Copertina
Autore Hubert Selby jr
Titolo Requiem per un sogno
EdizioneFazi, Roma, 2003, Le strade 76 , pag. 262, cop.fle., dim. 140x213x18 mm , Isbn 978-88-8112-440-4
OriginaleRequiem for a Dream [1978]
TraduttoreAdelaide Cioni, Grazia Giua
LettoreAngela Razzini, 2004
Classe narrativa statunitense
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Pagina 13

Harry che chiude sua madre nello sgabuzzino. Harold. Ti prego. Non la tv un'altra volta. Ok, ok, Harry che riapre la porta, allora piantala di darmi in testa. Che si muove per raggiungere il televisore dall'altra parte della stanza. E non mi rompere. Che strappa via la spina dalla presa e stacca l'antenna a V. Sara che s'infila di nuovo nello sgabuzzino e si chiude dentro. Harry che per un attimo resta a fissare la porta. Come ti pare, allora, stacci pure. Che comincia a spingere il televisore col carrello e tutto, il carrello che si blocca di scatto, la tv che a momenti ruzzola a terra. E ora che cazzo c'è? Harry che guarda giù e vede una catena da bici che va da un anello di acciaio al lato del televisore al termosifone. Che fissa la porta dello sgabuzzino. Come sarebbe, eh? Che è 'sta catena? Vuoi farmi spaccare la tv di mia madre? O il termo? - lei che se ne sta seduta a terra, là dentro, in silenzio - e magari far saltare per aria tutta la casa? Vuoi farmi diventare un assassino? Io? Tuo figlio? Sangue del tuo sangue? CHE COSA VUOI FARMI???? Harry che si piazza davanti allo sgabuzzino. TUO FIGLIO!!!! Da sotto la porta spunta lentamente una chiavetta. Harry che la estrae con l'unghia e poi la tira su con uno strattone. Kristo santo, perché devi sempre darmi in testa, sempre lì a farmi sentire una merda? Non hai proprio nessuna considerazione per i miei sentimenti? Perché devi rendermi la vita così difficile? Perché - Harold, non lo farei mai. La catena non era per te. Era per i ladri. Allora perché non me l'hai detto? La tv stava per venirsene giù. A momenti mi viene un infarto. Sara che scuote la testa nel buio. Devi stare tranquillo, Harold. E allora tu perché non esci da lì? Harry che strattona la porta e sbatacchia la maniglia, ma è chiusa da dentro. Che leva le mani in aria, esasperato e disgustato. Lo vedi? Lo vedi che devi sempre farmi incazzare? Che torna al televisore e apre il lucchetto, poi si gira verso lo sgabuzzino. Possibile che devi fare tutto 'sto casino? Eh? Solo per farmi sentire una merda, vero? Vero???? - Sara che non smette di dondolarsi avanti e indietro - lo sai benissimo che tra un paio d'ore te la riprendi la tv e però devi farmi sentire una merda lo stesso. Harry che continua a fissare la porta - Sara che si dondola in silenzio - poi getta le braccia al cielo, 'Fanculo, va', e con ogni cautela spinge televisore e carrello fuori dall'appartamento.

Sara che sente il rumore delle rotelle sul pavimento, che sente la porta aprirsi e richiudersi, che rimane lì seduta con gli occhi chiusi a dondolarsi avanti e indietro. Non è successo niente. Mica l'ha visto, lei, perciò non è successo veramente. Glielo dice a suo marito Seymour, morto uno di questi anni, che non è successo veramente. E se anche è successo, tutto si aggiusta, quindi non ti preoccupare Seymour. È un po' come l'intervallo della pubblicità. Tra poco ricominciano i programmi e vedrai che meraviglia, Seymour. Si sistemerà tutto. Vedrai. Alla fine, tutto va bene.

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Pagina 47

Sara Goldfarb se ne stava seduta in poltrona a mettersi lo smalto alle unghie e intanto guardava la televisione. Il suo allenamento era stato lungo e completo e ora Sara era in grado di fare qualunque cosa mentre guardavà la tv, e di farla in modo soddisfacente, senza perdersi una parola né una mossa. Magari non le riusciva perfetto, magari un po' di smalto le andava sulle dita e faceva qualche grumo, ma tanto chi ci avrebbe fatto caso? Da un metro di distanza sembrava un lavoretto professionale. E se poi non era, chi se ne importa? Per chi dovrebbe mettersi lo smalto? Per chi dovrebbe preoccuparsi se non le viene tanto bene? O le cose che rammenda o lava o stira? Qualunque cosa stia facendo la può fare tenendo un occhio e mezzo sul televisore, e in questa modo riesce a far passare il giorno e la vita in modo tollerabile. Tese il braccio in avanti e si osservò le unghie guardando lo schermo del televisore tra le dita aperte a ventaglio. Si fissò le dita soffermandosi sull'illusione ottica che gliele faceva sembrare impilate l'una sull'altra e che lei ci vedesse attraverso. Sorrise e ispezianò l'altra mano. Che bel rosso. Splendido. Perfetto col vestito. Perdo un paio di chili e il vestito mi andrà come nuovo. Col movimento il sopra cominciò a scivalarle dalle spalle allora se lo strinse sul dietro e si appoggiò bene allo schienale perché non cascasse di nuovo. Adorava il suo vestito rosso. Non doveva essere troppo difficile dimagrire un po'. O al limite poteva sempre allargare le cuciture. Di sicuro in biblioteca hanno dei libri. Domani ci vado e li prendo e mi metto a dieta. Si mette in bocca un altro cioccolatino alla crema e lascia che la cioccalata si sciolga lentamente e assapora il gusto di cacao che si fonde con il cuore cremoso poi schiaccia lentamente la cioccolata tra la lingua e il palato e sorride e socchiude gli occhi mentre freme di piccole scosse di piacere. Cerca disperatamente di lasciare che il cioccolatino le si sciolga in bocca da solo, piano piano, ma per quanto si sforzi di resistere alla voglia di addentare e masticare è tutto inutile e improvvisamente sbarra gli occhi e la sua espressione si irrigidisce, diventa seria, mentre mastica intensamente il cioccalatino e se lo ripassa in bocca una o due volte e poi lo inghiotte, pulendosi gli angoli della bocca col dorso della mano. Ci sono un sacco di libri alla biblioteca. Chiederò quale prendere. Quello che funziona più in fretta. Magari ci vado presto in televisione perciò sarà bene che mi sbrighi a entrare nel vestito rosso. Fissò lo schermo ma per quanto consapevale delle immagini e delle parole, aveva la mente ancora concentrata sulla scatola di cioccolatini sul tavolino accanto alla paltrona. Sa con esattezza quanti ne sono rimasti... e di quali gusti. Quattro. Tre fondenti, uno al latte. Quello al latte è una ciliegia ricoperta di cioccolata col ripieno di sciroppo alla ciliegia. Gli altri tre sono: uno al caramello, una con le noci brasiliane e uno alla nocciola. Quello alla ciliegia lo tiene per ultimo. L'ha già sistemato al margine della scatola per evitare di prenderlo per sbaglio mentre guarda la televisione. Prima gli altri. Poi magari non ci guarda nemmeno a quale prende. Ma l'ordine è fissato. Come sempre. Nocciola, noci brasiliane, e pai caramello. Dopo, aspetta più che può prima di mangiarsi la ciliegia ricoperta di cioccolata col ripieno di sciroppo alla ciliegia. Fa sempre un gioco. Lo stesso gioco da quanti anni ormai? Dieci? Forse di più. Da quando le è morta il marito. Una sera ha lasciato il cioccolatino alla ciliegia nella scatola da solo... tutto solo per una notte intera. Persino durante il film da un milione di dollari e lo spettacolo della seconda serata. Lei se n'è andata a letto e quello era ancora lì, solo, nella scatola, con gli incarti marroni vuoti in cui erano stati dolcemente cullati tutti gli altri ciaccolatini. Gli ha lanciato un ultimo sguardo di sfida prima di andare a letto. Ha alzato il mento di scatto rivolgendosi alla scatola e si è sentita così fru fru mentre si svestiva e si accoccalava tra le lenzuola; si è addormentata quasi subito.

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Pagina 69

Harry e Marion si bucarono con la roba rimasta e lo fecero sul divano, perdendosi appresso alla fattanza e alla musica. C'era una dolcezza nella musica che attraeva automaticamente la loro attenzione, e c'era una dolcezza nella luce che effondeva da sopra e da sotto le tendine, si riversava nella stanza in cerchi che si allargavano, e filtrava attraverso i bordi variopinti della stoffa e con incredibile delicatezza spingeva l'oscurità negli angoli, lontano, e rivestiva le pareti di una punta di colore che risultava piacevole per i loro occhi, rasserenante; e c'era una gentilezza e una tenerezza nel loro atteggiamento mentre si tenevano stretti e giravano la testa per evitare di sbuffarsi il fumo in faccia; persino le loro voci erano basse e gentili e sembravano far parte della musica. Harry le stava scostando i capelli dalla fronte, e intanto osservava come la luce flebile si rifletteva sul nero assoluto della chioma di Marion dando l'impressione che anche il profilo del naso e gli zigomi alti le risplendessero. Sai una cosa? Ho sempre pensato che sei la donna più bella che abbia mai visto. Marion sorrise e sollevò lo sguardo su di lui, Davvero? Harry annuì e sorrise, Dalla prima volta che ti ho incontrata. Marion allungò una mano e gli accarezzò la guancia con la punta delle dita e sorrise teneramente, Mi fa piacere Harry. Il suo sorriso si fece più ampio, Mi fa sentire veramente bene. Harry ridacchiò, Ti fa bene all'ego, eh? Be', non posso certo dire che gli faccia male, ma non è quello che volevo dire. Mi fa sentire bene davvero, dappertutto, sai... be', sai, c'è un sacco di gente che mi dice cose del genere ma per me non significa nulla, assolutamente nulla. Cioè, perché ti pare che ci stanno provando? No, no, niente del genere. Non lo so se ci provano, non mi interessa. Magari me lo dicono sul serio, ma detto da loro, Marion scrollò le spalle, per me non ha nessun significato. Potrebbero essere le persone più sincere del mondo ma a me viene voglia di chiedergli che c'entra col prezzo del caffè, capisci quel che voglio dire? Harry annuì e sorrise, Già... Lei lo guardò negli occhi un attimo, percependo la tenerezza nel suo stesso sguardo, Ma quando lo dici tu io lo sento. Capisci quel che voglio dire? Lo sento proprio. Ha un significato per me. Cioè, è una cosa importante e non solo la sento, ma ci credo con tutta me stessa... e mi fa sentire bene nel profondo. Harry sorrise, Sono contento. Perché anche tu mi fai sentire bene. Lei si voltò eccitata, Lo sai perché? È perché sento che tu mi conosci davvero, la vera me. Tu non vedi solo l'esterno, Marion guardò Harry negli occhi ancora più intensamente, tu guardi dentro di me e vedi che lì c'è una persona, reale. È tutta la vita che mi sento dire che sono bella, una, virgolette, Bellezza dai Capelli Corvini, chiuse virgolette, e me lo dicono perché in teoria questo dovrebbe sistemare ogni cosa. Non ti preoccupare tesoro, sei una bellezza, si sistemerà tutto. Mia madre è completamente fuori di testa su questa cosa. Come se la bellezza fosse l'alfa e l'omega dell'esistenza. Come se per il fatto di essere bella non dovessi sentire dolore né avere sogni né conoscere la disperazione della solitudine. Perché mai dovresti essere infelice, bella come sei? Dio mio, mi fanno impazzire, come se io non fossi altro che un bel corpo. Non una volta, mai, che abbiano provato a voler bene alla vera me, a volermi bene per quello che sono, per le cose che penso.

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Pagina 146

Come un automa aveva messo su una caffettiera, poi aveva preso la sua pillola dell'ora di cena e si era seduta al tavolo della cucina a guardare la nuova televisione che suo figlio Harry le ha regalato. Di tanto in tanto aveva guardato l'orologio. Poco prima delle tre aveva pensato che era quasi ora di cena. Aveva preso la pillola arancione e bevuto dell'altro caffè. Aveva preparato un'altra caffettiera. Era rimasta seduta. Si era messa a pensare. Alla televisione. Il programma. A come si sentiva. C'è qualcosa che non va. Le fa male la mandibola. Si sente la bocca strana. Non riesce a capire. Come un sapore di calzini vecchi. Secco. Nauseante. Il suo stomaco. Oh, il suo stomaco. Tutto sottosopra. Come se ci fosse dentro qualcosa che si muove. Come se ci fosse una voce lì dentro che le dice stai attenta, ATTENTA!!!! Ti prenderanno. Si guarda di nuovo alle spalle. Nessuno. Niente. ATTENTA! Chi mi vuole prendere? Che c'è da prendere? La voce continua a rimbombarle nello stomaco. Prima, quando attaccava lei prendeva un altro po' di caffè o un'altra pillola e quella se ne andava, ora rimane. Sempre. E quella patina schifosa che ha in bocca, come dentifricio vecchio, prima le passava, o chissà. Comunque non le dava fastidio. Ma adesso, ech. E tutto il tempo la tremarella alle braccia e alle gambe. Dappertutto. Come qualcosa di piccolo che le sta sotto la pelle. Se sapesse il programma le passerebbe. Tutto lì quel che le serve. Sapere. Finisce il caffè e aspetta, cercando di riportare quelle belle sensazioni nel corpo, nella mente... ma niente. Dentifricio e vecchi calzini in bocca. Tremarella sotto la pelle. La voce nello stomaco. ATTENTA! Fissa la televisione, è lì che si gode il programma e tutt'a un tratto, ATTENTA! Un'altra tazza di caffè e si sente ancora peggio. Le pare che le stiano per staccarsi i denti. Telefona alla McDick Corp., e chiede di Lyle Russel. Chi? Lyle Russel. Mi spiace ma non ho questo nome in elenco. Per cosa lo cercava? La televisione. Quale televisione? Non lo so. Vorrei scoprirlo. Solo un momento prego. L'operatrice prende un'altra chiamata e Sara ascolta attentamente il silenzio. Di che programma ha detto che si trattava? Non lo so, cara. Mi ha telefonato e mi ha detto che sarei andata a un programma e - solo un momento, prego. La metto in linea con l'ufficio programmi. Sara aspetta mentre il telefono continua a squillare a vuoto, finché una voce le chiede se può aiutarla. Voglio Lyle Russel. Lyle Russel? Non credo che ci sia nessuno qui con questo nome. È sicura di avere il numero giusto? È stata l'operatrice a passarmi quest'interno. Be', riguardo a cosa lo cercava? Mi fa partecipare a un programma. Un programma? Che programma? - ATTENTA! - Sara sente il sudore scivolarle giù da qualche parte. Non lo so. Dovrebbe dirmelo lui. Temo di non capire, l'impazienza nella sua voce è palese, Se lei non mi dice - Mi ha chiamata e mi ha detto che parteciperò come sfidante e mi ha spedito i documenti. Ve li ho rimandati indietro da più di un mese e ancora non ho saputo - Oh, capisco. Solo un momento, prego, le passo l'interno di competenza. Sente il clic dei tasti, una volta e poi un'altra, Oh dai, e poi ancora mentre resta aggrappata alla cornetta e si asciuga il sudore dalla faccia, Qui centralino. Trasferisci questa chiamata all'ufficio pratiche sfidanti per favore. Un momento prego. Di nuovo, Sara resta in ascolto di un telefono che squilla, rotea gli occhi, il sudore e i tremori che peggiorano, la bocca praticamente incollata da quel vecchio dentifricio, Posso aiutarla? Sara non riesce a parlare. Pronto? Il sudore le brucia gli occhi e a un certo punto schiude le labbra a forza e una scossa di terrore le attraversa il corpo al pensiero della risposta che riceverà quando chiederà di Lyle Russel. Chi? Sara comincia a sprofondare nella poltrona. Sente che potrebbe sbucare dalla parte opposta. Pensa che sta per morire e - ATTENTA! - si gira attorno e guarda da una parte all'altra della stanza mentre ripete il nome. È sicura di aver chiamato l'interno giusto? Non l'ho chiamato io quest'interno. L'agonia è insostenibile. Se solo avesse un'altra tazza di caffè. Con grande forza di volontà si scolla la bocca e racconta di nuovo la sua storia alla voce che è all'altro capo del telefono, da qualche parte. Ah, sì. Finalmente! Finalmente! Un riscontro. Sara quasi si scioglie per il sollievo. Dev'essere uno dei nostri procacciatori telefonici. Ne abbiamo talmente tanti, sa. Posso aiutarla io?

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