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| << | < | > | >> |IndicePrefazione Il "tritacarne" russo 7 Tra democrazia e dispotismo. Un neozar nei destini della Russia? 13 Un "ragionevole Terminator" 31 L'eredità di Eltsin 55 I poteri costituzionali del Presidente della Russia 65 I cocci della Russia 69 La Russia e il resto del mondo 75 La lotta politica 93 Il monopolio del potere 99 Lampi della "Rivoluzione criminale" 107 La società russa 113 Riforme economiche e differenziazioni sociali 129 Sotto il segno di Putin 135 Breve conclusione 155 |
| << | < | > | >> |Pagina 7Si può definire la Russia dell'ultimo quindicennio come un immane tritacarne e non solo in senso metaforico. Vi sono finite triturate milioni di persone, i cui destini sono stati spezzati non dalla "mala sorte" ma dall'infernale meccanismo delle riforme messo in piedi da Boris Eltsin a partire dal gennaio 1992 per riportare la Russia "nel consesso delle nazioni occidentali" e condurla a tempo di record verso un assetto capitalistico. È stato qualcosa di più di una "semplice" macelleria sociale. Milioni di uomini e di donne sono divenute vittime sacrificali immolate da un'élite fanatica e senza scrupoli, giunta al potere, sfruttando la crisi profonda del vecchio modello sociale, con gli inganni, la demagogia e i colpi di stato e animata dalla volontà di imporre all'intero paese un brutale disegno "mercatista". Tutto ciò è avvenuto senza che i protettori occidentali di Eltsin battessero ciglio. Ciò che è avvenuto nel quindicennio successivo al 1992, e che tuttora in forma attenuata perdura, ha comportato dei costi umani e materiali inauditi. Ecco alcune cifre sull'andamento demografico tratte dall'annuario statistico "Rossija v tsifrakh" del 2005. Dal 1993 al 2005 la popolazione russa è diminuita di oltre 5 milioni di unità. Ma se si tiene conto dei flussi migratori e anche del fatto che le statistiche demografiche possono essere manipolate, il calo demografico deve essere stato assai più consistente. Come spiegarlo? Innanzi tutto, con l'abbassamento della durata media della vita: da 69 anni nel 1990 a 65 anni nel 2004 (Fonte: Rossijskij statisticeskij ezhegodnik (Annuario statistico russo), 2005, pag. 125).
La Russia è il paese sviluppato in cui si muore di più.
Delineando un'inversione di tendenza rispetto al passato sovietico.
Le donne in Russia sono più longeve (nel 2004 la loro durata media
di vita era di 72,3 anni). Questa forte differenza tra i due sessi è
forse dovuta al fatto che le difficoltà della transizione al capitalismo
si sono scaricate prevalentemente sugli uomini, i quali tra l'altro
sono più soggetti all'alcolismo. È una situazione della quale in
Occidente si preferisce non parlare per non minare la fede nelle
virtù salvifiche del libero mercato e che ha costretto anche il
Presidente della Russia Putin a lanciare l'allarme: "Occorre salvare
il popolo!". Il suo mandato è scaduto ma è riuscito a fare poco nel
tempo a disposizione. Se la tendenza non verrà invertita, si prevede un
ulteriore calo di 15 milioni di persone entro il 2025.
C'È VODKA E VODKA La maggiore mortalità (fra l'altro si registra il quasi raddoppio dei casi di suicidio tra il 1990 e il 2004) è soprattutto il riflesso di un forte peggioramento della qualità della vita in Russia negli ultimi 15 anni. I salari attuali rappresentano appena il 40% di quanto percepivano i lavoratori nel periodo sovietico. Con lo smantellamento dello stato sociale voluto da Eltsin si è abbassato di molto il livello di assistenza sanitaria e medica gratuita, e anche l'istruzione non è più interamente gratuita. È cresciuta la povertà e il tenore di di vita resta basso anche per molti lavoratori occupati. Non a caso oggi si parla di lavoratori poveri (insegnanti, operai, medici, ufficiali dell'esercito, ecc.). E si registra, in conseguenza, una forte disparità nei consumi. Quelli di una parte di popolazione sono in forte crescita, mentre i meno abbienti si devono contentare delle briciole, quando va bene. C'e poi da vedere la qualita del prodotti consumati. Il settimanale Argumenty i Fakty, in un suo numero del febbraio 2006, ha preso ad esempio il consumo di vodka. La vodka, come è noto, è la bevanda nazionale. Ma ve ne sono di vari tipi, prodotti e confezionati in modo del tutto diverso. Per una bottiglia di vodka, a seconda della qualità e della confezione, si possono pagare prezzi elevati. Ad esempio, una bottiglia di vodka etichettata "Kaufman" rivestita d'oro a 24 carati può costare più di 450 dollari; una bottiglia "Fabergere" della "Collezione imperiale", a forma d'uovo e corredata da bicchierini costa più di 1000 dollari. Ma lasciando da parte questi status symbol alcolici, il 95% della popolazione si contenta di bere vodka della peggiore qualità. I più poveri comprano vodka di dubbia fabbricazione. Spesso ci rimettono la vita per avvelenamento. Si dice, in genere, che la Russia annega in un mare di vodka. Direi, con più precisione, che la stragrande maggioranza dei russi annega nella vodka di bassissima qualità e più nociva per la salute.
Se nel 1992 per ogni 100.000 abitanti si registrarono 18
morti a causa dell'alcolismo, nel 2004 se ne sono registrati 26.
LA NATALITÀ
Dal 1990 al 2005 il numero dei giovani sotto i 30 anni è sceso
di 8,5 milioni di unità. La Russia è perciò un paese invecchiato. Si
tratta di un fenomeno determinato dall'abbassamento del tasso di
natalità e dall'aumento delle mortalità infantile. L'Unione
Sovietica era un paese ad elevata natalità. La Russia post-comunista non lo è,
sebbene l'abbassamento della natalità costituisca una
tendenza condivisa con le società occidentali avanzate. Nel 2004
(dati dell'OMS e del Ministero della Sanità della Federazione Russa) per
ogni 1000 abitanti sono nati 10,5 bambini, contro 16,6
del 1985 e 13,4 del 1990. Nel 1994, tre anni dopo il crollo
dell'Urss, questo tasso era pari al 9,6%. Ma se queste cifre esprimono in
Occidente un maggiore benessere materiale e un più elevato grado di
emancipazione della donna, oltre che una serie di
difficoltà nell'accudimento dei figli, in Russia questo calo così
repentino è determinato dal peggioramento delle condizioni di
vita che ha prodotto una minore propensione dei giovani al
matrimonio e ad avere figli.
TRA BROGLI ELETTORALI E COLPI DI STATO Ma questo tritacarne non ha macinato solo le persone. Ha ridotto in poltiglia le istituzioni, non solo politiche, i diritti, la legalità. Quello attuale è un regime cresciuto nell'illegalità e perciò con scarsa legittimazione. L'argomento secondo cui nella Russia post-comunista si sono tenute e si tengono regolarmente le elezioni sono sorte istituzioni elette direttamente dal popolo si presta a innumerevoli obiezioni. La realtà della nuova Russia porta, per dirla con Marx, le stigmate di un peccato originario commesso dai presidenti di tre repubbliche (Russia, Ucraina e Bielorussia) con lo scioglimento dell'Urss. Si trattò di un "golpe costituzionale" attuato all'insaputa del parlamento sovietico, del presidente dell'Urss, Mikhail Gorbaciov, e delle altre repubbliche federate.
A questo peccato originario se ne sono aggiunti, come vedremo, altri non
meno gravi, come la soppressione per decreto di
Eltsin della vecchia Costituzione della Federazione delle repubbliche socialiste
sovietiche (RSFSR), lo scioglimento per decreto
del parlamento e di tutto il sistema dei Soviet, la destituzione
arbitraria del vice-presidente della Russia Aleksandr Rutskoj,
eletto a questa carica direttamente dal popolo, l'assalto alla Casa
Bianca, sede del parlamento russo liberamente eletto nel 1990,
ordinato da Eltsin. Fu questo un crimine compiuto con l'impiego
di carri armati che portò alla morte di molte centinaia di persone
scomparse nel nulla. Dopo la repressione del parlamento russo,
Eltsin indisse nuove elezioni politiche, nonché il referendum sulla
nuova Costituzione, da lui stesso elaborata. Entrambi si tennero
il 12 dicembre 1993. La nuova Costituzione fu approvata per una manciata
di voti ma esistono prove di brogli che avrebbero favorito questa approvazione.
Quello dei brogli è, del resto, uno strumento cui il potere russo ricorre a ogni
elezione. L'uscita di scena di Boris Eltsin, non ha reso più legittimo il potere
in Russia. Putin fu in sostanza nominato da lui come suo successore.
Formalmente fu eletto la prima volta presidente della Russia col voto
popolare. Ma deve la sua prima elezione, come anche quella successiva,
all'esclusivo uso dei mass media e del potere statale e alla
totale emarginazione dell'opposizione. Lo stesso discorso si può
fare per la recente elezione di Dmitrj Medvedev a presidente
della Russia.
I COSTI DELLA RESTAURAZIONE I costi umani e materiali della restaurazione capitalistica nella Russia post-comunista sono stati enormi. Il potenziale industriale ed economico del paese è stato fortemente ridimensionato. La disoccupazione ha raggiunto dimensioni impressionanti. Migliaia di stabilimenti industriali sono stati chiusi o svenduti. L'agricoltura langue: la Russia ha perso l'autosufficienza alimentare ed è costretta ad importare dall'estero buona parte dei generi alimentari che consuma. Salvo pochi settori, la ricerca scientifica è allo stato comatoso. La crisi culturale è profonda. In queste condizioni, è difficile fare previsioni sul futuro. Anche se l'euforia dovuta al rialzo dei prezzi del petrolio e del gas induce molti all'ottimismo. Appare comunque azzardata la previsione della banca di investimenti "Goldman Saks", secondo la quale la Russia verso il 2050 diverrà, insieme a Cina, India e Brasile, un paese leader del mondo. L'ottimismo della volontà spinge a sperarlo. Resta tuttavia il pessimismo che la conoscenza della storia della Russia – soprattutto della sua classe dirigente – infonde. | << | < | > | >> |Pagina 75Vladimir Putin ha determinato una profonda svolta nella politica estera del suo paese: l'affermazione di una totale autonomia, in primo luogo rispetto agli Usa. In Occidente la svolta è stata accolta con sorpresa, irritazione e anche con un certo timore; essa non riguarda solo i contenuti e i metodi della politica estera, ma anche il linguaggio di cui Putin si serve: poco diplomatico, poco politicamente corretto, schietto sino alla brutalità e al sarcasmo nei confronti dei propri interlocutori. Un linguaggio che per certi versi richiama quello di Nikita Khrusciov, anche se non giunge a dichiarare, rivolto agli Usa, "noi vi seppelliremo". Anzi, nei suoi discorsi Putin dipinge i paesi occidentali come lupi famelici, che si arricchiscono a scapito della "pecorella" russa: "Il compagno Lupo — cioè l'Occidente — mangia, mangia e non ascolta nessuno". Con toni che possono ricordare quelli di Mussolini, Putin — dimenticando che anche la Russia dispone di enormi ricchezze naturali, a cominciare dal gas e dal petrolio — attacca le nazioni "plutocratiche" che si spartiscono la maggior quota di potere e ricchezza a livello mondiale. Sintomatico dell'atteggiamento di Putin è stato il discorso che egli ha tenuto a Monaco nel febbraio 2007 in occasione della 43° Conferenza sulle questioni della sicurezza: "Non cadremo nella vostra trappola", ha esclamato rivolto ai rappresentanti degli Usa e della UE. La trappola consisterebbe nel progetto di scudo spaziale che gli americani vorrebbero estendere all'Europa con l'intenzione, secondo Putin, di indurre i russi a una nuova corsa agli armamenti dalla quale non potrebbero che uscire sconfitti. Su questo punto, anche Mikhail Gorbaciov gli ha dato ragione: "Bene ha fatto il presidente Putin a rispondere in quei termini agli occidentali". Il discorso di Monaco è stato definito, dai circoli diplomatici occidentali, un discorso da guerra fredda. Non tutti però si sono associati al coro di condanna. Il ministro degli esteri italiano Massimo D'Alema lo ha in parte giustificato, definendo quello di Putin "un nazionalismo assertivo" suscitato dalla avventatezza della mossa americana. Dello stesso parere è Sergio Romano, secondo il quale "la reazione di Putin è giustificata perché gli Usa tendono a comportarsi come l'unica superpotenza mondiale e non si pongono il problema di come gli altri reagiscono alle loro iniziative" (L'Unità del 7 giugno 2007). La stampa russa, invece, ha definito entusiasticamente il discorso di Monaco "un uragano politico": "Il leader russo – ha scritto il settimanale Moskovskie Novosti del 16-22 febbraio 2007 – non ha mai prima d'ora parlato così autonomamente e duramente alla comunità mondiale". Dopo il discorso di Monaco molti si sono chiesti: esiste la possibilità di un ritorno alla guerra fredda? A me non pare. I motivi che portano ad escludere un'eventualità del genere sono molti. Innanzitutto, Putin considera la collaborazione tra Russia e Usa un'importante priorità della sua politica estera. Esclude quindi un contrasto di natura ideologica, mentre ritiene componibile l'eventuale conflitto di interessi. Anche gli Usa sono interessati alla collaborazione con la Russia per risolvere una serie di gravi problemi inerenti la situazione in Irak, Iran, Pakistan e Afghanistan. Ma tutto ciò potrebbe essere insufficiente scongiurare la ripresa della guerra fredda, nel caso in cui il gruppo dirigente russo sentisse la necessità di spingere a fondo sul pedale del nazionalismo per rinsaldare il consenso interno. Il linguaggio usato da Putin a Monaco, ma anche in altre occasioni, può fare ritenere fondati questi timori. Inoltre, occorre tenere presente il diffuso e crescente anti-americanismo, particolarmente virulento tra i ceti più abbienti, risentiti per la posizione di inferiorità in cui pensano di trovarsi rispetto agli americani. Uno studioso russo ha scritto che "per la classe politica russa gli Usa restano l'avversario contro il quale sono diretti tutti i miti della nostra politica estera" (si veda Delovye Ljudi, n. 139 dell'ottobre 2002). In questo quadro, l'intenzione di Putin di fare dell'energia un'arma strategica per ricollocare la Russia come superpotenza mondiale può contribuire al riaccendersi delle pulsioni nazionalistiche, sia contro i paesi occidentali che contro le ex repubbliche sovietiche (Ucraina, Bielorussia, Moldavia ecc.) alle quali si chiede di pagare per il petrolio e il gas russi a prezzi più elevati. In ogni caso, l'ipotesi che la Russia possa accettare la sfida americana e tornare al periodo della "guerra fredda" non appare realistica, alla luce dei rapporti di forza non solo economici ma anche militari. Lo stato attuale delle forze armate non è certo entusiasmante. È vero che sembra superato lo stato di povertà e di abbandono in cui esse versavano fino ad alcuni anni fa, quando capitava spesso di incontrare per le strade di Mosca soldati che girovagavano chiedendo quasi l'elemosina di sigarette e di cibo. Tuttavia i dati disponibili testimoniano una notevole arretratezza delle forze armate: nel 2005, dei circa 20000 carri armati in dotazione all'esercito russo 9000 erano del tutto inutilizzabili, 4500 avevano bisogno di riparazioni per poter partecipare ad azioni di guerra. Su 1800 aerei da guerra, circa 1200 non sono in grado di volare senza una revisione generale preventiva. Più della metà di questi aerei sono fermi da più di 10 anni e, quindi, non ha senso ripararli. | << | < | > | >> |Pagina 135Al termine del suo secondo mandato presidenziale l'indice di popolarità di Putin sembra essere al massimo: 80%. Nel 2004 era al 60%. Come mai? Una delle grandi fortune di Putin risiede nel forte rialzo dei prezzi dei combustibili e di altre materie prime, di cui la Russia è grande produttore. Prendiamo, ad esempio, il prezzo del petrolio. Negli anni '90, durante la presidenza di Eltsin, il petrolio russo veniva venduto a 9-17 dollari al barile. A partire dal 2000, proprio in coincidenza con l'ascesa di Putin al potere, il prezzo è salito vertiginosamente fino a toccare i 100 dollari a barile nel novembre 2007. Lo stesso discorso vale per il metano il cui prezzo è legato a quello del petrolio e per altre materie prime. Corrispondentemente sono aumentate le entrate delle stato russo dall'esportazione dei combustibili e di altre materie prime. Una frase ricorrente nei discorsi del presidente è: "i soldi li abbiamo", "i soldi ci sono per fare questo, per fare quello". Dal 2000 al 2007 si stima che la Russia abbia speso l'astronomica cifra di 3000 miliardi di dollari. Ma come sono stati spesi questi soldi? Non esiste un rendiconto preciso. Soprattutto il loro impiego non ha determinato un miglioramento reale dell'economia e della società. Nel 2007 la Russia ha registrato un forte indebitamento con l'estero: quasi 310 miliardi di dollari, contro i 130,8 miliardi di dollari del 1997, mentre la fuga di capitali è proseguita incontrastata raggiungendo livelli senza precedenti. Dal 1999 al 2007 la quota della spesa sociale nel Prodotto interno lordo è scesa dal 20% al 10%. Del tutto al di sotto delle necessità sono stati gli investimenti statali nella sanità pubblica, nell'istruzione, nella ricerca scientifica, nella viabilità, ecc. Qualche leggero miglioramento si è avuto nel 2007, anche in vista delle elezioni alla Duma e presidenziali, ma è presto per dire che in campo sociale ci sia stata una qualche svolta. Tra le promesse elettorali di Putin vi è l'elevamento, entro il 2020, del tenore di vita del 50% dei russi al livello degli standard europei. Ammesso che sia raggiungibile un traguardo del genere, l'altro 50% dovrà continuare a vivere nelle condizioni miserabili di oggi? La ripresa economica in atto, grazie alle esportazioni dei combustibili, è monca, non riguarda tutti i settori dell'economia e soprattutto è concentrata solo in alcune zone. Secondo la Corte dei conti della FR solo 17 soggetti federali (repubbliche autonome e regioni) sono in grado di svilupparsi autonomamente; gli altri 68 soggetti federali sono alla bancarotta, oppure non hanno alcuna speranza di sviluppo. Migliaia e migliaia di villaggi, piccole e medie città sono nell'abbandono completo.
Lo scorso anno Putin ha, finalmente, richiamato l'attenzione
sul grave problema demografico e sostenuto la necessità di misure urgenti per
"salvare il popolo russo". Ma cosa è accaduto nei
primi sette anni della sua presidenza? Tra il 2000 e 2006 il numero dei bambini
in Russia è diminuito di 5 milioni di unità. Al 1 gennaio 2007, il numero dei
morti in sette anni ha superato i sei milioni di unità. In altri termini, si è
perso il 4,9% della popolazione iniziale.
IL DIVARIO ABISSALE TRA MOSCA E IL RESTO DELLA RUSSIA Lo straniero che giunge a Mosca è sorpreso dallo scintillio di certi quartieri centrali della città, dall'ostentazione sfacciata della ricchezza, dai numerosi centri commerciali e negozi che vendono articoli di lusso. A Mosca la circolazione delle auto è caotica. Inadeguatezza della rete stradale, cattiva organizzazione del traffico, numero crescente di automobili in circolazione ne sono le principali cause. Ma nella capitale il consenso politico a Putin e al sindaco Luzhkov è assai ampio anche se minore che in altre città. Qui la disoccupazione è quasi inesistente, il flusso di immigrati è consistente. A Mosca si concentra l'80% della ricchezza del paese e risiedono quasi tutti i miliardari russi. I salari e gli stipendi sono in media maggiori che nel resto del paese, le occasioni di guadagno sono anch'esse più frequenti. Mosca non è la Russia ma ne riflette tutte le contraddizioni e le disuguaglianze. Che Mosca non sia la Russia appare evidente appena usciti dalla città. Per capire cosa sia la Russia di Putin, occorre anche recarsi nella immensa "periferia". Mi è accaduto di recarmi nella regione di Belgorod, a sud di Mosca, presso i confini con l'Ucraina, nella Burjatija, in Siberia orientale, nel sud del paese e in altri luoghi. Ho trascorso alcuni giorni a Rossosh, cittadina poco distante dal Don nella quale l'ARMIR insediò il suo quartiere generale durante l'infausta avventura fascista.
In tutti questi luoghi assai diversi e lontani le condizioni di
vita della popolazioni sono assai peggiori di quelle dei moscoviti.
Qui le riforme hanno prodotto pochi risultati, all'infuori di fare
arricchire capi e capetti locali legati al "partito del potere". Qui la
maggioranza dei negozi sono quelli di sempre. Ad essi si è aggiunto qualche
piccolo supermercato. Le strade sono dissestate, i servizi disorganizzati. I
bassi salari e la disoccupazione mantengono
basso il tenore di vita.
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