontano, intravvediamo la barca della giuria con tutte le insegne colorate dell'ARC; man mano che ci avviciniamo scorgiamo sulla sua sinistra anche la boa che delimita la linea del traguardo. Ore 15,14 Tagliamo la linea del traguardo. La barca della giuria ci saluta suonando la sua sirena, una bella ragazza a poppa applaude e dal VHF ci comunicano i tempi della nostra traversata. Abbiamo impiegato 24 giorni, 7 ore, 14 minuti e 29 secondi. Mi spiace molto per i 29 secondi che, se stringevo un po' di più l'ultimo bordo, potevamo risparmiare (scherzo naturalmente). Su di un gommone, un operatore accosta Duale e riprende la scena di noi felici che abbiamo tagliato il traguardo. Si porta sotto bordo e ci fa capire che vuol fare una foto di gruppo. Ci stringiamo in un abbraccio a poppa e lui, in instabile equilibrio sul suo gommone, scatta la fatidica foto. Entriamo in porto. Molte barche, arrivate prima di noi, ci salutano suonando i loro corni. Molte persone si affacciano a poppa delle barche e ci salutano. Anche noi salutiamo: siamo felici! Ore 16 siamo all'ormeggio, ma lo dobbiamo rifare perché hanno sottostimato le dimensioni di Duale e ci cambiano di posto. Ore 16.30 siamo fermi! C'è una piccola delegazione a riceverci. Un paio di locali suonano i loro strumenti, una fanciulla ci porge tre bicchieri di non so che cosa, ma ciò che importa è che dentro c'è del bel ghiaccio. Un membro dell'organizzazione mi cerca per consegnarmi un bel cesto di frutta con al centro l'immancabile bottiglia di rum. Ma la festa prosegue. Non posso dilungarmi perché siamo attesi, insieme a tutti gli equipaggi delle barche già arrivate, per un brindisi di benvenuto. A presto! Ci troviamo in un territorio che nel 1494 sulla base della bolla papale "Inter caetera Divinae" e del successivo "trattato di Tordesillas" anche se non era stato ancora scoperto, fu attribuito alla Spagna. St Lucia fu infatti scoperta nel 1500 da Las Casas, proprietario della Santa Maria e secondo di Colombo nel suo primo viaggio. Santa Lucia, soprattutto a causa dell'importanza strategica del porto naturale di Castries, fu a lungo contesa tra Francia e Gran Bretagna, cambiando di proprietà per ben 14 volte tra il XVII e il XVIII secolo. Fu solo nel 1814 che i britannici riuscirono ad affermarsi definitivamente. | << | < | > | >> |Pagina 27416 marzo Sono arrivato con qualche giorno di anticipo a St. Lucia dove attendo gli amici Walter e Roberto in arrivo il prossimo 18 marzo. Il bar di Elena a St. Lucia fa da ritrovo per tutti gli Italiani di passaggio sull'isola e lì ho incontrato persone che hanno richiamato alla memoria i tanti giovani che ho incontrato durante il mio viaggio e che ho chiamato: "I naufraghi del mare". Ore 20.00 Enrico, sta servendo ai tavoli di un ristornate. Aveva un'attività professionale ben avviata in Italia, ma ha deciso di mollare tutto ed è partito, con un socio finanziatore, verso nuove avventure. Ora il socio finanziatore l'ha mollato e lui è qui, non sa bene che cosa fare. Anzi qualcosa ha fatto. Si è tolto qualche anno mettendosi insieme ad una giovane che ha l'età delle sue figlie. Da l'impressione che non riesca più a governare il timone della sua vita: è alla deriva. Ore 9 del mattino, Angelo è già alla sua seconda birra. Ha gli occhi offuscati, i movimenti incerti, il parlare strascicato di chi si è "fatto". Non so di che cosa. Spero per lui che non sia del "peggio" e che quelli che denuncia siano "solo", si fa per dire, i postumi di una colossale sbronza. È qui da un anno perché la sua barca ha avuto grossi danni, ci sono state discussioni con l'assicurazione, e da un anno attende i soldi per poter riparare la barca. È uno dei tanti giovani che ho incontrato durante questo viaggio, a cui la famiglia ha spesso concesso molta libertà e denaro. È diventato armatore della sua barca e con essa ha iniziato la grande fuga. I giovani come lui fuggono dalla ripetitività della vita di città, dai formalismi sociali, dall'obbligo del lavoro giorno dopo giorno, dalla fatica di dover affrontare le difficoltà dell'essere adulti. E allora, eterni fanciulli, si mettono in mare inseguendo avventurose illusioni, irraggiungibili miraggi di libertà e quando, per guadagnare di che vivere si trovano comunque costretti ad accettare ripetuti ingaggi come skipper, come secondi di bordo, come equipaggio per trasferire barche, naufragano. Naufragano quando si ritrovano di fronte quella ripetitività a cui pensavano di essersi sottratti. Nessuno ha mai spiegato loro che nella vita tutto ha un prezzo, che niente ti è concesso in perpetua gratuità, che la libertà non è vera libertà se non te la sei guadagnata attraverso un duro impegno, che per saper affrontare le difficoltà che la vita ti riserva, sempre e comunque, bisogna avere temprato il proprio carattere. Tutto sembrava così semplice. Ed invece l'unico sogno su cui avevano scommesso tutto il loro modo di essere, in cui avevano riposto tutte le loro speranze di vita, perde man mano colore, ed anche loro, come il loro sogno, a poco a poco ingrigiscono. Li trovi sfaccendati nei bar a bere birra di prima mattina. Non hanno più una meta, un obiettivo. Vivono alla giornata trovando un po' di conforto nell'ammirazione che altri giovani di passaggio mostrano nei loro confronti, per il loro coraggio nel saper affrontare mari avventurosi. Ma l'avventura non è implicita dell'andar per mare, l'avventura è prima di tutto una dote dello spirito. Partendo dalla situazione che per nascita a ciascuno di noi è stata riservata, l'avventura è prima di tutto la capacità di accettare le sfide, tutte diverse, che ognuno di noi si trova a dover affrontare. L'avventura è la curiosità del conoscere, la voglia di cambiamento, la capacità di rimettersi sempre in gioco, il desiderio di vivere sempre nuove esperienze. E se tu non hai preparato il tuo spirito all'avventura, che tu sia per mare, in terra o nei cieli, sei destinato al naufragio.
I giovani che pensano che avventura significhi fuga dal
quotidiano non si rendono purtroppo conto che, se lo spirito
non è preparato, rischiano di perpetuare in mare quella
ripetitività a cui pensavano di sfuggire. E quando se ne
rendono conto è troppo tardi. Indietro non sanno o non
vogliono tornare e così continuano a navigare verso
orizzonti sconosciuti o, come Enrico, avendo perso il
timone, o come Angelo, avendo perso bussola ed orientamento.
Già, in queste isole di sogno oltre agli "zingari del mare"
incontri anche i "naufraghi del mare".
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