|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 13
Harry che chiude sua madre nello sgabuzzino. Harold. Ti prego. Non la tv
un'altra volta. Ok, ok, Harry che riapre la porta, allora piantala di darmi in
testa. Che si muove per raggiungere il televisore dall'altra parte della
stanza. E non mi rompere. Che strappa via la spina dalla presa e stacca
l'antenna a V. Sara che s'infila di nuovo nello sgabuzzino e si chiude dentro.
Harry che per un attimo resta a fissare la porta. Come ti pare, allora, stacci
pure. Che comincia a spingere il televisore col carrello e tutto, il carrello
che si blocca di scatto, la tv che a momenti ruzzola a terra. E ora che cazzo
c'è? Harry che guarda giù e vede una catena da bici che va da un anello di
acciaio al lato del televisore al termosifone. Che fissa la porta dello
sgabuzzino. Come sarebbe, eh? Che è 'sta catena? Vuoi farmi spaccare la tv di
mia madre? O il termo? - lei che se ne sta seduta a terra, là dentro, in
silenzio - e magari far saltare per aria tutta la casa? Vuoi farmi diventare un
assassino? Io? Tuo figlio? Sangue del tuo sangue? CHE COSA VUOI FARMI???? Harry
che si piazza davanti allo sgabuzzino. TUO FIGLIO!!!! Da sotto la porta spunta
lentamente una chiavetta. Harry che la estrae con l'unghia e poi la tira su con
uno strattone. Kristo santo, perché devi sempre darmi in testa, sempre lì a
farmi sentire una merda? Non hai proprio nessuna considerazione per i miei
sentimenti? Perché devi rendermi la vita così difficile? Perché - Harold, non lo
farei mai. La catena non era per te. Era per i ladri. Allora perché non me l'hai
detto? La tv stava per venirsene giù. A momenti mi viene un infarto. Sara che
scuote la testa nel buio. Devi stare
tranquillo, Harold. E allora tu perché non esci da lì? Harry che strattona la
porta e sbatacchia la maniglia, ma è chiusa da dentro. Che leva le mani in aria,
esasperato e disgustato. Lo vedi? Lo vedi che devi sempre farmi incazzare? Che
torna al televisore e apre il lucchetto, poi si gira verso lo sgabuzzino.
Possibile che devi fare tutto 'sto casino? Eh? Solo per farmi sentire una merda,
vero? Vero???? - Sara che non smette di dondolarsi avanti e indietro - lo sai
benissimo che tra un paio d'ore te la riprendi la tv e però devi farmi sentire
una merda lo stesso. Harry che continua a fissare la porta - Sara che si dondola
in silenzio - poi getta le braccia al cielo, 'Fanculo, va', e con ogni cautela
spinge televisore e carrello fuori dall'appartamento.
Sara che sente il rumore
delle rotelle sul pavimento, che sente la porta aprirsi e richiudersi, che
rimane lì seduta con gli occhi chiusi a dondolarsi avanti e indietro. Non è
successo niente. Mica l'ha visto, lei, perciò non è successo veramente. Glielo
dice a suo marito Seymour, morto uno di questi anni, che non è successo
veramente. E se anche è successo, tutto si aggiusta, quindi non ti preoccupare
Seymour. È un po' come l'intervallo della pubblicità. Tra poco ricominciano i
programmi e vedrai che meraviglia, Seymour. Si sistemerà tutto. Vedrai. Alla
fine, tutto va bene.
|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 47
Sara Goldfarb se ne stava seduta in poltrona a mettersi lo smalto alle
unghie e intanto guardava la televisione. Il suo allenamento era stato lungo e
completo e ora Sara era in grado di fare qualunque cosa mentre guardavà la tv, e
di farla in modo soddisfacente, senza perdersi una parola né una mossa. Magari
non le riusciva perfetto, magari un po' di smalto le andava sulle dita e faceva
qualche grumo, ma tanto chi ci avrebbe fatto caso? Da un metro
di distanza sembrava un lavoretto professionale. E se poi non era, chi se ne
importa? Per chi dovrebbe mettersi lo smalto? Per chi dovrebbe preoccuparsi se
non le viene tanto bene? O le cose che rammenda o lava o stira? Qualunque cosa
stia facendo la può fare tenendo un occhio e mezzo sul televisore, e in questa
modo riesce a far passare il giorno e la vita in modo tollerabile. Tese il
braccio in avanti e si osservò le unghie guardando lo schermo del televisore tra
le dita aperte a ventaglio. Si fissò le dita soffermandosi sull'illusione ottica
che gliele faceva sembrare impilate l'una sull'altra e che lei ci vedesse
attraverso. Sorrise e ispezianò l'altra mano. Che bel rosso. Splendido. Perfetto
col vestito. Perdo un paio di chili e il vestito mi andrà come nuovo. Col
movimento il sopra cominciò a scivalarle dalle spalle allora se lo strinse sul
dietro e si appoggiò bene allo schienale perché non cascasse di nuovo. Adorava
il suo vestito rosso. Non doveva essere troppo difficile dimagrire un po'. O al
limite poteva sempre allargare le cuciture. Di sicuro in biblioteca hanno dei
libri. Domani ci vado e li prendo e mi metto a dieta. Si mette in bocca un altro
cioccolatino alla crema e lascia che la cioccalata si sciolga lentamente e
assapora il gusto di cacao che si fonde con il cuore cremoso poi schiaccia
lentamente la cioccolata tra la lingua e il palato e sorride e socchiude gli
occhi mentre freme di piccole scosse di piacere. Cerca disperatamente di
lasciare che il cioccolatino le si sciolga in bocca da solo, piano piano, ma per
quanto si sforzi di resistere alla voglia di addentare e masticare è tutto
inutile e improvvisamente sbarra gli occhi e la sua espressione si irrigidisce,
diventa seria, mentre mastica intensamente il cioccalatino e se lo ripassa in
bocca una o due volte e poi lo inghiotte, pulendosi gli angoli della bocca col
dorso della mano. Ci sono un sacco di libri alla biblioteca. Chiederò quale
prendere. Quello che funziona più in fretta. Magari ci vado presto in
televisione perciò sarà bene che mi sbrighi a entrare nel vestito rosso. Fissò
lo schermo ma per quanto consapevale delle immagini e delle parole, aveva la
mente ancora concentrata sulla scatola di cioccolatini sul tavolino accanto alla
paltrona. Sa con esattezza quanti ne sono rimasti... e di quali gusti. Quattro.
Tre fondenti, uno al latte. Quello al latte è una ciliegia ricoperta di
cioccolata col
ripieno di sciroppo alla ciliegia. Gli altri tre sono: uno al caramello, una con
le noci brasiliane e uno alla nocciola. Quello alla ciliegia lo tiene per
ultimo. L'ha già sistemato al margine della scatola per evitare di prenderlo per
sbaglio mentre guarda la televisione. Prima gli altri. Poi magari non ci guarda
nemmeno a quale prende. Ma l'ordine è fissato. Come sempre. Nocciola, noci
brasiliane, e pai caramello. Dopo, aspetta più che può prima di mangiarsi la
ciliegia ricoperta di cioccolata col ripieno di sciroppo alla ciliegia. Fa
sempre un gioco. Lo stesso gioco da quanti anni ormai? Dieci? Forse di più. Da
quando le è morta il marito. Una sera ha lasciato il cioccolatino alla ciliegia
nella scatola da solo... tutto solo per una notte intera. Persino durante il
film da un milione di dollari e lo spettacolo della seconda serata. Lei se n'è
andata a letto e quello era ancora lì, solo, nella scatola, con gli incarti
marroni vuoti in cui erano stati dolcemente cullati tutti gli altri
ciaccolatini. Gli ha lanciato un ultimo sguardo di sfida prima di andare a
letto. Ha alzato il mento di scatto rivolgendosi alla scatola e si è sentita
così fru fru mentre si svestiva e si accoccalava tra le lenzuola; si è
addormentata quasi subito.
|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 69
Harry e Marion si bucarono con la roba rimasta e lo fecero sul divano,
perdendosi appresso alla fattanza e alla musica. C'era una dolcezza nella musica
che attraeva automaticamente la loro attenzione, e c'era una dolcezza nella luce
che effondeva da sopra e da sotto le tendine, si riversava nella stanza in
cerchi che si allargavano, e filtrava attraverso i bordi variopinti della stoffa
e con incredibile delicatezza spingeva l'oscurità negli angoli, lontano, e
rivestiva le pareti di una punta di colore che risultava piacevole per i loro
occhi, rasserenante; e c'era una gentilezza e una tenerezza nel loro
atteggiamento mentre si tenevano stretti e giravano la testa per evitare di
sbuffarsi il fumo in
faccia; persino le loro voci erano basse e gentili e sembravano far parte della
musica. Harry le stava scostando i capelli dalla fronte, e intanto osservava
come la luce flebile si rifletteva sul nero assoluto della chioma di Marion
dando l'impressione che anche il profilo del naso e gli zigomi alti le
risplendessero. Sai una cosa? Ho sempre pensato che sei la donna più bella che
abbia mai visto. Marion sorrise e sollevò lo sguardo su di lui, Davvero? Harry
annuì e sorrise, Dalla prima volta che ti ho incontrata. Marion allungò una mano
e gli accarezzò la guancia con la punta delle dita e sorrise teneramente, Mi fa
piacere Harry. Il suo sorriso si fece più ampio, Mi fa sentire veramente bene.
Harry ridacchiò, Ti fa bene all'ego, eh? Be', non posso certo dire che gli
faccia male, ma non è quello che volevo dire. Mi fa sentire bene davvero,
dappertutto, sai... be', sai, c'è un sacco di gente che mi dice cose del genere
ma per me non significa nulla, assolutamente nulla. Cioè, perché ti pare che ci
stanno provando? No, no, niente del genere. Non lo so se ci provano, non mi
interessa. Magari me lo dicono sul serio, ma detto da loro, Marion scrollò le
spalle, per me non ha nessun significato. Potrebbero essere le persone più
sincere del mondo ma a me viene voglia di chiedergli che c'entra col prezzo del
caffè, capisci quel che voglio dire? Harry annuì e sorrise, Già... Lei lo guardò
negli occhi un attimo, percependo la tenerezza nel suo stesso sguardo, Ma quando
lo dici tu io lo
sento.
Capisci quel che voglio dire? Lo
sento
proprio. Ha un
significato per me. Cioè, è una cosa importante e non solo la sento, ma ci credo
con tutta me stessa... e mi fa sentire bene nel profondo. Harry sorrise, Sono
contento. Perché anche tu mi fai sentire bene. Lei si voltò eccitata, Lo sai
perché? È perché sento che tu mi conosci davvero, la vera me. Tu non vedi solo
l'esterno, Marion guardò Harry negli occhi ancora più intensamente, tu guardi
dentro di me e vedi che lì c'è una persona, reale. È tutta la vita che mi sento
dire che sono bella, una, virgolette, Bellezza dai Capelli Corvini, chiuse
virgolette, e me lo dicono perché in teoria questo dovrebbe sistemare ogni cosa.
Non ti preoccupare tesoro, sei una bellezza, si sistemerà tutto. Mia madre è
completamente fuori di testa su questa cosa. Come se la bellezza fosse l'alfa e
l'omega dell'esistenza. Come se per il fatto di essere bella non dovessi sentire
dolore né avere sogni né conoscere la disperazione
della solitudine. Perché mai dovresti essere infelice, bella come sei? Dio mio,
mi fanno impazzire, come se io non fossi altro che un bel corpo. Non una volta,
mai, che abbiano provato a voler bene alla vera me, a volermi bene per quello
che sono, per le cose che penso.
|
<< |
< |
> |
>> |
Pagina 146
Come un automa aveva messo su una
caffettiera, poi aveva preso la sua pillola dell'ora di cena e si era seduta al
tavolo della cucina a guardare la nuova televisione che suo figlio Harry le ha
regalato. Di tanto in tanto aveva guardato l'orologio. Poco prima delle tre
aveva pensato che era quasi ora di cena. Aveva preso la pillola arancione e
bevuto dell'altro caffè. Aveva preparato un'altra caffettiera. Era rimasta
seduta. Si era messa a pensare. Alla televisione. Il programma. A come si
sentiva. C'è qualcosa che non va. Le fa male la mandibola. Si sente la bocca
strana. Non riesce a capire. Come un sapore di calzini vecchi. Secco. Nauseante.
Il suo stomaco. Oh, il suo stomaco. Tutto sottosopra. Come se ci fosse dentro
qualcosa che si muove. Come se ci fosse una voce lì dentro che le dice stai
attenta, ATTENTA!!!! Ti prenderanno. Si guarda di nuovo alle spalle. Nessuno.
Niente. ATTENTA! Chi mi vuole prendere? Che c'è da prendere? La voce continua a
rimbombarle nello stomaco. Prima, quando attaccava lei prendeva un altro po' di
caffè o un'altra pillola e quella se ne andava, ora rimane. Sempre. E quella
patina schifosa che ha in bocca, come dentifricio vecchio, prima le passava, o
chissà. Comunque non le dava fastidio. Ma adesso, ech. E tutto il tempo la
tremarella alle braccia e alle gambe. Dappertutto. Come qualcosa di piccolo che
le sta sotto la pelle. Se sapesse il programma le passerebbe. Tutto lì quel che
le serve. Sapere. Finisce il caffè e aspetta, cercando di riportare quelle belle
sensazioni nel corpo, nella mente... ma niente. Dentifricio e vecchi calzini in
bocca. Tremarella sotto la pelle. La voce nello stomaco. ATTENTA! Fissa la
televisione, è lì che si gode il programma e tutt'a un tratto, ATTENTA!
Un'altra tazza di caffè e si sente ancora peggio. Le pare che le stiano per
staccarsi i denti. Telefona alla McDick Corp., e chiede di Lyle Russel. Chi?
Lyle Russel. Mi spiace ma non ho questo nome in elenco. Per cosa lo cercava? La
televisione. Quale televisione? Non lo so. Vorrei scoprirlo. Solo un momento
prego. L'operatrice prende un'altra chiamata e Sara ascolta attentamente il
silenzio. Di che programma ha detto che si trattava? Non lo so, cara. Mi ha
telefonato e mi ha detto che sarei andata a un programma e - solo un momento,
prego. La metto in linea con l'ufficio programmi. Sara aspetta mentre il
telefono continua a squillare a vuoto, finché una voce le chiede se può
aiutarla. Voglio Lyle Russel. Lyle Russel? Non credo che ci sia nessuno qui con
questo nome. È sicura di avere il numero giusto? È stata l'operatrice a passarmi
quest'interno. Be', riguardo a cosa lo cercava? Mi fa partecipare a un
programma. Un programma? Che programma? - ATTENTA! - Sara sente il sudore
scivolarle giù da qualche parte. Non lo so. Dovrebbe dirmelo lui. Temo di non
capire, l'impazienza nella sua voce è palese, Se lei non mi dice - Mi ha
chiamata e mi ha detto che parteciperò come sfidante e mi ha spedito i
documenti. Ve li ho rimandati indietro da più di un mese e ancora non ho saputo
- Oh, capisco. Solo un momento, prego, le passo l'interno di competenza. Sente
il clic dei tasti, una volta e poi un'altra, Oh dai, e poi ancora mentre resta
aggrappata alla cornetta e si asciuga il sudore dalla faccia, Qui centralino.
Trasferisci questa chiamata all'ufficio pratiche sfidanti per favore. Un momento
prego. Di nuovo, Sara resta in ascolto di un telefono che squilla, rotea gli
occhi, il sudore e i tremori che peggiorano, la bocca praticamente incollata da
quel vecchio dentifricio, Posso aiutarla? Sara non riesce a parlare. Pronto? Il
sudore le brucia gli occhi e a un certo punto schiude le labbra a forza e una
scossa di terrore le attraversa il corpo al pensiero della risposta che riceverà
quando chiederà di Lyle Russel. Chi? Sara comincia a sprofondare nella poltrona.
Sente che potrebbe sbucare dalla parte opposta. Pensa che sta per morire e -
ATTENTA! - si gira attorno e guarda da una parte all'altra della stanza mentre
ripete il nome. È sicura di aver chiamato l'interno giusto? Non l'ho chiamato io
quest'interno. L'agonia è insostenibile. Se solo avesse un'altra tazza di
caffè. Con grande forza di volontà si scolla la bocca e racconta di nuovo la sua
storia alla voce che è all'altro capo del telefono, da qualche parte. Ah, sì.
Finalmente! Finalmente! Un riscontro. Sara quasi si scioglie per il sollievo.
Dev'essere uno dei nostri procacciatori telefonici. Ne abbiamo talmente tanti,
sa. Posso aiutarla io?
|
<< |
< |
|