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| << | < | > | >> |Indice9 Coca # 1 13 1. La lezione 25 2. Big Bang 47 Coca # 2 49 3. Guerra per il petrolio bianco 69 4. Ammazza amici 87 Coca # 3 93 5. La ferocia si apprende 109 6. Z 123 Coca # 4 129 7. Il pusher 143 8. La bella e la scimmia 193 9. L'albero è il mondo 239 Coca # 5 243 10. Il peso dei soldi 281 11. Operazione riciclaggio 301 12. Gli zar alla conquista del mondo 337 Coca # 6 339 13. Rotte 367 14. L'Africa è bianca 383 Coca # 7 393 15. Quarantotto 401 16. Cani 407 17. Chi racconta muore 417 18. Addicted 433 19. 000 441 Ringraziamenti |
| << | < | > | >> |Pagina 9La coca la sta usando chi è seduto accanto a te ora in treno e l'ha presa per svegliarsi stamattina o l'autista al volante dell'autobus che ti porta a casa, perché vuole fare gli straordinari senza sentire i crampi alla cervicale. Fa uso di coca chi ti è più vicino. Se non è tuo padre o tua madre, se non è tuo fratello, allora è tuo figlio. Se non è tuo figlio, è il tuo capoufficio. O la sua segretaria che tira solo il sabato per divertirsi. Se non è il tuo capo, è sua moglie che lo fa per lasciarsi andare. Se non è sua moglie è la sua amante, a cui la regala lui al posto degli orecchini e meglio dei diamanti. Se non sono loro, è il camionista che fa arrivare tonnellate di caffè nei bar della tua città e non riuscirebbe a reggere tutte quelle ore di autostrada senza coca. Se non è lui, è l'infermiera che sta cambiando il catetere di tuo nonno e la coca le fa sembrare tutto più leggero, persino le notti. Se non è lei, è l'imbianchino che sta ritinteggiando la stanza della tua ragazza, che ha iniziato per curiosità e poi si è trovato a fare debiti. Chi la usa è lì con te. È il poliziotto che sta per fermarti, che tira da anni e ormai tutti se ne sono accorti e lo scrivono in lettere anonime che mandano agli ufficiali sperando che lo sospendano prima che faccia cazzate. Se non è lui, è il chirurgo che si sta svegliando ora per operare tua zia e con la coca riesce ad aprire anche sei persone in un giorno, o l'avvocato da cui devi andare per divorziare. È il giudice che si pronuncerà sulla tua causa civile e non ritiene questo un vizio, ma solo un aiuto a godersi la vita. È la cassiera che ti sta dando il biglietto della lotteria che speri possa cambiare il tuo destino. È l'ebanista che ti sta montando un mobile che ti è costato lo stipendio di un mese. Se non è lui, a usarla è il montatore venuto a casa tua a metter su l'armadio Ikea che da solo non sapresti assemblare. Se non è lui, è l'amministratore di condominio del tuo palazzo che sta per citofonarti. È l'elettricista, proprio quello che ora sta cercando di spostarti la presa nella stanza da letto. O il cantautore che stai ascoltando per rilassarti. Usa coca il parroco da cui stai andando per chiedere se puoi cresimarti perché devi battezzare tuo nipote, ed è stupito che tu non l'abbia ancora preso, quel sacramento. Sono i camerieri che ti serviranno al matrimonio di sabato prossimo, se non sniffassero non riuscirebbero ad avere in quelle gambe così tanta energia per ore. Se non sono loro, è l'assessore che ha appena deliberato le nuove isole pedonali, e la coca gliela danno gratis in cambio di favori. La usa il parcheggiatore, che ormai sente l'allegria solo quando tira. È l'architetto che ha messo a nuovo la tua villetta delle vacanze, ne fa uso il postino che ti ha recapitato la lettera con il tuo nuovo bancomat. Se non è lui, è la ragazza del call center, che ti risponde con la voce squillante e chiede in cosa può esserti utile. Quell'allegria, uguale a ogni telefonata, è effetto della polvere bianca. Se non è lei, è il ricercatore che sta seduto ora a destra del professore e aspetta di farti l'esame. La coca l'ha innervosito. È il fisioterapista che sta cercando di metterti a posto il ginocchio, a lui invece la coca lo rende socievole. È l'attaccante che ne fa uso, quello che ha segnato un gol rovinandoti la scommessa che stavi vincendo a pochi minuti dalla fine della partita. Usa coca la prostituta da cui vai prima di tornare a casa, quando devi sfogarti perché non ne puoi più. Lei la coca la prende per non vedere più chi le è davanti, dietro, sopra, sotto. La prende il gigolo che ti sei regalata per i tuoi cinquant'anni. Tu e lui. La coca gli dà la sensazione di essere il più maschio di tutti. Usa coca lo sparring partner con cui ti alleni sul ring, per cercare di dimagrire. Se non è lui che ne fa uso, è l'istruttore di equitazione di tua figlia, la psicologa da cui va tua moglie. Usa coca il migliore amico di tuo marito, quello che ti corteggia da anni e che non t'è mai piaciuto. Se non è lui, è il preside della tua scuola. Tira coca il bidello. L'agente immobiliare che sta facendo ritardo proprio ora che eri riuscito a liberarti per vedere l'appartamento. Ne fa uso la guardia giurata, quella che ha ancora il riporto quando ormai tutti si rasano i capelli. Se non lui, il notaio da cui non vorresti mai più tornare, che usa coca per non pensare agli alimenti da pagare alle mogli che ha lasciato. Se non è lui, è il taxista che impreca contro il traffico ma poi torna allegro. Se non è lui, la usa l'ingegnere che sei costretto a invitare a casa perché forse ti aiuta a fare uno scatto di carriera. È il vigile urbano che ti sta facendo una multa e mentre parla suda moltissimo anche se è inverno. Oppure è il lavavetri con gli occhi scavati, che riesce a comprarla chiedendo prestiti, o è quel ragazzo che rimpinza di volantini le auto cinque alla volta. È il politico che ti ha promesso una licenza commerciale, quello che hai mandato in parlamento con i voti tuoi e della tua famiglia ed è sempre nervoso. È il professore che ti ha cacciato da un esame alla prima esitazione. O è l'oncologo da cui stai andando a parlare, ti hanno detto essere il migliore e speri ti possa salvare. Lui, quando tira, si sente onnipotente. O è il ginecologo che sta dimenticando di buttare la sigaretta prima di entrare in stanza e visitare tua moglie che ha le prime doglie. È tuo cognato che non è mai allegro, è il ragazzo di tua figlia che invece lo è sempre. Se non sono loro, allora è il pescivendolo che sistema il pesce spada in bella mostra, o è il benzinaio che sbrodola la benzina fuori dalle auto. Tira per sentirsi giovane, ma non riesce ormai a inserire al suo posto neanche la pistola del distributore. O è il medico della mutua che conosci da anni e ti fa entrare prima senza fare la fila perché a Natale sai cosa regalargli. La usa il portiere del tuo palazzo, ma se non la usa lui allora la sta usando la professoressa che dà ripetizioni ai tuoi figli, l'insegnante di piano di tuo nipote, il costumista della compagnia di teatro che andrai a vedere stasera, il veterinario che cura il tuo gatto. Il sindaco da cui sei andato a cena. Il costruttore della casa in cui vivi, lo scrittore che leggi prima di dormire, la giornalista che ascolterai al telegiornale. Ma se, pensandoci bene, ritieni che nessuna di queste persone possa tirare cocaina, o sei incapace di vedere o stai mentendo. Oppure, semplicemente, la persona che ne fa uso sei tu. | << | < | > | >> |Pagina 243Esistono due tipi di ricchezze. Quelle che contano i soldi e quelle che pesano i soldi. Se non ti appartiene il secondo tipo di ricchezza, non sai cos'è davvero il potere. Questo l'ho imparato dai narcotrafficanti. Ho imparato anche che la cittadinanza dei narcotrafficanti si declina nel mondo, ma che i gesti, i movimenti, i pensieri, quegli stessi uomini li articolano ovunque essi si trovino come se non fossero mai usciti dai loro paesi. Vivi ovunque, fosse anche il centro di Wall Street, ma non abbandonare le regole del tuo paese. Regole antiche, che aiutano a stare nel mondo moderno senza perdersi. È la regola che permette alle organizzazioni italiane di trattare da potenti con i narcos sudamericani e con i cartelli messicani e comprare tonnellate di droga sulla parola. I colletti bianchi del narcotraffico hanno smesso i panni dei pastori dell'Aspromonte e grazie a una illimitata disponibilità di danaro stanno colonizzando il mercato della droga. Ma le regole d'Aspromonte, le regole di sangue e terra, continuano a essere le loro coordinate morali, la loro guida nell'azione. Conoscono ormai però anche le regole dell'economia e sanno muoversi nel mondo, come è indispensabile per garantire un fatturato annuo di miliardi di euro. Per questo è complicato cercare di descrivere gli uomini che governano il narcotraffico mondiale. Se si mette la materia in mano a degli sceneggiatori, ne escono personaggi che passano dal gessato al dialetto, dai palazzi di marmo al puzzo della strada, personaggi con il fascino dell'ambiguità e con l'inquietudine delle proprie contraddizioni. Ma questa è fiction: nella realtà la borghesia del narcotraffico è in genere più solida e serena della media delle famiglie borghesi industriali. Le famiglie mafiose sono abituate a far quadrato, a subire e reagire ai contraccolpi, assenza e lontananza rappresentano la norma. Coprire e occultare ciò che non bisogna far sapere non equivale a un perbenismo facilmente sgretolatile, ma a una necessità primaria. Sono pronti al dolore, alla perdita, al tradimento: per questo sono più forti. Non nascondono a se stessi la ferocia di vivere in questo mondo. E di voler vincere, tutto. Quando mi chiedo chi potrebbe essere l'archetipo del manager della coca emergono due nomi che sono come i poli opposti di uno stesso campo magnetico. Il Nord e il Sud. L'uomo del Nord è il prototipo dell'imprenditore che si è costruito da solo, facendo affidamento solo sulle proprie forze e sul proprio senso degli affari. L'uomo del Sud è un borghese della capitale che ha saggiato la possibilità di andare oltre una vita sicura come impiegato di una grande azienda dello Stato e l'ha afferrata. Entrambi sono trasversali a ogni pensiero politico e morale. Se c'è da esser democratici e trasgressivi, sanno esserlo. Se è più utile presentarsi come rigidi conservatori, si trovano ugualmente a loro agio. Uomini d'affari capaci di tentare persone di solida morale sfruttando microscopiche fessure, debolezze impercettibili. Corrompono senza far mai sentire nel peccato il corrotto, riuscendo a far passare la corruzione come una prassi sbrigativa e senza peso, qualcosa che in fondo fanno tutti. L'uomo del Nord trasmette in primo luogo solidità e determinazione, l'uomo del Sud ha modi più brillanti e mondani, però entrambi si presentano come signori di mezz'età e di ricchezza media. Così appare anche il modo in cui hanno scelto di farsi chiamare: banale, persino un po' ridicolo. Insospettabile. Bebè e Mario. Il più giovane è nato sessantuno anni fa in un paesino lombardo, Almenno San Bartolomeo. Bergamo dista di poco, ma ci vuole ancora meno ad attraversare il Brembo e cominciare a salire nella valle che per gli stessi lombardi sintetizza l'arretratezza della provincia, la Val Brembana. Lo battezzano Pasquale, probabilmente in memoria di un nonno brindisino, poi Claudio perché il bambino abbia anche un nome più moderno. Di cognome fa Locatelli, più o meno come tutti da quelle parti. Più tardi diventa Mario, un'altra volta come tutti. Pasquale Locatelli è un ragazzo di vent'anni quando comincia a farsi le ossa con incursioni nella Lombardia ricca, tra Milano e Verona, per rubare macchine di grossa cilindrata. Lavora con gente di Milano, gente cresciuta nella ligèra, la vecchia mala di cui sono ancora popolarissime le canzoni in dialetto, ma il Bar del Giambellino e il Palo della Banda dell'Ortica appartengono ormai a un nostalgico passato. La città è divenuta zona di guerra, eversione politica e criminalità comune si confondono e talvolta si intrecciano, sale vertiginosamente la frequenza delle rapine a mano armata e dei sequestri di persona, i morti ammazzati sono in media centocinquanta all'anno. Chi non assurge a star del crimine come Renato Vallanzasca, Francis Turatello "Faccia d'Angelo" e il suo ex vice Angelo Epaminonda, chi non va incontro a ergastoli per omicidio e altri reati gravi può continuare tranquillamente per la sua strada. Locatelli lo capisce, capisce che il crimine che paga non è quello degli esaltati degli anni settanta. Passa a concentrarsi su tutti i "servizi" di cui ha bisogno chi rivende automobili rubate, allaccia una rete di contatti che vanno dall'Austria alla Francia, impara lingue straniere di cui finirà per padroneggiarne quattro. Ragiona già come imprenditore proiettato su uno scenario internazionale. Gli affari illegali sono affari come altri, contano affidabilità e preveggenza. Su Milano sta calando una pace ingannevole, al tempo stesso frizzante e pannosa come i cibi e le bevande in voga. L'uomo che si spaccerà per Mario ma verrà anche chiamato "Diabolik" capisce che laddove ci sono sempre più soldi e una voglia smisurata di divertirsi, lì si sta aprendo un nuovo mercato. Ci sono la moda e il design, ci sono le tv private, imprenditori emergenti e tanti figli di papà gonfi di quattrini. Nella città e nella regione più ricca d'Italia la coca rappresenta un vizio che possono permettersi più persone che dalle altre parti. Locatelli si butta sulla merce che una volta acquistata ne chiede altra, in anticipo sui tempi. Per i suoi traffici passati ha subìto una condanna tradotta in regime di libertà vigilata, e sono le restrizioni al suo raggio di movimento che lo inducono a cominciare la vita del latitante. Cerca di allargare la sua fortuna laddove sa di poter trovare facilmente i suoi prossimi clienti, in Costa Azzurra. Si stabilisce in una villa a Saint-Raphaël, località più esclusiva e tranquilla della vicina Saint-Tropez. Gli altri lo conoscono come Italo Salomone e si fanno i fatti propri, come è consuetudine tra proprietari molto agiati. Non sanno che la polizia francese lo sta braccando da quando ha sequestrato all'aeroporto di Nizza una valigia proveniente dalla Colombia zeppa di coca nascosta in un doppiofondo. Pasquale Locatelli è persino già stato condannato a venti e dieci anni per traffico di droga da due tribunali della regione, ma le sentenze sono state pronunciate in assenza dell'imputato. Italo Salomone rimane un italiano come tanti che si gode il clima e la vita spensierata. Fino a quando, dopo tre anni di ricerche, i flic riescono ad arrestarlo nella sua villa, dove trovano anche una provvista di quarantun chili di coca colombiana. È il 1989. Nello stesso periodo Bebè sta risistemando una vecchia cascina a Valsecca, ai piedi delle Alpi bergamasche, a mezz'ora di distanza da Brembate di Sopra, l'ultima residenza in Italia di Locatelli. Non fu scelta per desiderio di tranquillità e buona aria di montagna. Fu scelta per trasformarla in una raffineria di eroina bianca, la più pregiata e rara, che conserva un mercato di nicchia negli Stati Uniti, e poi usarla come merce di scambio con i narcos. Secondo il pentito Saverio Morabito, ex boss di spicco della 'ndrangheta a Milano, alla fine degli anni ottanta questi offrivano venticinque chili di purissima coca colombiana per un chilo d'eroina bianca bergamasca. Bebè è Roberto Pannunzi, romano di madre calabrese, oggi ultrasessantenne, ex dipendente Alitalia emigrato da giovane in Canada come molti meridionali in quegli anni. I calabresi lì lavoravano sodo: edilizia, trasporti, rifiuti, ristorazione. Ma la massiccia presenza di immigrati venne sfruttata anche dai potenti signori di Siderno. "U Zi'" Antonio Macrì era riuscito in breve tempo a controllare il traffico di droga in Canada, instaurando ottimi rapporti anche con Cosa Nostra americana. Con la sua uccisione in Calabria nel 1975 si scatena la prima guerra di 'ndrangheta, ma l'impero imprenditoriale costruito oltreoceano non ne viene intaccato. Macrì ha creato e comprato attività commerciali d'ogni genere, soprattutto di import-export, cosa che l'ha aiutato a stabilire ottimi contatti nei porti più importanti. Negli anni ottanta la polizia canadese considera l'organizzazione che ha lasciato ai suoi eredi la presenza 'ndranghetista più forte di tutto il Canada. A Toronto Roberto Pannunzi riscopre le proprie origini materne proprio grazie ad Antonio Macrì. A Zi' 'Ntoni piace quel ragazzo dai folti capelli neri, con il viso tondo e lo sguardo fiero. È rispettoso, Roberto, e soprattutto è fedele. Gli sta vicino e impara. Ambizioso, obbedisce non come un servo ma come chi confida che obbedendo può imparare. Resta in silenzio e china la testa perché vuole crescere per comandare. Sempre in quel periodo a Toronto conosce Salvatore Miceli, siciliano, punto di riferimento di Cosa Nostra per il traffico degli stupefacenti. I due diventano amici e poi "compari". Attraverso Miceli, Pannunzi ottiene da Cosa Nostra eroina raffinata a Palermo, la fa trasportare a Siderno, da dove il carico parte in nave nascosto tra piastrelle di ceramica alla volta di Toronto. Qui ad aspettarla ci sono i fratelli Vincenzo e Salvatore Macrì, nipoti di Zi' 'Ntoni. Pannunzi diventa abile. Non si accontenta della roba che i suoi primi contatti gli procacciano. Vuole il migliore rapporto qualità-prezzo e riesce a ottenerlo, ecco perché il ragazzo piace. Sfrutta le amicizie di Antonio Macrì per incontrare i maggiori fornitori che dietro quel cognome percepiscono affidabilità e sicurezza. Da solo non avrebbe mai potuto avvicinare il gotha dell'eroina, ma impara a utilizzare i contatti di Macrì nei porti di mezzo mondo. Se un gruppo non riesce a trovare un aggancio, Roberto glielo procura. Si mette a disposizione di tutti, organizza spedizioni, fa giungere i carichi in zone del mondo dove l'eroina non arrivava. E quando i gruppi gli chiedono sostanze migliori a prezzo più basso, lui contatta specialisti in grado di risolvere il problema. È lui che fa incontrare la cosca siciliana degli Alberti con i Marsigliesi, i quali inviano a Palermo un loro chimico per allestire una raffineria di eroina. È sempre lui che quando Pasquale Marando, il boss di Platì incaricato dei traffici di droga nel Nord Italia, dovrà darsi alla latitanza, si offrirà come tramite tra le famiglie di Marina di Gioiosa Jonica e quelle di Platì, cuore della 'ndrangheta dell'Aspromonte. Lui unisce, non divide. È questo l'obiettivo di Pannunzi. Per saldarsi ancora di più ai suoi finanziatori, una volta rimesso piede in Italia Bebè sposa Adriana Diano, che fa parte di una delle famiglie più in vista di Siderno. Anche se si separeranno presto, sposarsi, mischiare il sangue, è sempre qualcosa di molto più vincolante di un semplice contratto. A Roma gestisce ufficialmente un negozio d'abbigliamento. Ha anche il senso dell'ironia, Roberto: il negozio lo chiama "il Papavero", in omaggio alla sua collaborazione con i più importanti trafficanti d'eroina turchi. In realtà è a disposizione delle cosche calabresi. Dopo aver sfruttato i contatti di Antonio Macrì, Bebè si affranca, cresce. I soldi che la 'ndrangheta ha raccolto con i sequestri, ora devono lievitare attraverso il narcotraffico. Roberto è pronto. Ha capito dove conviene investire. L'uomo del Sud e l'uomo del Nord viaggiano su linee spazio-temporali parallele senza mai incrociarsi. O forse sì, ma non esiste prova di un loro contatto. Locatelli è leggermente avanti non tanto perché ha avviato la sua carriera da un punto più vicino a Milano, sino a oggi la migliore piazza per lo smercio di cocaina. La geografia spicciola conta poco quando ci si muove su uno scacchiere planetario. No, il maggior tempismo del bergamasco si spiega piuttosto con il fatto che è lui il padrone della propria impresa, libero di stabilire ogni nuovo investimento, unico responsabile dei rischi che si accolla. Pannunzi invece somiglia più al top manager ingaggiato da una grande holding. La conquista di un nuovo mercato va avviata con prudenza; senza perdere quote del vecchio mercato di riferimento, senza mettere a repentaglio un centesimo del gigantesco fatturato. L'idea di spingere la commercializzazione della coca a partire da un guadagno in cui la competenza calabrese sull'eroina può essere sfruttata al massimo è la tipica trovata con cui un ottimo manager sa convincere i suoi referenti. Poi Pannunzi passa alla messa in pratica: per trovare la cascina contatta Morabito e soprattutto una 'ndrina molto radicata in Lombardia, i Sergi di Platì; e infine importa dalla Francia i migliori chimici, ancora due uomini dei Marsigliesi che già avevano lavorato per Cosa Nostra, che sanno garantire l'eccellenza.
Mentre Pannunzi getta le basi per la gestione di una joint
venture della coca, Locatelli sta subendo un processo per
narcotraffico internazionale che lo conduce nel carcere di
Grasse a scontare una pena di dieci anni. In prigione vede
giusto un ritaglio dell'ameno paesaggio che si estende sotto
la collina dell'antica cittadina denominata "la capitale mondiale dei profumi",
il mare davanti a Cannes può solo intuirlo. Ma non gli serve: Diabolik è un uomo
di pensiero e d'azione rapida. Si rompe un braccio. Bisogna ricoverarlo, però
i francesi non sono sprovveduti, sospettano che quell'incidente possa non essere
casuale. Per precauzione non lo mandano a Nizza, ma a Lione, lontano dalla costa
che ha battuto palmo a palmo, a quasi cinquecento chilometri di distanza. Il
detenuto scende dal cellulare e si avvia verso l'ospedale. Dopo qualche passo si
materializzano tre uomini armati e mascherati che disarmano gli agenti della
scorta e spariscono in un lampo assieme al prigioniero. È finita un'epoca.
Locatelli fa perdere le sue tracce e varca il confine con la Spagna. Diventa
Mario, Mario di Madrid: l'uomo di riferimento dei
narcos colombiani in Europa, il proprietario di una flotta
navale per il traffico internazionale di cocaina.
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