|
|
| << | < | > | >> |IndiceL'eros in rivolta LUCIANA FLORIS 5 La rivolta dell'eros 21 Sull'amore 23 Il tipo donna 72 Nota biografica La fanciulla con la prontezza dell'aquila e il coraggio di un leone 103 Bibliografia 112 |
| << | < | > | >> |Pagina 5Perché riprendere a parlare di eros, oggi? In tempi in cui il corpo è sovraesposto, trasformato in immagine seducente, spettacolarizzato sugli schermi, l'amore si è, paradossalmente, isterilito e svuotato di intensità: ridotto a puro consumo, degradato, è divenuto spesso un gioco funzionale al potere. Ha perso, cioè, il suo significato originario ed essenziale. Così diventa più che mai necessario riscoprire la forza di trasformazione, la carica eversiva dell'erotismo, la sua capacità di mettere in atto una "rivolta fisico-spirituale", di "capovolgere il mondo". Θ precisamente quanto ci invitano a fare questi due brevi saggi di Lou Andreas-Salomé che, seppure scritti agli inizi del secolo scorso, si rivelano ricchi di intuizioni feconde e spunti di riflessione quanto mai attuali. Del resto, chi meglio di questa figura femminile tra le più significative della cultura europea fra Ottocento e Novecento, eppure ingiustamente dimenticata negli ultimi decenni, può guidarci e aiutarci in tale compito? Per molti intellettuali dell'epoca, l'incontro con questa femme fatale dotata di grande fascino, ma assolutamente fedele a se stessa e decisa a realizzare a tutti i costi la propria personalità, fu una fortuna e talora una rovina, una benedizione e al tempo stesso una maledizione. Nietzsche sperò di aver trovato in lei una compagna di vita, ma il rifiuto di Lou di sposarlo gli procurò una fortissima delusione, aggravando uno stato psichico già precario. E tuttavia fecondò la sua creatività, portandolo verso la dimensione dell'oltreumano. "Se non scopro il segreto dell'alchimista per trasformare in oro questo schifo... sono perduto" confessava Nietzsche in una lettera a Overbeck. Da questa metamorfosi alchemica nascerà Così parlò Zarathustra (1883-85) e comincerà a delinearsi la figura dello άbermensch, che trae ispirazione dagli ideali della "signorina" Salomé. Lei, intanto, spinta da ciò che lo stesso Nietzsche definiva il suo "egoismo ferino", andava a convivere col filosofo Paul Rée, legata a lui da un'intesa puramente intellettuale. La fine del rapporto sarà forse la causa di quella disgrazia (o suicidio? La natura dei fatti non venne mai chiarita) che portò il filosofo a precipitare da un dirupo dell'alta Engadina, nel luogo che li aveva visti felici insieme. Quanto all'uomo di cui Lou porta il nome, Carl Andreas, lei accettò di sposarlo solo dopo che Andreas aveva minacciato di togliersi la vita, restando comunque ben decisa a conservare la propria libertà.
Quando, diversi anni dopo, Lou incontrò il giovane Rilke, allora pressoché
sconosciuto, lo aiutò a trovare la sua strada, ispirandogli molta parte delle
sue elegie ancora un tentativo alchemico di trasformare l'angoscia
esistenziale in opera d'arte, ciò che tuttavia non salvò il poeta da
una morte precoce.
Sembra un destino insito nella figura di Salomé, donna benedetta-maledetta, dal nome carico di funeste risonanze mitiche, quello di suscitare grandi passioni, stimolare ai massimi livelli la creatività artistica negli uomini che l'amavano e al tempo stesso portarli alla perdizione distruggendo le loro vite. Secondo le testimonianze di chi l'ha conosciuta, c'era in lei qualcosa di "diabolico", la seduzione del male capace di generare anche il bene, il potere crudele di ferire ma anche di donare. Demone e fanciulla, fredda e appassionata, amorale e religiosa, "vampiro e bambina insieme". Chi meglio di questa singolare figura femminile poteva dunque trattare la materia erotica, per sua natura incandescente ed enigmatica? Giacché, nonostante il messaggio distorto che proviene oggi non solo dal mondo edulcorato delle telenovele, ma anche da una realtà sociale e politica che ha superato la fiction, l'eros non è una realtà pacificata o rassicurante bensì una dimensione problematica, conflittuale, attraversata da profonde contraddizioni, segnata da stridenti paradossi, capace di suscitare piacere e sofferenza, felicità e tormento.
[...]
Può l'uomo realizzare simile sogno di fusione tra sensualità e spiritualità, l'unione tra corpo e anima? Oppure tale completezza gli è preclusa? Θ a questo punto che l'analogia tra erotismo e creatività torna in primo piano. Perché è proprio con la creazione di un'opera d'arte che l'uomo riesce a ristabilire quell'unità perduta, quell'assoluta pienezza, e può così ricreare il mondo in fondo il senso ultimo della civiltà. Ma così facendo, manifesta quel tratto essenzialmente femminile che gli è "innato". In tal modo, il femminile assume "un valore culturale di per sé e indipendente"; e proprio perché "può produrre effetti analoghi al significato di ciò che è spiritualmente creativo" si rivela simile al processo di creazione spirituale. Quella capacità, propria dell'opera d'arte, di ricreare il mondo, di strapparlo al caos per ridonargli compiutezza, è già insita nel funzionamento psichico della donna, che tende a ristabilire l'armonia primordiale. Ed è, infine, proprio in questa capacità di creazione che i due sessi si incontrano. Così, il "narciso femminile" rifiuta la previsione freudiana di una civiltà tendente a produrre solo disagio e a oscurare la felicità. Al contrario, l'eros mette in atto una vera e propria "rivolta fisico-spirituale": per la sua capacità d'andare oltre l'esistente, di trasformarlo e aprire una dimensione diversa; per il suo potere di mutare "l'eternamente insufficiente in eterno avvenimento": facendo della mancanza strutturale che segna l'essere umano una chance di completezza e un'occasione per ritrovare la completezza perduta. La capacità dell'erotico di "capovolgere" la realtà apre nuove prospettive: il mondo accade, torna ad accadere senza sosta. Il gioco delle possibilità continuerà a riproporsi. Luciana Floris | << | < | > | >> |Pagina 23Nell'ambito dei rapporti affettivi che legano l'uomo al mondo circostante, agli esseri viventi e alle cose, tutto sembra a prima vista inserirsi nei due grandi gruppi di quel che ci è affine, simpatico, familiare da una parte, e sconosciuto, estraneo, nemico dall'altra. Il nostro naturale egoismo è stimolato o ad espandersi a interessarsi del sé di un altro, partecipando entro certi limiti alla sua gioia e al suo dolore come se si trattasse del proprio sé o, viceversa, qualcosa lo spinge a rinchiudersi rigidamente in sé, a restringersi e a opporsi al mondo esterno con un atteggiamento di rifiuto, difesa o minaccia. | << | < | > | >> |Pagina 26Tali sono tutti i rapporti erotici. Spesso, e non a torto, si è definito l'amore fra i sessi come l'eterna lotta, l'eterna inimicizia fra di essi, e anche se, per il singolo caso, ciò può parere un'esagerazione unilaterale, è tuttavia vero che nell'amore si incontrano due estraneità, due contrari, due mondi fra i quali non esistono e non potranno mai esistere quei ponti che ci collegano con quanto ci è affine, omogeneo, familiare; in modo tale che, al momento in cui tale contatto avviene, ci pare di aver raggiunto noi stessi e di muoverci in una terra propria.Non a caso amore e odio si possono assomigliare e, nella tempesta delle passioni, sono pronti a ribaltarsi l'uno nell'altro. E non è nemmeno un caso che in natura la generazione sessuale la base da cui deriva gradualmente la sensazione erotica nasca proprio dal congiungersi di corpuscoli protoplasmatici il più possibile differenti, da cui in seguito si sviluppano le differenze sessuali, e che fissano definitivamente la differenziazione raggiunta. Non casualmente l'intero regno animale è soggetto a una legge che nella maggior parte dei casi minaccia di sterilità, degenerazione ed estinzione la riproduzione fra consanguinei e spinge gli animali a evitare istintivamente nell'accoppiamento la covata del proprio nido e a rivolgersi a rappresentanti estranei della loro specie. Nell'amore avvertiamo questa spinta, diversa da ogni altra, a unirci l'uno all'altro sotto l'impulso della novità, dell'estraneità, di un qualcosa che è stato forse presentito e desiderato ma mai realizzato che non ci giunge dal mondo a noi noto e familiare, con il quale da tempo ci siamo fusi e che semplicemente ripete noi stessi.
Perciò si teme sempre la fine di una passione amorosa, non appena due
persone si conoscono ormai
troppo bene e l'ultimo fascino della novità è svanito;
e perciò gli inizi di una passione, con la sua luce incerta e palpitante, sono
caratterizzati da un tale ineffabile
fascino, ma anche da una forza particolarmente stimolante che sconvolge
profondamente l'intero essere e fa vibrare l'anima e che in seguito si
ritroverà difficilmente.
Certo, a partire dal momento in cui l'oggetto amato ci è ormai solo estremamente noto, affine e familiare, ma assolutamente non più, in nessun punto, un simbolo di possibilità e di forze di vita estranee, la vera e propria passione è finita. Dopo che gli amanti si sono svelati l'uno all'altro in modo così pericoloso, può anche seguire un lungo periodo di intima simpatia, ma questa, per sua natura, non ha niente in comune con il sentimento passato ed è spesso caratterizzata, malgrado la più sincera amicizia, da infinite, piccolissime irritabilità. Infatti, ciò che una volta ci affascinava nelle sue mille sfumature quasi impercettibili, ora ha un effetto addirittura irritante, invece di lasciarci solo indifferenti come magari avviene fin dall'inizio in un'amicizia. Questo è appunto uno sgradevole effetto postumo del fatto che ad attrarci eroticamente non era assolutamente qualcosa di omogeneo, di affine, ma che i nostri nervi fremevano dinanzi a un mondo estraneo in cui non ci è mai possibile sentirci a casa come nella propria, solita vita quotidiana. L'innamorato si comporta dunque nell'amore piuttosto come l'egoista che come l'altruista; è pieno di pretese, esigente, mosso dai propri violenti desideri e manca completamente di quella grande disponibilità e benevolenza con la quale ci preoccupiamo di un'altra persona, partecipando umanamente alla sua gioia e al suo dolore, anche se questi non hanno alcun legame con noi stessi. Nell'amore, l'egoismo non apre i suoi confini diventando caritatevole e buono, ma piuttosto si acuisce e si affina come per diventare una potente arma di conquista. Ma diversamente dal solito uso puramente egoistico che si fa di persone e cose, con quest'arma non si cerca di derubare l'oggetto della sua peculiarità, di lederlo nella sua pienezza e signoria: al contrario, lo si conquista solo per accettarlo in tutti i suoi aspetti, ammirarlo, sopravvalutarlo, elevarlo sul trono e portarlo in palma di mano. | << | < | > | >> |Pagina 85Già nei Tre saggi sulla teoria sessuale si incontra la frase secondo cui la sessualità dell'uomo è "la più coerente, anche la più facilmente accessibile alla nostra ragione, mentre nella donna interviene persino una specie di involuzione". Poiché "la pubertà che porta al ragazzo quel grande assalto della libido è contrassegnata, per la ragazza, da una rinnovata ondata di rimozione che colpisce appunto la sessualità clitoridea".
Così, il femminile è ciò che, nel corso del processo
della propria maturazione, viene respinto indietro su
se stesso, trattenuto ed escluso dallo sviluppo finale.
In realtà, le virtù specificamente femminili si riferiscono tutte a questo e
sono, connaturate al loro sesso, quelle dell'abnegazione: quando una coscienza
femminile di sé rivaleggia sul piano di prestazioni umane
con quelle maschili, è appunto da tali virtù che vuole
liberarsi nel senso dell'emancipazione.
Per la verità, mi è più estraneo parlare di virtù e prestazioni che di ciò in cui mi sento più competente: la felicità. Riguardo alla felicità, la situazione cui accennavo prima può essere considerata anche sotto altri aspetti. La minore differenziazione che si esprime in quella involuzione traccia una specie di cerchio limitante intorno alla vita pulsionale sempre più divergente nelle aspirazioni, cerchio che le mantiene in rapporto più uniforme con il punto di origine comune. Questa circostanza, tuttavia, non rappresenta un semplice "indietro", ma un ripristino di ciò che un tempo si trovava a un livello più alto, come un modo essenziale di progredire in sé, come un modo di crescere per la vita. Infatti, la pulsione sessuale, al suo stesso interno, in conseguenza della sua "evirazione" nella donna, torna a differenziarsi in modo nuovo dall'aggressività della pulsione dell'io e schiude così a se stessa uno sviluppo particolare. "Il femminile" (sempre inteso in linea di massima e a prescindere da tutti i gradi e le sfumature dell'unione personale di "maschile" e "femminile"), proprio attraverso la conversione del sessuale su di sé, può permettersi il paradosso di separare la sessualità e la pulsione dell'io in quanto le associa. Il femminile è quindi diviso in se stesso laddove il maschile rimane univocamente aggressivo, ma unitario, dove per l'uomo l'aggressività disinibita si scinde, in direzioni contrapposte, diventando più sessuale o più egoistica. Qualora se ne cercasse un'illustrazione nel tema precedente sguardo verso il padre, uomo-padre, dio, eccetera , per la donna religiosità ed erotismo, raggi di luce e di calore si troverebbero garantiti nello stesso astro, nello stesso sole, poiché la pulsione sessuale orientata passivamente può abbandonarsi verso ciò che alla pulsione dell'io appare come il massimo stimolo. Nell'uomo, invece, l'aggressività preservata del sessuale si volge verso il passivo, cioè verso la donna; per cui, per quanto egli possa idealizzare riguardo al sesso, non realizza mai nel partner sessuale allo stesso tempo il suo ideale dell'io. Al contrario, lo deve trovare là dove quest'ultimo significa per lui contemporaneamente ideale e concorrenza, nello stesso sesso, nel padre (quindi "desessualizzato" purché tale situazione, di per sé già scomoda, non gli si ingarbugli nel caso d'una più accentuata inversione, in un vero groviglio di ambivalenze che si inibiscono l'una con l'altra). Θ il padre a cui egli cercando se stesso, cercando di sostituirlo e di superarlo deve tuttavia dire in adorazione: "Sia fatta la tua volontà". Mentre di fronte alla donna, nell'ora in cui l'uomo deve dare prova di tutto se stesso, varrà sempre di nuovo la parola: "Donna, che cosa ho a che fare con te?". | << | < | > | >> |Pagina 89Di conseguenza, a ogni sua apparizione il sessuale si manifesta al di là della propria sfera specifica, come estensione all'intero organismo, come attivo intervento in esso (così come l'astinenza al contrario della fame che indebolisce o porta alla morte ha un effetto inebriante e tossico). E ancora, il sessuale, per questa ragione, cambia di colore in modo tanto contraddittorio e difficilmente comprensibile non solo nelle singole manifestazioni vitali, ma anche in quelle psichiche. Non inserito in una sfera specifica, essendo per natura un'invasione, esiste espressamente per capovolgere il mondo. Perciò l'analisi dello psichico risulta tanto riuscita e plausibile là dove risale concretamente al sessuale, poiché questo, benché sia pulsione fisica affrontabile dal lato fisiologico, nello stesso tempo, in stretta connessione con la vita organica, rende anzitutto inconfondibili i fatti psichici.Il problema che qui si pone (e che naturalmente non sarà trattato a fondo nel suo significato filosofico) è stato esaminato da Freud (Contributi alla psicologia della vita amorosa, 1910-17, II). Egli si chiede perché l'appetito amoroso non diminuisce col piacere preliminare, come un altro appetito, ma invece aumenta e perché il soddisfacimento definitivo può produrre fame di stimolo, fame di cambiamento, anziché il matrimonio sempre più soddisfatto che, per esempio, un alcolizzato contrae con il vino che gli è più gradito. Non è certo del tutto casuale se, secondo la benevola opinione comune, entrambe le questioni riguardano molto meno la donna dell'uomo. Si potrebbe infatti dire: quel che anzitutto permette alla pulsione sessuale di differenziarsi dalla sete, dall'appetito, eccetera, si colloca già in un momento di passività, e cioè nella capacità di indugiare nell'interesse verso l'oggetto, di soffermarvisi, pur perseguendo la tendenza pulsionale rivolta alla meta.
Ciò che siamo soliti chiamare "componente psichica"
nel sessuale (sia che la chiamiamo psicosessualità, contributo della tenerezza,
impulso al contatto fisico o altro) è solo un'altra parola per questo abbandono
del solo-aggressivo a favore di un comportamento definito
dalla disponibilità ad accogliere e a concedere spazio.
|