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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione. Al di là del pensiero, attraverso il pensiero (Fabio Giommi) 11 1. L'esigenza di esperienza personale 2. Cos'è la Mindfulness-Based Cognitive Therapy 3. Specificità della Mindfulness-Based Cognitive Therapy rispetto al cognitivismo clinico 4. Mindfulness-based treatments 5. «Radicali» e «incorporazionisti» 6. Mindfulness e concezioni della mente 7. Gli studi sulla coscienza: il luogo della filosofia contemporanea? 8. Indicazioni per un approfondimento Presentazione di Jon Kabat-Zinn 55 Prefazione 59 Ringraziamenti 63 PARTE PRIMA LA SFIDA DELLA DEPRESSIONE 1. La depressione: le dimensioni del problema 67 L'ottimismo iniziale, 69 La depressione come condizione cronica e recidivante, 70 Come prevenire le ricadute?, 72 La psicoterapia come terapia di mantenimento, 74 2. Cognizioni, umore e la natura delle ricadute 77 Una terapia cognitiva di mantenimento, 77 Gli effetti duraturi della terapia cognitiva, 79 La vulnerabilità cognitiva alle ricadute, 81 Gli atteggiamenti disfunzionali persistenti sono la causa delle ricadute?, 82 L'umore depresso può risvegliare i pensieri negativi: un punto di partenza per comprendere la vulnerabilità, 83 Gli stati di tristezza riattivano le credenze e gli atteggiamenti legati alla vulnerabilità, 84 Il cammino verso la ricaduta viene attivato più facilmente con l'andare del tempo, 86 Le ruminazioni mentali, 87 In che modo la terapia cognitiva riduce le ricadute?, 90 La mindfulness, 93 La presa di contatto con la Stress Reduction Clinic della Massachusetts University, 95 3. Lo sviluppo della terapia cognitiva basata sulla mindfulness 97 Prime impressioni, 98 Alcuni motivi di cautela, 100 Il training al controllo dell'attenzione, 101 Che cosa facevano in realtà gli istruttori del programma di riduzione dello stress basato sulla mindfulness?, 104 Il decentramento, 107 Insegnare una nuova relazione con l'esperienza, 108 La terapia cognitiva basata sulla mindfulness, 110 4. Modelli mentali 112 Il problema, 113 Comprendere le ricadute: un modello teorico operativo, 114 Che cosa mantiene i vecchi abiti mentali?, 115 Cambiare modalità mentale, 116 La modalità del fare, 117 La modalità dell'essere, 119 L'abilità centrale, 121 La mindfulness come abilità centrale, 123 La struttura del programma di terapia cognitiva basata sulla mindfulness, 123 PARTE SECONDA LA TERAPIA COGNITIVA BASATA SULLA MINDFULNESS 5. Il programma a otto sedute: come e perché 127 Alcune questioni pratiche, 128 Il lavoro con i pazienti depressi in remissione, 128 L'istruttore deve praticare personalmente la meditazione di mindfulness, 129 Pianificazione e preparazione delle sedute, 129 La terapia cognitiva basata sulla mindfulness: uno sguardo d'insieme, 130 Il colloquio iniziale di valutazione, 130 I gruppi, 131 Le dimensioni del gruppo, 131 Gli obiettivi centrali, 131 Struttura del programma MBCT, 131 Differenze nell'atteggiamento verso le sedute, 133 Come guidare la pratica, 134 I temi centrali della terapia cognitiva basata sulla mindfulness, 135 Prevenire lo stabilirsi e il consolidarsi di modelli di pensiero negativo, 135 Che cosa governa i vecchi modi di pensare?, 135 Qual è l'abilità centrale?, 135 Apprendere attraverso l'esperienza, 135 Come aiutare i partecipanti ad avere una maggiore autonomia, 136 Che cosa si deve apprendere?, 136 Osservazioni conclusive, 138 6. Prima seduta. Il pilota automatico 139 L'esercizio dell'uvetta, 141 Il training alla consapevolezza: usare il corpo come centro di attenzione, 147 Creare un contesto per la pratica formale della mindfulness: considerazioni generali, 149 Reazioni e risposte, 151 Apprendere attraverso il lavoro a casa, 152 La mindfulness nelle attività quotidiane, 154 Come terminare la seduta, 154 7. Seconda seduta. Affrontare gli ostacoli 156 La pratica come fondamento della seduta, 158 L'atteggiamento verso la pratica. «Lo sto facendo bene?», 160 Sensazioni dolorose, 160 «Le condizioni non erano quelle giuste», 161 La tendenza della mente a vagare e i suoi automatismi, 162 La pratica nella vita quotidiana, 163 «Non riesco a trovare il tempo per il lavoro a casa», 163 «Mi sono terribilmente annoiato», «Mi sono così arrabbiato con quella cassetta!», 163 «Fantastico, mi sono addormentato», «Mi è piaciuto perché finalmente sono riuscito a rilassarmi», «Non ho fatto niente, mi sono solo addormentato», 164 «Faccio del mio meglio e ancora non penso di esserci riuscito», «Penso che devo impegnarmi di più», 165 «Sono rimasto troppo scosso»: ricollegarsi alle emozioni evitate, 166 «La mia mente non voleva stare tranquilla», 167 Esercizio su pensieri ed emozioni, 168 Collegare il modello cognitivo della depressione con l'esercizio su pensieri ed emozioni, 169 Consapevolezza degli eventi piacevoli, 170 In conclusione: meditazione seduta sul respiro, 172 8. Terza seduta. La consapevolezza del respiro 173 La meditazione seduta come pratica di mindfulness, 177 Il vagare della mente, 181 Affrontare i pensieri cercando di controllarli, 182 Essere curiosi di dove la mente vaga, 182 Le sensazioni di disagio fisico, 183 Riconoscere i modelli di pensiero automatico, 183 Che fare quando sorge una forte emozione, 184 Il Diario degli eventi spiacevoli, 184 Generalizzare la pratica: lo spazio di respiro di tre minuti, 185 Il corpo come una finestra aperta sulla mente, 187 La meditazione camminando, 189 Registrare gli eventi spiacevoli, 191 9. Quarta seduta. Essere presenti 193 Un tocco leggero, 194 Esplorare l'esperienza: attaccamento e avversione, 195 Restringere e ampliare il fuoco dell'attenzione, 197 La luna di miele e il lavoro duro, 200 I pensieri negativi automatici e i sintomi di depressione: arrivare a conoscere il territorio della malattia, 203 Un altro luogo in cui rimanere saldi, 206 Lo spazio di respiro di tre minuti all'interno della seduta, 208 Conclusione della seduta, 210 10. Quinta seduta. Accettare/accogliere/lasciar essere 212 Coltivare una diversa relazione con l'esperienza, 214 Il gusto dell'accettazione, 214 Perché è importante coltivare l'atteggiamento di accettare/accogliere/lasciar essere?, 216 Come possiamo coltivare e usare l'accettare/accogliere/lasciar essere?, 216 Portare deliberatamente alla mente ciò che è difficile e problematico, 217 Ma è difficile, 219 Lavorare attraverso il corpo, 221 È «accettazione», o è un modo intelligente di risolvere le cose?, 223 Gli spazi di respiro, 224 Una raccomandazione, 225 Mindfulness e dolore cronico, 226 Nota finale, 227 11. Sesta seduta. I pensieri non sono fatti 228 Affrontare i pensieri in terapia cognitiva e nella terapia cognitiva basata sulla mindfulness, 229 Meditazione seduta sui pensieri in quanto pensieri, 231 Stare dietro la cascata, 232 Vedere il «film della nostra mente» per quello che è, 234 Quando gli stati d'animo e i pensieri impediscono di scorgere prospettive alternative, 236 Qual è il primo passo?, 237 Una relazione diversa con i pensieri non consiste soltanto nel confutarli, 239 Prepararsi al futuro, 240 12. Settima seduta. Come posso prendermi cura di me stesso nel modo migliore? 241 L'importanza dell'agire nell'affrontare la depressione, 243 Prendersi cura di sé stessi, 244 Notare i collegamenti fra attività e stato dell'umore, 246 L'azione da intraprendere: concentrarsi sul senso di padronanza e sul piacere, 248 Alcuni suggerimenti per agire quando l'umore è depresso, 249 Individuare i segnali di ricaduta, 250 Un piano d'azione per affrontare le minacce di ricaduta, 251 Usare il lavoro a casa per prepararsi alla fine delle sedute, 252 13. Ottava seduta. Usare quanto si è appreso per affrontare gli stati dell'umore che si presenteranno in futuro 254 Guardare indietro, 255 Guardare avanti, 259 I piani d'azione per prevenire le ricadute, 260 Dare a sé stessi una ragione per continuare la pratica, 262 La forza della semplicità, 263 Come concludere l'ultima seduta, 264 PARTE TERZA VALUTAZIONE E DIFFUSIONE DELLA TERAPIA COGNITIVA BASATA SULLA MINDFULNESS 14. La verifica sperimentale 267 L'importanza della randomizzazione, 267 Gli studi controllati randomizzati e la terapia cognitiva basata sulla mindfulness, 268 Il nostro studio clinico della MBCT, 270 Che cosa abbiamo fatto, 270 Che cosa abbiamo trovato, 271 Perché il programma MBCT non è utile per i pazienti che hanno avuto in precedenza solo due episodi depressivi?, 273 Il nostro studio in prospettiva, 275 15. Ulteriori letture, indirizzi e siti Web 277 Epilogo 281 SCHEDE [...] Bibliografia 323 Indice dei nomi 329 |
| << | < | > | >> |Pagina 11IntroduzioneAl di là del pensiero, attraverso il pensiero
Fabio Giommi
Not known, because not looked for But heard, half-heard, in the stillness Between two waves of the sea. Quick now, bere, now, always – A condition of complete simplicity (Costing not less than everything). T. S. Eliot, Four Quartets È concepibile una modalità di conoscenza che sia oltre il pensiero? La prospettiva della mindfulness ci indica la possibilità di una conoscenza che si manifesta quando l'attività discorsiva ininterrotta della mente si placa creando lo spazio perché emerga, spontaneamente, una consapevolezza silente, una presenza al di là delle parole, dei concetti, del pensare, dell'intendere, del significare. Questa modalità di comprensione non concettuale, di semplice presenza mentale, attenzione cosciente a ciò che appare nella mente, apre la possibilità alla disidentificazione dai «contenuti» mentali, un atto di profonda potenzialità terapeutica. Cosa indica la parola mindfulness? Uno stato mentale che ha a che fare con particolari qualità dell'attenzione e della consapevolezza che possono essere coltivate e sviluppate attraverso la meditazione. Una possibile descrizione è la seguente: la consapevolezza che emerge attraverso il prestare attenzione allo svolgersi dell'esperienza momento per momento: a) con intenzione; b) nel presente; c) in modo non giudicante. Non è facile però rendere a parole qualcosa che si riferisce innanzitutto a un'esperienza. Proprio per tale motivo, nell'edizione italiana di questo libro si è scelto di non tradurre il termine mindfulness lasciandolo come una forma vuota da riempire gradualmente attraverso la comprensione diretta. Le traduzioni più immediate, ossia «consapevolezza», «attenzione», «attenzione sollecita», rischiano infatti di far scattare una serie di associazioni semantiche svianti o ambigue e possono diventare un ostacolo alla comprensione impedendo al lettore di capire in che senso qui si parla, in effetti, proprio di consapevolezza. Attraverso questo libro, che è al tempo stesso un manuale, il racconto di un percorso personale e intellettuale, un saggio teorico e un resoconto di dati di ricerca, è possibile cominciare a scoprire anche personalmente la dimensione della mindfulness. Lo scopo di quest'introduzione è di accompagnare questa scoperta con una serie di avvertenze e di indicazioni, le più chiare e inequivocabili possibile, e di far intravedere, in pochi accenni, gli orizzonti via via più ampi che la prospettiva della mindfulness apre. Viene toccato in primo luogo l'aspetto più importante, quello dell'esperienza diretta; si prosegue con alcune indicazioni che hanno lo scopo di inquadrare la Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) nel contesto del cognitivismo clinico, per poi accennare al campo più vasto dei vari interventi clinici mindfulness-based. La riflessione si estende ulteriormente proponendo alcuni dati e brevi considerazioni su quali possono essere le implicazioni della mindfulness per le nostre concezioni del funzionamento mentale, della cura e, infine, della natura stessa della coscienza. | << | < | > | >> |Pagina 55Presentazione di Jon Kabat-ZinnConsidero un evento di grandissima importanza l'uscita di questo libro, che mette insieme per la prima volta, in una sintesi innovativa, quelle che abitualmente si definiscono le pratiche di meditazione orientale con le prospettive che ne scaturiscono (in questo caso, la meditazione di mindfulness), e le epistemologie e le pratiche della psicologia occidentale (in questo caso la terapia cognitiva). Questo nuovo modello terapeutico è stato messo a punto allo scopo di alleviare la sofferenza umana, e specialmente la sofferenza emozionale di chi vive la depressione. Tuttavia le implicazioni di questo lavoro vanno oltre la depressione e forniscono aperture teoriche e cliniche potenzialmente utilizzabili per un'ampia serie di disturbi affettivi. Si tratta, per molti aspetti, di un libro coraggioso. Anzitutto perché gli autori, con grande umiltà, sincerità e passione, ci raccontano quello che hanno imparato adottando e poi sottoponendo a verifica sperimentale un paradigma molto diverso da quello in cui si erano formati ed erano riconosciuti come esperti. È un approccio insolito per un testo scientifico, come gli autori stessi riconoscono, e penso che, dato l'argomento, sia assolutamente funzionale ai loro obiettivi. Il libro è coraggioso anche nel senso etimologico del termine (cor = «cuore»): ci presenta le potenzialità di trasformazione personale (tradizionalmente definita come un cambiamento del cuore, oltre che della mente) che esistono sia per gli autori, in quanto ricercatori e terapeuti-istruttori, sia per i loro pazienti: una trasformazione operata dalla mindfulness, che si ottiene prestando attenzione, secondo modalità estremamente specifiche, all'intero panorama, interno ed esterno, delle proprie esperienze, comprese le emozioni più intense. Possiamo definirlo il percorso che conduce a incarnare l'intelligenza emozionale. La mindfulness è l'aspetto centrale delle pratiche buddhiste di meditazione, ma la sua essenza è universale. Indica un affinamento della capacità di prestare attenzione, di avere una consapevolezza costante e penetrante, e di lasciar emergere una facoltà intuitiva che va al di là del pensiero sebbene possa essere formulata attraverso il pensiero. La pratica della mindfulness si presta dunque ottimamente a quella sintesi con la terapia cognitiva che questo volume propone. Sebbene esistano molti metodi e molte tecniche per coltivarla, la mindfulness non è una tecnica o un metodo, ma può essere definita un modo di essere o un modo di vedere che comporta un «tornare in sé» (coming to one's senses), in tutti i significati dell'espressione. Implica certamente il riuscire a diventare più intimi con la propria esperienza attraverso l'esercizio sistematico dell'autosservazione, con una sospensione intenzionale dell'impulso a definire, valutare e giudicare l'esperienza. Offre in tal modo molteplici opportunità di superare il ricorso automatico a reazioni emozionali e a processi di pensiero inveterati e perlopiù indiscussi. Poiché il campo di esperienza a cui possiamo portare intenzionalmente la nostra consapevolezza è molto ampio (verso l'interno, sensazioni, percezioni, impulsi, emozioni, pensieri e il processo stesso del pensare; verso l'esterno, parole, azioni e relazioni), l'approccio della mindfulness ha enormi potenzialità nell'aiutare coloro che soffrono di problemi emozionali. Le convergenze riscontrate fra la teorizzazione più recente sugli effetti delle terapie cognitive e questo modello (considerare i pensieri semplicemente come pensieri, come eventi nel campo della consapevolezza, quale che sia il loro contenuto e la loro «carica» emozionale, senza tentare di modificarli, di sostituirli con altri pensieri o di «risolvere» alcunché, ma limitandosi a osservarli serenamente) hanno incoraggiato gli autori a collegare le due prospettive. Il libro ci racconta ciò che è accaduto quando hanno cominciato a farlo: si sono accorti che l'intenzionalità dell'attenzione secondo la pratica della mindfulness sembrava facilitare nei pazienti un approfondimento nella conoscenza e nell'accettazione di sé. A sua volta, la trasformazione del punto di vista e della comprensione raggiunta sembrava avere profondi effetti a breve e a lungo termine sulla loro salute e sul loro benessere, come indicano i dati clinici e sperimentali qui riportati. Alla fine, hanno scoperto che era possibile combinare creativamente l'esperienza e le conoscenze di prima mano ottenute nel laboratorio della loro pratica personale di meditazione con la loro vasta competenza nel campo della terapia cognitiva e della scienza cognitiva, per costruire un modello terapeutico innovativo da applicare al problema della depressione: la terapia cognitiva basata sulla mindfulness. L'adattamento del più ampio modello di riduzione dello stress basato sulla mindfulness a una specifica patologia fa tesoro del potenziale della meditazione di mindfulness come pratica che può rivolgersi ai bisogni profondi dell'anima degli individui: una pratica che è risultata accessibile a moltissime persone che vi hanno aderito con entusiasmo. Spesso i praticanti riferiscono di trarre giovamento e piacere dal coltivare una maggiore consapevolezza e conoscenza di sé — per quanto a volte possa essere doloroso — per la sua autenticità, il suo radicamento nell'esperienza vissuta e accettata in uno spirito di consapevolezza non giudicante. Riferiscono di avere scoperto nuovi livelli di libertà associati al costante esercizio della mindfulness nell'affrontare sia il campo della propria interiorità sia il mondo esterno. Spero sinceramente che questo libro contribuisca a presentare la mindfulness accendendo l'interesse e l'entusiasmo sia dei clinici che dei ricercatori nell'area della terapia cognitiva, in modo da aiutare coloro che soffrono di depressione. Ma spero anche che possa far conoscere a coloro che si dedicano in primo luogo alla meditazione di mindfulness i recenti sviluppi nella comprensione dei processi psicologici sottostanti ai disturbi depressivi ricorrenti, poiché l'utilità di un ponte ben costruito sta nel fatto di assicurare la circolazione in entrambi i sensi. La straordinaria sintesi espressa da questo libro contiene la promessa non solo di sviluppare le nostre teorie su come interagiscono cognizione ed emozione, ma anche di farci comprendere sempre meglio che gli esseri umani hanno una profonda potenzialità interiore di guarigione e di vivere la loro vita con più saggezza, più equilibrio e più felicità. | << | < | > | >> |Pagina 67Capitolo 1
La depressione: le dimensioni del problema
La depressione è un disturbo dell'umore. Nell'uso comune il termine indica che «ci si sente giù» o «tristi»; questa è tuttavia una descrizione che non tiene conto del carattere essenzialmente «sindromico» del disturbo clinico, costituito da una combinazione di più elementi. Nella depressione clinica (anche detta «depressione maggiore») un umore persistentemente depresso o una perdita di interesse si accompagnano a precisi segni fisici e mentali quali disturbi del sonno, mancanza di appetito, difficoltà a concentrarsi, sentimenti di inadeguatezza e inutilità. Si formula una diagnosi di depressione solo in presenza di alcuni di questi elementi contemporaneamente per almeno due settimane, e quando è evidente che il soggetto è incapace di eseguire le normali attività quotidiane. Se andiamo a vedere quanti sono coloro che soffrono di depressione, troviamo dei numeri decisamente impressionanti. Secondo parecchi studi condotti su popolazioni ospedaliere e non, i disturbi dell'umore sono fra le condizioni psichiatriche più diffuse, e questo dato si mantiene notevolmente coerente in tutto il mondo. Da recenti studi epidemiologici su circa 14000 pazienti di sei Paesi europei risulta che il 17 per cento della popolazione riferisce esperienze di depressione avute negli ultimi sei mesi. Più in dettaglio, la depressione maggiore riguardava il 6,9 per cento, e la depressione minore l'1,8 per cento dei soggetti studiati (Lepine, Gastpar e altri, 1997). Nel rimanente 8,3 per cento si riscontrava che i soggetti consideravano queste esperienze come sintomi depressivi, senza tuttavia che fossero di grave ostacolo allo svolgimento del loro lavoro o alla loro vita sociale. Queste cifre sono pressoché sovrapponibili ai tassi riportati nei campioni canadese (Parikh, Wasylenki e altri, 1996) e statunitense (Weissman, Bruce e Leaf, 1990). Si calcola che i medici di base vedano ogni giorno almeno un paziente con un disturbo depressivo di una certa rilevanza. Naturalmente le cifre sono superiori se si chiede ai soggetti di parlare delle esperienze di depressione avute non negli ultimi sei mesi ma durante periodi più lunghi della loro vita. Il 10 per cento dei soggetti statunitensi studiati avevano sofferto di depressione clinica negli ultimi dodici mesi (Kessler, McGonagle e altri, 1994); inoltre, il 20-25 per cento delle donne e il 7-12 per cento degli uomini soffrono di depressione clinica nel corso della loro vita (NIMH/NIH, 1985). Coloro che sono stati depressi sanno che questo disturbo ha molte facce, ed è impossibile descriverlo con un unico tratto. Il soggetto riconosce più facilmente alcuni segni di depressione, come il sentirsi giù o difficoltà a concentrarsi. Altri segni possono essere più difficili da individuare: ci può essere una riduzione della capacità di interagire con la persona amata e con i familiari; ci si sente privi di forze, si è assillati da idee e tematiche negative. Fra i tributi più vistosi pagati alla depressione, si riscontra un accresciuto rischio suicidario, che si incrementa a ogni nuovo episodio depressivo; c'è una probabilità del 15 per cento che i pazienti con episodi ricorrenti di depressione abbastanza gravi da richiedere un ricovero finiranno per morire suicidi (Keller, Lavori e altri, 1992). Un altro aspetto da considerare è che raramente si osserva una depressione pura e semplice. Il disturbo che più spesso vi si accompagna è l'ansia (Sargeant, Bruce e altri, 1990). Per esempio, la probabilità che un soggetto depresso soffra anche di attacchi di panico è 19 volte superiore alla stessa probabilità per un soggetto non depresso (Boyd, Burke e altri, 1984; Murray e Lopez, 1998). Probabilità superiori sono riportate anche per fobie semplici (9 volte più probabili) e per il disturbo ossessivo-compulsivo (11 volte più probabile). | << | < | > | >> |Pagina 69L'ottimismo inizialeSe il problema era la depressione, quale sarebbe stata la risposta? La verità è che alla fine degli anni ottanta c'erano parecchi modi per combattere la depressione. Gli antidepressivi, scoperti e utilizzati a partire dagli anni cinquanta, erano stati migliorati al punto che per parecchi farmaci si erano accumulati dati decisivi che ne confermavano l'efficacia. La maggior parte di questi farmaci agivano sui neurotrasmettitori cerebrali (i messaggeri chimici che permettono agli impulsi neurali di passare da una fibra nervosa all'altra attraverso i loro punti di congiunzione, le sinapsi) incrementando l'efficienza delle connessioni tra le cellule cerebrali e rendendo disponibili alle sinapsi quantità maggiori di neurotrasmettitori quali la norepinefrina e la serotonina (Nathan, Musselman e altri, 1995). Non sappiamo esattamente in base a quali meccanismi ciò accada, ma ci sono prove che alcuni farmaci bloccano il reuptake dei neurotrasmettitori da parte delle cellule, e altri stimolano le cellule nervose a rilasciarne una quantità maggiore. Alla fine degli anni ottanta gli antidepressivi erano diventati, e sono tuttora, il trattamento di elezione per la depressione clinica (Healy, 1997). In quel periodo cominciavano ad affermarsi anche i trattamenti psicologici della depressione. C'erano almeno quattro approcci generali al problema, tutti strutturati e a tempo determinato, e tutti in qualche misura supportati da evidenze empiriche a partire dalla metà degli anni ottanta. Nei metodi comportamentali si sottolineava l'esigenza di potenziare la partecipazione del soggetto depresso ad attività rinforzanti o piacevoli (Lewinsohn, Antonuccio e altri, 1984), mentre il training alle abilità sociali mirava a correggere i deficit comportamentali che aggravano l'isolamento dei soggetti depressi facendo sì che vengano rifiutati socialmente (Becker, Heimberg e Bellack, 1987). La terapia cognitiva (Beck, Rush e altri, 1979) combinava alcune tecniche comportamentali e cognitive che avevano in comune l'obiettivo di modificare il modo in cui i pensieri, le immagini mentali e l'interpretazione degli eventi contribuiscono al sorgere e al persistere dei disturbi emozionali e comportamentali associati alla depressione. Infine, gli esponenti della terapia interpersonale (Klerman, Weissman e altri, 1984) sottolineavano che la depressione viene alleviata se il paziente impara a risolvere i contrasti interpersonali e a cambiare ruolo. Ricordiamo poi alcuni interventi ibridi, come la terapia dell'autocontrollo di Rehm (1977), un trattamento di gruppo che combinava caratteristiche degli approcci comportamentale e cognitivo per insegnare ai soggetti depressi ad autovalutarsi, automonitorarsi e autoricompensarsi in base a standard realistici e non perfezionistici. La terapia cognitiva e quella interpersonale finirono per essere considerate i migliori trattamenti psicologici, soprattutto perché supportate empiricamente in base a tre importanti aspetti: le terapie erano testate in più studi condotti presso centri diversi; negli studi si utilizzavano pazienti clinici che soddisfacevano i criteri diagnostici standard per la depressione; in studi di efficacia, questi interventi risultavano equivalenti alla terapia farmacologica con antidepressivi (Williams, 1992). Con una tale molteplicità di trattamenti disponibili, il problema della depressione sembrava essere stato risolto. Purtroppo, anche se i trattamenti erano efficaci, ed eliminavano la depressione in fase acuta, la ricerca mostrava che i tassi di prevalenza restavano alti in tutto il mondo, soprattutto a causa del ripresentarsi di episodi depressivi in persone che già ne avevano avuto uno. Ci si trovava di fronte a un altro tipo di problema. | << | < | > | >> |Pagina 112Capitolo 4
Modelli mentali
Prima di partire per un viaggio in un territorio sconosciuto, è importante avere una mappa quanto più possibile chiara. Nei capitoli precedenti abbiamo raccontato le vicissitudini del nostro progetto, e come il nostro primo modello teorico è stato plasmato e riplasmato attraverso la ricerca e i dati clinici, e dalla nostra esperienza nell'approfondire l'approccio della mindfulness. Abbiamo visto che le prime mappe che avevamo tracciato avevano bisogno di modifiche. Poiché le abbiamo ridisegnate più volte, c'è il rischio che la situazione appaia un po' confusa: abbiamo riempito la mappa di tanti scarabocchi e tante correzioni che potrebbe essere difficile vedere la strada. Inoltre, non abbiamo ancora descritto il modello complessivo cui siamo approdati, la mappa che ci avrebbe guidati nell'uso dell'approccio della mindfulness per prevenire la depressione. Perciò in questo capitolo esporremo meglio che possiamo la nostra concezione dei fattori psicologici che sono coinvolti nel rischio di ricadute, e quindi ciò che la terapia cognitiva basata sulla mindfulness (MBCT) deve fare per aiutare i pazienti ad affrontare i loro punti di vulnerabilità. C'è un'altra importante ragione per essere molto chiari sul modello complessivo su cui si basa il trattamento. I capitoli 6-13 di questo libro descrivono il programma seduta per seduta. Il lettore troverà un assortimento di pratiche, tecniche ed esercizi. Ma noi crediamo che l'efficacia del tutto sia maggiore di quella della somma di queste parti. La nostra esperienza con il training alla mindfulness, e prima ancora con la terapia cognitiva, ci ha convinti che le tecniche che un terapeuta o un istruttore può usare non sono di per sé sufficienti. È il modo in cui queste procedure sono intessute insieme agli altri aspetti del contesto terapeutico complessivo a determinare la portata del cambiamento che si verificherà nelle persone che partecipano al programma. Le modificazioni più durature sembrano avere origine in mutamenti a un livello più profondo della semplice acquisizione di una nuova «cassetta degli attrezzi» fatta di specifiche abilità e di tecniche utili ad affrontare particolari situazioni problematiche, anche se l'acquisizione di queste abilità può essere stata lo strumento grazie al quale si è verificato il cambiamento globale. Che cosa significa ciò esattamente? Non è facile rispondere: l'idea di fondo è che i pazienti operano cambiamenti radicali nelle visioni o modelli mentali impliciti che plasmano la loro relazione con i pensieri ed emozioni negativi. Spesso questi cambiamenti di prospettiva si verificano per l'effetto cumulativo di ripetute esperienze di apprendimento, strutturate in un particolare modo, e non perché le idee sono state messe in dubbio con discussioni di carattere generale, né per la cieca applicazione di una data tecnica. Noi speriamo, nei capitoli che seguono, che mentre descriviamo il programma seduta per seduta voi possiate farvi un'idea di come esso intesse insieme stimoli di tipo esperienziale e concettuale per creare questi mutamenti, e che gli effetti cumulativi porteranno a cambiamenti anche nei vostri personali modelli mentali. Ma leggere delle esperienze altrui non è la stessa cosa che viverle in prima persona. Così, presentiamo qui alcuni schemi concettuali che potranno aiutarvi a integrare il materiale dei diversi capitoli in modo da favorire forse dei cambiamenti nella visione implicita presente nella vostra mente. Sarà inevitabile ripetere in parte ciò che abbiamo esposto nei primi tre capitoli. Ci proponiamo di trarre da questo materiale un modello integrato su cui possa fondarsi il programma MBCT. In definitiva, l'obiettivo del programma MBCT è di aiutare gli individui a realizzare una trasformazione alla radice della loro relazione con i pensieri, i sentimenti e le sensazioni fisiche che possono contribuire a farli ricadere nella depressione. La visione implicita, gli assunti di base personali e l'orientamento dell'istruttore stesso sono gli aspetti che più influenzeranno questo processo. Che l'istruttore se ne renda conto o meno, questa comprensione influenza il modo in cui viene presentata ogni pratica e condotta ogni interazione. L'effetto cumulativo di questa influenza, infatti, è tale che, qualunque sia il messaggio esplicito comunicato a parole dall'istruttore, l'effetto più potente, nel bene e nel male, sarà dato dalla natura della sua comprensione profonda, implicita, vissuta. Descriviamo dunque, meglio che possiamo, i concetti sui quali a nostro avviso si fonda un'utilizzazione efficace della MBCT. | << | < | > | >> |Pagina 127Capitolo 5
Il programma a otto sedute: come e perché
I capitoli 6-13 presenteranno in dettaglio, seduta per seduta, la terapia cognitiva basata sulla mindfulness (MBCT). Coloro che vogliono solo farsi un'idea generale del «sapore» della MBCT possono passare direttamente al capitolo 6. Il presente capitolo si rivolge a coloro che contemplano la possibilità di utilizzare effettivamente la MBCT, ed esamina da una prospettiva ravvicinata «come» e «perché» condurre le sedute secondo questo metodo. Alcuni potranno trovare utile riprendere in mano questo capitolo dopo aver letto la descrizione delle otto sedute, altri sceglieranno di leggerlo subito per avere una percezione concreta della MBCT prima di proseguire con la descrizione più narrativa che segue. Per coloro che sono interessati a utilizzare questo metodo, il libro fornisce dettagli pratici sia nel presente capitolo, sia attraverso le schede distribuite ai partecipanti dopo ogni seduta, e qui riprodotte integralmente (pp. 285 sgg.), incluse le indicazioni per il lavoro a casa. Nella terza parte del volume, il capitolo 15 fornisce inoltre indirizzi, siti Web e indicazioni che ci auguriamo saranno utili. Nel descrivere ciascuna seduta, diremo quello che a nostro avviso la seduta dovrebbe contenere, e racconteremo quanto noi abbiamo osservato; inoltre, daremo voce ai partecipanti, che riferiranno sulla loro esperienza nella pratica della mindfulness; parleremo francamente delle difficoltà che abbiamo incontrato come istruttori e dei nostri tentativi di capire che cosa accadeva nel gruppo quando nascevano queste difficoltà. Ci esprimeremo in modo un po' diverso dai soliti testi di psicologia. Questo libro contiene poesie, parabole e storie. Il lettore troverà anche molte ripetizioni: il flusso degli argomenti a volte sembra scorrere in meandri, e potrebbe apparire come un ruscello che non raggiungerà mai il fiume e un fiume che non raggiungerà mai il mare. La nostra speranza è che dalle singole parti possa gradualmente emergere un quadro più completo, così come il medesimo messaggio trasmesso nel contesto di differenti sedute, e passato inosservato la prima volta, acquistava senso per i partecipanti al programma la seconda o la terza volta che lo udivano. | << | < | > | >> |Pagina 135I temi centrali della terapia cognitiva basata sulla mindfulness
In questo paragrafo sintetizzeremo, con tutta la precisione di cui siamo
capaci, i temi centrali della MBCT.
Prevenire lo stabilirsi e il consolidarsi di modelli di pensiero negativo
L'obiettivo è prevenire il consolidarsi di modelli autoperpetuantisi di
pensiero negativo che possono aggravare stati d'animo negativi fino alla
ricaduta nella depressione. Non si tratta di tenere fuori dalla mente tutti gli
stati d'animo negativi, ma di evitare che diventino condizioni stabili quando si
presentano.
Che cosa governa i vecchi modi di pensare? I modelli di pensiero negativo sono basati su vecchie e consunte routine cognitive automatiche (spesso di tipo ruminativo), motivate (in modo inefficace) dallo scopo di fuggire/evitare la depressione o situazioni di vita problematiche. Queste routine inefficaci si mantengono perché il soggetto persiste in una modalità cognitiva che ha le seguenti caratteristiche: 1) Il «pilota automatico». 2) Un desiderio dominante di liberarsi dell'umore negativo e un forte attaccamento all'obiettivo di sentirsi felice. 3) Un costante monitoraggio dello stato attuale confrontato con quello desiderato.
4) Il fare affidamento su tecniche «verbali», «discorsive», di
problem-solving.
Qual è l'abilità centrale?
L'abilità centrale da apprendere è come uscire e rimanere fuori da queste
routine cognitive autoperpetuantisi. L'atteggiamento di fondo consiste
nell'
essere consapevoli,
e nel
lasciar andare.
Lasciar andare significa abbandonare il coinvolgimento in queste routine,
liberarsi dall'attaccamento/avversione che guida i nostri modelli di pensiero:
sono i continui tentativi di fuggire o evitare l'infelicità o di ottenere la
felicità che mantengono attivi i cicli negativi. Lo scopo del programma è la
libertà,
non la felicità, il rilassamento e simili, anche se questi possono essere
graditi effetti collaterali.
Apprendere attraverso l'esperienza
Le
conoscenze
e le
abilità
necessarie possono essere acquisite solo per esperienza diretta. Una conoscenza
di tipo intellettuale può essere utile (può anche essere d'intralcio quando
propone aspettative, obiettivi da raggiungere ecc.), ma di per sé è
assolutamente inadeguata. L'acquisizione delle abilità richiede ripetute
esperienze (forse molte migliaia di esperienze). Si può riuscire ad accumulare
abbastanza esperienza solo se: a) i partecipanti si prendono la responsabilità
del 99,9 per cento dell'apprendimento che dovrà avvenire al di fuori delle
sedute; b) ogni esperienza può essere utile: anche usare la consapevolezza e
lasciar andare pensieri/sentimenti/sensazioni corporee automatici del tutto
neutri e apparentemente inoffensivi, per strutturare abilità utili ad affrontare
modelli depressivi.
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