Copertina
Autore Hans Ruesch
Titolo La figlia dell'imperatrice
SottotitoloLa grande industria della malattia
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2006, Eretica speciale , pag. 320, cop.fle., dim. 150x210x22 mm , Isbn 978-88-7226-946-6
CuratoreMarco Mamone Capria
LettoreGiorgia Pezzali, 2006
Classe medicina , salute
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Indice


Premessa                                      5
Il falso dogma                                7
Il Kombinat mondiale "Chi-Me-Vi"             31
Il racket della salute                       62
Il potere                                   110
Il gran lavaggio del cervello               139
Caleidoscopio                               156
Cavie umane                                 180
E se oggi la medicina avesse altri scopi?   201


Critica della ricerca biomedica e
dell'industria farmaceutica
Marco Mamone Capria                         258

 

 

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Pagina 7

Il falso dogma


"Il Legislatore"

Non è solo scandaloso, ma anche tragico, che si permetta all'industria farmaceutica di inondare il mercato dei suoi prodotti dannosi e lucrativi col pretesto che la loro utilità e sicurezza siano state esaurientemente sperimentate sugli animali, e che proprio le autorità sanitarie, cioè lo Stato, sottoscrivano questo inganno, che altro non è che una truffa legalizzata a scopo di lucro. Infatti, entrambe le parti sanno per esperienza diretta che le prove sugli animali non garantiscono nulla, poiché sono fallaci e hanno solo funzione di alibi, di assicurazione per il giorno in cui non sarà più possibile ignorare i disastrosi effetti collaterali di uno di tali farmaci. Si potrà allora dire che «tutti gli esperimenti richiesti sono stati compiuti», a norma di legge. Però si tace che quelle leggi le hanno formulate i fabbricanti stessi: in materia medica, al legislatore non resta che sottostare alle indicazioni dei sedicenti "esperti". E chi sono questi "esperti"? Portavoci del cartello chimico-medico, i cui legami con le autorità sanitarie sono così stretti che di solito si accavallano. Quindi sono loro stessi, e nessun altro, quel misterioso e onnipotente organismo definito anonimamente come "Il Legislatore"; che emana provvedimenti vincolanti. Fu questa assurda situazione che già anni fa spinse il dott. James D. Gallagher, responsabile della ricerca dei Laboratori Lederle, a rilasciare la seguente dichiarazione:

Un altro problema di fondo che ci troviamo a dover risolvere a causa delle regolamentazioni e di ciò che le ha originate è l'atteggiamento non scientifico riguardo agli studi sugli animali. Gli studi sugli animali vengono eseguiti per ragioni giuridiche e non per ragioni scientifiche, perciò non hanno alcun valore predittivo per l'uomo; il che vuol dire che tutta la nostra ricerca potrebbe non avere alcun valore. (Journal of the American Medical Association, 14 marzo 1964)

In realtà i cosiddetti "esperti", che hanno imposto alla ricerca medica l'obbligo degli esperimenti sugli animali come banco di prova, sono i principali responsabili della più grande truffa mai perpetrata nella storia ai danni dell'umanità, solo per motivi di guadagno. Scopo del presente libro è di fornire le prove di queste affermazioni, che trovano concorde un numero sempre crescente di appartenenti alla comunità medica e scientifica.


Superstizione

Chiunque abbia mai avuto a che fare con animali, che fossero da compagnia o da allevamento, ha prima o poi dovuto imparare, per esperienza personale o per aver avuto bisogno di un veterinario, che i medicinali destinati all'uomo non vanno somministrati agli animali: questi potrebbero morirne. Che cosa significa? Significa semplicemente che l'organismo dell'animale reagisce in modo diverso da quello umano e una medicina che giova all'uno può danneggiare irreparabilmente l'altro. Eppure, anche chi conosce questa regola viene così confuso dalla propaganda, da accettare gli esperimenti sugli animali come una garanzia assoluta e arriverà a dichiarare, senza riflettere: «Dato che i nuovi medicinali devono essere sperimentali, meglio sperimentarli sugli animali che su di me».

Questa affermazione, apparentemente molto ragionevole, ma in realtà solo intesa a rassicurarci, contiene due premesse sbagliate: primo, che quel miracolo naturale che è ogni organismo vivente sia venuto al mondo bisognoso dal primo giorno di sempre nuove medicine, di sempre nuovi veleni chimici per poter sopravvivere; secondo, che le prove fatte sugli animali ci diano informazioni sicure circa l'effetto dei farmaci sull'uomo.

Queste sono conclusioni errate di cui la stragrande maggioranza del pubblico è stata costretta a convincersi come di un indiscutibile dogma religioso, attraverso un sistematico lavaggio del cervello, che per quasi tutti ha inizio prima dell'età della ragione. Dapprima in famiglia, anch'essa improntata su questa forma mentale, quindi a scuola e in continuazione attraverso i mass-media. E nonostante l'evidenza delle sempre crescenti prove contrarie, i più si aggrappano con la stessa incrollabile fede a queste convinzioni come un tempo le masse credevano al potere terapeutico dell'acqua benedetta, soprattutto se bevuta da una campana di chiesa sulla quale erano state dette sette messe, o che l'immolazione sul rogo delle imputate di stregoneria fosse un atto umanitario perché salvava l'anima della sciagurata peccatrice. Eppure, gli errori di oggi sono ben più evidenti di quelli medioevali.

Tutto ciò che si ottiene con gli animali è perfettamente valido anche per l'uomo. Gli esperimenti fatti su animali, con sostanze deleterie oppure in condizioni nocive, sono perfettamente attendibili per la tossicologia e l'igiene dell'uomo. Le ricerche sulle sostanze medicamentose o tossiche sono egualmente del tutto applicabili all'uomo dal punto di vista terapeutico.

Queste ed altre sciocchezze dello stesso livello vennero solennemente proclamate da Claude Bernard, l'apostolo della moderna ricerca medica basata sulla vivisezione degli animali, nella sua storica Introduzione allo studio della medicina sperimentale, l'opera che nel 1865 pose le fondamenta dell'attuale medicina "ufficiale" nel mondo occidentale e che è diventata il Vangelo dei sedicenti ricercatori medici, nonostante che le dolorose prove della sua erroneità vadano costantemente aumentando.

In realtà, la medicina non merita attualmente il nome di "scienza"; se diamo a questa parola il suo significato originario di "conoscenza", al posto di "ricerca", che è il significato che ha acquisito negli Stati Uniti.

L'attuale medicina non è niente altro che un dogma fasullo, imposto quasi universalmente con mezzi legali o illegali, da parte della lobby che nei paesi industrializzati costituisce il Potere medico, in stretta alleanza con il cartello chimico. Il suo scopo non è la salute pubblica, che gli serve solo come pretesto per estorcere ingenti somme di denaro alla comunità; l'unico suo obiettivo e la costante crescita della propria ricchezza e del proprio potere.

La vera scienza presuppone libertà di informazione e lo scambio di opinioni differenti. Nell'ambito della medicina istituzionalizzata questo oggi non esiste. Medici preparati e coraggiosi, che cercano di esprimere opinioni in contrasto con quelle diramate dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità, con sede a Ginevra ma diretta dagli Stati Uniti), mettendo per esempio in guardia da certe devastanti (ma lucrative) terapie del cancro o dai pericoli delle (egualmente lucrative) vaccinazioni a tappeto, sono stati prontamente diffidati dal continuare oppure costretti al silenzio, e così si sono ritrovati regolarmente esclusi dai congressi di medicina che più contano e che sono seguiti dalla stampa.

Θ la ragione per cui, prima di essere autorizzati a parlare ai congressi, tutti i partecipanti sono tenuti a far valutare il testo del loro intervento con mesi di anticipo. Oppure vengono relegati al gradino più basso della scala professionale, dal quale non possono esprimere opinioni influenti, o vengono addirittura esclusi dalla comunità medica. Vedremo in seguito altre forme di interferenze dall'alto.

In conseguenza di questa censura sistematica, che si svolge parallelamente all'assordante propaganda medica, i rari casi di opinioni oneste espresse da membri importanti della comunità medica finiscono rapidamente nel dimenticatoio, come nel caso della citata dichiarazione del dott. Gallagher e della seguente del dott. Modell, e non vengono più ribadite nemmeno dai loro autori, certamente rimproverati.


205.000 farmaci

Ormai è già passato un bel po' di tempo da quando il dott. Walter Modell del Medical College della Cornell University, definito dal settimanale Time «uno dei principali esperti in campo farmacologico», scriveva in Clinical Pharmacology and Therapeutics:

Quando si capirà che esistono già troppi farmaci? Oggi sono in circolazione almeno 150.000 preparati farmaceutici, ogni anno ne vengono introdotti nuovamente sul mercato circa altri 15.000, mentre allo stesso tempo circa 12.000 ne spariscono. Il fatto è che non ci sono abbastanza malattie per così tante medicine. Attualmente, l'unica utilità dei nuovi farmaci è di neutralizzare gli effetti negativi di altre nuove medicine. (Time, 26 maggio 1961)

Da quando il dottor Modell rivelò questi dati, il numero dei medicinali in commercio nel mondo deve essere salito ad almeno 205.000, e le malattie sono aumentate in proporzione. Non ci troviamo quindi di fronte al compito di sviluppare nuovi farmaci, bensì di ridurre drasticamente quelli esistenti. Il che ridurrebbe automaticamente anche le malattie. Quasi tutti noi sappiamo che cosa fare per mantenere sani fegato, reni, polmoni e cuore; ma ciò che i più non sanno, grazie ad un sistematico lavaggio del cervello, è che la continua assunzione di "pillolette miracolose" non solo non può riparare un danno fisiologico, ma può solo aggravarlo, introducendo nuovi veleni in un organismo già male amministrato.

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Pagina 196

Il cuore di plastica

E ora torniamo al cuore di plastica. Probabilmente solo animali da laboratorio e neonati indifesi come Baby Fae sono stati condannati a travagli simili a quelli dei riceventi di cuori artificiali, i cui tormenti sono stati resi "attraenti" da importanti redattori come Charles Krauthammer, che aveva descritto questo strumento di tortura come un segno profondo di genialità umana, prima che ne fosse ufficialmente ammesso il fallimento.

Non stiamo parlando col senno di poi, perché già anni fa avevamo spiegato perché i cuori artificiali possono solo giovare ai puerili sperimentatori affamati di sovvenzioni, ma non ai malati. La nostra previsione divenne realtà un'altra volta, ahinoi inevitabilmente, perché si fondava sul semplice buon senso, il più raro di tutte le qualità nella religione della medicina moderna.

Come abbiamo visto, il prof. George Annas aveva affermato a un comitato della FDA che «il cuore artificiale non può salvare vite ma soltanto cambiare il modo di morire».

Non eravamo gli unici a essere d'accordo, perché verso la fine degli anni '80 persino le autorità "sanitarie" americane furono costrette, in un'incredibile esplosione di buon senso, a invertire la loro decisione di un tempo e a proibire qualsiasi ulteriore esperimento su esseri umani nel campo del business dei cuori artificiali.

Poco tempo dopo l'interdizione, tuttavia, ci fu una ricaduta nella follia perché furono ripresi gli esperimenti con cuori artificiali, ma questa volta unicamente su vittime animali. Come mai? Perché la confraternita aveva scoperto che erano ancora rimasti alcuni milioni di dollari a suo tempo stanziati per esperimenti su cuori artificiali, e sarebbe stato un vero peccato lasciarli inutilizzati!


Nuove cavie umane

Nel 1978 avevo scritto in Slaughter of the Innocent dell'irresponsabile e chiaramente criminale sperimentazione condotta dai poteri in carica sugli esseri umani: «La sperimentazione umana è diventata una grossa industria in America». Milioni di americani si meravigliarono di udire questa dichiarazione nel programma della NBC all'ora di maggior ascolto, "NBC Reports", che Robert Rogers aveva scritto, prodotto e narrato la sera del 29 maggio 1973. E il giornalista Bob Cromie, sul Chicago Tribune del 19 gennaio 1974, a proposito di un vasto studio sulle abitudini sperimentali americane aveva scritto: «La mia opinione personale è che molti di questi esperimenti vengono condotti sotto la supervisione di sadici, idioti o uomini semplicemente desiderosi di accaparrarsi i fondi che lo Stato mette a disposizione per queste scellerataggini insensate con il pretesto della ricerca medica [...] Sembra ovvio che alcuni di questi scienziati non si accontentino più di usare animali inferiori visto che i recenti esperimenti sono stati condotti nelle prigioni, negli orfanotrofi e nei manicomi».

Come è stato ripetutamente previsto da veri conoscitori dell'establishment medico, ma non alle sue dipendenze, l'incontrollata diffusione della vivisezione, sostenuta dalla maggior parte dei governi "democratici" del mondo ed esaltata dalle comunità scientifiche, ha ottenuto un solo risultato: la logica diffusione della sperimentazione umana e degli olocausti umani, che infatti sono aumentati costantemente, di pari passo con gli esperimenti sugli animali.

Avevamo già riferito la notizia dei bambini egiziani su cui era stato spruzzato in via sperimentale un pesticida noto per essere cancerogeno. Ciò è avvenuto nel 1982. Adesso andiamo avanti...

Un titolo dell' Observer, il grande settimanale britannico, del 1° gennaio 1989: «PROTESTE PERCHΙ UN FARMACO VIETATO Θ TESTATO SUI BAMBINI». L'articolo esordiva così:

In Thailandia alcuni bambini vengono usati come cavie per test di un farmaco che era stato proibito in dieci paesi a causa dei suoi precedenti di scarsa sicurezza. La Hoechst, azienda farmaceutica della Germania Ovest, sta pubblicizzando prove del suo analgesico, il Dipirone, su sessanta bambini tra i quattro e i sette anni e su sessanta adulti, tutti sottoposti a un'operazione di appendicite. Ma il Dipirone è stato vietato in dieci paesi, e il suo uso severamente limitato in altri dieci, a causa del rischio di due effetti collaterali potenzialmente fatali: agranulocitosi (distruzione dei globuli bianchi) e collasso (della circolazione del sangue) [...]

Vale la pena di ricordare che l'agranulocitosi è spesso il preludio della leucemia, un tumore del sangue che è drammaticamente aumentato negli ultimi decenni, e non diminuito, come hanno falsamente proclamato i lobbisti dell'industria chimica mascherati da protezionisti animali, come la dott.ssa Judith Hampson (RSPCA) in Gran Bretagna.

Trapianti a cuore battente

Siamo ormai nell'epoca dei trapianti. Questo lo sanno tutti. Quel che i più non sanno è che gli esecutori trapiantano organi prelevati da corpi i cui cuori battono ancora. In tal caso il termine "donatore" non è il termine giusto. L'organo in questione non viene donato da un individuo consenziente bensì prelevato dal corpo di un paziente che solo il medico interessato all'operazione dichiara morto. Ma morto non è.

Difatti non esiste alcun fondamento scientifico per stabilire l'irreversibilità della morte cerebrale. L'Università di Harvard (Boston), in un documento intitolato "Ripensando la morte cerebrale" ("Rethinking Brain Death, in Critical Care Medicine, 1992), ha affermato che non esiste alcuno strumento capace di dimostrare l'irreversibile cessazione di tutte le funzioni del cervello.

Nel febbraio del 1995 i giornali riportarono che il poliziotto quarantaduenne Gary Dockery, di Chattanooga, Tennessee, aveva improvvisamente ripreso conoscenza dopo sette anni e mezzo di «morte cerebrale». Questa è soltanto una delle tante notizie a questo proposito che periodicamente appaiono nella stampa mondiale.

Θ in considerazione di questo che vari anni fa una signora di Bergamo che si chiama, dico sul serio, Nerina Negrello, aveva fondato la "Lega nazionale contro la predazione di organi e la morte a cuore battente". Fra le sue iniziative, il 5 ottobre 1994 aveva pubblicato sul quotidiano L'Eco di Bergamo un articolo intitolato "La morte di Nicholas". Vi affermava che "Nicholas Green era stato ferito dai banditi e ucciso dai medici». Si riferiva al ben noto caso della famiglia americana alla quale dei banditi in Calabria avevano sparato mentre viaggiava sull'autostrada.

Il figlio rimase gravemente ferito alla testa e i medici ne decretarono la "morte cerebrale", secondo loro irreversibile. Perciò ottennero dai genitori il permesso di prelevarne gli organi, per poterli "donare" a malati in attesa.

Per la sua frase «ferito dai banditi e ucciso dai medici», la signora finì in tribunale per "diffamazione" su denuncia del cardiochirurgo e senatore Valentino Martelli.

Da quel giorno Nerina Negrello è rimasta ininterrottamente impegolata in processi penali, ma non ha intenzione di fermarsi. Lo dimostra il suo comunicato stampa del 13 gennaio 2005 (Anno XXI, n. 1) dal titolo «NEONATI USATI COME CAVIE».

Il 31-01-04 il chirurgo Andrea Tzakis ha compiuto al Jackson Memorial Medical Center di Miami, USA, un trapianto multiorgano sulla piccola Alessia di sei mesi affetta da megacisti microcolon (aveva già subito almeno sei operazioni in Italia). Ben otto organi sono stati espiantati da un neonato di sette mesi, vivo ma in coma, e trapiantati con dodici ore di intervento. Poi un anno di infezioni multiple, sanguinamenti, rigetto, ritrapianto di rene, alimentazione attraverso un tubo, polmonite: cioè tortura.

Il Governo italiano ha finanziato l'atto chirurgico e le cure con 375 mila dollari, dimostrando il fine puramente sperimentale.

Alla famiglia non è stata data alcuna speranza: trapianto o morte. Neonati cavie, figli di genitori sprovveduti e ricattati da chirurghi psicopatici, vengono usati come i cani e i gatti nella turpe tradizione vivisettoria, in nome di una maggiore utilità sperimentale per gli umani.

Il passe-partout che permette l'accesso a qualsiasi sperimentazione è il motto «difesa della vita/salvare le vite» (la vita ad ogni costo). Dietro questo rassicurante paravento si consumano le torture più efferate.

Alessia avrebbe vissuto sicuramente meglio e probabilmente più a lungo se i medici non si fossero interessati a lei.

Dietro l'appello «salvare le vite», associazioni di fanatici della trapiantistica, malati e i loro medici, mungono soldi ai cittadini, generosi, ma superficiali, per portare le cavie agli sperimentatori, alimentando così un crimine istituzionale che si maschera da "bene sociale".

Il trapiantista Andrea Tzakis si dice soddisfatto: infatti ha portato a termine la sua sperimentazione su Alessia, usata per addestrare i chirurghi dell'Istituto Pediatrico Gaslini di Genova, al quale l'ha restituita per morire. Si segnala che è la seconda neonata offerta dal Gaslini a Tzakis.

Questi trapiantisti psicopatici stanno trasformando la società in un LABORATORIO GLOBALE, dove tutti siamo cavie ai loro occhi.

Alessia è stata uccisa, cerchiamo di salvare dalla tortura AURORA Gjoka, di nove mesi, a cui stanno imponendo un trapianto di fegato alle Molinette di Torino contro la volontà dei genitori, per questo sospesi dalla patria potestà.

Presidente, Nerina Negrello


Notizia data da www.tgcom.it del 13-01-05: «Θ morta la piccola Alessia. Aveva subito nove trapianti in un ospedale americano».

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Conclusione

La medicina moderna, basata sulla doppia assurdità di una concezione meccanicista della salute insieme alla sperimentazione antiscientifica su specie aliene dalla nostra, è stata ripetutamente denunciata dagli studiosi di questioni mediche oggi come la principale responsabile delle malattie.

Tuttavia gli esseri umani tendono ad affezionarsi alle nozioni apprese negli anni della loro formazione, ovvero a quello che hanno sentito dalle prime autorità nella loro vita. Prima i genitori e poi gli educatori incaricati, che sono stati formati tutti nelle stesse scuole dove è stato insegnato di credere nei miracolosi poteri della ricerca basata sulla sperimentazione animale, così come all'uomo medioevale era stato insegnato di credere nei miracolosi poteri della Chiesa, senza riflettere né porsi domande.

Θ altrettanto facilmente dimostrabile l'invalidità scientifica dell'attuale ricerca medica, quanto che 2 + 2 non fa 5. Ma dal momento che le dottrine della medicina moderna non sono state impartite con i metodi usati per le materie scientifiche (dimostrazioni intelligenti di fatti, aperte al dibattito), ma nello stesso modo in cui vengono insegnate le religioni (affermazioni autoritarie, inculcate dogmaticamente nelle giovani menti a forza di ripetizione), nessuna quantità di prove o di ragionamenti farà cambiare idea ai veri credenti.

Chiunque sia stato persuaso a credere in qualcosa senza ragionamento non può essere dissuaso da quella credenza con la ragione. La fede, una volta radicata, è refrattaria alla logica. Θ per questo che la medicina moderna deve essere definita correttamente come una religione, non una scienza. Molti preti-dottori che continuano a sostenere la mitologia dell'animale come valido strumento di ricerca lo fanno in buona fede, perché è questo che hanno imparato. Non sono complici della cospirazione, ma le sue vittime. Credono in ciò che professano, come i preti medioevali credevano nei poteri curativi dell'acqua santa, per la buona ragione che si era dimostrata sovente efficace e sicuramente meno dannosa dei rimedi chimici moderni.

L'attuale organizzazione, avendo imparato anzitutto come va resa redditizia, si autoriproduce. Studenti di medicina che siano abbastanza sensibili e intraprendenti da obiettare alle rivoltanti pratiche sperimentali hanno le stesse possibilità di laurearsi che può avere un seminarista polemico di prendere i voti. E medici che con ritardo vedono la luce nel corso della loro pratica e osano proclamarlo, rischiano non solo di essere interdetti e sconsacrati dalla loro corporazione, ma di essere ostracizzati come eretici dalla società. Questo, in realtà, è già accaduto a più riprese.

Aggiungendo al danno anche la beffa, quando il Sindacato medico diffonde la notizia di qualche disastro terapeutico che lui stesso ha creato, lo fa solo per avvertire il pubblico che c'è bisogno di «altri fondi per la ricerca». E tutto questo naturalmente per una ricerca portata avanti secondo gli stessi vecchi schemi fallimentari.

Un esempio lampante è stato l'annuncio ufficiale fatto da Robert W. Miller, del National Cancer Institute of Bethesda, Maryland, sui danni da DES.

Egli giustificò l'errore iniziale affermando che occorrevano ancor più esperimenti su «modelli» animali.

Chiunque può trovare sulla stampa il genere di notizie che abbiamo riportato. Ma isolate, senza un'interpretazione, e scollegate le une dalle altre, queste notizie non hanno più significato delle tessere scomposte di un puzzle. Per coloro che hanno la voglia o la possibilità di mettere insieme pezzi correttamente, la figura unita ha un solo significato, cioè che la metodologia della pseudoricerca medica attuale deve essere messa fuori legge nell'interesse della salute pubblica.

Se, tenendo ben in mente questo, sfogliamo i giornali degli ultimi decenni, scopriremo un'incredibile moltitudine di "scoperte sensazionali", ampiamente pubblicizzate, le cui applicazioni pratiche erano «proprio dietro l'angolo», ma che non si sono mai materializzate. E di promesse quinquennali che sono state dimenticate per altre promesse quinquennali, tutte egualmente destinate all'oblio.

I capi del Kombinat, gli istituti superiori della Sanità di tutti i paesi industrializzati, nazioni orientate al profitto, i mezzi d'informazione dipendenti dalla pubblicità o dai proprietari del settore petrolchimico, e i capi delle antiche società di protezione animali, sono tutti alleati in questa mostruosa cospirazione, che ha l'obiettivo di nascondere qualsiasi prova dei disastrosi effetti della medicina basata sulla sperimentazione animale, al riparo dall'esposizione al pubblico.

Fino a quando non potremo dimostrare alla maggioranza quello che abbiamo ripetutamente provato finora a pochi, e cioè che nessun cane ha mai salvato la vita di un solo bambino – a meno che il bambino non stesse annegando –, l'intero problema della sperimentazione animale sarà per sempre ridotto al vecchio e falso dilemma: «O il cane o il bambino».

Un'altra Baby Fae?

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Critica della ricerca biomedica e dell'industria farmaceutica

Marco Mamone Capria


Quest'anno cade il trentennale di un altro libro di Ruesch, fra i più importanti che siano apparsi in Italia nel XX secolo. Poiché "importante" è parola soggetta a una grande arbitrarietà di uso, preciso subito che qui la intendo nel senso, oggettivo, dell'influenza esercitata sulla vita e l'attività di altre persone. Sto parlando di Imperatrice nuda, pubblicato nel gennaio del 1976 dalla casa editrice Rizzoli [1]. Si tratta di una requisitoria sulla ricerca medica contemporanea, vista nei suoi a volte incredibili ma fin troppo reali fallimenti come il risultato di un errore metodologico di fondo: la sperimentazione su animali vivi — topi, cani, maiali, pesci, gatti ecc. — o vivisezione, adottata sia come esplorazione preliminare sia come banco di prova di affermazioni concernenti la medicina (curativa e preventiva) umana.

Il libro, inizialmente acclamato sulle pagine dei principali quotidiani e periodici italiani, fu rapidamente messo in ombra e boicottato dal suo stesso editore. Nelle nostre democrazie esiste sì la libertà di parola, ma ci sono anche sistemi ben collaudati per mettere la sordina alla libera parola quando rivela fatti che i poteri vigenti preferirebbero tenere nascosti ai cittadini.

Hans Ruesch, nato in Italia e di nazionalità svizzera ma in effetti cosmopolita, era un romanziere trasformatosi in storico della medicina e sociologo investigativo, dopo quarant'anni di attività internazionale come scrittore di successo di racconti e romanzi. Il recente libro-intervista [2] ha raccontato la sua storia alle nuove generazioni, e ne ha rinfrescato e aggiornato il ricordo alle persone che avevano partecipato o assistito alla rivoluzione provocata in Italia, e successivamente in altri paesi, dell'atto d'accusa di Imperatrice nuda. Quanto ai media, dopo una prima fase di attenzione, hanno fatto in seguito del loro meglio, particolarmente negli ultimi due decenni, per parlare il meno possibile sia di Ruesch che della questione vivisezionista. La quale però continua ad essere sollevata in tutte le parti del mondo, da attivisti spesso ispirati proprio dall'opera di Ruesch, come è il caso — per esempio — per la proposta di abolizione della vivisezione in esame dal marzo 2006 al consiglio comunale di Rio de Janeiro [3].

Gli oppositori della vivisezione sono quasi sempre ritratti dai media, nei rari casi in cui si è costretti a parlarne (per esempio in occasione di irruzioni di attivisti in laboratori biomedici [4]), come se costituissero una peculiare sottoclasse degli amanti degli animali: e precisamente quella sottoclasse che li ama a tal punto da disinteressarsi del declino della ricerca medica che, ci si assicura, conseguirebbe all'abolizione della vivisezione. In effetti questo ritratto è peggio di una caricatura. Θ peggio perché non solo descrive scorrettamente una posizione intellettuale, ma anche perché insinua negli ingenui e disinformati una credenza priva di fondamento: quella della presunta grande importanza della sperimentazione animale per la promozione della salute umana. Nel suo libro Ruesch spiegò con pagine lucide e che lasciano senza respiro la storia e il presente di questa credenza e le ragioni, tutt'altro che "scientifiche", del suo perdurare. Ma mancava alla sua trattazione (specialmente nella versione italiana, l'embrione da cui la versione inglese, molto più ampia [5], e — attraverso quest'ultima — quelle in altre lingue si sono sviluppate) una discussione ed esemplificazione di quella che potremmo chiamare l'economia politica della vivisezione. Questo è appunto l'oggetto del presente volume, che si concentra soprattutto sull'operato della grande industria farmaceutica, e sulle forze politiche e i media che lo supportano.

* * *



Oggi la consapevolezza che la grande industria farmaceutica ("Big Pharma", la chiamano gli anglosassoni) costituisce un pericolo sia per le democrazie occidentali che per il resto del mondo si sta facendo strada, sebbene ancora troppo lentamente. Ma, per esempio, si può citare come segnale positivo il fatto che in un sondaggio del 2004 sia emerso che l'87% dei cittadini statunitensi non ritiene che le case farmaceutiche siano «generalmente oneste e affidabili» [6].

Nel 2001 un noto autore di romanzi di spionaggio, John le Carré (alias David Cornwell), ha pubblicato un romanzo ambientato in Africa, al cui centro sono le attività di una transnazionale farmaceutica [7]. Questa sta sperimentando illegalmente su cavie umane in Kenya un medicinale contro la tubercolosi, e non esita a commissionare l'omicidio di una giovane attivista che è sul punto di rivelare le morti causate dalla sperimentazione. Θ interessante che un'impiegata dell'ufficio diplomatico inglese e amica della vittima dichiari a un certo punto agli inquirenti che il farmaco era stato testato «su ratte gravide e scimmie, conigli e cani, e non aveva dato problemi. Quando sono arrivati agli umani – va bene, c'erano problemi, ma questi ci sono sempre. Questa è la zona grigia che le ditte farmaceutiche sfruttano. Θ alla mercé della statistica e la statistica prova quello che volete». Se si aggiunge "con un'opportuna manipolazione dei dati, all'occorrenza", la descrizione diventa completa nonostante la brevità, e chiarisce anche perché la sperimentazione animale è qualcosa a cui l'industria fa così fatica a rinunciare.

Le Carré ha accompagnato la pubblicazione del romanzo con articoli e interviste nei quali accusa l'industria farmaceutica di essere «l'esempio più eloquente» dei «crimini del capitalismo selvaggio» [8]. E tanto per mettere in chiaro che le vicende raccontate nel romanzo sono tutt'altro che esagerazioni, ha affermato schiettamente nella postfazione che «a confronto con la realtà dell'industria del farmaco il mio libro si legge come una cartolina dalle vacanze» [7]. Fra gli scienziati sono pochi i transfughi da questa guerra per il profitto che si combatte sui corpi dei malati e dei poveri, e ancor meno quelli che hanno poi il coraggio di riferire ciò che hanno visto. Uno è Benno Leutold, ex ricercatore alla Roche, all'Università di Harvard e agli Istituti Superiori di Sanità statunitensi, che ha dichiarato: «Il business dei test sui farmaci, soprattutto quello su persone sane, è l'aspetto peggiore della globalizzazione. Piu atroce del turismo sessuale dei pedofili». E ha aggiunto: «Ho abbandonato perché il mondo farmaceutico mi fa schifo e mi fanno tristezza tanti miei colleghi vittime di questa dittatura delle multinazionali» [9].

Probabilmente se a Le Carré è stato possibile spedire la sua "cartolina" e vedersela pure adattare in un film di Hollywood, ciò è dovuto, da un lato, al fatto che il romanzo ruota principalmente attorno alla psicologia dei personaggi e ovviamente non fa nomi reali, e dall'altro ai riferimenti positivi, soprattutto nel film (vedi la recensione [10]), ai cosiddetti farmaci "anti-AIDS" (cioè azidotimidina o AZT, lamivudina, stavudina, nevirapina ecc.), oggi fra le maggiori fonti di profitto del settore e che l'avida industria farmaceutica avrebbe il solo torto di non rendere accessibili a buon mercato ai paesi del Terzo Mondo... Θ questa un'immagine a cui si sono affezionati tanti anche nella sinistra internazionale (tipico l'articolo di Ramonet in [11]). Pur essendo disposti ad attribuire colpe di vario genere a "Big Pharma", non riescono però nemmeno a concepire quella più grave ed essenziale: di volersi arricchire vendendo farmaci inutili e pericolosi. E naturalmente proprio i farmaci "anti-AIDS" sono fra quelli testati illegalmente in Africa e in USA, con moltissimi casi di gravi reazioni avverse, anche letali, non dichiarate [12].

Sia chiaro: non si può certo negare che le industrie farmaceutiche tengano i prezzi alti per tutto ciò che producono, compresi i presidi medici essenziali (per esempio i disinfettanti) e non solo nel Terzo Mondo, e che a tal fine corrompano medici e politici e si accordino tra loro in violazione delle regole del "libero" mercato [13] – regole la cui giustificazione ufficiale sarebbe appunto di permettere la realizzazione del miglior rapporto qualità/prezzo a favore del cittadino.

Nondimeno, è difficile immaginare una pubblicità più efficace per qualsiasi tipo di industria che descriverla come colpevole soltanto di non abbassare il prezzo, o di non cedere il brevetto, dei suoi altrimenti utilissimi e innocui prodotti. La situazione è resa ancora più confusa dalla circostanza che la grande industria non solo infiltra le associazioni di cittadini, come ampiamente denunciato ed illustrato da Ruesch nel caso delle leghe "animaliste" (cfr. [2]), ma addirittura mette in piedi o finanzia organizzazioni di facciata – "di facciata" nel senso di presentarsi come nate spontaneamente e sostenute dall'iniziativa e autofinanziamento di cittadini, cioè il contrario di quello che sono [14]. Nel caso dei farmaci ve ne sono per entrambi i lati del fittizio dibattito: cioè, le une per contestare l'esosità con cui l'industria stessa apre la sua cornucopia di medicinali supposti miracolosi, e le altre per sostenere l'importanza della dura logica capitalista al fine di un maggiore finanziamento della ricerca e di una capillare diffusione dei suoi risultati. Le contrapposizioni fasulle costituiscono una trappola per i molti che, dimenticando una regola logica elementare, pensano di dover prendere comunque posizione. La regola logica è che per ogni antitesi ci si deve innanzitutto chiedere: sono accettabili i suoi presupposti?

Nella fattispecie: è ragionevole assumere che la salvezza di paesi poveri, sui cui abitanti incombono cronicamente i flagelli della povertà, della denutrizione e della mancanza di acqua potabile (dati FAO parlano di 185,9 milioni di persone denutrite nell'Africa sub-sahariana, cioè il 34% della popolazione [15, p. 104]), stia nell'esecuzione a tappeto di test di sieropositività e nella distribuzione a masse di cittadini di farmaci di cui sono risaputi i pesantissimi effetti collaterali? E non è un po' strano che intorno alla presunta epidemia di AIDS in Africa, i cui connotati qualitativi e numerici restano estremamente incerti nonostante i proclami ufficiali (vedi articoli di Serge Lang, Anthony Liversidge, David Rasnick in [16] e gli aggiornamenti in [17] e sul sito [18]), si sia sviluppato un interesse del tutto insolito da parte di organizzazioni e governi tipicamente insensibili o anche variamente corresponsabili dei mali cronici dell'Africa [34]?

Θ forse bene ricordare a chi alla sigla "AIDS" associa con un riflesso meccanico "HIV" – il retrovirus supposto colpevole della cosiddetta "sindrome da immunodeficienza acquisita", SIDA o AIDS, appunto – che proprio in Africa, il continente che secondo la versione ufficiale sarebbe sull'orlo di una crisi sanitaria senza precedenti a causa di questa malattia, la stragrande maggioranza dei casi di AIDS individuati (secondo Rasnick più del 95% [19]) fa riferimento a una definizione "operativa" di AIDS che non prevede il test di sieropositività [20]... In altre parole, la presenza di un'infezione da HIV (che, per giunta, neanche il test sierologico permette di affermare con sicurezza, anche per il modo stesso in cui questo test è stato predisposto [21]) è meramente presunta. Ma è sulla base di questa presunzione che si pretende di somministrare ai presunti malati di "HIV/AIDS" – che però sono effettivamente debilitati e colpiti dalle malattie prodotte da miseria, fame e sporcizia – farmaci di tossicità forte e riconosciuta. Vale la pena di sottolineare che, nel contempo, si ignorano o si diffamano «approcci sicuri ed efficaci basati su interventi nutrizionali, erboristici ed altri a basso costo e facilmente disponibili» [15, p. 179].

In breve: la gran parte dell'opinione pubblica "umanitaria" che pensa che il nodo principale della questione sanitaria africana siano gli ostacoli alla distribuzione di antiretrovirali a basso prezzo, probabilmente neppure sa qual è la definizione di AIDS più utilizzata, insieme a modelli matematici implementati su computer, per proclamare l'"emergenza AIDS" in Africa – o in India [21].

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Il libro di Ruesch racconta una storia che tutti dovrebbero conoscere su quello che chiama «il Kombinat Chi-Me-Vi» (cioè il complesso chimico-medico-vivisezionista). Valorizzando fonti poco note, come il libro del giornalista americano Morris Bealle sullo sviluppo dell'industria e della ricerca farmaceutica statunitensi ad opera della dinastia Rockefeller [22], Ruesch descrive ed esemplifica con grande chiarezza il fondamentale conflitto di interessi di un'industria che, da un lato, si presenta come ansiosa di curare la popolazione mondiale e migliorarne la qualità della vita, ma che d'altro lato deve la sua prosperità economica precisamente al perdurare e moltiplicarsi delle malattie. L'ideologia propagandata a tutti i livelli per rendere i cittadini sottomessi a questa logica di profitto ha molti aspetti e livelli:

- il corpo umano viene rappresentato come radicalmente difettoso e bisognoso del soccorso medico fin dalla più tenera infanzia (nella forma delle vaccinazioni obbligatorie) o addirittura fin dal parto [23];

- si offre la farmaceutica come la chiave di volta della salute umana, e la "ricerca medica" come sinonimo di progresso in campo sanitario, esaltandone i risultati in maniera irrealistica e ingannevole [24];

- la consapevolezza delle cause modificabili di molte tra le malattie più diffuse viene rimossa, inducendo i cittadini a pensare, falsamente, che non si possa far molto per evitare che si ammalino (per esempio di cancro), e che in sostanza si può solo tentare di curarli una volta ammalati;

- la nozione di prevenzione è quindi snaturata trasformandola in quella, ben diversa, di diagnosi precoce, sostenuta mediante campagne di esami (radiografici, per esempio) per intere popolazioni; tali esami, di cui nei casi più pubblicizzati (seno, prostata) non è mai stato dimostrato un vantaggio netto per la collettività, creano un perenne e di per sé debilitante stato di incertezza sulla propria salute, e producono spesso esiti ambigui o distorti, con la conseguente progressione a esami più invasivi e rischiosi [25];

- solo in pochi dei casi in cui le cause delle malattie sono collegabili allo stile di vita individuale (fumo, sedentarietà, alcol, droghe) capita di sentire pubbliche esortazioni al cambiamento, peraltro raramente associate a provvedimenti legislativi che lo facilitino [26];

- le cause di malattia collegate a difetti strutturali dell'organizzazione sociale o del sistema industriale vengono accuratamente sottaciute o, finché possibile, negate; in particolare si sottovalutano o ignorano le malattie causate dagli stessi farmaci, dalle terapie e dalle procedure diagnostiche (le malattie iatrogene) e quelle derivanti dall'inquinamento dell'aria e dell'acqua, dalle radiazioni, dall'esposizione ad agenti tossici connessi con la produzione industriale (di tutti i tipi, compresa l'agricoltura) e dall'adulterazione – legale o illegale – dei cibi [27];

- infine si scomunicano e si perseguitano con ogni mezzo, legale e no, tutte le scuole e tradizioni mediche che utilizzano rimedi "dolci"; come ad esempio indicazioni dietetiche e integratori alimentari, accusandole di non essere scientifiche e di distogliere il paziente dal rivolgersi ai medici ortodossi che – questi si! – potrebbero veramente curarli [28].

Fa un certo effetto notare che sono le stesse persone che, da un lato, 1) lanciano periodicamente anatemi contro gli «pseudoscienziati», 2) minimizzano in quanto «non scientificamente provata» la responsabilità delle cause ambientali e alimentari di varie patologie, e 3) chiedono continuamente soldi per la ricerca «scientifica» – e dall'altro lato fondano direttamente o indirettamente la propria attività professionale su una metodologia, la vivisezione, che è più vicina a una pratica superstiziosa che a una procedura scientifica [29].

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A proposito delle cause ambientali, consideriamo un esempio molto semplice, recentemente presentato con grande efficacia dalla trasmissione Report andata in onda su Rai3 il 5 giugno del 2006: l'inquinamento dell'aria nelle aree urbane. Alla presenza di un tasso eccessivo delle cosiddette polveri sottili (il PM 10) nell'aria che si respira in città, in larga misura prodotte dagli scarichi dei veicoli a motore, nel 2002 si stimava che andassero attribuite, solo in Italia e solo in un anno, 17.400 morti per malattie dell'apparato respiratorio, incluso il tumore al polmone; nel 2005 la stima è più che raddoppiata, salendo alla cifra incredibile e ufficiale di 39.000 (sì, trentanovemila; in Europa il totale è oltre sette volte tanto: 288.000). Θ chiaro che una classe politica che abbia minimamente a cuore la salute degli italiani dovrebbe sviluppare con la massima tempestività misure di mobilità pubblica che offrano una convincente alternativa all'uso del mezzo privato, così da ridurre, almeno, questa insensata ecatombe il cui onere si aggrava ogni anno. E i ricercatori che volessero davvero fare qualcosa di concreto per la salute dell'umanità troverebbero nell'insieme di problemi posti da questa riconversione uno stimolo intellettuale con prospettive applicative tali da far impallidire praticamente ogni tipo di ricerca in corso nei laboratori medici.

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