Copertina
Autore Nicola Santoro
CoautoreVarinia Nozzoli
Titolo Content is the King
SottotitoloLa centralità dei contenuti nell'era multimediale
EdizioneDi Renzo, Roma, 2004, , pag. 304, cop.fle., dim. 140x210x18 mm , Isbn 978-88-8323-100-1
PrefazioneGiuseppe Albeggiani
LettoreLuca Vita, 2005
Classe informatica: sociologia , marketing , comunicazione , media
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Indice

Prefazione                                        7
Introduzione: Creatività e sviluppo              11
La nuova frontiera esiste                        14
Valori, innovazione e industria dei contenuti    14
Emozione = attenzione                            19
Innovare = cambiare                              21
L'inizio è Alfa                                  22

Capitolo 1: Format televisivi e mercati,
            stato dei fatti e prospettive

1.1 Format Tv internazionali                     27
1.2 Cos'è un Programma Tv                        29
1.3 Cosa fa diventare un Programma Tv un format  31
    Format: definizioni                          31
1.4 Perché si fa ricorso a Format                38
1.5 La crescente diffusione dei nuovi format
    nel mercato internazionale dell'audiovisivo  39
1.6 Gli attori del mercato                       43
    ... e alcuni dei formati di maggiore
    successo degli ultimi anni                   45
1.7 Trend e filoni                               50
    1.7.1 Format di Sitcom e Fiction             50
    1.7.2 Gli Swap Show                          52
    1.7.3 La Pink TV                             54
    1.7.4 I Makeover Show                        56
    1.7.5 La reality sitcom                      58
    1.7.6 Il reality: evoluzione di un genere    60
1.8 Questioni aperte nel business dei format
    televisivi                                   63
    1.8.1 La tutela                              63
    1.8.2 Le tendenze glocal                     67
1.9 Riassumendo: tendenze in atto                70

Capitolo 2: Format multimediali

2.1 La dieta mediatica degli italiani            75
    2.1.1. L'illusione della convergenza         79
2.2 È ora di diversificare                       82
2.3 Format multimediali                          85
    2.3.1 Tre show che diversificando hanno
          cambiato il volto della tv             86
    2.3.2 Le tre principali direzioni di
          diversificazione                       90
    2.3.3 Chiavi per una diversificazione di
          successo                               97

Capitolo 3: Il Mobile

3.1 Introduzione                                 98
3.2 L'uso del mezzo                             100
3.3 La catena del valore                        103
3.4 I contenuti per il Mobile                   108
    3.4.1 Dalla televisione al Mobile           109
    3.4.2 Televisione e Mobile: i contenuti
          ab origine multipiattaforma           114
    3.4.3 I formati per il Mobile               116
    3.4.4 Qualche segnalazione in più           118
3.5 Una questione aperta: la gestione dei
    diritti di sfruttamento                     120

Capitolo 4: La Televisione Digitale e Interattiva

4.1 Il nuovo scenario televisivo                123
4.2 La tv digitale: cosa, come, perché          124
4.3 Il Sistema economico del mercato integrato
    delle comunicazioni multimediali: catena
    del valore e audience                       130
4.4 La tv interattiva                           138
4.5 Il digitale terrestre in Italia:
    prima offerta di contenuti                  140
    4.5.1 Le principali applicazioni interattive
          del DTT italiano                      142
4.6 L'offerta di contenuti all'estero:
    breve panoramica                            149
4.7 Creare contenuti per la tv digitale
    interattiva                                 152
4.8 Lo scenario: contenuti e prospettive future 163

Capitolo 5: Come cambia l'advertising

5.1 I formati per l'advertising                 165
5.2 Advergaming e Ludic Marketing               166
    5.2.1 Definizione                           166
    5.2.2 Distribuzione                         167
    5.2.3 Vantaggi                              167
    5.2.4 Livelli di proposizione               169
    5.2.5 Alcuni dati                           169
5.3 La pubblicità interattiva                   170
    5.3.1 Qualche caso in Italia                172
    5.3.2 ... e all'estero                      173

Appendice 1: L'idea di un creative Lab
L'idea di un Creative Lab                       177
Ottimizzare un laboratorio creativo             184
Sintesi                                         193

Appendice 2: Formattare un advergame
Materiale pratico per giovani autori
multimediali                                    194

 

 

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Pagina 11

Introduzione


Creatività e sviluppo

Fino alla seconda metà del novecento, riuscire negli affari significava principalmente saper apportare miglioramenti (marginali) all'efficienza, allo sfruttamento delle risorse e alla realizzazione dei prodotti. Ogni nuova presenza sul mercato portava con sé miglioramenti impercettibili: chi riusciva a perfezionare il conosciuto vinceva la competizione, sia nell'hardware (macchine, utensili, altro) che nel software (servizi, strumenti).

Nel commercio mondiale degli spot pubblicitari e dei format televisivi è avvenuta per anni la stessa cosa: compro fuori prodotti affermati, riadatto, cerco un miglioramento in base alle peculiarità del mio mercato di audience e - se ho lavorato bene - vinco.

Una strategia da giapponesi.

L'industria dell'audiovisivo e della comunicazione è oggi radicalmente diversa da appena cinque anni fa, è un mondo ipercompetitivo, affollato da molte imprese già affermate e da nuovi, inaspettati competitors: i non specializzati; due terzi del fatturato di General Electric provengono da servizi di comunicazione e alcuni business tradizionali come i cavi di Pirelli si sono trasformati in fibra ottica, business digitali.

I media e i loro prodotti principali (informazione ed entertainment) non sono più predominio degli specialisti, i loro mercati, una volta specialistici, crescono, si diversificano, si allargano sino a creare un unico ambiente in cui prodotti, servizi, idee cercano di affermarsi nella moltiplicazione dei competitors. Oggi tutti, ma proprio tutti, fanno comunicazione o comunque, se non altro, influenzano la comunicazione a venire con i loro out-put, in un processo di condivisione delle informazioni mai così veloce come adesso; questo significa maggiore circolazione, comunicazione – appunto - delle idee e, ovviamente, rischio di dispersione delle stesse: se qualcuno ha una buona idea, qualcun altro la copierà; se qualcuno fa prezzi bassi, qualcun altro li limerà quel tanto che basta a soffiargli la commessa; ogni buon format televisivo ruba spazio ad un altro, che forse non vedrà mai la luce. C'è una sola via d'uscita, fare qualcosa di diverso. Sempre. Ma non solo: fare cose diverse e "nuove".

Ogni nuova stagione televisiva inizia con una speranza destinata a rimanere tale: vedere qualcosa di nuovo, forse addirittura migliore di quanto non abbiamo già visto. L'attesa, sempre uguale, sembra poter divenire il motore capace di portare al cambiamento. Ma è un'apparenza. Di tanto in tanto, infatti, abbiamo visto il nuovo, giusto il tempo di vederlo scomparire: Auditel dice ciò che la gente vuole e non vuole, è la regola.

La verità è che il nuovo, il "completamente nuovo", in televisione, è impossibile. Ha troppi nemici, dentro e fuori lo schermo, e alcuni sono proprio coloro che lo invocano. Hanno le loro ragioni: l'economia del business non può permettersi errori, basta sbagliare un programma per abortirne cento. Ma perché alcuni programmi, anche solo parzialmente diversi, falliscono sul nascere? Tante le ragioni, prima di tutto, però, è una questione di tempo; ogni programma, infatti, si misura in primo luogo con il tempo cui appartiene: se esprime tendenze inespresse, captate al momento giusto e divenute realtà prima di venir "superate", il programma ha successo. Almeno: una chance di successo, quella che in economia spetta a chi intuisce prima degli altri una domanda (un mercato) che ancora non c'è. Tutti i programmi sono figli del tempo a cui appartengono: "Bisturi" non avrebbe potuto esistere che nella società dell'edonismo, in un mondo permeato dalla cultura del piacere.

Quanto detto ci porta a un'altra regola, il rispetto dell'immediatezza. Il nuovo o vince subito o scompare, non essendoci tempo da perdere non c'è tempo per sperimentare. Meglio, allora, mediare il nuovo con l'esistente e introdurre pian piano concetti, forme, espressioni pronte e divenire un nuovo programma, ad esser riconosciute come appartenenti a qualcosa di diverso, se non cose nuove, "novità" nel panorama generale. Novità, ecco cosa serve. Il nuovo è qualcosa che non conosciamo, che spaventa, ma se la novità è una "nuova" espressione di qualcosa che ci è familiare, allora, in quanto tale, ci attrae. Come esistesse da sempre. Camuffare l'esistente, allora?

No. Modificarlo, "innovarlo", questo sì. Nell'economia del consumo, i prodotti percepiti come nuovi servono, alimentano il ciclo, rinnovano la domanda. Sono inevitabili.

Procedere per gradi, quindi. Stando attenti al consumatore, che in Italia fa rima con "conservatore". Da noi il pubblico deve esser prima messo nella condizione di poter comprendere il diverso, quasi confrontarsi con un "nuovo relativo" per poi decidere in base ad istinti a passioni che di conservatore non hanno nulla se non la forza con cui si affermano. Il segreto del successo televisivo sembra essere nell'equilibrio tra sensazione di "novità" e percezione di una certa continuità: i moduli, gli inserti, i rituali di apertura e chiusura, finanche la facce alla conduzione sono sempre uguali; il nuovo può nascondersi altrove, nelle formule, nei meccanismi. Senza esagerare.

Cosa rende un programma un successo? I suoi risultati Auditel, certo; ma come arrivano questi risultati? Da tanti piccoli fattori che vertono attorno ad un perno solo: la capacità di rispondere al desiderio del pubblico non appena questo si manifesta. Anzi: di soddisfare desideri presenti ma inespressi e quindi, teoricamente, impercettibili; l'Auditel arriva quando un programma è già in onda, non quando viene intuito, pensato, progettato. Ci fosse un Auditel delle idee, capace di dirci cosa può piacere di quanto abbiamo in mente, sarebbe una gran cosa; in mancanza, cerchiamo di capire qual è la prossima sfida per autori, produttori, direttori di rete e, soprattutto, inserzionisti pubblicitari.


La nuova frontiera esiste... ma ci vuole pazienza

Oggi il vero campo di battaglia della concorrenza di mercato è nell'innovazione, solitamente identificata nell'inafferabile risorsa "idea", incarnata in stravaganti soggetti definiti creativi; primi elementi della catena del valore. Ma oltre alle idee serve la preparazione, lo studio, la perseveranza, il talento coltivato, insomma, perché oggi ciò che non pesa, pesa di più: la conoscenza. Alcuni studi calcolano che il 90% di tutti gli scienziati esistiti siano vivi in questo momento, che migliaia di nuovi "alti potenziali" con tanto di Master affollino il mercato del lavoro ogni anno, che nonostante l'abbondanza di culture (o, forse, proprio per questo) ci apprestiamo a vivere in apprendimento perenne. Cosa fare? Come fare? Domande che si pongono alla ricerca del successo, in tutti i campi, in tutti i settori. Di continuo. Le cose sono cambiate, enormemente cambiate: negli anni novanta il cliente più importante delle aziende digitali era l'esercito, oggi è l'industria dell'intrattenimento. L'innovazione e la grande economia sono appannaggio di chi produce film e videogames, cose eteree, quasi ombre, non di chi realizza prodotti fisici. Viacom, Warner, AOL-Time Warner, Telefonica e tutti gli altri moderni pionieri dell'innovazione producono emozioni e servizi correlati, e per farlo, si prendono il loro tempo, sperimentano ciò che darà risultati nel futuro, non adesso. Il fatto è che la conoscenza richiede pazienza.


Valori, innovazione e industria dei contenuti

I contenuti audiovisivi sono prodotti che hanno molto a che fare con il sistema dei valori dei mercati di audience a cui si propongono. Creare contenuti, programmi rispondenti alla richiesta di valori del pubblico significa incontrare un'esigenza e garantirsi una audience potenziale; il problema è che oggi identificare i valori-guida di qualsiasi gruppo, organizzazione, società è sempre più difficile. In un mondo globalizzato, cultura, sapori ed esperienze collidono in un'ibrida cornucopia di valori percepiti come universali; niente è chiaro e definito, tutto è esposto e disponibile a tutti e non rimane che scegliere, decidere: andremo in Chiesa o no? seguiremo Tizio o Caio? Compreremo Ikea? Mangeremo cinese o giapponese o amatriciano? Vedremo il programma di Sempronio?

I valori non sono più localizzati geograficamente e, soprattutto, divergono. Sempre. Non vivendo più in un ambiente di cui conosciamo la struttura ma in un mondo in perenne mutazione, siamo preda di insicurezze ed incertezze che ci fanno cambiare meta sovente e volentieri. Siamo viaggiatori senza rotta certa. La televisione consente sollievi temporanei, convincendoci sempre che c'è chi sta peggio o che le cose sono meglio di quello che sembrano. La televisione ci regala emozioni, ruba la nostra attenzione a ciò che ci turba, ci rapisce; le aziende che la finanziano con la pubblicità lo sanno e competono tra loro per pochi secondi del nostro tempo, per farsi notare. La nostra attenzione significa un pezzo di cuore e di emozione, la stessa che stimolerà un'esperienza o l'acquisto di un prodotto.

I nostri valori di riferimento mutano al variare delle condizioni in cui ci troviamo, sempre più spesso, sempre più velocemente. Cambiamo pelle in trenta secondi, gusti e passioni ed entusiasmi in un cambio di canale. Questo nostro modo di essere rispecchia ciò che siamo e dove viviamo: mutaforme nel mondo dell'iper-veloce. "Siamo sempre a 18 mesi dal fallimento" dice uno che non dovrebbe avere preoccupazioni, di nome William, di cognome Gates. Vale anche per noi, sempre a pochi secondi dall'insoddisfazione, a volte dalla noia.

Viviamo in un'era in cui i beni di maggior valore sfuggono al contatto fisico, in cui ciò che realmente conta è intangibile: il sapere, le abilità intelettive, la capacità di creare e comunicare. Prendiamo una grande televisione 'qualsiasi', Mtv: se smettesse di trasmettere all'istante, il suo brand - il suo marchio - varrebbe sempre centinaia di milioni di dollari; un marchio, capite? una cosa che non esiste! Questo perché oggi la percezione è tutto, l'intangibile è tangibile, un marchio è un punto di riferimento.

Quando perdiamo l'orientamento, cerchiamo certezze intorno a noi: un prodotto conosciuto, un mito sportivo, un programma, una grande marca. Appunto.

Conoscere cosa potrà attrarre l'attenzione del maggior numero di persone (consumatori, telespettatori) possibile è divenuta una necessità, pressante, assoluta per tutti coloro che competono, in qualsiasi mercato: Nike invia trend setters metropolitani in California per capire dove vanno le ultime tendenze; Endemol collabora con team creativi di ventenni che vanno in skateboard e si nutrono di videogames. Il gioco del business si basa sempre più sulla ricerca del cambiamento, rivoluzionario, categorico ma mediato, ponderato, introdotto per gradi; il segreto è capire dove si va e fare in modo di arrivarci per gradi, con strategie di comunicazione, promozione, teaser che anticipino i prodotti di quel tanto che basta per renderli quasi "desiderati" nel momento in cui arriveranno.

Scovare le mode, le tendenze è diventato un vero mestiere. Il mondo occidentale si popola di giovanissimi "cool hunters", cacciatori di stili e nuove tendenze. Una vera opportunità professionale. Perché accanto ai giovani (spesso giovanissimi) che armati di macchine fotografiche digitali o di semplici videofonini passano da un locale in ad un mercatino dell'usato, per documentare ciò che vedono e che li attira, ci sono i cosiddetti "esperti", che chiusi in uno studio, sono pronti ad interpretare e rielaborare questi materiali. Queste società di ricerca del gusto e degli stili di consumo, si stanno sviluppando in tutto il mondo. Dopo le americane Lstyle Report e Youth Intelligence, da alcuni anni è nato anche l'italianissimo Future Concept Lab, che fa addirittura un paso avanti e nel suo "decalogo" si propone di "passare dall'analisi passiva dei trend all'elaborazione attiva dei concept e dei desideri".

Tutti noi siamo in cerca di sicurezze, simboli, esperienze in grado di sancire la nostra appartenenza ad un gruppo; tutti noi ci affanniamo per non restare soli, cerchiamo una via praticabile per produrre qualcosa di diverso, di nuovo, certi che è la novità che sancirà quel successo che ci renderà affermati e riconoscibili, quindi vivi. Per riuscirci, spesso ricombiniamo:

– infotainment (informazione + intrattenimento),

– emotainment (emozioni + intrattenimento).

C'è chi sostiene che la ricombinazione è l'ultima chance per umani che hanno già inventato tutto quello che c'era da inventare, ma c'è anche chi crede che la variazione genera altra variazione in un processo moltiplicatore in cui il valore creato è maggiore rispetto al risultato ottenibile dall'addizione delle singole parti. Di fatto, chi eccelle nel ricombinare le idee relative ai proprio prodotti sembra destinato al successo.

Questi ricombinatori sono uomini giovani, sempre più giovani. E sono loro la chiave del successo. Il fattore tempo è sempre determinante, solo che il time to market adesso è anche quello del prodotto-uomo, che deve arrivare al posto giusto, al momento giusto e, soprattutto, con l'idea giusta dalle persone giuste. E se l'idea è buona, ciò che gli serve sono altre persone come lui: regolari creativi, gente che sappia gestire il business ma che sia anche capace di azzardare.

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Innovare = cambiare

Gli individui di oggi sono persone libere di andare ovunque, fare qualsiasi cosa, scegliere, cambiare canale. Possono farlo, sono abituati a farlo. Lo fanno. Nell'epoca che i due famosi consulenti aziendali Ridderstrale e Nordstrom hanno definito "funky business age", le persone valide, i core competents, fanno quello che vogliono delle proprie vite: si vestono di pelle, portano orecchini ma, soprattutto, dicono liberamente quello che pensano, e ogni tanto dicono qualcosa che porta ad un successo assoluto.

Oggi sono le persone valide ad utilizzare le aziende e non il contrario; perché lo fanno? Per i soldi, per divertirsi, per viaggiare, per sviluppare le proprie capacità, per incontrare altri come loro, per misurarsi con la diversità. Cambiamento, diversità e differenze sono fattori di prosperità di questa era, e le imprese contemporanee vincenti sono felici di ospitare persone che sfidano gli status quo, che violano norme e regole vigenti se queste sono a-creative e contro i loro bisogni e desideri. La mancanza di diversità spesso genera costipazione intellettuale ed omogeneità di pensiero mentre le novità è figlia di tensioni e "disadattamenti", spesso costruttivi. D'altronde, il mondo stesso è disomogeneo, discontinuo, imprevedibile: perché le aziende che in esso operano dovrebbero essergli diverse?

Per avere successo, l'azienda di oggi deve riflettere la complessità del mondo che ci circonda, rispecchiare al suo interno l'ambiente con cui si confronta: manager bianchi e vestiti di tutto punto non sono il prototipo del cittadino, tantomeno del telespettatore; è impossibile aspettarsi innovazioni in ambienti in cui il 90% delle persone condivide scelte sessuali, educazione, abbigliamento, sogni e desideri. Richard Branson, proprietario della Virgin, è un tipo che si veste "funky", frequenta gente "funky", fa cose decisamente "funky" (come dare un party di paracadutisti che si lanciano dai suoi aerei o brindano a 3000 piedi, per esempio): è un leader che rispecchia il suo tempo e ha un'azienda che rispecchia lui stesso. E' una persona-azienda di successo.

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Pagina 24

Occorre individuare che cosa può "significare" per ciascun gruppo sociale il prodotto proposto, quanto può essere condiviso questo significato, quanto può essere trasmesso. I broadcasters televisivi si aspettano che il pubblico passi sempre la mano alla generazione successiva, perché? Semplice, per mantenere quote di ascolto il più possibile stabili e fedeli. Per raggiungere questo risultato, forse bisognerebbe produrre contenuti già "pensati" per la generazione successiva. A nessuno interessa il mezzo di per sé, se non per i contenuti che trasmette, è per questo che "Content is the King": in un mondo in cui aumentano i media a disposizione, il contenuto regna.

Per regnare, affidarsi ad un gruppo creativo che è sempre "avanti" rispetto ai gusti del pubblico sembra essere la via migliore all'investitura; gli elettori del successo sono "Alfa' che con il loro stesso passaparola influenzano le sorti di un prodotto; persone che arrivano per prime sull'idea giusta per il segmento giusto. Al "momento" giusto. Questi personaggi ci dicono dove andare a cercare il prodotto che farà tendenza, che creerà lo zoccolo duro e la massa critica di spettatori: ci dicono chi e cosa può avere una chance di successo.

Creatività, quindi, sempre la stessa parola: ma cosa vuol dire? Quanto è importante 'creare' in un mondo che comincia ad avere più mezzi di comunicazione che informazione (interessante, appassionante, utile o divertente) da comunicare? E, soprattutto, come tradurre buone idee in prodotti di successo?

Queste domande ossessionano gli operatori della comunicazione e dell'intrattenimento in particolare, sempre alla ricerca dell'intangibile-tangibile, almeno in termini di risultati. Alla fin fine le idee servono, e senza di loro si fa poca strada. Ecco, allora, questo breve saggio, secondo volume dedicato alle idee e al loro modo di divenire contenuti, nella consapevolezza che non basta un'intuizione per creare e produrre editoria di successo (soprattutto televisiva), ma serve molto aggiornamento e un grande sforzo nella comprensione delle dinamiche e logiche del settore. Facendo riferimento a numerose e accreditate fonti e alla copiosa letteratura che troverete indicata nelle note e nelle biblico/webgrafie, sottolineeremo quanto il mondo dei contenuti si appresti ad entrare in una nuova era in cui le idee la faranno da padrone, cercando di spiegare quanto la creatività sia importante in ogni settore dell'industria dei Media, e debba assolutamente costituire voce di investimento al pari dei costi produttivi e del capitale umano necessario a sostenerla. In particolare, in appendice forniremo una serie di utili indicazioni su come dare vita e strutturare un Creative Lab, ossia un luogo, all'interno dell'azienda, deputato alla ricerca e alla progettazione creativa.

Per sottolineare l'importanza dello studio e dell'aggiornamento, soprattutto quello comparato e volto ad indagare cosa succede nel resto del mondo, nei prossimi capitoli concentreremo le nostre attenzioni su come si declina la creatività nello sviluppo di formati di successo in alcuni settori dell'intrattenimento: dalla ormai tradizionale Televisione generalista (capitolo 1 e 2), alle nuove opportunità fornite dalla tv digitale e interattiva (capitolo 4), fino ad arrivare ai format interattivi multipiattaforma sviluppati per la telefonia mobile (capitolo 3), per l'advertising (capitolo 5) e alle nuove possibili evoluzioni nel settore dell'entertainment. Abbiamo scelto l'intrattenimento non solo perché operiamo nel settore: la verità è che a nostro (modesto) parere, finita l'era dei prodotti materiali, saranno sempre più le scelte ludiche, legate al tempo libero e, seppur indirettamente, alla qualità della vita a generare business importanti. Questi business saranno basati su idee definite in una forma capace di renderle prodotto ovvero 'formattate', strutturate secondo modalità proprie dei (nuovi) contenuti televisivi, quindi replicabili. Format, oggi, vuol dire anche plasmare le idee, rendendole capaci di esprimersi, valorizzandole.

In conclusione, alterneremo brevi panoramiche sul mercato italiano e sui principali fenomeni stranieri, ad ipotesi e sviluppo di progetti originali. Cercando di fornire così contemporaneamente, materiali teorici e spunti pratici per tutti gli operatori del mondo della comunicazione multimediale che intendano essere parte del processo di creazione e condivisione di un sapere specialistico che è ora di diffondere dal basso, per allargare la base potenziale di Ideamakers.

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