|
|
| << | < | > | >> |Indice6 Progetto ALPTER: un modello di partnership che si apre al mondo Luca Lodatti, Domenico Patassini 7 Introduzione Guglielmo Scaramellini, Mauro Varotto PRIMA PARTE: CHIAVI DI LETTURA 10 Paesaggi terrazzati nell'area alpina: osservazioni geostoriche e prospettive analitiche Guglielmo Scaramellini 19 Territori terrazzati: atto tecnico e fatto sociale Ada Acovitsióti-Hameau 28 I versanti terrazzati dell'arco alpino: tecniche costruttive e modelli formali Luca Bonardi 38 Mappatura e classificazione geografica dei paesaggi terrazzati: problemi e proposte Mauro Varotto, Francesco Ferrarese 46 I sistemi terrazzati: un patrimonio, un rischio Gerardo Brancucci, Marco Masetti 55 I sistemi terrazzati nell'arco alpino: biodiversità vegetale e valore naturalistico Cesare Lasen, Laura Fagarazzi 61 Problematiche produttive e ambientali delle aree terrazzate dello spazio alpino M. Freppaz, A. Agnelli, B. Drusi, S. Stanchi, C. Galliani, V. Revel Chion, E. Zanini 68 Teorie e concetti sulla percezione del paesaggio e potenziale rilevanza per le aree terrazzate Arne Arnberger, Renate Eder SECONDA PARTE: PAESAGGI TERRAZZATI 76 Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Paesaggi a terrazze delle Alpi Marittime Jean-Marie Castex, Andrée Dagorne, Mohamed Ben Jeddou, Gourguen Davtian, Guy Massa, Francis Gorda 80 Liguria. Le fasce di Sant'Ilario (Genova): un sito a potenzialità turistico-scientifica Gerardo Brancucci, Angela Comenale Pinto 84 Valle d'Aosta. I terrazzi a pergola della bassa Valle d'Aosta M. Freppaz, A. Agnelli, B. Drusi, S. Stanchi, C. Galliani, V. Revel Chion, E. Zanini 88 Lombardia. I "ronchi" della Val Chiavenna T. Apuani, L. Bonardi, A. G. Dal Borgo, G. Mazzoleni, T. Pagnoncelli, G.Scaramellini, G. Sfondrini 93 Val Bregaglia. Le selve castanili di Soglio e Castasegna Silvio Werder, Tommaso Lardelli, Dominik Alig, Maurizio Michael 97 Veneto. Le "masiere" del Canale di Brenta Angelo Chemin, Mauro Varotto 102 Goriska Brda. I vigneti terrazzati di Goriska Brda Lucka Azman Momirski 108 Ulrichsberg. Le terrazze di Ödenkirchen: un paesaggio agricolo storico Arne Arnberger, Renate Eder, Christiane Brandenburg 112 Conclusioni. Verso una riscoperta dei «paesaggi intermedi» Mauro Varotto 119 Bibliografia generale 125 Indice degli autori |
| << | < | > | >> |Pagina 7Introduzione
Guglielmo Scaramellini, Mauro Varotto
Il progetto Interreg ALPTER «Paesaggi terrazzati dell'arco alpino» trasferisce a scala alpina una sensibilità ormai diffusa sui versanti terrazzati, frutto di un crescendo di iniziative che in alcuni casi ha addirittura anticipato il dibattito sulla sostenibilità di Rio 1992 (Agenda 21, capitolo 34), proponendo una sorta di rivoluzione copernicana del valore di questi paesaggi: da relitti museali o pratiche del passato a «buone pratiche» per una territorialità sostenibile, che alla redditività economica unisca la tutela di equilibri ambientali e culturali. Dagli anni ottanta a oggi si sono infatti moltiplicati associazioni internazionali, progetti scientifici, iniziative locali per la valorizzazione di questi paesaggi: dal Programme Terrasses avviato in Francia nel 1982 alla fondazione della Societé scientifique internationale pour l'étude de la Pierre Sèche nel 1988, dal progetto Proterra attivo dal 1996 alla nascita dell'associazione Ipogea nel 1998, dall'istituzione nel 1999 del primo parco orientato alla tutela di sistemi terrazzati (il parco Cinque Terre in Liguria) ad altre proposte sparse a carattere museale tra Francia e Italia, dall'avvio a partire dal 1999 di due progetti europei specificamente dedicati ai terrazzamenti (PATTER e TERRISC), fino al primo pronunciamento delle Nazioni Unite sul valore dei paesaggi terrazzati contro la desertificazione alla conferenza ONU di Nairobi del 2006. La filosofia che ha ispirato il progetto ALPTER parte dal superamento di una definizione stretta di terrazzamento, limitata alla sua funzione agricola o architettonica. Sia in sede di analisi che di intervento, il progetto abbraccia una definizione complessa e sistemica (appunto «paesistica») dei versanti terrazzati, richiamando la polisemia della sapienza tradizionale, che secondo la definizione UNESCO non è sinonimo di arretratezza ma di avanguardia, per l'approccio intersettoriale, polifunzionale, empirico-pratico e fortemente connotato in prospettiva intergenerazionale. Non più dunque un'attenzione finalizzata a restaurare per imbalsamare tecniche relegate nella storia economica delle Alpi, ma la convinzione che esse possano tornare a svolgere un ruolo di primaria importanza in realtà territoriali e produttive orientate allo sviluppo integrato. È questo il motivo per cui questo Atlante assume un'accezione insolita rispetto all'atlante tradizionale: richiamare la figura mitologica del gigante, figlio di Giapeto e Climene, condannato a tenere sulle spalle l'intera volta celeste, significa considerare non solo il mondo che egli sostiene, ma il modo in cui lo sorregge. Per questo l'oggetto sorretto da Atlante costituisce solo la seconda parte dell'opera (i paesaggi terrazzati illustrati attraverso i profili descrittivi e la documentazione cartografica e iconografica relativi alle otto aree pilota del progetto), che invece poggia sulla prima parte (le chiavi di lettura dedicata a spiegare il punto di vista di chi intende leggere/sorreggere quel mondo). Si tratta di altrettante «chiavi» che forniscono punti d'appoggio interpretativo al tema complesso e interdisciplinare dei versanti terrazzati, e ci interrogano sul paradosso per cui questi paesaggi risultano oggi «insostenibili» e insieme modelli di «sostenibilità». Ma se non si conosce il problema nella sua realtà materiale e concretezza geografica, come si può pensare di affrontarlo nella sua incidenza culturale, sociale, economica, paesaggistica? A questa fondamentale esigenza l' Atlante cerca di dare una prima, parziale ma necessaria risposta, fondata sulla reale e meditata conoscenza del terreno; il Manuale che lo accompagna raccoglie e propone al pubblico le esperienze di recupero e intervento scaturite da questo percorso di analisi e conoscenza. | << | < | > | >> |Pagina 19Territori terrazzati: atto tecnico e fatto sociale
Ada Acovitsióti-Hameau
1. LA PRODUZIONE DI UNO SPAZIO TERRAZZATO Come tutte le operazioni che trasformano lo spazio selvaggio in uno spazio domestico, la messa in opera di terrazze è un'azione complessa, tanto tecnica che simbolica, motivata dai bisogni materiali dell'uomo e dai concetti che determinano la sua relazione con lo spazio. I bisogni materiali derivano dalle costrizioni socioeconomiche, storiche e geografiche: sviluppo e assetto della popolazione, ancoraggio o meno degli abitanti al loro suolo, rilievo accidentato e frammentato, eventi storici particolari. La concezione che hanno gli uomini della relazione con lo spazio si esprime attraverso le rappresentazioni riguardanti l'ambiente fisico (percezione degli aspetti, usi, valori della natura, percezione dello spazio abitato, del territorio di cui ci si appropria, delle terre coltivate, incolte e boscose). Sono le differenze di queste rappresentazioni, le differenze di società e di cultura dunque, che producono la diversità delle scelte nei piani di sviluppo del territorio e la variabilità di forme costruttive in una medesima e sola scelta (RAPOPORT, 1990). Gli altri dati, aggiunge Rapoport, da luoghi e oggetti del quotidiano all'economia o alla religione, non sono, presi separatamente, che «fattori modificanti» questa varietà primaria prodotta nelle culture globali. Tuttavia, queste scelte si attuano a partire dai luoghi e dai fatti reali, il cui carattere materiale dunque interagisce costantemente con quello ideale dei concetti e dei valori. Questo andare e venire incessante fra realtà e rappresentazioni, questa «traiettoria» (CHOUQUER, 2001) fa sì che ogni entità spaziale così come le sue componenti siano rette da dinamiche proprie e non possono né identificarsi, né semplicemente aggiungersi a quelle pre- o co-esistenti. Ciascuno di questi elementi annulla e allo stesso tempo amplifica gli altri. Di conseguenza, sosterremo che gli elementi legati alla configurazione del territorio, ai materiali e ai sistemi tecnici, e gli elementi legati ai sistemi di produzione, all'organizzazione sociale e alle mentalità, influiscono insieme e allo stesso modo sulla concezione e realizzazione di un progetto di pianificazione e sistemazione di terrazze e muretti. Questi stessi elementi, congiuntamente, sono le cause dell'abbandono o del mantenimento di questi modelli di paesaggio e, anche, della loro riscoperta, conservazione e valorizzazione nei modi che noi attualmente osserviamo. In altri termini, la messa in opera del terrazzamento è la scelta tecnica di una società data in un momento preciso della sua storia. È dunque un passo al tempo stesso collettivo (che implica e soddisfa nella sua globalità il gruppo umano che evolve in un territorio) e congiunturale (coerente con un contesto dato). Per quanto definito sia, questo passo non si compie dappertutto allo stesso modo. Quando esso s'impone, l'estendersi delle terrazze può manifestare un atteggiamento «di conquista» oppure essere discreto e sottile. Così, allo sviluppo vertiginoso del terrazzamento di certi versanti delle Alpi o delle sierras iberiche (fig. 1) si oppongono infrastrutture sviluppate nella roccia naturale, nascoste sotto la vegetazione, confuse con tracce di confine (quelle dei territori, delle parcelle, delle attività) o con irregolarità del terreno (fig. 2). Spesso, queste infrastrutture modeste non si danno a vedere che alla vista di un camminatore attento. Il vigneto di Var (Provenza, Francia) è un esempio eloquente di questa presenza densa e diffusa del terrazzamento e del suo corteggio di costruzioni ausiliarie (figg. 3a/b). Malgrado i notevoli cambiamenti nell'organizzazione degli assetti colturali dopo il 1900 («dispiegamento» del vigneto dalle colline al piano e ai fondivalle al posto di cereali, giardini e praterie), le terrazze alla base dei versanti rimangono funzionali e mettono al sicuro la stessa organizzazione di prima: locali per il riposo, per gli utensili, per la raccolta, lo stoccaggio dell'acqua, adattati lungo o all'interno del pendio, confusi con la terra e le pietre e più o meno mascherati dalla vegetazione a seconda delle stagioni. Le terrazze nelle parti alte dei versanti sono ancora rintracciabili, ma sono invase sempre più da una foresta dove domina il pino, essenza che degrada il suolo e le vestigia delle colture precedenti, particolarmente gli olivi (JUILLARD, 1991). Recentemente, la valorizzazione di questa pianta contribuisce ad affrancare le colline terrazzate. Tuttavia, questa operazione nella regione della Var non approda mai a risultati spettacolari come quelli osservati, per esempio, nell'isola di Maiorca (figg. 4a/b). In tutti i casi, discreti o evidenti, terrazze e costruzioni ausiliarie partecipano all'organizzazione globale dei terreni. I dispositivi di drenaggio/innaffiamento/irrigazione e quelli di comunicazione sono gli elementi più importanti di questa gestione. Che si tratti di muri che sbarrano vie d'acqua, di canali, di gallerie e serbatoi (figg. 5a/c), di spazi per un albero, di scale sporgenti o interne al muro, di rampe o ancora di viottoli, questi dispositivi sono strettamente legati ai muri di sostegno e alle pietraie (figg. 6a/c). Questi accolgono parimenti dei ripari di ogni specie, tra cui le postazioni di caccia. Le nicchie sistemate nei muri hanno funzione di armadio a muro o di dispensa. Altri rinforzi, riconoscibili dalle loro dimensioni e orientamenti, servono per piazzare delle arnie (figg. 7a/b). Può accadere che la pietra non sia il materiale di sostegno preferito: è, per esempio, il caso di terrazze di alpeggi (figg. 8a/b) con pendii inerbiti (terrazze «erbose»), o anche di colline di modesto dislivello in cui le terrazze sono sostenute da arbusti (siepi) dette, in gergo francese, ribes, rides, rideaux ecc. (in italiano ciglioni, n.d.c.). Anche le opere per l'acqua, i passaggi, i depositi, i ripari venatori sono presenti nella vegetazione e lungo le scarpate. Tuttavia, malgrado l'esistenza di altri sistemi di consolidamento dei pendii, i paesaggi terrazzati sono strettamente associati alla costruzione in pietra a secco. Questa tecnica presenta le stesse modalità di messa in opera, contribuisce ad accentuare i risultati visivi, genera gli stessi schemi di socievolezza della sistemazione a terrazze (ACOVITSIÓTI-HAMEAU, 2007). È per questa ragione, evidentemente, che l'architetto Ambrosi non dissocia nel suo discorso le opere in pietra a secco dal terreno utilizzato. Egli ne parla come di un'unità originaria: «(unità) nel senso di identificazione dei luoghi di estrazione della materia prima e della sua trasformazione in materiali da costruzione e dell'impiego come luoghi di coltura, attraverso la quale (i.e. l'identificazione in questione) il suolo diventa, mano a mano, campo coltivato, giardino chiuso, deposito di materiali petrosi e, alla fine, luogo di residenza» (AMBROSI, 1990, pp. 19-20). In effetti, le fasce di terra guadagnate in pendenza o i sostegni dei primi versanti divengono a poco a poco delle entità a parte, dei microterreni dove si sviluppa una poliattività di produzione e di scambio di servizi, un genere di vita dunque, che si ripete a poco a poco e che mette in rete tutto un insieme di terre e di genti. Così, possiamo dire che, organizzando lo spazio, le terrazze ordinano anche il tempo (momenti e stagioni propizie per ogni attività), dettano modi e ritmi di vita, disseminano conoscenze e percezioni particolari e fondano, infine, sentimenti di comune appartenenza. | << | < | > | >> |Pagina 68Teorie e concetti sulla percezione del paesaggio e potenziale rilevanza per le aree terrazzate
Arne Arnberger, Renate Eder
1. CAMBIAMENTI DEL PAESAGGIO E QUALITÀ ESTETICHE Il paesaggio è una componente fondamentale del patrimonio naturale e culturale europeo, che contribuisce al benessere umano, alla qualità della vita e al consolidamento dell'identità europea. Il paesaggio rappresenta inoltre un'importante componente ambientale per le comunità locali, e la sua bellezza scenica costituisce una motivazione significativa per le attività ricreative e il turismo rurale, di cui rappresenta lo sfondo. Il paesaggio costituisce quindi una risorsa favorevole allo sviluppo di attività economiche, e la sua protezione, gestione e pianificazione possono contribuire alla creazione di posti di lavoro. Il riconoscimento di tali valori a livello europeo è documentato dall'approvazione, nel 2000, della Convenzione Europea del Paesaggio (COUNCIL OF EUROPE, 2000). Le aree terrazzate costituiscono un patrimonio culturale creato e gestito per diversi secoli o persino millenni dalle popolazioni locali. Per molte zone alpine le aree terrazzate rappresentano una tipica caratteristica del paesaggio e per alcune regioni i terrazzamenti raffigurano addirittura l'immagine stessa del luogo. D'altra parte, i recenti sviluppi nell'agricoltura, nella società, nella pianificazione territoriale, nelle tecniche produttive, nelle infrastrutture e nel turismo hanno provocato, in molti casi, significativi cambiamenti o persino la distruzione dei paesaggi tradizionali. Gli effetti di questo sviluppo hanno colpito in particolare i paesaggi terrazzati, non soltanto dal punto di vista ecologico, ma anche nel loro intrinseco carattere paesaggistico. Nell'arco degli ultimi decenni elementi e usi del suolo tipici delle aree terrazzate quali ciglioni, muretti a secco, siepi, vigneti o frutteti sono scomparsi in molti paesaggi dell'Europa centrale, a causa del notevole lavoro di manutenzione che questi richiedevano. In particolare, ciglioni e muretti a secco sono stati eliminati, per ampliare i campi coltivati e lasciare spazio a sistemi di produzione alimentare più efficienti e a più larga scala, oppure abbandonati ed erosi, o soggetti a opere di rimboschimento artificiale, o, infine, abbandonati a processi di riforestazione spontanei. Tali sviluppi provocano un impatto sul territorio e, quindi, sull'estetica del paesaggio. Un tale cambiamento nella qualità visiva, oltre a influenzare la domanda turistica relativa alle aree terrazzate, influisce anche sulla qualità della vita dei residenti. Nell'ambito del progetto ALPTER Si sono indagati i seguenti aspetti: a) se i paesaggi terrazzati tradizionali appartengano o meno alle aree maggiormente preferite per quanto riguarda la loro bellezza percepita; b) se questi paesaggi possano essere sfruttati come risorsa economica per forme sostenibili di turismo. Il prerequisito è che tali aree, e in particolare alcuni elementi quali i ciglioni e i muretti, risultino attraenti. Questo capitolo indaga il ruolo delle aree terrazzate dal punto di vista dall'estetica del paesaggio. Sulla base delle teorie generali e dei concetti della qualità visuale, oltre che dei pochissimi risultati empirici esistenti, cercheremo di fornire una risposta riguardo alla rilevanza potenziale delle a ree terrazzate dal punto di vista paesaggistico. | << | < | > | >> |Pagina 112Conclusioni. Verso una riscoperta dei «paesaggi intermedi»
Mauro Varotto
Sunt nobis mitia poma castaneae molles et pressi copia lactis, et iam summa procul villarum culmina fumant maioresque cadunt altis de montibus umbrae VIRGILIO, Bucoliche, I ecloga, 80-83 Il crollo del mondo alpino tradizionale e la grande trasformazione strutturale dell'economia e dei territori montani europei hanno spesso prodotto una «estremizzazione degli habitat» che ruota attorno ai binomi intensivizzazione-estensivazione, metropolizzazione-spopolamento, concentrazione-marginalità (CIPRA, 2001; BÄTZING, 2005).
L'attenzione ai paesaggi terrazzati intesi come spazi territoriali intermedi
– non appartenenti cioè né all'una né all'altra di tali categorie – ha
comportato da un lato un'attenta analisi delle contrapposte pressioni a cui
questi spazi sono sottoposti, dall'altro una riflessione
profonda sul concetto-guida di
medietas:
non soltanto in virtù delle opposte polarità territoriali che la assediano, ma
soprattutto in ragione di risvolti semantici più profondi che possono concorrere
a definirla, per orientare i percorsi di valorizzazione dal «che cosa» al
«come» e «perché» di una loro promozione.
1. PAESAGGI «INSOSTENIBILI»: LE MINACCE AL PAESAGGIO TERRAZZATO I pericoli che minacciano i sistemi terrazzati oggi si possono individuare ora in situazioni di non intervento (abbandono e degrado), ora in eccessi d'intervento (intensivazione produttiva, artificializzazione, urbanizzazione), ora in interventi errati che producono banalizzazione o distruzione della loro complessità funzionale. Queste situazioni sono il portato di una riorganizzazione metropolitana degli spazi alpini che ha esteso territorialmente il proprio bisogno di spazi artificializzati, da un lato, e di una wilderness compensatoria dall'altro. Sono dunque tre le macrotrasformazioni che interessano oggi i paesaggi terrazzati alpini: – l'abbandono e l'avanzata di una wilderness spesso intesa in termini romanticamente o ecologisticamente positivi; – la trasformazione che spesso si traduce in banalizzazione a scopi produttivistici;
– l'urbanizzazione che con processi di artificializzazione e
impermeabilizzazione intacca i lembi più accessibili dei versanti terrazzati.
a) L'avanzata dell'abbandono e il mito della wilderness La dismissione delle pratiche agricole e della capillare manutenzione è senza dubbio il fenomeno arealmente più imponente – e impossibile da quantificare con esattezza – che ha catterizzato i paesaggi terrazzati in genere negli ultimi cinquanta-settant'anni. Se per primi sono stati abbandonati quei lembi «disperati» di versanti terrazzati situati in zone più impervie e di difficile accesso (i terrazzi più elevati della bassa Valle d'Aosta, di Chiavenna o del Canale di Brenta, ad esempio), il fenomeno ha interessato sempre più negli ultimi anni anche i terrazzi più prossimi agli insediamenti o alle vie di comunicazione (come si può notare nel caso della Liguria o delle Alpi Marittime). L'abbandono, fenomeno tanto imponente quanto sottovalutato nel XX secolo, va intepretato nella sua complessità: in termini agronomici si traduce in una perdita di suoli atti alla coltivazione e di valore economico legato alla dilapidazione di un rilevante capitale fisso, accumulato e conservato nel corso dei secoli (cfr. FREGONI, 2001); in termini di equilibrio idrogeologico, la mancata manutenzione di muri e sistemi di drenaggio ha aumentato i costi per la messa in sicurezza non solo dei versanti su cui i terrazzi insistono, ma anche dei territori più o meno immediatamente a valle, soprattutto in realtà di forte antropizzazione al piede dei versanti come quella ligure (TERRANOVA, 1984; BRANCUCCI, GHERSI, RUGGIERO, 2001); anche in chiave ecologica l'abbandono delle colture tradizionali si traduce nel medio termine in mesofitizzazione degli habitat, livellamento dei parametri ecologici, incremento delle specie più robuste e competitive con perdita netta di nicchie ecologiche (cfr. SARZO, 2004); in prospettiva culturale l'abbandono si traduce nella cancellazione, oltre che di tracce secolari di civiltà, anche di preziose conoscenze tecniche, territoriali, ambientali legate alla specificità dei luoghi, di cui può essere solo parziale spia la «desertificazione cartografica» (VAROTTO, 2003) che il progetto ALPTER ha contribuito con le sue ricerche a evidenziare in tutte le aree pilota del progetto.
Questa perdita di funzioni e di valore non è sufficientemente riconosciuta
anche in ragione di una percezione urbanocentrica di tali processi,
romanticamente abbagliata dal mito di una
wilderness
irenicamente intesa o addotta dalla necessità di bilanciare gli opposti
di inquinamento/sfruttamento delle risorse.
b) Il diktat della produttività e la banalizzazione dei paesaggi terrazzati Dove l'abbandono è stato frenato dall'avvio di nuove forme di agricoltura commerciale, spesso trainata da prodotti di qualità (in primis legati alla produzione vitivinicola), i versanti terrazzati hanno subito in alcuni casi pesanti adattamenti alle esigenze della meccanizzazione. I muri a secco sono stati abbattuti o rifatti in cemento armato, perdendo così in permeabilità e in quella gradevolezza estetica data dalla corrispondenza litologia-substrato; operazioni di standardizzazione strutturale e semplificazione funzionale evidenziano pesanti ricadute non solo in termini di banalizzazione paesistica, ma anche da un punto di vista ecologico (perdita netta di nicchie di biodiversità con la scomparsa del lavoro manuale) o idraulico-geologico (incremento nell'erosione dei suoli connesso all'intensivizzazione e all'adozione di tecniche non adatte, come il rittochino). Tali indirizzi rischiano di rivelarsi anche economicamente controproducenti nel lungo termine, rispetto alle direttive della nuova politica agricola comunitaria che incoraggiano modelli di produzione sempre più dipendenti dal valore dei luoghi e da territori di qualità, in cui prodotti di pregio (in grado di assorbire i maggiori costi di produzione) si associno a esternalità positive di salvaguardia del territorio e promozione dell'eredità culturale. Carenti appaiono, soprattutto a livello italiano, gli esempi di programmazione territoriale integrata (QUARANTA, SALVIA, 2006), in grado di coordinare politiche d'intervento adeguate (accorpamenti fondiari, incentivazioni, strategie di marketing territoriale). [...] d) La «medietas» simbolica: giardini tra terra e cielo Tutta la scenografia della Divina Commedia di Dante, per non citare che l'esempio più eclatante, è sostanzialmente ambientata in un paesaggio terrazzato, «una scala tra terra e cielo», come recita l'indovinato slogan del Museo di Cortemilia (Cuneo) dedicato ai terrazzamenti. Le opere artistiche e la fotografia hanno sempre interpretato il paesaggio terrazzato come locus amoenus che richiama i significati di «suggestivo» e «pittoresco», il gioco di geometrie variabili, il nitore, l'arditezza, l'armonia che scaturisce dall'uso di materiali lapidei locali (si potrebbe parlare in chiave geologica anche di «geositi»). La potente valenza simbolica di questi paesaggi scaturisce ancora una volta dalla mediazione di opposte polarità: la coesistenza di elementi orizzontali e verticali (BONARDI, 2005); l'alternarsi di piani visuali aperti e chiusi (ARNBERGER, EDER, in questo volume); la morbidezza del loro adattarsi ai caratteri del versante (la pietra locale, l'intensità che segue a fisarmonica i gradienti di pendenza) e insieme la forza di un paesaggio petroso imponente con muri alti talora fino a 8 metri. A questi risvolti si aggiunge la mediazione temporale data dalla profondità storica di una civiltà talora millenaria. Sono tutti aspetti che conferiscono al paesaggio terrazzato anche una percezione estetica generalmente positiva.
Ritorna in conclusione il richiamo della visione bucolica del pastore
virgiliano, che non è eroe primitivo: il pascolo ideale si trova infatti a metà
strada tra Roma e l'avanzare della palude, e il pastore ha interessi in entrambi
i mondi. Quei mondi verso i quali oggi come allora il paesaggio intermedio
espone il proprio equilibrio vulnerabile: «la forza antagonista può invadere il
paesaggio pastorale o dalla parte confinante con la natura intrattabile oppure
dalla parte rivolta verso la civiltà progredita» (MARX, 1987).
3. CONCLUSIONI: NUOVI MODI DI INTENDERE VECCHI PAESAGGI Pensare a una «poetica» degli spazi intermedi (ROWE, 1991), che specifichi forme e tecniche per produrli prima ancora che tutelarli, può essere esercizio utile per promuovere forme «autocentrate» di valorizzazione e compiere così il salto di qualità dalla tutela museale all'individuazione di nuovi modelli di comportamento. L'obiettivo del progetto non è dunque la feticizzazione di una forma, ma la riabilitazione di un modo di rapportarsi meno traumatico con l'ambiente e il contesto ereditato. Giova ricordare che il paesaggio terrazzato è certo il prodotto di una caparbietà montanara, ma è stata spesso una precisa volontà politico-economica a scala più ampia a garantirne la tutela e la vitalità nel tempo. Anche oggi dunque appare imprescindibile inserire interventi di rilancio a scala locale in cornici territoriali e normative più ampie, capaci di garantirne il funzionamento a scale spazio-temporali estese: i problemi della montagna marginale sottolineano la necessità di un nuovo city-countryside pact (DONADIEU, 2006).
Concepire oggi il paesaggio terrazzato come patrimonio culturale a livello
multiscalare è necessaria premessa per superare l'attuale situazione di
sostanziale abbandono normativo. Sembra questa la via per garantire un
equilibrio tra «spazio vissuto» e «spazio attraversato» sul quale si gioca la
sfida per trasformare la marginalità in risorsa (PASCOLINI, 2005), evitando gli
spazi consumati, ma anche la ritrosia e la chiusura ancorate
disperatamente al passato e incapaci di mettersi in gioco, di metabolizzare il
diverso (che può avere il volto antico delle pietre abbandonate, ma anche di
nuove culture che le maneggino) per rafforzare un'identità
che non sia asfittica fissità.
|